1 maggio festa del lavoro o dei senza lavoro! – Spremere le meningi o rompere il ghiaccio – C. Abel virtuoso di viola da gamba – Sono un candidato… – Corbellerie… le pagine di Giorgio Cortese

Un gruppo di persone che condivide un obiettivo comune può raggiungere l’impossibile. Lavorare insieme significa vincere insieme. 1 maggio festa del lavoro o dei senza lavoro! Ogni anno festeggiamo il Primo maggio la festa del lavoro, ma oggi in questa festa civile ha senso di parlare di lavoro? In questi ultimi anni il Primo maggio, si apre in uno scenario che ormai è diventato consueto, disoccupazione, stagnazione nei consumi, perdita di potenzialità d’acquisto da parte delle famiglie, incapacità ormai strutturale nel risparmio, incapacità di ottenere finanziamenti da parte degli imprenditori che vogliono innovare. Chi ci governa ad ogni livello fa tutti gli sforzi per fare ripartire il lavoro, ma le leggi bastano? O rischiano di rimanere delle “grida” manzoniane! Abbiamo rischiato negli anni passati il fallimento come Paese, ma il rischio non è ancora dissolto e siamo sempre sul crinale di un fallimento, non solo economico ma anche sociale. Le richieste di aiuto si moltiplicano, e le risposte che le Istituzione e le persone di buona volontà sono sempre di più deboli, ed è sempre di più in incremento l’esercito di nuovi poveri che non riesce a fare fronte ai pagamenti e di arrivare a fine mese, questa moltitudine trascina nel vortice chi faceva conto sui quei pagamenti per andare avanti, insomma una vera pandemia sociale ed economica. E chi governa incassa sempre meno soldi e oltre a fare i conti con voragine pregresse deve sempre di più tagliare le esigue risorse. Ma senza lavoro, non c’è famiglia e non c’è dignità umana. Parlare di lavoro al Primo di maggio mi fa riflettere che nel nostro Paese aumentano sempre di più i giovani e non solo loro senza la dignità del lavoro. Il grido di aiuto di chi conduce una vita da precario o peggio senza lavoro. Mi sembra che stiamo perdendo il senso il senso di aggregazione sociale e i problemi invece che essere analizzati come problemi di massa e delle masse, vengono vaporizzati nella particolarità individualistica di ognuno. Rischiamo sempre di più una lotta tra poveri di colore nero e poveri di colore bianco, anticamera per infiltrare idee e posizioni razziste, per insinuare disparità di trattamento, per arrivare poi ad indicare con il dito i colpevoli di questo disastro sociale. Questo ci deve fare riflettere sul senso dell’attuale civiltà dei consumi, che ha imperversato in Italia dopo la seconda guerra mondiale. Negli anni del boom, consumare era sentito come positivo, costituiva la molla del progresso, le società che consumavano di più erano le più potenti. L’uomo che consumava di più era il più felice, l’essere umano era un anello della catena che aveva da una parte la produzione e dall’altra il consumo, insomma si consumava per far posto alla nuova produzione, ma si senza renderci conto consumavamo anche la Natura, con l’inquinamento e la distruzione delle materie non sostituibili. Questa civiltà è entrata in crisi quando ci siamo resi conto che il consumismo non rappresentava un trionfo dell’umanità, come se consumando tutto rafforzasse se stesso, ma si traduceva in un consumo dell’essere umano, perché distruggendo tutto, distruggevamo anche noi stessi. Serve veramente una svolta complessiva, uno scatto in avanti, per favorire l’occupazione soprattutto giovanile ripristinando contratti di solidarietà, reclamando e conservando anche vecchi mestieri. Almeno quelli possono essere tesi anche a mantenere ferma la nostra tradizione, la nostra cultura. La sfida con la globalità si vince anche conservando le zone dell’eccellenza , le zone della particolarità o quello che viene chiamato il made in Italy non solo nella moda, ma anche nella meccanica, nell’agricoltura con il rispetto dell’ambiente. Occorre avere la capacità ed il coraggio di agevolare veramente gli imprenditori che vogliono investire in innovazione, occorre compromettere le regole del lavoro purchè ci sia inserimento lavorativo di più persone. Serve coraggio da parte di tutti per inventare per forza qualcosa che produca lavoro e che nel contempo produca non solo reddito, ma anche solidarietà e nuove forme di aggregazione fra i lavoratori tutti. Dobbiamo rinnovare i punti di riferimento che ora sono sbeccati e spopolati e far convergere tutte le forze produttive in modo da far esplodere tutte le potenzialità che lavoratori ed imprenditori hanno. Allora il nuovo primo maggio dell’anno prossimo ci si presenterà con il volto sorridente di chi ce l’ha fatta. Favria, 1.05.2015 Giorgio Cortese Ogni giorno su gli alti e bassi della vita che ritrovo il mio l’equilibrio. Quello che ho lasciato alle spalle e quello che mi trovo davanti ogni giorno sono piccole cose se paragonate a ciò che ho dentro il mio animo Spremere le meningi o rompere il ghiaccio Per “rompere il ghiaccio” si intende prendere per primi un’iniziativa che nessun altro osa prendere, anche per quanto riguarda i primi approcci in una relazione d’affari ma soprattutto di amicizia. Oppure, affrontare per primi una situazione, un argomento o altro su cui nessuno osava intervenire. Sembra che il detto possa derivare dall’uso dei barcaioli che per avanzare in un braccio di fiume gelato dovevano spezzare il ghiaccio con aste e picconi. Si dice “spremersi le meningi” per intendere: sforzarsi di pensare, far lavorare il cervello, concentrarsi, cercare una soluzione, fare fatica mentale. Quando si viene invitati a spremersi le meningi quando chi ci invita ritiene utile l’azione per trovare la soluzione al problema. La parola spremere indica uno stringere per cavare succo, un concentrare lo spremuto in un volume minore affinchè liberi il liquidi che contiene. Le meningi sono tre membrane che si trovano tra il cervello e la scatola cranica. L’attuale scienza medica ne indica una funzione protettiva e si chiamano Dura Madre, Aracnoide e Pia Madre, sono nomi bellissimi. Nello spazio tra l’Aracnoide e la Pia Madre si i trova il liquido cerebrospinale, meglio noto come Liquor, nome strano ma molto interessante. Questo liquor ha varie funzioni, tutte relative al sistema nervoso centrale, che possono essere riassunte in quella di rendere l’ambiente ottimale alla vita e riproduzione delle cellule nervose e quindi al loro funzionamento. Ma anche le protegge. Si sa che il funzionamento delle cellule nervose è “elettrico”, ed il pensare è simbolicamente connesso all’acqua e, dalla fisica, si sa che un ambiente liquido è in grado di distribuire le forze comprimenti. L’acqua copre i due terzi del pianeta Terra e, allo stesso modo, costituisce anche i due terzi di un essere umano adulto, che passa dal 99% d’acqua posseduta come embrione al 50% di acqua come anziano. Sotto questa soglia, muore. Ma l’acqua non è speciale solo per questo: essa è anche l’unico liquido presente sulla Terra che, quando ghiaccia, invece di contrarsi si espande. L’acqua, insomma, risponde a leggi particolari che ne fanno un elemento del tutto singolare sul quale molti studiosi hanno scritto, indagato e ipotizza Ritornando al detto spremere le meningi, come dire che se premo con un pollice su un certo punto della fronte questa pressione verrà distribuita in maniera ottimale a tutto il sistema… ma questo lo si fa “istintivamente” . Il pensiero che mi è sorto è che il passato non si può cambiare, ma si può migliorare costruendo il presente. Dipende da me, da cosa voglio io. Favria, 3.05.2015 Giorgio Cortese La vita non è acquistare e avere, ma dare ed essere. C. Abel virtuoso di viola da gamba. Carl Friedrich Abel, vissuto tra 1723 e 1787, figlio di quel Christian Ferdinand per il quale si ritiene Bach abbia scritto le tre sonate per viola da gamba e cembalo, Carl Friedrich Abel è ricordato oggi soprattutto per l’attività organizzativa svolta a Londra insieme al più giovane dei figli del genio di Eisenach, Johann Christian: i “Bach-Abel Concerts” rimasero, tra il 1765 e il 1781, una delle più importanti serie di eventi artistici sulle scene londinesi. In vita fu apprezzato come virtuoso della viola da gamba, nonché valente clavicembalista; prima di sbarcare in Inghilterra prestò attività di strumentista a Dresda, sotto la direzione di Johamm Adolf Hasse, e in diversi viaggi potè prendere confidenza con la nuova sensibilità verso il Classicismo, che a Mannheim e Parigi si stava imponendo soprattutto a livello orchestrale. La selezione di sinfonie e ouvertures presentata in questo compact, prodotto nel 2002, rivela le sue brillanti capacità anche come compositore e il suo tentativo di staccarsi dalla modelli operistici della sinfonia d’apertura, aprendo la strada agli sviluppi che questa forma strumentale assumerà nell’Ottocento. Il principale palcoscenico del breve incontro tra viola da gamba e fortepiano che la storia della musica gli ha voluto concedere, è la Berlino degli anni 1750-1780. La corte prussiana s’era mostrata aperta alle novità ed al progresso quando accolse i primi strumenti sperimentali di Silbermann, basati sulla geniale invenzione di Bartolomeo Cristofori. Ma il re Friedrich Wilhelm II, nipote e successore di Friedrich Il Grande, dedicò la sua gioventù allo studio d’uno strumento che ormai in tutta Europa era praticamente estinto o almeno considerato fortemente antiquato: la viola da gamba. Suo insegnante in loco fu Ludwig Christian Hesse, figlio del famoso virtuoso Ernst Christian Hesse che, forte di alcuni anni di studio in Francia con Marais e Forqueray padre, aveva iniziato suo figlio alla prodigiosa tecnica violistica francese. Ma Friedrich Wilhelm volle risalire direttamente alla fonte ed iniziò un carteggio con Forqueray figlio a cui chiese consigli su liuteria, tecnica e repertorio del suo strumento e da cui si fece inviare composizioni utili al suo studio: una sorte di corso per corrispondenza, che anche per gli studi violistici odierni è di enorme interesse. Possiamo immaginare lo scoramento di Forqueray, che forse intuiva d’essere l’ultimo virtuoso di viola da gamba francese, quando negli anni settanta apprese che il suo allievo incoronato decise di dedicarsi al violoncello; e nulla gli valse l’assicurazione che la viola da gamba potesse suonare forte quanto il violoncello. L’incontro tra la moritura viola da gamba ed il neonato fortepiano dà vita a sonorità inaudite, intime e dal vago sentore preromantico. Rimane il rimpianto che non abbia saputo schiudere alla viola un nuovo ciclo vitale. La storia di questi due strumenti musicali mi pone la domanda se noi poveri bipedi siamo artefici del nostro destino o siamo in balìa degli eventi? Ma quello che chiamiamo il nostro destino è in realtà il nostro carattere, cambiando il nostro atteggiamento. Certo il nostro destino viene formato dai nostri pensieri e dalle nostre azioni. Non possiamo cambiare il vento ma possiamo orientare le vele per non finire sorpassati con rimpianto come la viola da gamba. Rimanendo in tema musicale la vita sceglie la musica, ma siamo noi a scegliere come ballarla. Favria 4.05.2015 Giorgio Cortese La vita è come un gioco a carte: la mano che ti viene servita rappresenta il determinismo; il modo in cui giochi è il libero arbitrio. Sono un candidato… Buon giorno sono un candidato donatore, voglio parlare della donazione del sangue. Alcuni amici mi hanno domandato se sono intenzionato a diventare Donatore di sangue. Dopo essermi informato dal Direttivo del Gruppo ho saputo che posso recarmi presso la sede della Fidas Favria venerdì 15 maggio, cortile interno del Comune dalle ore 8-alle ore 11,30. Atto che sicuramente compirò perché, donare il sangue, può davvero salvare una vita o addirittura più vite. Se nessuno lo facesse, molti bambini malati di leucemia non potrebbero sopravvivere, così come le persone in gravi condizioni dopo un incidente. Inoltre, il sangue offerto può servire ai pazienti che subiscono un’operazione chirurgica. Se diventerò donatore, fare questo gesto periodicamente, garantirà a me in futuro un controllo costante del mio stato di salute, attraverso visite sanitarie e accurati esami di laboratorio. Ritengo che, donando il sangue, ho la possibilità di conoscere meglio il mio organismo e di vivere con maggiore tranquillità, sapendo che una buona diagnosi precoce eviterà l’aggravarsi di eventuali disturbi latenti. Ho letto che il fabbisogno nazionale di sangue intero, secondo le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità, è calcolato in 2.300.000 unità, mentre quello del plasma è di 850.000 litri. Per raggiungere queste cifre i donatori dovrebbero essere almeno 1.300.000. Secondo le statistiche, purtroppo, siamo ancora molto lontani da questa cifra e perciò dall’autosufficienza, specie per i plasma e piastrine e allora per coprire il fabbisogno è necessario ricorrere all’importazione di plasma e di emoderivati che non sempre sono ottenuti da donatori volontari periodici. Se mi fermo un attimo a pensare, ogni giorno, 24 ore al giorno 365 giorni l’anno c’è bisogno di sangue, per uomini e donne, anziani e bambini. Il sangue rappresenta l’unica possibilità di vita. Il sangue umano è un prodotto naturale e non riproducibile artificialmente. Degli amici che sono già donatori mi hanno detto che donare il sangue è indolore, non è dannoso per la salute e assolutamente sicuro perché tutto il materiale usato è del tipo “usa e getta”. Venerdì, 15 maggio, io andrò a Favria a donare nella sede Fidas che si trova nel cortile interno del palazzo Comunale, non so ancora a quale ora, ma come candidato donatore, nuovo, andrò tra le 8 alle 11 del mattino. Mi hanno detto che, al mio arrivo, mi verrà richiesto di compilare un modulo per la valutazione della mia idoneità da parte del medico con l’autorizzazione all’esecuzione del prelievo ed un secondo modulo in cui indicherò i dati anagrafici, necessari per la registrazione in questa Associazione. Poi avrò un colloquio riservato con il medico e durante il primo prelievo, verrà raccolta una provetta per effettuate degli esami. Mi è stato anche detto che come candidato donatore per la prima volta mi verrà rilasciata solo una giustifica oraria. Ma sicuramente non vado a donare per avere una giustifica dal lavoro, ma per fare del bene. Per donare il sangue non bisogna essere superuomini né eroi, ed è sufficiente essere sani ed aver compiuto diciotto anni. La donazione è un dovere sociale: donare il sangue, e i suoi derivati dovrebbe far parte dei doveri di ogni cittadino. Venerdì 15 maggio andrò a Favria nel cortile interno a donare il sangue nè per amicizia, nè per denaro, ma per donarlo per la solidarietà umana, perchè tutti abbiamo gli stessi bisogni. Grazie dell’attenzione concessami e chi venerdì non può donare personalmente, mandi almeno un amico a donare il sangue Un donatore di Favria Vostro concittadino Favria, 5.5.2015 Giorgio Cortese La vita è come un’equazione di matematica: per ottenere il massimo, devo sapere ogni giorno convertire il negativo in positivo. Corbellerie… Ma che cos’è una corbelleria? Tutti lo sappiamo: una scempiaggine, una insulsaggine, una fesseria, un atteggiamento o parole da superficiale. Il lemma deriva da corbello, cioè di cestino, il quale attraverso un processo semantico, o meglio per similitudine, ha acquisito il significato degli organi genitali maschili, che, chissà perché, nell’opinione popolare sono sinonimo di stupido, di sciocco. Insomma dare del corbello ad una persona, cioè uno stupido. Esiste anche la versione femminile corbella, quasi per parità di sessi. Corbelleria, dunque, nel significato di cosa fatta per leggerezza, senza pensare alle conseguenze è un termine adoperato anche da Manzoni, il quale scrive: “Alle volte una corbelleria basta a decidere dello stato d’un uomo per tutta la vita”. Ma non basta, la parola corbello, nel significato di sciocco ha generato il verbo, poco conosciuto e di uso popolare, corbellare, vale a dire beffare, canzonare, prendere in giro, ingannare. Ed al riguardo di persone che ci corbellano sono un genere di bipedi che non corre il rischio di estinguersi. E pensare che corbello deriva dalla parola latina corbula, diminutivo di corbis, cesta. Recipiente intrecciato di grossi vimini e rami di castagno, con due manici, che serve a trasportare carbone, calce viva e simili materiali ed aera anche il nome di una vecchia unità di capacità di misura per aridi, un tempo in uso a Bologna, equivalente a 78,644 m3 e suddivisa in 2 staia. Favria, 6.05.2015 Giorgio Cortese Nella vita ci sono silenzi ottusi e silenzi acuti.