Agosto. – Uomini con le ali sulle montagne del Pamir – Estate, tempo di vacanze ma non per tutti. – L’Inno di Roma. – Elogio del caldo. – La scrittura cuneiforme – Vaticano… LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Agosto.Il mese di Agosto è l’ottavo dei 12 mesi dell’anno secondo il calendario gregoriano ed

è costituito da 31 giorni. Nel calendario di Romolo, era chiamato sextilis, nome che derivava da sex, ossia “sei” in quanto era appunto il sesto mese dell’anno. Nell’anno 8 a.C. il Senato romano decise di rinominare il mese in  augustus, in onore di Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto, in quanto quest’ultimo durante questo mese era divenuto per la prima volta console e aveva ottenuto grandi vittorie. Inoltre, avete notato che i giorni del mese di agosto sono 31 come quelli del mese di Luglio? Il motivo è ancora Augusto, essendo luglio il mese dedicato a Cesare, e agosto il mese dedicato ad Augusto, per renderli uguali si è scelto di sottrarre un giorno a febbraio e di donarlo ad agosto. Dal 24 luglio al 26 agosto sono compresi i cosiddetti giorni della canicola, periodo di caldo afoso e opprimente delle ore centrali della giornata, caratterizzato da alti valori di temperatura e umidità e assenza di vento. Il termine canicola viene dal latino canicula, piccolo cane, nome dato alla stella più luminosa, Sirio, della costellazione del Cane Maggiore, che in questo periodo sorge prima del Sole. Un giorno speciale e tanto atteso è il 10 agosto, la “Notte di san Lorenzo”, per il fenomeno delle stelle cadenti. Il  termine “Ferragosto” abbiamo detto che deriva dal latino Feriae Augusti, ovvero le “Feste in onore di Augusto” perché fu proprio l’imperatore stesso a decidere di sollevare ogni cittadino dalle fatiche lavorative, soprattutto quelli che lavoravano nei campi e che erano già esposti a malattie e morte prematura per stanchezza e sacrifici. Questo mese serviva quindi a riposare il corpo e la mente prima della ripresa del lavoro, a settembre. Agosto segnava un mese di riposo dopo la mietitura, la terra era lasciata a riposo e assieme a lei la gente assaporava un poco di tregua. Durante questo mese, oltre alle feste, sagre e banchetti organizzati che permettevano al popolo di distrarsi, si celebravano anche le Consualia, le Opiconsiva, le  Volturnalia, ma la festa religiosa forse più importante del mese era la festa della dea Diana che cadeva il 13 del mese. La dea Diana era la patrona dei campi coltivati e delle erbe selvatiche, venerata come dea della salute per le erbe e le sorgenti che curavano i malanni della gente comune che lavorava i campi. Si celebrava quindi quella madre che si curava dei suoi figli, fino al più umile e povero, donandogli i rimedi necessari nella natura che lo circondava. Dietro la dea Diana si nascondeva Atargatis, la dea Grande madre siriana detta l’Augusta o Deasura. Era raffigurata come dea della fecondità, spesso nuda o con una coda di pesce, seduta su un trono fra due leoni o sfingi oppure  cavalcando un leone, segna della costellazione nella quale soggiorna il sole durante il mese di agosto. La celebrazione della dea era così tanto sentita che la chiesa cristiana non riusci a sradicarla  e ne fece la festa cristiana della Vergine Maria Assunta, madre di tutti, festeggiata il 15 di agosto.
Favria,  1.08.2023 Giorgio Cortese

Buona giornata. Scriveva Charles Dickens “Non c’è un mese in tutto l’anno in cui la natura si adorni di più bella veste come nel mese di Agosto.” Felice martedì.

