Aprile – Vento! – Perché? – Le farfalle – È Pasqua !!! – Pasqua è….- Donare il sangue, salvare una vita! … le pagine di Giorgio Cortese

Aprile
Aprile è il quarto mese dell’anno, nel calendario gregoriano, ed è il primo dell’anno solare a contare 30 giorni. Nell’antico calendario romano, prima della riforma di Numa Pompilio, era il secondo di dieci mesi e raccoglieva tre importanti festività: i Veneralia legati al culto della dea dell’amore e della fertilità femminile; i Cerealia, in onore di Cerere dea della fertilità della terra e della coltivazione dei campi; i Floralia, dedicati a Flora, divinità italica delle piante utili all’alimentazione, identificata in seguito come “dea della primavera”. Fin dall’antichità, dunque, aprile era visto come il mese della rinascita della natura dopo il lungo letargo invernale, durante il quale la terra presenta le prime preziose fioriture, offrendosi nel contempo nelle condizioni migliori per essere arata e seminata. Non a caso, leggenda vuole che in questo periodo Romolo tracciasse con l’aratro i confini della “città eterna” che prenderà da lui il nome. Rispetto al mese precedente, il clima si presenta tradizionalmente più mite, con giornate più lunghe ed esposte alla luce solare, ma con un’elevata piovosità. Come suggerisce l’antico proverbio «Quando tuona d’Aprile buon segno per il barile», nella civiltà contadina un aprile abbastanza piovoso significava ottenere un abbondante raccolto. La volta celeste vive il passaggio dalla distesa di stelle luminose tipiche del cielo invernale, a un panorama stellato meno luminoso e orfano della scia della Via Lattea. In questa fase la stella Sirio, protagonista del periodo invernale, lascia gradualmente il posto a Vega, l’astro più luminoso del cielo estivo.
Favria, 1.04.2015 Giorgio Cortese

Sono convinto che quando penso di avere tutte le risposte, la notte mi cambia tutte le domande. Se penso ad una cosa alle tre del mattino e poi ci ripenso l’indomani a mezzogiorno, arrivo sempre a conclusioni diverse.

Vento!
Oggigiorno ci siamo scordati del vento, adesso che con i miei simili abito fra ferro e cemento, scriveva Lucrezio: “Principio venti vis verberat incita corpus…”. Nella vita quotidiana ascolto troppo il cellulare, computer radio e televisione ed ascolto troppo poco la natura. Il vento è uno dei suoni della natura, il suo solitario respiro. Tre sono i grandi suoni elementari nella natura sono il suono della pioggia, il suono del vento ed infine il suono del mare su di una spiaggia al mattino. Penso che ognuno di noi dovrebbe avere il proprio suono personale e il suo ascolto dovrebbe renderci euforici e vivi, o silenziosi e tranquilli. Mi viene da pensare al vento come ad una mite carezza che passa gentile che scherza coi fiori d’aprile. Invece in questi giorni di inizio mese il vento non ha riguardi, non conosce regole e con prepotente arroganza entra dove gli pare e senza chieder permesso, con un soffio gelido passa tra gli interstizi e con balzo passa su tutta la Comunità giù dai monti! Ma il vento è giusto e non fa discriminazioni, tocca tutti e tutto. Certo che è buffo ma quando non tira vento anche il galletto in cima al campanile manifesta del carattere, come certe persone. Al riguardo alcune persone sono come il vento, sembrano esistere soltanto per andarsene. Nella vita il pensiero si può paragonare al vento, la conoscenza alla vela, e noi miseri bipedi siamo la nave e personalmente non mi sono mai stancato di cercare, convinto che in ogni alito di vento posso trovare l’infinito. Certo che se inizia a soffiare il vento del cambiamento, dei miei simili mettono su le doppie finestre senza pensare alla frase di Lucio Anneo Seneca: “Nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa a quale porto vuol approdare.” In conclusione giustifico il vento di adesso solo se mi porta Mary Poppins per sistemarmi la stanza dove ho il computer.
Favria, 2.04.2015 Giorgio Cortese

La musica è come il vento, soffia, continua a passare, a fluire. E finché c’è vento ci sono nuove canzoni per sognare

Perché?
Ho letto sui giornali e appreso dalla televisione che la tragedia dell’Airbus sia da attribuire non ad un guasto meccanico dell’aereo, neanche ad un attentato terroristico ma aa un’azione ancora più illogica e tragica per il fatale schianto, il gesto volontario del co-pilota dell’Airbus A320 della Germanwings, di ventotto anni! Secondo la ricostruzione che stanno facendo sulla base delle conversazioni estratte dalla “scatola nera”, il copilota si è chiuso in cabina di pilotaggio, quando è uscito verosimilmente per “bisogni fisiologici” il pilota, poi ha azionato la discesa e ha fatto così schiantare l’aereo. Da notare che per la sicurezza degli aerei la porta blindata della cabina di pilotaggio del velivolo è dotata di un meccanismo di sicurezza che ne permette l’apertura automatica in caso di emergenza, ma se dall’interno l’accesso viene negato non c’è modo di aprirla. Certo che se nei prossimi giorni emerge che l’aviatore che ha provocato volontariamente la sciagura era un seguace di un qualche integralismo becero e assassino, la tragedia mi apparirebbe, certo, molto più agghiacciante e spaventosa ma forse più logica e comprensibile per il mio modo occidentale di ragionare. La televisione e i giornali mi hanno informato, purtroppo , in questi anni, come l’ottuso fanatismo religioso e politico portano degli esseri umani ad autosucidarsi portando nel loro folle gesto delle persone inermi, persone che nel linguaggio comune chiamiamo kamikaze, parola giapponese che voleva dire vento divino, ma che divino non hanno nulla ed agiscono purtroppo con una atroce logica. Se invece, l’autore di questa tragedia, neo-pilota diplomato col massimo dei voti, non era un terrorista, allora mi trovo di fronte al buio più insondabile. Perché? Questa domanda mi gira nel cervello. La prima risposta è che sia divenuto improvvisamente folle. Ma in genere, chi si suicida lo fa da solo? E invece l’anomalia di questo apparente suicidio è che ha chiamato con sé altri 149 esseri umani. Mi domando come sia possibile che il giovane pilota abbia guardato salire i suoi colleghi e 144 passeggeri, uno ad uno, e abbia visto le facce degli studenti di ritorno da una vacanza, e i neonati in braccio alle madri, gli abbia anche sorriso e non si sia fermato? Aveva già deciso, con follia, con lucida follia , che si controlla, si maschera e non si tradisce? Perché? Che cosa è saltato nel suo animo per arrivare ai bordi dell’abisso e buttarsi giù? Abbiamo costruito e costruiremo dei computer sempre più sofisticati ma nessuno riesce a sondare che cosa passa nei meandri dei nostro cervello. Mi viene da pensare che più che follia se una persona decide di portare con sé nella morte una moltitudine di uomini, sconosciuti e tuttavia appena guardati in faccia, è un atto che ha in sé il marchio di una pura, devastante ansia di annientamento. Cercare la morte ma portane con se altri, tanti esseri umani, sentirsi quasi un dio nel dare la morte anche ad altri che negli ultimi minuti, come emerge dalle registrazioni della scatola nera, urlavano con grida di terrore vedendo sempre di più avvicinarsi le montagne innevate. Dal novello dio onnipotente nulla, dalla scatola nera, si sente solo il suo respiro, nemmeno una parola. Poi, lo schianto che squarcia il silenzio della montagna. Scriveva Nietzsche: “Quando guardi l’abisso, l’abisso ti guarda”, chissà se l’autore di questo gesto l’aveva letto ed io continuo a domandarmi perché?
Favria, 3.04.2015 Giorgio Cortese

Nella vita due mani che si cercano sono l’essenza di tutto il domani.

Le farfalle
Le farfalle sono simili a tenere nuvole, volane leggere come i miei pensieri e come loro sono multicolori le mie riflessioni.. Le farfalle sono l’allegoria della vita, infatti ciò che e il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla, così è la nostra vita terrena. Posso rincorrere una farfalla per tutto il prato e non prenderla mai. Ma se mi siedo tranquillo sull’erba verrà a posarsi sulla mia spalla. Nella vita i pochi attimi felici sono simili ad una farfalla tra le mani, se la stringo muore ma se la lascio se ne va, se l’accarezzo e sarà sempre con me.
Favria 4.04.2015 Giorgio Cortese

Nella vita complicare è facile, semplificare è difficile!. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare.

