Aprile . – La via Domizia. – Da John Dewey a Don Milani. – Alberto da Giussano. – Il tuo volto disegna il mio. – Ordine della Giarrettiera. – Inno a Nikkal. – Lapalissiano. – Il materasso. – Repubblica delle banane…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE.

Aprile è il quarto mese dell’anno, nel calendario gregoriano, ed è il primo dell’anno

solare a contare 30 giorni.  Nell’antico calendario romano, prima della riforma di Numa Pompilio, era il secondo di dieci mesi e raccoglieva tre importanti festività: i Veneralia legati al culto della dea dell’amore e della fertilità femminile; i Cerealia, in onore di Cerere dea della fertilità della terra e della coltivazione dei campi; i Floralia, dedicati a Flora, divinità italica delle piante utili all’alimentazione, identificata in seguito come dea della primavera. Fin dall’antichità, dunque, aprile era visto come il mese della rinascita della natura dopo il lungo letargo invernale, durante il quale la terra presenta le prime preziose fioriture, offrendosi nel contempo nelle condizioni migliori per essere arata e seminata. Non a caso, leggenda vuole che in questo periodo Romolo tracciasse con l’aratro i confini della città eterna che prenderà da lui il nome.  Rispetto al mese precedente, il clima si presenta tradizionalmente più mite, con giornate più lunghe ed esposte alla luce solare, ma con un’elevata piovosità. Come suggerisce l’antico proverbio “Quando tuona d’Aprile buon segno per il barile”, nella civiltà contadina un aprile abbastanza piovoso significava ottenere un abbondante raccolto. La volta celeste vive il passaggio dalla distesa di stelle luminose tipiche del cielo invernale, a un panorama stellato meno luminoso e orfano della scia della Via Lattea. In questa fase la stella Sirio, protagonista del periodo invernale, lascia gradualmente il posto a Vega, l’astro più luminoso del cielo estivo. Il primo giorno d’aprile si è soliti dedicarla al cosiddetto Pesce d’Aprile, giornata dedicata ad ogni genere di scherzo e gioco tra amici e parenti. Dato il periodo storico che stiamo vivendo, non tutti  saranno dell’umore adatto per ridere e scherzare in questo giorno. L’origine del pesce d’aprile, ricorrenza che accomuna moltissimi paesi non è storicamente determinata. L’ipotesi più accreditata tuttavia ambienta l’inizio di questo “culto” della burla in Francia. L’attuale calendario che noi tutti conosciamo, il calendario Gregoriano, venne adottato per la prima volta nel 1582. Prima di allora i festeggiamenti per il Capodanno  duravano una settimana circa. Le celebrazioni iniziavano il 25 marzo, vecchia data dell’equinozio di primavera, per concludersi il primo aprile. Secondo questa corrente di pensiero la burla del primo di aprile andò in origine a colpire coloro che non si erano ancora abituati al nuovo calendario, continuando a festeggiare in questa data una festività ormai spostata. Secondo la tradizione, molti francesi 31continuarono a festeggiare il giorno finale del Capodanno il primo di aprile, scambiandosi doni e regali com’erano abituati a fare. Questi iniziarono a essere però presi in giro dai primi “ideatori” del cosiddetto pesce d’aprile. Ricevevano infatti pacchetti vuoti o riempiti con regali assurdi, in cui compariva talvolta il dono di un pesce, però cartaceo: un semplice biglietto con la scritta “Pesce d’Aprile”. L’identificazione del giorno con il pesce però secondo alcuni può avere attribuzioni originarie al tempo  Cleopatra e Marco Antonio. Secondo la leggenda, il condottiero romano fu sfidato dalla sovrana d’Egitto in una gara di pesca. Per non fare brutta figura, egli ordinò ad un suo servo di attaccare al suo amo delle prede. Scoperto il trucco, la regina Cleopatra decise di attaccare all’amo un gigantesco pesce finto rivestito di pelle di coccodrillo. Da qui nasce la simbologia del Pesce d’Aprile. In Italia l’usanza dell’1 aprile è recente: risale agli anni tra il 1860 e il 1880. La prima città ad accogliere l’abitudine francese fu Genova, dove la passione per gli scherzi d’aprile sbarcò nel suo porto così vivace. La tradizione si radicò prima tra i ceti medio-alti, poi prese piede anche tra il resto della popolazione.
Favria, 1.04.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita nessun giorno è uguale all’altro, ogni mattina porta con sé un particolare miracolo, il proprio momento magico, nel quale i vecchi universi vengono distrutti e si creano nuove stelle. Felice lunedì.