Uomini con le ali sulle montagne del Pamir

Immaginiamo una rocca inespugnabile con pareti di ghiaccio a picco e in mano nient’altro che una spada e una sarissa, la lancia macedone, per conquistarle. Anche un condottiero come Alessandro Magno si perse d’animo davanti alle montagne del Pamir dove si erano rifugiati i satrapi della Sogdiana ai quali dava la caccia. Nel 327 a.C. si era ritrovato tra le vette dell’Asia, a quota 5.000, dopo le battaglie vinte contro Dario e i governatori delle sue provincie, i satrapi. In cima a quel percorso a ostacoli, disseminato di caverne da cui sgorgavano fiumi di acqua gelata, secondo lo storico latino Curzio Rufo erano asserragliati 30mila uomini con provviste per resistere due anni, che sfidarono Alessandro a trovare “uomini con le ali” per espugnare il caposaldo. Lui li trovò. Come le aquile. Il condottiero selezionò i volontari tra chi aveva già scalato alte rocche e promise ricchi premi in caso di successo. Ne trovò 300 e questi soldati,  si dotarono di picchetti di ferro e grosse corde di lino per scalare di notte il pendio più scosceso, meno sorvegliato. Messner non avrebbe osato tanto. Si portarono viveri per due giorni, spade e lance. “Alcuni si tirarono su aggrappandosi alle rocce sporgenti, altri salirono agganciandovi i lacci delle funi; certi, conficcando i cunei tra le rocce, crearono gli appoggi su cui inerpicarsi”, scriveva lo storico latino Arriano. Piantarono i picchetti nel ghiaccio, trenta persero l’appoggio e precipitarono nel vuoto, ma all’alba erano su un picco più elevato rispetto alla fortezza del nemico, che si arrese. Gli uomini con le ali erano arrivati. Nella fortezza Alessandro trovò Rossane, la figlia del satrapo Oxiarte, e se la sposò. Poi fece flagellare e crocifiggere il comandante della guarnigione e i nobili. Passò quindi a conquistare una seconda fortezza, a 3.600 metri di quota. Per arrivarci bisognava attraversare un profondo burrone. A dividerla dagli assedianti c’era un solo ripido sentiero, buono per farci passare un uomo alla volta. Ma Alessandro ordinò di tagliare gli abeti tutt’intorno e si mise a dirigere i lavori: furono ricavate centinaia di scale. I Macedoni piantarono chiodi nella roccia e vi fissarono graticci di giunco in modo da creare contrafforti per unire le due pareti e poggiarvi sopra le scale. Come provetti genieri, i soldati tirarono su un terrapieno artificiale al ritmo di una ventina di metri al giorno, arrivando agli spalti della fortezza.

Favria, 2.08.2023 Giorgio Cortese

Buona giornata. Agosto è il periodo dell’anno in cui tutto rallenta, i pensieri che si guardano intorno e scoprono la bellezza di non fare niente. Accelerano solo le pagine dei libri letti. Felice mercoledì.

Estate, tempo di vacanze ma non per tutti.

L’estate è arrivata e in questo periodo dell’anno c’è ancora più bisogno di sangue. Le scorte spesso si riducono durante questa stagione, ma le necessità dei pazienti non si fermano mai.

Voglio condividere con Voi un pezzo della mail che mi ha inviato un caro amico, di cui per motivi di riservatezza  chiamo con il nome di fantasia Elpidio, dal greco Elpis, che vuole dire speranza.

“Caro donatore, il mio nome è Elpidio, tre anni orsono mi hanno diagnosticato una terribile malattia. Oggi sono ancora vivo. Nella vita quotidiana quando meno ce lo aspettiamo la vita ci pone di fronte a una sfida e mette alla prova il nostro coraggio e la nostra volontà di cambiamento. Spero di fare capire attraverso queste poche parole, le paure che ho affrontato, la sofferenza fisica patita, la paura di non vedere più la mia famiglia ed i miei nipoti. Ho passato dei momenti terribili, tutto sembrava franarmi addosso e sono stato preso anche dallo sconforto a quanto il destino crudele mi aveva riservato il destino crudele. In questi momenti bui il mio conforto era quello di miei simili che non conoscerò mai hanno donato del sangue gratuitamente per aiutarmi. Un pensiero che mi viene ogni volta che periodicamente mi sottopongo  alla trasfusioni di sangue e penso a quante persone  donne e uomini, con un gesto altruista  hanno sempre donato delle sacche per continuare a vivere e lottare contro la mia malattia.

Era un mondo dei donatori che prima non conoscevo, ne mi interessava perché da egoista non capivo, se non dopo il mio ricovero  che per molte altre malattie, le trasfusioni sono molto frequenti e ogni paziente necessita di una grande quantità di sangue. Dunque, senza quel gesto d’amore di tanta gente, oggi non sarei qui a scrivere questa lettera di ringraziamento per quello che avete fatto.

