Themis. – Cos’è l’energia, breve percorso per conoscerla meglio. – Vasa campana. – Arriva Halloween! – Novembre. – Great Smog. – Quinconce. – 4 novembre. – Il potere di salvare la vita l’abbiamo nel sangue…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Themis.Nel mito greco Temi, conosciuta anche col nome di Themis, era  una

figlia di Gea e di Urano. La traduzione del suo nome è “irremovibile”, e per questo divenne la personificazione dell’ordine, del diritto e del rigore. Non a caso il suo nome veniva usato per giurare solennemente. Era considerata anche la dea dell’ordine naturale, che vigilava sull’ordine di tutte le cose, sul lecito e sull’illecito. Per questo motivo nelle rappresentazioni Temi è mostrata spesso come una giovane donna che regge in mano una bilancia, simbolo della giustizia e dell’ordine. Si sposò con Zeus, e dalla loro unione nacquero le Moire, Astrea, le Stagioni, e secondo alcuni autori anche Prometeo. Il mito narra che Temi fu padrona dell’oracolo di Delfi, prima della nascita di Apollo. Sarebbe stata lei a profetizzare a Deucalione e Birra, i due superstiti del diluvio, di gettare alle loro spalle “le ossa della madre terra” per creare un nuovo popolo di uomini e donne. Essi compresero che per ossa della madre terra si intendevano le pietre. I sassi lanciati dietro le spalle da Pirra divennero donne, quelli invece scagliati da Deucalione diventarono nuovi uomini che popolarono di nuovo tutta la terra. In alcuni casi Temi è anche stata identificata con Gea, dea della terra.
Favria, 29.10.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. La vita è un’attesa continua, poi in un attimo tutto cambia, ma io rimango sempre un inguaribile ottimista. Felice  martedì

 Mercoledì 30 novembre

“Cos’è l’energia, breve percorso per conoscerla meglio”. Docente: Donato Stabile

Conferenze UNITRE’ di Cuorgnè presso ex chiesa della SS. Trinità –Via Milite Ignoto

Il docente illustrerà che cosa è l’energia.  L’energia è legata a tutte le attività umane: quando pensiamo o ci muoviamo utilizziamo l’energia immagazzinata nel nostro corpo e tutti gli oggetti che ci circondano o di cui facciamo uso hanno bisogno di energia per funzionare o ne hanno avuto bisogno per essere costruiti; l’energia illumina e riscalda le nostre case, ci permette di spostarci, alimenta gli strumenti con i quali produciamo il cibo e così via. Tutto ciò che produce energia è una fonte di energia. Tutto questo verrà illustrato in una interessante lezione che ci farà vedere l’energia con occhi diversi.

Giorgio Cortese

Vasa  campana.

Oggi il suono delle campane scandisce la nostra vita, ricorda il passare delle ore, i lieti eventi e anche avvisa della morte di qualcuno.  E’ difficile ricercare l’inventore delle campane ed il popolo che le usò per primo. L’origine delle campane è remotissima e, il loro impiego invece è ben documentato presso antiche civiltà, culturalmente anche assai eterogenee nonché distanti tra loro. Il più vecchio reperto archeologico di questo genere è il campanello trovato vicino a Babilonia databile, all’incirca, al I millennio a C.  Lo scrittore ebreo-romano Flavio Giuseppe nel I sec. d.C. nelle sue Antichità giudaiche,  scrive che il re Re Salomone 974-937 a.C., teneva numerose campane d’oro sul tetto del suo tempio per allontanare gli uccelli. Sir Austen Henry Layard vissuto nell’Ottocento e scopritore di Ninive, trovò, nel corso dei suoi scavi a Nimrud, otto campanelli fusi in un calderone di rame. In alcune tombe pre-incaiche peruviane sono stati trovati campanelli in rame da slitta risalenti a prima del 500 a.C., epoca che segna, per quell’area geografica, l’inizio dell’era dei metalli. Campane, chung, spesso di considerevoli dimensioni, risalenti al sec. VIII a.C. sono state trovate in Cina. Queste, prive di battaglio, venivano percosse sul bordo esterno, con l’estremità di un palo di legno posizionato orizzontalmente. Sono presenti storicamente delle campane in Giappone, India ed Egitto. Qui, particolarmente, si sa che sacerdoti e danzatrici usavano legarsi dei campanelli alle caviglie durante le sacre cerimonie nei templi. In Occidente le prime documentazioni risalgono, con ogni probabilità, al VII sec. a.C.. Sono di quest’epoca infatti i campanelli bronzei trovati nelle vicinanze di Sparta e altre notizie ci provengono da fonti letterarie. Per parte greca, sappiamo dell’esistenza di piccole campane da Eschilio,  Euripide, Tucidide,  Arisofane, Strabone, Plutarco. Mentre  sul versante romano preziosi riferimenti si trovano nelle opere di Tibullo, Ovidio,  Manilio,  Marziale,  Curiosa è poi la segnalazione dovuta allo storico greco romano Cassio Dione  del III sec. d.C., il quale ci dice nella sua Storia romana che l’imperatore Ottaviano Augusto nell’anno 22 a.C.  fece attaccare una campana alla statua di Giove tonante sul Campidoglio. Gli antichi Greci le campane le chiamavano còdon,  con palese analogia, il fiore di papavero. A Roma s’impose il vocabolo onomatopeico tintinnabulum. Il termine “campana” nasce nell’alto Medio Evo quando, secondo una versione non sufficientemente suffragata da prove, il vescovo di Nola, Paolino, 409 – 431, avrebbe favorito la produzione per uso liturgico dei vasa campana, letteralmente: vasi della Campania, o campane, per l’appunto. Bisogna dire che la qualità del bronzo che si produceva in Campania era già nota a Plinio il vecchio che lo cita nella Naturalis Historia, poi con Isidoro, vescovo di Siviglia nel VII sec. Secondo alcuni il nome campane prende il nome dai contadini che abitano in campagna, i quali non saprebbero che ore sono se non tramite le campane. Nel Medio Evo si riscoprì la campana e si rivoluzionò sia l’aspetto che la funzione. La campana assume il ruolo di strumento di comunicazione di massa, prima con finalità eminentemente religiose, poi assolvendo anche compiti civili, non ultimo quello della nuova scansione del tempo. Alcuni personaggi storici come Saladino, Maometto, Calvino erano invece nemici delle campane e le misero al bando eliminandole dai campanili e facendole fondere. Dante nella Divina Commedia Pg VIII 1-6 “ Era già l’ora che volge al disio/ ai navicanti e ‘ntenerisce il core/ Io dì c’han detto ai dolci amici addio;/ e che lo novo peregrin d’amore/ punge, se ode squilla di lontano/ che paia il giorno pianger che si more;/Indi, come l’orologio che ne chiami/ nell’ora che la sposa di Dio surge/ a mattinar lo sposo perché l’ami,/ che l’una parte e l’altra tira e urge,/ tin tin sonando con sì dolce nota,/ che ‘l ben disposto spirto d’amor  turge.”. Curiosità finali, in  Italia la città che ha maggior numero di campane e le più grandi è Roma, sono del 1289 le campane di S.Pietro,  vengono poi la basilica di Loreto, Parma, il duomo di Milano. La nazione più ricca di campane è o era la Russia, e assai ricca ne è anche l’Inghilterra; delle antiche francesi le più andarono perdute nella Rivoluzione. La Svizzera conta le sue più famose campane nei monasteri di S. Gallo, la Germania è particolarmente ricca di campane medievali, la Spagna ne annovera un buon numero di antiche in ferro battuto. La più pesante è quella di Mosca detta zar Kolokol, zar campana e in Italia quella di S. Ambrogio nel duomo di Milano di 150 q., quella maggiore di S. Pietro del 1786, q.140, quella del Campidoglio del 1803, q. 87, quella del Palazzo Vecchio a Firenze di q.85.

Favria, 30.10.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita quotidiana la speranza è simile ad una lanterna sempre accesa adagiata su un mare colmo di sogni. Felice mercoledì

Arriva Halloween!

Come ogni anno arriva fine ottobre e si ripropone la questione già   dibattuta in passato se l’evento di Halloween sia una moda americana da noi copiata o se dagli Usa ci propongano una festa dai natali Europei e poi da loro resa commerciale. Pare che Hallowen derivi dal mito celtico di Samhain, facendo così la felicità dei fautori delle antiche tradizioni italiche o altri legati alla tradizione di cristiana di Ognissanti,  inoltre alcuni la vedo legata all’antico mito dei popoli italici della dea Pomona. Perché anche qui noi italiani ne facciamo una questione politica tra sovranisti, tradizionalisti e clericali. Qui non voglio schierarmi ne disquisire quale sia la corretta paternità e rimango legato al culto italiano di Ognissanti e, sicuramente che esorcizzare la morte è un rito antico quanto la nostra umana presenza su questa terra. Prendendo spunto da Halloween molte persone la sera del 31 ottobre, grandi e piccini si travestono in maniera spettrale. Certo che forse  non dobbiamo aspettare questa festa per vedere dei mostri, purtroppo ne abbiamo tutto l’anno, da chi violenta e uccide le donne, a incita all’odio razziale e religioso per arrivare a quelle sfigurate dai bisturi, silicone o botulino.

Favria, 31.10.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Il mese di novembre è come un abbraccio accogliente, che ci invita a rallentare il passo e a riflettere sui doni che la vita ci ha regalato. Felice  giovedì.

Novembre.

Novembre  non è soltanto il mese del brutto tempo, delle nebbie e delle piogge. È vero, le giornate sono più corte, il buio arriva prima e questo sembra portare con sé una certa dose di malinconia. È vero anche che, insieme alla luce, al giorno, all’estroversione, è vitale anche la fase del buio, della notte, della riflessione interiore. E il mese di novembre offre anche questo.  Novembre, è anche un mese di transizione, un periodo di riflessione, un momento di gratitudine. Mentre ci avvolgiamo nelle coperte di lana, accogliamo con le braccia aperte il mese di novembre, una sinfonia d’autunno che suona dolcemente nelle nostre orecchie. E’ un mese che porta con sé una profondità di significato, un’opportunità per immergerci nella bellezza della sua essenza. Il simbolo di questo mese sembra essere il seme che si trova nel buio della terra per preparare il prossimo ciclo di fioritura. La natura con ottobre ha esaurito il suo ciclo vitale: gli alberi si stanno spogliando e, così facendo, si preparano a una nuova rinascita. Per i Celti a novembre nasceva il nuovo anno. Festeggiavano il loro capodanno, Samain, nel primo giorno di novembre, dopo aver festeggiato la notte del 31 ottobre la fine del raccolto, il passaggio tra morte e rinascita. Il mese del primo vero freddo; il mese in cui il buio si fa tangibile e i colori si attenuano. Anche il calendario sembra sottolineare tutto questo, proprio all’inizio, nei suoi primissimi giorni. Il passaggio repentino da una festa collettiva per i santi, al Giorno dei Morti. Tra l’altro, l’idea di celebrare tutti i santi in un sol colpo era parecchio antica. Almeno già alla fine del IV secolo, la chiesa siriaca lo faceva durante il tempo pasquale. Fu però solo alla fine dell’VIII secolo che il 1° novembre cominciò ad essere pensato come la data giusta. Erano i tempi in cui Carlo Magno combatteva strenuamente contro i residui di paganesimo in Nord Europa e forse la sua corte e il consigliere Alcuino videro in quella festa un modo per scalzare il potere degli antichi dèi. Qualche decennio dopo, l’imperatore Ludovico il Pio, su richiesta di papa Gregorio IV ispirato a sua volta dai vescovi locali, la estendeva a tutto il regno franco. Ma ci sarebbero voluti ancora secoli perché quel giorno diventasse per davvero, in tutta la chiesa d’occidente, la festa d’Ognissanti. Fu solo papa Sisto IV a renderla di fatto obbligatoria, si era ormai al 1475. Ma le feste, quelle che contano davvero, si trasformano, accettano pure nuovi nomi e altre immagini, ma quasi mai le loro radici antiche e più profonde muoiono davvero.  Così è per quella notte magica di inizio novembre, in bilico tra caldo e gelo, tra vita e morte

Favria, 1.11.2024   Giorgio Cortese

Benvenuto novembre, con le tue giornate corte e le tue notti lunghe. Siamo pronti ad accoglierti con il calore delle coperte e la luce delle candele. Felice  venerdì

Great Smog.