Il sangue è una vita, Condividilo! Il sangue viene rigenerato dopo pochi mesi, ma la vita no, per favore dona il tuo sangue. Vi invitiamo a donare il sangue per una ragione che si chiama vita.  vita. Lo scopo della vita di noi essere umani è quello di accendere una luce di speranza nei nostri simili anche donando il sangue. Ti aspettiamo a FAVRIA MERCOLEDI’ 17 MARZO  2024, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te.  Attenzione, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

La via Domizia.

La Via Domizia (in latino Domitia) collegava in epoca romana Torino e la valle del Rodano alla Spagna. Fu realizzata sotto la guida del proconsole Gneo Domizio  Enobarbo, primo governatore della Gallia Narbonensis, tra il 121 e il 117 a.C. Questa strada ebbe una rilevanza storica particolare poiche fu la prima via romana costruita nella regione della Gallia e servi principalmente per scopi militari, facilitando il collegamento con le colonie romane della parte meridionale della provincia. Attualmente, la Via Domizia corrisponde al tracciato della Strada statale 23 del Colle di Sestriere. Il percorso iniziava da Torino e superava le Alpi Cozie attraverso i colli del Sestriere e del Monginevro, quindi seguiva la valle della Durance passando per Briancon fino ad Eburodunum (Embrun), Vapincum (Gap), Apta Julia (Apt) e Glanum (Saint-Remy-de-Provence). Da qui, proseguiva verso il Rodano, attraversandolo vicino ad Arelate (Arles), e successivamente lungo la costa passando per Nemausus, Nimes, Montpellier e Baetiris (Beziers), raggiungendo infine la colonia romana di Narbo Martius (Narbona). Qui la Via Domizia si intersecava con la Via Aquitania, che si estendev  fino all’Oceano Atlantico, attraverso Tolosa e Burdigala (Bordeaux). Da Narbona, la strada proseguiva poi verso la Spagna dove a Perpignan, presso l’oppidum (cittadella) di Ruscino (Chateau-Roussillon), si divideva in due itinerari distinti: il primo seguiva la costa, l’altro nell’entroterra, per poi riunirsi poco a sud del Col de Panissars, dove iniziava la Via Augusta. Lungo il tracciato sono ancora visibili i resti di numerosi ponti romani, tra i quali spiccano quello di Saint-Thibery sul fiume Herault, il Pont Ambroix sul fiume Vidourle presso il sito di Ambrussum  e il Pont Julien sul fiume Calavon.

Favria, 2.04.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Ciò che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla. Felice  martedì.

Educazione e pedagogia nel 900: dalla filosofia alla scienza: “Da John Dewey a Don Milani”, pedagogisti ed educatori che hanno contato nella storia della scuola”. Docente Reginaldo Palermo. MERCOLEDI’ 3 APRILE  2024 ore 15,30 -17,00. Conferenze UNITRE’ di Cuorgnè presso ex chiesa della SS. Trinità –Via Milite Ignoto.

Da più di duemila anni ci si interroga sui problemi dell’educazione: la riflessione pedagogica risale infatti agli antichi Greci. Ma il 900 è stato un secolo decisivo: in meno di cento anni la pedagogia ha cambiato faccia e, grazie ai contributi di diverse scienze, è diventata un campo di ricerca importantissimo. Nel corso dell’incontro il relatore accompagnerà i partecipanti in un percorso attraverso le tappe più significative della riflessione sui problemi dell’educazione, a partire da John Dewey che rappresenta ancora oggi un punto di riferimento ineludibile e passando da Maria Montessori che ha contribuito a dare alla pedagogia un vero e proprio statuto scientifico. Filone nel quale si colloca Francesco De Bartolomeis, che ha operato a Torino per più di mezzo secolo e che è morto poco meno di un anno fa all’età di 105 anni. Ma si parlerà anche di grandissimi educatori che, con modalità diverse, hanno dato contributi decisivi alla sviluppo dell’educazione, da Célestin Freinet, a Don Lorenzo Milani, Mario Lodi e Bruno Ciari.