Per favore pubblicizza la mia mail, cambiandomi il nome, perchè voglio

scuotere i cuori del maggior numero possibile di persone affinché possano abbracciare questa nobile causa.

Io quando stavo bene ero indifferente a donare il sangue, non avevo tempo per questo gesto altruistico e anonimo, ero impegnato a lavorare ed andare in vacanza, pensando nel mio egoismo che a me non sarebbe mai capitato di averne bisogno. Esorto tutti a non essere indifferenti, non aspettate che qualcosa possa succedere a voi o a qualcuno a voi vicino per reagire, e se non potete o donare il proprio sangue per diverse ragioni posso aiutare nel diffondere questo mio breve messaggio.

Invito chi non è donatore di riflettere qualche secondo sulle mie parole per comprendere quanto un  semplice gesto di amore possa contribuire a salvare una vita umana. Cosa c’è di più gratificante di questo? Ricordiamoci che ad oggi, nessuna cura, nessun medico potranno mai fare abbastanza per i donatori e il loro atto di amore verso il prossimo  nel donare il sangue.

Ringrazio chi dona il sangue per me e a tutti i donatori per ringraziarli per  quello che fanno nei confronti dei tanti malati anche in estate  che hanno bisogno della tua solidarietà e ti chiedo di continuare in questa tua opera. Continuate a donare per i tanti malati che oggi lottano nell’incertezza, nella paura e nella solitudine in cui la malattia li precipita. Magari non conoscerete mai i volti delle persone che avrete aiutato ma sarete certamente consapevoli e orgogliosi della grandezza del vostro atto d’amore.

Con ammirazione e gratitudine,

Elpidio”

Favria,  3.08.2023 Giorgio Cortese

Buona giornata. Agosto matura i frutti e settembre li coglie. Felice giovedì

L’Inno di Roma.

Da amante della storia e della bella musica italiana non capisco la polemica sull’Inno di Roma, composto nel 1918 da Fausto Salvadori compose un inno dedicato alla città di Roma, riprendendo il  “Carmen Saeculare” di Orazio,  per celebrare la vittoria dell’Italia nella Grande Guerra, la Prima Guerra Mondiale. Poi il sindaco di Roma Prospero Colonna chiese a Giacomo Puccini di crearne una composizione musicale completa. Come dicevo Salvadori riprese dal già citato Carmen Saeculare, inno composta da diciannove strofe saffiche uno dei metri classici più ripresi nell’Ottocento italiano dalla Metrica barbara, in particolare da Giosuè Carducci e Giovanni Pascoli. Le frase ripresa era questa: “O Sole fonte di vita, che con il carro splendente mostri e nascondi il giorno, e che sempre vecchio e nuovo risorgi, che tu non possa mai vedere nulla di più grande della città di Roma.”. Sicuramente  Quinto Orazio Flacco non era fascista, ma compose il famoso Carmen cantato il Esso fu cantato il 3 giugno del 17 a.C. sul Palatino e sul Campidoglio da un coro di giovani fanciulle durante i Ludi Saeculares, voluti dall’imperatore Augusto per celebrare la venuta dell’età dell’oro preannunciata dalla IV ecloga  bucolica di Virgilio che poi hanno aperto la  strada in epoca tardoantica  all’interpretazione cristiana, secondo la quale le parole di Virgilio avrebbero preannunciato la venuta del Cristo. Questa interpretazione, considerata oggi arbitraria, allora fu accolta dall’imperatore Costantino e creduta vera da Dante. Nel Medio Evo si ebbe un autentico culto per Virgilio e alla sua fisionomia di profeta si aggiunse, soprattutto nella cultura popolare, quella di mago e negromante. Oggi da una lettura attenta si ve che molte sono le differenze tra il messaggio virgiliano e la dottrina cristiana. Tornando  all’ “Inno a Roma”. Bisogna dire che  Puccini dopo un iniziale tentennamento, era avanti negli anni,  compose in poco tempo le musiche e ne inviò lo spartito completo al celebre direttore dell’orchestra capitolina Alessandro Vessella,  che ne creò un arrangiamento per la propria banda. La prima esecuzione dell’inno venne fissata per il 21 aprile 1919, per la celebrazione dell’anniversario della Città Eterna. Allora in quel pomeriggio, però, tutte le orchestre dei teatri romani scioperano facendo saltare l’esecuzione. Dopo aver tentato di eseguirlo invano in Piazza di Siena a Villa Borghese, si decise di rimandarlo a causa di un violento temporale, venne infine posticipato il 1º giugno, in occasione di varie competizioni ginniche allo Stadio Nazionale, con la casa reale Savoia presente. Allora l’Inno a Roma, cantato durante il saggio ginnico, venne accolto con grande successo. Interessante l’opinione di Puccini su questa composizione in una lettera alla  alla moglie Elvira datata il 26 marzo 1919: “Ho finito l’Inno a Roma, una bella porcheria”.  Il  compositore morì a Bruxelles il il 24 novembre 1924, per sopraggiunte complicazioni durante la cura di un tumore all’esofago.  Pochi anni dopo con l’avvento del fascismo,  divenne molto popolare una versione solista interpretata da un famoso tenore dell’epoca, Beniamino Gigli.  Che sicuramente fascista non era in quanto nel 1952 la Repubblica Italiana le diede l’onorificenza di Grande Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana e nel 1958 la Repubblica Federale Tedesca gli conferì la Gran Croce al Merito dell’Ordine al Merito della Repubbliica Federale Tedesca e poi anche la Legion d’Onore. Riprendendo la storia di questo canto, dopo la Seconda Guerra Mondiale divenne l’inno del MSI,  per questo a causa di questa appropriazione,  il canto, un tempo famosissimo, cadde nell’oblio.

“Sole che sorgi libero e giocondo/ sul colle nostro i tuoi cavalli doma; /tu non vedrai nessuna cosa al mondo/ maggior di Roma, maggior di Roma!”

Questa è storia, le polemiche inutili le lascio ad altri

Favria, 4.08.2023  Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita non si può mai perdere  perdere per il caso o la sfortuna, e si può vincere per fortuna! Ma non si vince mai per caso. Felice venerdì.

Elogio del caldo.

Inizio del parlare del caldo con due citazioni: “Pare assurdo eppure è esattamente vero, che, tutto il reale essendo un nulla, non v’è altro di sostanza al mondo che l’illusione (G. Leopardi nello Zibaldone). Non c’è che una stagione: l’estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L’autunno la ricorda, l’inverno la invoca, la primavera la invidia e tenta puerilmente di guastarla (E. Flaiano)”

L’illusione è uno scherzo, un errore dei sensi, un inganno della mente, una speranza vana. Inutile illudersi. Eppure… l’estate è così. Il caldo  ogni anno fa credere  che le cose cambieranno. Invece i giorni sono sempre uguali: qualcuno che sbrocca,  i negozi chiusi, il giornale che costa uguale ma ha venti pagine di meno, l’asfalto spaccato che s’apre di più, le cicale odiose, e le zanzare, la fretta di partire e la fretta di tornare, qualcuno che sempre ristruttura la casa nel palazzo.  Inutile illudersi! Eppure quale chimera più dolce?  Ricordi di adolescenza dove mi nutrivo di frutta e di yogurt, gli adulti che si passavano l’anguria nell’incavo del braccio durante le scampagnate estive, poi da ragazzo uscire con le persone che non erano andate in vacanza, poi alla sera   accumulare pile di libri che  avrei letto nei giorni successivi. E si l’estate era allora bellissima e lo è ancora. l’estate è la favola bella che ieri ci illuse, che oggi mi illude. Ma nell’illusione si nasconde ludere, cioè scherzare. E senza lo scherzo delle illusioni potremmo morire di noia.  

Favria, 5.08.2023 Giorgio Cortese

Buona giornata. Coloro che non sono innamorati della bellezza, della giustizia e della sapienza sono incapaci di pensiero. Felice sabato