Dal XIX secolo periodicamente Londra cominciava a patire episodi d’inquinamento ambientale che presero a essere chiamati smog, termine nato dall’unione di smoke, fumo e fog, nebbia. Quando infatti si trovavano a coincidere le basse temperature, la presenza di un anticiclone e la mancanza di vento, il fumo emesso da case e fabbriche si addensava sulla città, senza salire in alto o disperdersi, creando così una fitta nebbia che faceva sprofondare le strade nella penombra. Il più grave di questi episodi fu il Great Smog, il grande smog del dicembre 1952. Londra rimase al buio in pieno giorno e il traffico dovette essere interrotto a causa della scarsa visibilità. Fu bloccato anche l’aeroporto di Heathrow. I londinesi si rassegnarono a non potersi concedere alcuna forma d’intrattenimento: vennero annullate le partite di calcio e chiusi i cinema e i teatri giacché lo smog penetrava all’interno degli edifici.  La principale causa dello smog a Londra era il carbone, che per molto tempo in Gran Bretagna aveva costituito la principale fonte di energia. Le centrali elettriche a carbone che si trovavano in pieno centro della città, come quella di Battersea (nella foto), contribuivano all’inquinamento. Eppure la maggior parte del fumo contaminante proveniva dai camini delle residenze private, come si può osservare nell’immagine a destra, del 1962. I britannici continuavano a sentirsi legati alla tradizione di riunirsi in casa davanti al fuoco del caminetto, un sistema di riscaldamento estremamente inefficace, poiché diffondeva negli ambienti solo il 25 per cento del calore generato. Inoltre il carbone domestico era in genere d’infima qualità, con un alto contenuto di zolfo. Durante il Great Smog del 1952 la cortina inquinante rimase come imprigionato nella città e in pochi giorni la concentrazione di biossido di zolfo presente nell’aria si decuplicò. Chi aveva vissuto il Great Smog del 1952 narrava che la spessa bruma attutiva i suoni e creava un’atmosfera ovattata. Lo smog si presentava di colore giallo-nerastro, come la zuppa di piselli, un popolare piatto inglese, ed emanava un forte odore di zolfo, sporcando ogni cosa al suo passaggio. Ma la conseguenza peggiore era la perdita di visibilità. Dalle testimonianze di allora le persone non riuscivano più a vedersi  la mano davanti alla faccia, lo smog era simile un muro compatto. Chi aveva usato l’auto in quei giorni narra di un  viaggio terribile. I fari della macchina non servivano a niente, riverberavano la nebbia. Non avevamo altra scelta che guidavano  affacciati al finestrino e le facce erano poi divenute nere dalla caligine. Il Great Smog del 1952 segnò un punto cruciale nel modo con cui le persone guardavano all’inquinamento ambientale. I cittadini rimasero sconcertati appena vennero a sapere che a causa dello smog erano morte quattromila persone, oggi si calcola che furono più del doppio, perlopiù anziani o soggetti affetti da malattie respiratorie. Sebbene venisse incoraggiato l’impiego di mascherine, di quelle artigianali o di un nuovo tipo progettato da un medico, le cosiddette smog masks, l’unica soluzione consisteva nell’andare alla radice del problema, il consumo privato del carbone. In seguito alla lettura del rapporto di un comitato speciale, nel 1956 il parlamento britannico promulgò il Clean Air Act, il decreto Aria pulita. Prevedeva, tra le altre cose, che in alcune zone urbane non potesse essere bruciato il carbone. A Londra tali zone furono man mano ampliate fino a costituire, nel 1969, più della metà della superficie cittadina. Dal 1950 al 1990 l’inquinamento ambientale a Londra diminuì di ben dieci volte.

Favria, 2.11.2024 Giorgio Cortese

Buona giornata. Novembre è il mese in cui il freddo si fa sentire ma anche il profumo della terra bagnata dalle prime piogge. È un mese di silenzio, in cui la natura si prepara a dormire. Felice  sabato.

Quinconce

Avete presente la faccia del dado che rappresenta il numero 5?

Quella con 4 pallini disposti ai vertici del quadrato e uno al centro? Tecnicamente si chiama Quinconce, nome che deriva da quincunx, moneta romana che valeva appunto 5 once, ossia 5/12 dell’asse. Il significato della figura rimanda al misticismo matematico dei Pitagorici: costituisce il centro esatto del tetraktys, la piramide formata da dieci punti che rappresenta l’Universo. Il quinconce e presente in molti ambiti: ad esempio e una figura tra le piu diffuse nell’arte bizantina

Favria,  3.11.2024   Giorgio Cortese

Buona giornata. Nel cammino della vita ci sono speranze che non muoiono mai, sono sempre pronte a lottare. Felice  domenica

4 novembre.

Forse qualcuno che legge questa breve riflessione abita in via 3 o 4 novembre. E molti forse non sanno il perché. Davanti al  Municipio troneggia la lapide dei caduti della Grande Guerra, dove se notate l’anno di morte di molti dei nominativi scolpiti sula pietra: 1915 -1916 -1917-1918, gli anni della Prima Guerra Mondiale. Questa data 4 novembre 1918, è stata nella mia adolescenza una delle feste più importanti d’Italia tanto da stare a casa da scuola. Oggi, l’anniversario della vittoria dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale e la giornata dedicata all’Unità nazionale e alle Forze Armate. Con il 4 novembre si ricorda il giorno in cui nel 1918 entrò in vigore l’Armistizio di Villa Giusti, che però era stato firmato il giorno prima, quindi il 3 novembre 1918, ecco del perché a Favria esiste la via 3 novembre. Con questo armistizio  prese il nome dalla villa a Padova dove avvenne la firma, l’Impero Austro-Ungarico riconosceva la sconfitta della Guerra e concedeva all’Italia, tra le altre cose, i territori di Trento e Trieste. Questo documento di fatto sancì la fine della Prima Guerra Mondiale per il nostro Paese e anche la fine della Quarta Guerra d’Indipendenza. La festa è stata istituita nel 1919. Nel 1922, poco dopo la marcia su Roma dei fascisti, la festa cambiò nome in “Anniversario della Vittoria”, per celebrare la potenza militare dell’Italia, a Favria venne data la cittadinanza, come in tutti i  Comuni al generale Diaz, venne poi concessa anche a Mussolini e mai revocata, ma questa è un’altra storia. Nel 1918 per celebrare la vittoria Fausto Salvatori compose un inno dedicato alla città di Roma, riprendendo il Carmen saeculare di Orazio, che nato 2000 anni prima non era fascista. Poi il sindaco di Roma Colonna chiesa a Giacomo Puccini di crearne una composizione musicale completa, poi arrangiato per banda.  Successivamente venne adottato come inno del Msi e cosi cadde nell’oblio. Tornando al 4 novembre dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1949, il significato della festa è tornato quello originale, ridiventando la celebrazione delle forze armate italiane e del completamento dell’Unità d’Italia. Dal 1976 essa non rappresenta più un giorno festivo, ecco perché si lavora e si va a scuola. Ricordo che l’Italia era entrata in guerra nel 1915, ma l’esercito italiano però non si schierò al fianco degli Imperi Centrali, ruppe l’alleanza e si schierò con  Francia e Inghilterra, con cui il governo italiano aveva stretto un accordo segreto, il Patto di Londra. Il 23 maggio 1915 quindi, il regno d’Italia dichiarò guerra all’Impero Austro-Ungarico e schierò le sue legioni sul Carso e al confine con l’Austria. La Prima Guerra Mondiale finì nel 1918 con la caduta di ben quattro imperi, Ottomano, Austro-Ungarico e Tedesco, più il caso particolare della Russia zarista,  ma anche 17 milioni di morti,  più milioni di feriti e mutilati. Il 4 novembre ci ricorda che il  tricolore non è semplice insegna della nostra Patria. È un vessillo di libertà, di una libertà conquistata con il sangue,  che trova la sua identità nei principi di fratellanza, di uguaglianza, di giustizia nei valori della nostra millenaria  storia e civiltà. W L’Italia evviva le Forse Armate.

Favria,  4.11.2014   Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita quotidiana gli ostacoli si superano e le soddisfazioni arrivano se nell’animo teniamo unito quel filo che lega la speranza con la forza della Fede e dell’ottimismo. Felice lunedì

Il potere di salvare la vita l’abbiamo nel sangue.

Il potere di salvare la vita l’abbiamo nel sangue. Vieni a donare il sangue, vieni a donare a Favria * VENERDI’ 8 NOVEMBRE*, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Attenzione, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare e portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Per info, Cell. 3331714827. Ricordo i requisiti minimi per donare: età compresa tra i 18 e i 60 per la prima volta, poi dai 65 a 70 anni, l’idoneità a donare va valutata dal medico. Grazie se fate passa parola e divulgate il messaggio.