È Pasqua !!!
“Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”. In questo proverbio sono racchiuse le due festività italiane più importanti e anche la filosofia con cui gli italiani le vivono. Il Natale va passato rigorosamente in famiglia, la Pasqua, al contrario, cade sempre all’inizio della primavera e invoglia ad uscire e a viaggiare.La Pasqua è una festa religiosa cristiana che celebra la Resurrezione di Cristo ed è quindi un inno alla vita e alla sconfitta della morte. È preceduta, secondo il calendario liturgico, da un periodo di digiuno e di penitenza, la Quaresima, ed è perciò festeggiata con ogni abbondanza. Anche nella festa pasquale si sovrappongono e si intrecciano tradizioni ebraiche, la Pasqua ebraica ricorda infatti la liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù d’Egitto, e antichi riti pagani, fra cui la celebrazione dell’arrivo della primavera e della prima luna piena dopo l’equinozio di primavera, il ritorno alla vita, in tutte le sue manifestazioni: la natura si riveste di verde e di fiori, gli animali vivono la stagione degli amori e anche noi sentiamo una nuova voglia di ricominciare, di stare all’aria aperta (le giornate si allungano e il sole comincia a scaldare), di spogliarci delle ansie e delle paure invernali.In Italia il rito pasquale vero e proprio inizia il Venerdì Santo, il venerdì prima di Pasqua, che cade sempre di domenica, giorno in cui si ricorda l’Ultima Cena e la morte sulla croce di Gesù Cristo. In questa occasione, si può assistere a delle processioni per le strade delle città che rappresentano, attraverso 14 stazioni o fermate, la Via Crucis, la via della croce, cioè il percorso di Cristo lungo il colle del Calvario. Dopo il Sabato Santo, giorno di attesa, la gioia pasquale esplode la Domenica di Pasqua, quando si celebra la Resurrezione. La festa continua anche il Lunedì dell’Angelo, la cosiddetta Pasquetta: in questo occasione è tradizione fare una piccola gita in campagna, magari con un bel picnic. Come è successo per il Natale, anche per Pasqua la golosità e il consumismo hanno preso il sopravvento sulle motivazioni più profondamente religiose, e allora diamo uno sguardo alle tradizioni gastronomiche della nostra penisola. La festa della Pasqua nasce, dal punto di vista gastronomico, come una festa semplice e frugale, i cui elementi fondamentali sono da sempre l’agnello e le uova. Già Mosè aveva indicato l’agnello maschio, di età inferiore ad un anno, come il cibo preferito per ricordare la liberazione del suo popolo e questa tradizione continua anche in epoca cristiana. Ancora oggi, l’agnello si trova su molte tavole italiane, insieme a uova sode, verdure e primizie di stagione.La tradizione gastronomica si è specializzata soprattutto nei dessert: accanto a dolci e torte tipiche regionali: il presnitz a Trieste, la fugazza in Veneto, il salame del Papa in Piemonte, la schiacciata di Pasqua in Toscana, la pastiera napoletana e l’agnello di zucchero in Sicilia; non possono mancare l’uovo di cioccolata e la Colomba. L’uovo di cioccolata è il sogno e la sorpresa di tutti i bambini; ce ne sono per tutti i gusti e tutte le tasche: cioccolato al latte, fondente, con le nocciole, grandi, piccoli, decorati… e tutti nascondono un piccolo regalo!!! La Colomba, invece, è un dolce che ha la forma di questo uccello (simbolo di pace): la pasta è simile a quella del Panettone natalizio ed è ricoperta di glassa, mandorle e granelli di zucchero. Per i più golosi ci sono anche colombe speciali farcite di crema e coperte di cioccolata. Insomma, è proprio un peccato che la Pasqua venga una sola volta l’anno, no!
Favria 5.04.2015 Giorgio Cortese

Per aiutare una vita non serve essere super eroi nel quotidiano donando un poco del nostro sangue un piccolo gesto che non ha prezzo

Pasqua è….
Pasqua è una festa speciale.
Pasqua è bella e colorata, come la primavera.
Pasqua è rotonda come un uovo, che sa di cioccolato.
Pasqua è un giorno felice.
Pasqua è il risveglio delle gemme degli alberi che sbocciano.
Pasqua è divertimento ed invito a stare insieme con serenità.
Pasqua è un segno di pace.
Pasqua è una colomba bianca che ha nel becco un ramo d’ulivo.
Pasqua è l’arcobaleno, simbolo di perdono.
Pasqua è memoria dell’ultima cena.
Pasqua è il ricordo triste della sua morte in croce.
Pasqua è resurrezione, è vita senza fine
Pasqua è la vita felice festa di Risurrezione e conciliazione
possa portare a Tutti Voi che mi leggete tanta pace e serenità.
Auguri…..
cordialmente Giorgio Cortese

Donare il sangue, salvare una vita!
La donazione del sangue è un atto livero, anonimo, gratuito e responsabile. Ma chi mi legge cosa può fare? Semplicemente diventare donatore. Se venite a donare a Favria, nel punto prelievo del cortile interno del Comune, Mercoledì mattina 15 aprile, dalle ore 8 alle ore 11,30. Ti ricordo che il sangue è un elemento insostituibile per il nostro organismo che si rinnova continuamente. Il sangue non può essere riprodotto in laboratorio. Una piccola parte può essere donata periodicamente senza alcun danno per l’organismo. Ti ricordo che per moltissime persone una trasfusione rappresenta il solo mezzo per salvare la propria vita.. Pensa che ci sono persone che devono continuamente ricorrere alle trasfusioni per aver una speranza per garantirsi un futuro. Ricordo che chiunque viene a donare il sangue ha diritto alla giustifica sia per il lavoro che per la scuola per la giornata persa. Per i nuovi donatori, oggetto di donazione differita, la prima volta fanno solo gli esami e per chi viene a fare gli esami ha diritto a due ore di permesso. Viena data una colazione gratuita a tutti i donatori, e allora Tu che mi leggi che aspetti viene a donare e porta un amico, la richiesta di sangue non conosce la crisi e non va mai in vacanza
Grazie
Favria 6.04.2015 Giorgio Cortese

Quando dono, dono con gioia, e in quella gioia sta la mia ricompensa.