Agosto. – Le petulanti mosche. – Le tentazioni di un buon gelato sfizioso sono l’invenzione del piacere dell’animo. – Salute salvia!. – Senza clamore. – Sentiero nel bosco. – Ciurlare.. LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Le critiche non mi turbano, vado avanti con le mie idee e parole
Agosto.
Agosto è l’ottavo mese del calendario gregoriano e ilterzo mese dell’estate. Anticamente chiamato sextilis, il mese fu rinominato “augustus” dal Senato romano, nell’anno 8 a.C., in onore dell’imperatore Augusto, dal quale prende il nome anche il ferragosto, feriae Augusti. Il Senato aggiunse un giorno alla durata di agosto, levandolo a febbraio, per renderlo uguale a luglio, dedicato a Cesare. Ritengo che l’Estate sia simile ad un frutto, si sviluppa agli inizi di giugno, ancora acerba, e poi gonfia e matura a partire da luglio, fino a rompere la sua pelle da cui scivola, luminosa ad agosto, un succo zuccherato e spesso, il quale sarà perduto se non ci sarà nessuno per assaporarlo. Eccomi allora ai primi giorni d’agosto. Tutta l’estate risplende ancora e la luce è luce dell’estate. Tra otto, quindici giorni, nella natura ci sarà un’impercettibile sfumatura di mutamento. Godo intensamente ancora di questa luce estiva, perché tra qualche tempo sarà un pallido ricordo come il sole d’Inverno.
Favria 1.08.2017 Giorgio Cortese

Ogni giorno oltre a fare colazione devo sempre assumere della speranza , fiducia e e tanto buonsenso.
Se dovessi morire domani, come vivrei oggi. Ecco che il pormi sempre questa domanda mi conduce sempre a grandi intuizioni

Le petulanti mosche.
Chi di voi non è mai stato svegliato in piena notte dal ronzio di una zanzara o da una fastidiosa mosca poggiatasi proprio sul vostro naso? In quei momenti si pensa che non esiste niente di più irritante di un insetto che ci ronza intorno nei momenti meno opportuni. Ho letto in un libro che la metà del regno animale è rappresentato dagli insetti. Li trovo nell’aria, sui tappeti, sui tavoli e negli armadi, in città come in aperta campagna ogni casa condivide molti spazi con questi piccoli e spesso invisibili ma tenaci invasori. E poi con il caldo estivo le petulanti mosche sembrano essersi impossessate di tutto. Più fa caldo, più le mosche e mosconi sembrano sempre più numerosi. Per debellarle ho due alternative o trasformare gli ambienti in cui vivo in camere a gas dannose alla mia salute oppure passare a dei rimedi naturali. Un cliente in questi giorni mi ha detto che il profumo del basilico, è tra gli odori che più infastidiscono le zanzare e anche le mosche. Ma anche un mix di profumi di limone e garofano tiene lontano le mosche. Il cliente mi ha detto che lui in casa posiziona nelle camere delle fette di limone con incuneati dei chiodi di garofano. Pare che anche il pepe non scherzi contro le mosche e questo signore, posiziona delle ciotoline in giro per la casa. Infine, molto più laborioso, lasciare macerare le foglie di menta in un barattolo di aceto per circa una settimana, e poi trascorso questo periodo si deve aggiungere dell’acqua e poi spruzzare questo prodotto per la casa, sicuro che le mosche non apprezzano questo profumo, ma forse neanche io. E allora mi è saltata la mosca al naso e dopo aver guardato le mosche che volano per alcuni minuti mi sono deciso a fare la mosca cocchiera minacciandole a vuoto per la loro imprudenza un po’ similmente ad una favola di Fedro dove una mosca posatasi sul timone di un carro rimproverava la mula che lo trainava minacciandola di trapassare il collo se non avesse aumentato l’andatura. Ma la mula le rispose che poteva risparmiarsi quelle minacce, poiché l’unica cosa che poteva spaventarla realmente era la frusta ret in mano al cocchiere. Come dicevo ho iniziato nel cercare di eliminare le mosche con l’acchiappamosche, ma ero forse anche io una mosca senza capo, volevo debellarle ma non avevo le idee chiare e loro erano proprio come si dice “come mosche”, in grande numero. Sembravano proprio come si dice nel modo do dire: “andavano come mosche al miele”, affluivano dal balcone in grande numero ed io mi trovavo come una mosca da latte, sembrava che li avessi irritate di più con la mia volontà di debellarle. Mi prendeva il dubbio di avere fatto di una mosca un elefante, forse di dare eccessivo peso a quella situazione ma tenace, chiudendo le varie stanze e debellandole stanza dopo stanza, facendole anche uscire di casa, comportavo come loro, anzi peggio, irritante nei loro confronti come una mosca tse-tse. E alla fine in casa non si sentiva volare una mosca ed intanto era passata una bella oretta a pigliar mosche, senza aver realizzato niente e senza neanche potermi fregiare come nella fiaba, sette in un colpo, del prode piccolo sarto dei fratelli Grimm.
Favria, 3.08.2017 Giorgio Cortese

Quello che farò oggi è importante perché sto pagando un giorno della mia vita per questo. Quello che compio deve essere utile perché il prezzo della vita è alto

Le tentazioni di un buon gelato sfizioso sono l’invenzione del piacere dell’animo.
L’antenato del gelato nacque in Cina intorno al 2000 a. C. ed era preparato con riso molto cotto, spezie e latte, il tutto veniva poi introdotto nella neve perché si solidificasse. Successivamente nacquero anche dolci a base di succhi di frutta ghiacciati, con o senza latte. Secondo altri lo fanno risalire addirittura alla Bibbia, quando Isacco, offrendo ad Abramo latte di capra misto a neve, avrebbe inventato il primo “mangia e bevi” della storia. Altri, invece, la affidano agli antichi Romani che si distinsero ben presto grazie alle loro “nivatae potiones”, veri e propri dessert freddi. Bisogna però aspettare il Cinquecento per assistere al trionfo di questo alimento. In particolare, è Firenze a rivendicare l’invenzione del gelato moderno, che per primo utilizza il latte, la panna e le uova. Golosa innovazione che si deve all’architetto Bernardo Buontalenti. Altro grande epigono del gelato fu anche un gentiluomo palermitano, Francesco Procopio dei Coltelli che, trasferitosi a Parigi alla corte del Re Sole, aprì il primo caffè-gelateria della storia, il tuttora famosissimo caffè Procope. Ma la storia moderna di questo goloso alimento comincia ufficialmente quando l’italiano Filippo Lenzi che alla fine del XVIII secolo, aprì la prima gelateria in terra americana. Il gelato si diffuse a tal punto da stimolare una nuova invenzione, la sorbetteria a manovella, ed il gelato si diffuse anche in Inghilterra e in America grazie agli emigranti italiani che lo vendevano per strada. Il venditore di gelati veniva chiamato “hokey-pokey”, traslitterazione dell’italiano “Ecco un poco”. In Italia il primo gelato industriale su stecco, il Mottarello al fiordilatte nasce in Italia nel 1948. Subito dopo, negli anni 50, arriva il primo cono con cialda industriale il mitico Cornetto. Gli anni 70 e la diffusione del frezeer domestico battezzano invece il primo secchiello formato famiglia, il Barattolino. Fino ad arrivare al primo biscotto famoso diventato un gelato di successo, il bicolore Ringo. Personalmente adoro i gelati con la crema di consistenza vellutata che formano monumentali scale di vaniglia, fragola. E poi provo sempre il medesimo stupore nel vedere immense coppe di gelato che affogano sotto il peso della panna, ed allora intervengo subito per aiutarli ed il mio palato gode dello sfizio. Che goduria mangiare un gelato alla pesca, con le mandorle e di ogni sorta di sciroppo,. Il gelato di Claudio è squisito e trovo strano che non sia illegale come tutte le cose buone che dicono che fanno male o sono proibite. Da quando, da adolescente ho assaggiato il gelato Dezzutto a Favria, nella vecchia sede, dubito che ci sia stata al mondo una sorpresa più sconvolgente della prima volta ho assaggiato un gelato così buono. Certi giorni la vita mi sembra proprio come un cono gelato, bisogna imparare a gustarla perché come la vita, il gelato è condensato di felicità. Personalmente diffido da chi non ama il gelato, significa che non hanno nessun interesse per il cibo. In queste calde giornate estive gustare un gelato da Cremeria Gelateria Dezzutto di Feira Claudio Martino, tel 012434287, mi dà la sensazione di avere un po’ meno caldo, un po’ meno sete e di gustare un gelato sfizioso per il palato e da piacere all’animo.
Favria, 4.08.2017 Giorgio Cortese

L’unica persona che sono destinato a diventare è la persona che decido ogni giorno di essere.

Salute salvia!
La natura nella sua maestosità, racchiude affascinanti storie legate ad alcune sue creature botaniche. Miti e leggende anche millenarie, che raccontano le piante in una veste misteriosa, avvincente e romantica, talmente coinvolgente da suscitare maggiore fascino ed interesse rispetto alle loro proprietà terapeutiche e cosmetiche. Conoscerle, avvolgerà di poesia e di sentimenti la propria dedizione al mondo naturale. Ogni pianta ha una sua storia, generalmente legata alla mitologia greca. Sulla salvia esistono diverse leggende, soprattutto riferite alle sue proprietà terapeutiche. Le origini della pianta risalgono alle zone del Mediterraneo e dell’Asia Minore. Ai fiori della salvia viene attribuito il significato di salvezza, ispirato evidentemente dalle sue innumerevoli proprietà medicinali e terapeutiche, note già dagli antichi i quali la ritenevano in grado di curare ogni problema di salute, anche il più grave. Da qui il nome, originato dal termine latino salvus, che significa sano. Per i Greci e i Romani la salvia è governata da Giove, che le attribuì capacità purificanti per il fegato e rigeneranti per il sangue. Per questo nell’antichità se ne servivano per curare i morsi dei serpenti e per rinforzare il corpo e la memoria. Gli antichi Galli ritenevano che la salvia avesse la capacità di guarire tutte le malattie e che agisse efficacemente da “deterrente” contro febbre e tosse. Alcuni addirittura credevano che avesse il potere di resuscitare i morti e per questo veniva anche utilizzata nella preparazione di riti magici. Una leggenda cristiana narra delle virtù attribuite a questa pianta: quando la Sacra Famiglia fuggì in Egitto, per evitare le ire di re Erode, soltanto la umile salvia accettò di nascondere Gesù Bambino dalla vista dei soldati e di farlo riposare su un morbido giaciglio durante le soste, fatto con i suoi fiori. Così la Madonna per ringraziare la salvia della sua generosità, la benedì facendogli dono delle sue note qualità terapeutiche. Nota è una leggenda su di un aceto alla salvia che un gruppo di briganti nel medioevo utilizzarono per avventurarsi tra i villaggi delle Francia a saccheggiare le ricchezze dei moribondi uscendone incolumi. La strusciavano addosso in modo comune per difendersi dalle malattie. I cinesi ritenevano che la salvia fosse in grado di “regalare” la longevità, nel XVII secolo, un cesto di foglie di salvia veniva scambiata dai mercanti olandesi con tre cesti di tè. Nella medicina popolare, già nel Medioevo, veniva usata come cicatrizzante sulle ferite e piaghe difficili da rimarginare. La salvia è associata anche alla femminilità e la leggenda vuole che nelle case nei cui giardini si trova la salvia sia la donna ad avere potere.
Favria, 5.08.2017 Giorgio Cortese

Nella vita di ogni giorno certi momenti posso scegliere di essere felice o di avere ragione.

Senza clamore
Martedì mattina ha ripreso a Favria, in piazza della Repubblica, nel giorno di mercato il servizio a favore della cittadinanza. I volontari della croce rossa eseguono a favore della popolazione che ne fa richiesta il controllo della pressione arteriosa e di alcuni valori del sangue, glicemia e colesterolo. Questa iniziativa avviene grazie alla collaborazione del Centro Incontro Pensionati di Favria nella persona del suo Presidente Santo Murano che si è attivato per avere anche a Favria questo servizio utile alla popolazione. Un sercizio che viene svolto, senza clamore, ma che aiuta a fare crescere il Bene Comune, perché sulla salute non si scherza e prevenire è meglio di curare. Mi auguro che questa iniziativa al martedì, giorno del mercato settimanale diventi un appuntamento fisso per gli utenti favriesi.
Favria, 6.08.2017 Giorgio Cortese

Personalmente sono felice se sono amato con affetto a dispetto di quello che sono!

Sentiero nel bosco.
Se penso ad un sentiero in un bosco, nella mia mente riaffiora quello che da ragazzo avevo percorso nelle montagne del verde Canavese. Entrare in un sentiero nel bosco, in montagna è come entrare in un’altra dimensione, quella del silenzio, del dimenticare la schiavitù dell’orologio. Allora il tempo diviene una cosa che non si misura in ore, minuti, secondi, è una cosa che semplicemente non si misura. Entrando nel sentiero, dopo poco tempo si cancella il vociare festoso dei villeggianti, che stanno nel bar di montagna come potrebbero stare in un bar nel centro di Torino. Raggiunto il silenzio, mi fermavo in uno spiazzo ombroso o in una rientranza del sentiero, mi sedevo con le spalle appoggiate ad un albero e mi immergevo in un libro. Mi ricordo che ogni tanto mi fermavo nella lettura per dare spazio al silenzio che avevo intorno, e nel silenzio della natura, con suoni della natura ascoltavo il bosco. I boschi sono stati all’alba della nostra umanità i santuari primitivi, i luoghi in cui gli esseri umani hanno incontrato le prime rappresentazioni tangibili delle divinità. Se ci pensiamo bene, l’odore del pino è per tutti noi esseri umani essenza intima e familiare, anche per quelle persone che non hanno mai attraversato un sentiero una pineta, ricordo che il lemma sentiero che deriva dall’antico francese sentier, derivazione del latino “semita”, ovvero sentiero. Nel bosco sono sempre rimasto affascinato dal pino. Il genere Pinus è presente in quasi tutti i continenti, sempreverde capace di vivere a lungo anche nei luoghi meno favorevoli, in molte culture è simbolo della forza inestirpabile, di immortalità, del passaggio dalla terra al cielo. Se osservo un pino, poco per volta nel mio animo penso alla sua grandezza e mi viene spontaneo di levare la testa verso il cielo, esattamente come fa la sua chioma. Una serie di miti legati alla primavera ebbero al loro centro l’idea di un sacrificio a cui succede una creazione-rinascita-nascita come il mito di Attis e Cibele. Attis, bellissimo giovane nato dal sangue della dea Cibele e da questa amato, voleva abbandonarla per sposare una donna mortale. Cibele lo fece impazzire ed egli si evirò morendo dissanguato. Dal suo sangue nacquero viole mammole. Gli dei lo trasformarono in un pino sempreverde. Il frutto, la pigna preziosa e corazzata, simboleggia come due cerchi concentrici la permanenza della vita, significato poi ripreso nella Cristianità con la resurrezione dei morti, l’eterno, l’incorruttibile.. Ecco i ricordi che riaffiorano dalla mio animo, quando penso ad un sentiero nel bosco, il vivere a stretto contatto con la natura, con il tempo scandito dai suoi ritmi, osservandoli con attenzione e sempre con stupore perché ne faccio parte. Permettimi ma concludo con il libro di Isaia 35,8: “Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa, nessun impuro la percorrerà e gli stolti non vi si aggireranno.”
Favria 7.08.2017 Giorgio Cortese

Se al mattino parto con il sole dentro posso resistere alle peggiori tempeste.

Ciurlare……
Il verbo ciurlare viene usato come sinonimo di “non essere saldo”, tentennare, vacillare. Nel gergo popolare l’utilizzo dell’espressione “ciurlare nel manico”, visualizza un attrezzo di lavoro, come ad esempio una vanga, un martello, un badile o altro ancora, cui venga abbinato un manico troppo piccolo e inadeguato, affinché l’oggetto possa lavorare in modo appropriato. Questa locuzione, quando viene usata per identificare l’atteggiamento di una persona, prende il significato metaforico di un soggetto che si accolla degli impegni che non manterrà mai, che non riesce a realizzare le promesse fatte, o anche che pattuisce accordi senza onorarli.
Favria, 8.08.2017

Ogni giorno cerco di dare vita ai pensieri che passano nelle mente trasformandoli in parole