PONT: immagini de “La caccia all’orso”

Forse è vero che le nostre capacità mentali si sono adeguate e ridotte ai famosi 160

caratteri massimi di un certo modo di comunicare. Almeno stando a chi, letto il titolo del racconto “La caccia all’orso”, andato in scena oggi presso la S.O.M.S di Pont Canavese, anziché procedere con il sottotitolo esplicativo della trama, chiedeva se si fosse trattato dell’orso trentino.

Chi invece aveva letto il sottotitolo, come il gran numero di persone che hanno affollato come non mai, attente e curiose, il salone della Società, era consapevole che si trattava di altro. Si parlava di quando e come, a fine ottocento e inizio novecento, gli italiani poveri che emigravano erano trattati come oggi noi siamo usi fare con gli odierni migranti. Partendo, con le voci di Lea Giacone e Marino Tarizzo, dalla piccola storia di un emigrante valsoanino, un “ruga” che andò a lavorare, seguendo gli altri maschi di casa, a Genova. Dove apprese da suo padre la storia crudele, a sua volta narratagli da uno scampato, del massacro avvenuto nel 1896 nelle saline di Aigues Mortes, Francia, ad opera  di una improvvisa quanto coltivata vampata di xenofobia, di dieci operai italiani emigrati con contorno di più di un centinaio di feriti. Morti e feriti esclusivamente italiani. Il tutto inserito in una narrazione storica che ha inquadrato l’ampio contesto sociale e culturale del periodo. Con tanti cattivi e qualche “giusto”.

A questo punto ce ne sarebbe stato a sufficienza per noia e pisolini. Invece la costruzione del racconto ha previsto la proiezione, curata da Marina Barinotto, di un gran numero di diapositive a reciproco commento della lettura e, soprattutto l’interposizione di canti e musiche dell’emigrazione che, per quanto “tristi” nei temi, grazie alla gran voce di Anna Gasparini, a quelle di Stefano Urietti e Ornella De Paoli (con la sua competenza per le lingue minoritarie) e la fisarmonica di Michele Urietti, hanno coinvolto pienamente il pubblico insieme ad alcune citazioni “estemporanee” che, straniandosi dal racconto lo ricollocavano nei pensieri di chi ascoltava.

Al di là della giornata piovosa il pubblico intervenuto, che con tutta evidenza non si limita ai 160 caratteri, ha espresso soddisfazione per aver rinunciato al ponte e soprattutto per aver avuto modo di conoscere fatti a quasi tutti totalmente sconosciuti.

Se l’intento dell’autore di tutta questa narrazione, Marino Tarizzo, era quella di fornire un po’ di carburante per oliare il girare delle nostre rotelle sicuramente potrà sentirsi soddisfatto. Così come si può esser soddisfatti che una, per quanto gloriosa, ma pur sempre piccola, S.O.M.S. come quella di Pont sappia farsi humus ideale per una proposta culturale senza strass e lustrini, ma sicuramente più vicina al quotidiano e al profondo dell’umano di tanti bei salotti raffinati e sponsorizzati.

Lea Giacone e Marino Tarizzo