La scrittura cuneiforme

La prima forma di scrittura utilizzata in Mesopotamia fu la scrittura cuneiforme, sviluppata intorno al IV millennio a.C. A darle questo nome fu, nel XVIII secolo, l’orientalista inglese Thomas Hyde, che si ispirò alla forma “a cuneo” delle incisioni impresse sulle tavolette di argilla con un angolo del calamo prima di porle a essiccare o di cuocerle al forno. Inizialmente la scrittura cuneiforme venne utilizzata per registrare transazioni commerciali, ma successivamente si sviluppò in un sistema di scrittura completo utilizzato per registrare eventi storici, leggi, testi religiosi e letteratura. Ideata dai Sumeri, che la usarono per traslitterare la loro lingua venne quindi adottata anche dagli Accadi e da altre civiltà mesopotamiche, imponendosi come “scrittura franca” nel Vicino Oriente antico a prescindere dall’idioma. I documenti più antichi in cuneiforme ad oggi conosciuti sono verosimilmente le circa 4000 tavolette di argilla di Uruk (oggi in territorio iracheno), risalenti al tardo IV millennio a.C. e contenenti per la stragrande maggioranza documenti di carattere amministrativo. Il testo però più famoso è sicuramente “L’epopea di Gilgames”, poema che narra le imprese dell’omonimo eroe e re di Uruk, ed ebbe una straordinaria diffusione in Mesopotamia e nelle regioni limitrofe. Favria,  6.08.2023 Giorgio  Cortese

Buona giornata. Gli esseri umani che fanno molto sbagliano molto, quelli che fanno poco sbagliano poco. Chi non fa niente di sicuro non sbaglia mai!  Felice domenica

Vaticano.

L’etimologia del nome è varia. Secondo Varrone Vaticano o Vagitano, sarebbe il dio che protegge il vagito dei neonati. Ma già Gellio stesso preferiva la derivazione da vates, vaticinium, che è confortata dal fatto che alla base del colle, e precisamente sotto la facciata dell’attuale basilica Vaticana, si rinvenne nel 1609 un gruppo di are tauroboliche, per il sacrificio dei tori, attestanti la presenza ivi del Phrygianum o santuario di Cibele dove, nei giorni solenni, l’arcigallo, sacerdote supremo di tale culto; altre volte, in presenza di più arcigalli, il sacerdote supremo venne chiamato Attis. Come dicevo l’arcigallo emetteva i responsi, vaticinia, suggeritigli dalla dea Cibele. Anche altrove, per esempio a Civitas Mattiacorum, oggi Kastel presso Magonza, è menzionato un mons Vaticanus.  Oggi gli storici fanno derivare Vaticanum da Vaticum, come Labicanum da Labicum, supponendo un pago o una piccola città opposta a Roma e sottomessa dapprima agli Etruschi. In origine l’ager Vaticanus includeva un territorio assai più esteso perché Livio (X, 26, 15) lo contrappone all’agro Falisco e Plinio lo mette a contatto con quello di Veio e di Fidene (Nat. hist., III, 54, 5-9). Nell’età storica fu ristretto ai colli prossimi al Tevere di fronte alla città Serviana, includendo l’odierna valle dell’Inferno e confondendosi a sud col Gianicolo. Nella pianura lungo il Tevere, i Domizi e i Claudi fondarono nei primi anni dell’impero i loro fiorenti giardini. Nei primi Adriano innalzò il suo mausoleo. Vi esistevano inoltre una naumachia, costruita forse da Traiano, e uno stadio o maneggio per le esercitazioni dei carri circensi fondato da Caligola, cosiddetto Gaianum. Negli horti Agrippinae lo stesso Caligola fece costruire un grande circo che Nerone abbellì con gradinate in marmo e con l’obelisco trasportato poi per ordine di Sisto V nella piazza di S. Pietro.  L’agro Vaticano era attraversato dalla via Cornelia, che partiva dal sepolcro di Adriano, rasentava il circo e si dirigeva verso est fino a congiungersi con la via Aurelia dopo nove miglia; poco prima del circo si biforcava a destra la via Trionfale che saliva sul Monte Mario e raggiungeva la via Clodia al casale della Giustiniana.  Sulla metà settentrionale del circo Costantino costruì la nuova grandiosa basilica dedicata al principe degli Apostoli, con la quale la storia del Vaticano entra in una nuova fase.

Favria, 7.08.2023 Giorgio Cortese

Buona giornata. Se impariamo ad essere calmi saremo sempre contenti. Felice lunedì

Le Vostre gocce di sangue possono creare un oceano di felicità, donate il sangue potete salvare una vita. Esiste dentro di noi la gioia di aiutare. Basta ascoltarla. Lo scopo della vita di noi essere umani è quello di accendere una luce di speranza nei nostri simili anche donando il sangue. Ti aspettiamo a FAVRIA  MERCOLEDI’ 30 AGOSTO  2023, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te.  Attenzione, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio