VALLI ORCO E SOANA – Montagne del Canavese senza neve: -80% rispetto al normale tratto da Quotidiano Canavese

Allarme di Coldiretti: «Le inutili spruzzate di fine anno non hanno modificato la situazione di grave deficit

nivologico. Se non arriveranno nevicate abbondanti entro gennaio rischiamo il deficit idrico»

La mancanza di neve fa tremare l’agricoltura. Le inutili spruzzate di fine anno non hanno modificato la situazione di grave deficit nivologico che conferma la tendenza al forte calo di innevamento. Sulle Alpi torinesi la gran parte dei bacini imbriferi è scoperta fino a quote intorno ai 2000 metri. Dai 2000 ai 2500 metri abbiamo una copertura soprattutto nei versanti sotto vento e a nord ma di appena 15-20 centimetri. Quando a queste quote in queste settimane dovrebbero esserci 50-60 centimetri di neve assestata distribuita in modo uniforme. L’allarme arriva dalla Coldiretti Torino. Le immagini fanno riferimento alle webcam puntate su Ceresole e sulla diga del Serrù e fanno riferimento a fermi immagine di oggi pomeriggio, mercoledi 3 gennaio 2023.

«Secondo le segnalazioni che ci arrivano dagli agricoltori in montagna – spiega il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – siamo a meno 100% in bassa valle di Susa, val Pellice, val Chisone e meno 80% nelle valli di Lanzo e valli Orco e Soana e meno 70% in alta valle di Susa. Se non arriveranno nevicate abbondanti entro gennaio, al massimo metà febbraio, rischiamo il deficit idrico dell’annata 2022 protrattosi fino alla primavera 2023. Ricordiamo, infatti, che dal disastro della siccità del 2022, che ha visto sommarsi mancanza di piogge in pianura e di neve in montagna, l’agricoltura si è risollevata soltanto a maggio 2023 con una lunga serie di abbondanti precipitazioni che, però, non hanno creato riserve di neve in quota».

La coltre nevosa nei mesi centrali dell’inverno è importante anche in pianura e in collina per garantire una riserva di acqua a lento rilascio in grado di inumidire il terreno in vista della ripresa vegetazionale di inizio marzo. Ma è l’accumulo di spesse masse nevose in alta montagna che garantisce le riserve idriche strategiche estive. Senza un’abbondante coltre nevosa a 2000-2500 metri non ci sarà sufficiente acqua nei corsi d’acqua alpini e dunque nei canali irrigui di pianura da cui dipende la maggior parte della produzione di mais, di foraggio e di frutta. Senza apporto di scioglimento nevoso è a rischio anche la ricarica delle falde utilizzate dai pozzi irrigui.

«Continuano a trascorrere inverni senza neve ed estati caldissime – è la constatazione del presidente di Coldiretti Torino – eppure si continuano a rimandare le opere idriche per mettere in sicurezza l’agricoltura piemontese dalla siccità. Da ben due anni chiediamo alla Regione un Piano per i piccoli invasi diffusi sul territorio in grado di trattenere l’acqua in eccesso durante le piene primaverili e durante le tempeste estive. Soprattutto chiediamo che i rinnovi delle concessioni idroelettriche regionali prevedano una destinazione ad uso plurimo delle acque dei bacini montani destinando quota di acqua al soccorso irriguo in caso di periodi siccitosi estivi. Eppure non è successo nulla».