Alberto da Giussano.

Il protagonista-eroe della battaglia di Legnano nel 1176 sarebbe un personaggio leggendario.  Il vero capo militare della Lega Lombarda nel celebre scontro tra alcuni Comuni lombardi e Federico Barbarossa fu Guido da Landriano e non, come vuole la tradizione, Alberto da Giussano. Gli storici hanno avanzato delle ipotesi sulla sua effettiva identità ma i candidati sono più di uno. A ispirarne la figura potrebbero essere stati Alberto da Carate o Alberto Longo, firmatari nel 1167 a Cremona del patto che istituiva la Lega lombarda. Oppure un tale Alberto da Giuxano, antico nome della cittadina oggi in provincia di Milano, menzionato in un ricorso del 1196 presentato a papa Celestino III sull’amministrazione della chiesa-ospedale di San Sempliciano. Il nome apparve per la prima volta nella cronaca di Milano scritta dal frate domenicano Galvano Fiamma nella prima metà del XIV secolo, 150 anni dopo i fatti di Legnano. Alberto da Giussano è lì descritto come un condottiero a capo della Compagnia della morte (900 giovani cavalieri), che si distinse nella battaglia del 29 maggio 1176 per aver difeso il Carroccio, un carro-stendardo, dall’esercito imperiale, diventando il simbolo dell’indipendenza dei Comuni lombardi. In base alle fonti storiche, però, l’eroica resistenza fu merito della fanteria comunale, che permise al grosso dell’esercito lombardo, capitanato da Guido da Landriano, di sopraggiungere da Milano e sconfiggere l’imperatore Barbarossa.

Favria, 3.04.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita scegliamo di essere positivi, credetemi ci si sente meglio. Felice mercoledì.

Venerdì 5 Aprile ore 18

Presentazione del libro di Piera Giordano “Il tuo volto disegna il mio”

Presso la libreria Colibrì” Via Arduino

La scrittura dell’autrice ha come motivo il legame affettivo con la nonna sui  ricordi legati ad esempio ad  oggetti  del quotidiano domestico, che segna lo scorrere del tempo. Ogni  pagina è il tentative di non lasciare andare I ricordi, di mantenerli vivi, almeno nella memoria come il vol­to della nonna, al quale l’autrice accosta spesso il proprio. Una relazione, quella tra nonna e nipote, che l’autrice racconta a partire dalla propria esperienza autobiografica, e soprattutto i destini di due generazioni di donne che si fanno portavoce ognuna della propria vicenda esistenziale da un lato, e dall’altro della Storia, quella con la “S” maiuscola, di cui sono testimoni e protagoniste, incarnando le differenti declinazioni di un plurale femminile che si fronteggia da epoche lontanissime, eppure lungo il medesimo, precario confine.

Ordine della Giarrettiera.

Il Nobilissimo Ordine della Giarrettiera, il più antico e prestigioso della storia inglese, fu fondato da re Edoardo III forse nel 1349. Le circostanze sono leggendarie e un pochino maliziose. Si narra infatti che durante un ballo a corte la contessa Giovanna di Kent perse una giarrettiera; il re, noto per la sua galanteria, si sarebbe chinato a raccoglierla offrendosi poi di aiutare la dama a indossarla di nuovo. Udendo le risatine e i bisbigli allusivi dei cortigiani, il sovrano disse loro in francese: «Honni soit qui mal y pense!» («Sia vituperato chi ne pensa male!”). E poco dopo diede vita all’Ordine, che intitolò appunto alla Giarrettiera. Per alcuni la sua base “ideale” è però più antica e sarebbe da individuare nell’altrettanto leggendario sogno fatto da Riccardo Cuor di Leone durante la Terza Crociata. Poco prima dell’assedio di Acri, san Giorgio gli sarebbe apparso consigliandogli di far legare ai suoi 24 fidati cavalieri una striscia di cuoio intorno alla coscia, episodio che ricorda – non a caso – il sogno di Costantino alla vigilia della battaglia del Ponte Milvio (312): allora l’imperatore vide in cielo la croce con la scritta “In hoc [signo] vinces” e l’adottò sul proprio vessillo garantendosi il trionfo su Massenzio. Quale che sia l’origine, l’antico Ordine esiste ancora oggi. A capo c’è il re (o la regina), che ha facoltà esclusiva di ammettervi al massimo 24 membri: un caso unico perché i membri di tutti gli altri ordini britannici sono designati dal sovrano su proposta del Primo ministro.

Favria,  4.04.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste, ecco tutto. Felice giovedì.

Inno a Nikkal.

L’inno a Nikkal, 1400 a.C.  appartiene alle “canzoni hurrite”, 36 testi per musica scritti su tavolette in caratteri cuneiformi e ritrovati negli Anni ’50 nell’antica Ugarit, in Siria. L’inno era dedicato a Nikkal, figlia del dio dell’estate, dea della frutta e protettrice dei frutteti. Gli Hurriti, insediati in Siria, Anatolia e Nord della Mesopotamia nell’Età del Bronzo, parlavano la lingua Hurro-Urartian.  La notazione musicale, tradotta dall’antico linguaggio, fa riferimento a una scala diatonica eptatonica per uno strumento musicale a nove corde, il sammum, simile a un’arpa o a un liuto. Era probabilmente eseguita durante le feste del raccolto per celebrare l’abbondanza e la prosperità.  Sulle tavolette d’argilla si trovano le indicazioni per accordare lo strumento, ma sfortunatamente non il nome del compositore.

Favria, 5.04.2024  Giorgio Cortese

Buona  giornata. In un mondo povero di sincerità è l’amore ad arricchire l’esistenza. Felice venerdì.

Lapalissiano

Quante volte ci sarà capitato di sentir definire una questione lapalissiana. Sicuramente parecchie, perché il modo di dire è molto diffuso. Il significato dell’espressione è semplice, lapalissiano è qualcosa di talmente ovvio ed evidente che il solo dirlo o stare a discuterne non è solo inutile, ma anche stucchevole, perfino ridicolo e fa solo perdere tempo. Da cosa deriva? Da una canzoncina francese intonata dai soldati transalpini superstiti all’indomani della cocente sconfitta subita nella battaglia di Pavia, il 24 febbraio 1525. Il loro comandante, il maresciallo Jacques II de Chabannes de La Palice, a volte scritto Lapalisse, morì infatti durante l’assedio della città. I suoi uomini volevano rendergli omaggio, ma finirono per cadere nella banalità, dato che i versi tradotti suonano così: “Ahimè! La Palice è morto, / è morto davanti a Pavia; / Ahimè! se non fosse morto, / sarebbe ancora in vita”. In realtà sembra che l’ultimo verso dovesse tradursi nell’assai meno banale “farebbe ancora invidia”, l’ambiguità sarebbe dettata dall’assonanza tra le parole “en vie” e “envie”. Ma tant’è, dopo oltre un secolo l’accademico di Francia Bernard de La Monnoye (1641-1728) riprese le strofe e vi aggiunse altri versi, sicché nell’Ottocento lo scrittore Edmond de Goncourt coniò il termine “lapalissade”, da cui l’italiano “lapalissiano”, per indicare un’affermazione che ripete qualcosa di già detto in precedenza e che quindi risulta ridondante e inutile.

Favria, 6.04.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Non scoraggiamoci perché è  sempre l’ultima chiave quella che apre la serratura. Felice sabato.

Il materasso.

La parola materasso deriva dall’arabo maṭraḥ, cioè “il posto dove gettare cose”, dal verbo arabo ṭaraḥa che letteralmente significa “egli ha gettato, scaricato, buttato”.  Questa parola, che fa parte del nostro vivere quotidiano, è entrata nella lingua italiana grazie ai crociati partiti a guerreggiar a Gerusalemme.  Non che prima non esistessero, i materassi, anzi! La storia dei letti e dei giacigli è antica quanto la specie umana e interessantissima, perché ci parla del modo in cui i popoli hanno organizzato la loro vita di tutti i giorni e l’importanza che hanno conferito al sonno e alle altre attività che necessitano del giaciglio. Tuttavia soluzioni per dormire “sul morbido” esistevano già dai tempi antichi, addirittura preistorici: il giaciglio più antico, ritrovato in Sudafrica e fatto di foglie e piante locali, risale a circa 77mila anni fa.  Gli  antichi Egizi il loro materasso era un giaciglio  sostenuto da rami di palme per proteggersi da parassiti e serpenti. Sopra si trova lana e biancheria di lino. Compare un rudimentale cuscino anche se un po’ duro in quanto realizzato in legno o in pietra. Nell’antica Roma invece si usano sacchi imbottiti di fieno o lana. I nobili addirittura usano piume di uccelli per avere la massima morbidezza. Dei giacigli greci ricordiamo il talamo nuziale scolpito in un ulivo vivente da Odisseo, così come la kline, il “letto sociale” su cui si partecipava ai banchetti, da cui il triclinium romano, che però, va detto, era anche etrusco come il meraviglioso ‘Sarcofago degli sposi’ di Cerveteri.  Nel medioevo si arriva ai primi telai in legno per tenere sollevato il giaciglio con sopra dei rudimentali materassi imbottiti di paglia e foglie. Questo però è valido solo per i benestanti perché i poveri invece continuano a dormire su mucchi di paglia appoggiati sul pavimento. I crociati partiti per il vicino oriente notarono l’abitudine levantina di dormire in questo modo e assimilarono la parola nel latino tardo materacium o mataratium, diventato poi col tempo matarazzo, materazzo fino all’odierno materasso. In Europa in età moderna i materassi erano molto corti, come il letto di Luigi XIV a Versailles, perché si usava dormire con la schiena rialzata, quasi seduti. Dopo la Rivoluzione industriale, nel XIX secolo vennero prodotti in cotone e sovrapposti a un telaio di ghisa, la rete. Quello a molle fu inventato nel 1871 da Heinrich Westphal, un architetto tedesco vissuto in Italia.  In tempi più recenti i materassi erano imbottiti di lana, battuta e cardata, o di crine animale. Oggi il più diffuso è quello in memory foam, inventato per gli astronauti delle missioni spaziali e poi diffuso anche sul pianeta Terra. Secondo il pensiero di alcuni filosofi il  sonno è un rituffarsi nel caos, per me il sonno è una sorta di innocenza e di purificazione. E poi ogni giorno una bella risata e un lungo sonno sono le migliori cure per vivere bene.

Favria, 7.04.2024 Giorgio Cortese

Buona giornata. Se certi giorni la  vita mi lascia le briciole io comunque penso alla panatura dorata. Che condanna meravigliosa l’ottimismo. Felice domenica


Repubblica delle banane.

La locuzione fu coniata all’inizio del Novecento dallo scrittore statunitense O. Henry, pseudonimo di William Sydney Porter, nel suo libro “Cabbages and Kings”, “Cavoli e re” del 1904. Utilizzando il termine in riferimento all’Honduras, O. Henry intendeva condannare l’atteggiamento delle compagnie produttrici ed esportatrici di banane, come la United Fruit Company, futura Chiquita e la Standard Fruit Company. Queste aziende avevano una totale influenza sulla vita politica locale, sostenendo le élites che, di fatto, governavano come una sorta di dittatura, rendendo vuota la forma di governo repubblicana che appariva solo di facciata. Da allora, l’espressione si è diffusa nel linguaggio politico e giornalistico per indicare, in generale, una piccola nazione, spesso latino-americana o caraibica, politicamente instabile e governata da un’oligarchia ricca e corrotta e in cui l’economia dipende da un settore agricolo modesto il cui controllo è nelle mani di multinazionali. A volte, ironicamente, “Repubblica delle banane” viene usato anche in Europa e in Italia per sottolineare gravi mancanze dal punto di vista della democrazia e della sovranità effettiva

Favria, 8.04.2024   Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita quotidiana per essere felici bisogna allenarsi tutti i giorni. Felice lunedì.

Il sangue è una vita, Condividilo! Il sangue viene rigenerato dopo pochi mesi, ma la vita no, per favore dona il tuo sangue. Vi invitiamo a donare il sangue per una ragione che si chiama vita.  vita. Lo scopo della vita di noi essere umani è quello di accendere una luce di speranza nei nostri simili anche donando il sangue. Ti aspettiamo a FAVRIA MERCOLEDI’ 17 APRILE  2024, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te.  Attenzione, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio