Arriva l’estate ballando sotto le stelle. – Madonna della Neve – La delizia del gelato da Giovanni, il gelato e….- Una chiusura mentale chiamata abitudine. -AAA. Cercasi donatori di sangue subito! – Tetragono cascaticcio. – Custodire sempre la bandiera nell’animo. – …LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Arriva l’estate ballando sotto le stelle.
Il sempre dinamico e giovanile di idee, Direttivo Centro Incontro Pensionati, ha centrato l’obiettivo nella Comunità Favriese, trasformando dei sonnolenti sabato sera estivi in allegria sull’onda di simpatiche note musicali. La vita è un ballo in cui tutti siamo costretti a danzare fino all’ultimo respiro anche senza sapere o voler ballare. La danza è una delle rare attività umane in cui gli esseri umani si trovano totalmente impegnati, con il corpo, cuore e spirito. Per gli anziani, e non solo loro, danzare è importante quanto parlare e leggere. Il ballo è in grado di portare grossi benefici, aumenta la forza, la resistenza fisica, l’equilibrio e la flessibilità del corpo e migliora il sistema cardiovascolare, grazie al movimento. Ma è anche importante perché aiuta a coordinare maggiormente l’azione tra mente e corpo. Il Direttivo del Centro incontri vivacizzerà i sabato sera favriesi con tango, rumba o bachata. Non importa con quale genere musicale, al sabato sera a Favria la parola d’ordine è ballare e fare diverti i favriesi e non. Il Direttivo eletto a Gennaio nelle persone del Presidente Graziano Paolino, Vice Presidente Filippone Franca; Cassiere,Artioli Carlo; consiglieri: Baudino Tommaso, Boscarato Rino, Cena Giovanni; Segretario Bongera Giovanni, Revisore dei Conti, Benincasa Carmela, Mulas Esterina, Bianchi Zamper Silvana, hanno avuto una geniale intuizione per creare aggregazione e sano divertimento con questi balli estivi del sabato sera. Vedere questi diversamente giovani ballare mi viene da pensare che la danza è simile alla creazione di una scultura che è visibile solo per un momento. Ritengo che la danza sia la madre di tutte le arti. La musica e la poesia esistono nel tempo; la pittura e l’architettura nello spazio. Ma la danza vive contemporaneamente nel tempo e nello spazio. Prima di affidare le sue emozioni alla pietra, al suono, l’essere umano si serve del suo corpo per organizzare lo spazio e ritmare il tempo. Insomma la poesia sta alla prosa come la danza sta al camminare. Un grazie di cuore al Direttivo e ai numerissimi partecipanti per la gioia che infondete nell’animo e per tutti vale sempre una massima sufi che recita: “Dio ti rispetta quando lavori ma ti ama quando danzi.” Grazie mille perché al sabato sera con questa musica ci fate indossare il sorriso e con esso aggiungiamo colore alla vita regalandoci positività di pensiero
Favria, 25.07.2015 Giorgio Cortese

Ho ancora voglia di alzare gli occhi al cielo. Perché nonostante i dolori e le delusioni, voglio che il mio animo non smetta mai di conoscere il significato della parola speranza. Benvenuta speranza che sei il sole della mia vita mi scaldi e fai brillare il mio animo.

Madonna della Neve
La Madonna della Neve è una venerazione speciale riservata alla Vergine Maria, cosiddetta iperdulia, a ricordo di un evento verificatosi nel IV secolo d.C. Secondo la leggenda, un nobile patrizio romano di nome Giovanni, assieme alla moglie, non avendo prole, decise di dedicare una chiesa alla Vergine Maria. La Madonna apparve loro in sogno nella notte tra il 4 e il 5 agosto, informandoli che un miracolo avrebbe indicato loro il luogo su cui costruire la chiesa. Anche il papa Liberio fece lo stesso sogno e il giorno seguente, recatosi sull’Esquilino, lo trovò coperto di neve. Il papa stesso tracciò il perimetro dell’edificio e la chiesa fu costruita a spese dei due coniugi, la chiesa divenne nota come chiesa di S. Maria “Liberiana” o popolarmente “ad Nives”. Abbattuta nel V secolo, sotto il pontificato di Sisto III per essere ricostruita in maniera più sontuosa, con il nome di Basilica di Santa Maria Maggiore, in ricordo del concilio di Efeso (431). Si festeggia la celebrazione il 5 agosto, e la Beata Vergine oltre a dare il nome ad un nostro rione di cui è patrona, è inoltre protettrice delle città di Novi Ligure, Rovereto e Torre Annunziata. L’origine della nostra Cappella è antichissima; entrostante al sito dove si trova la chiesetta, il terreno era utilizzato come cimitero per gli abitanti della Comunità di Favria facenti parte della Parrocchia di San Michele, diocesi di Torino, l’altra di SS.Pietro e Paolo faceva parte della diocesi di Ivrea. Notizie relative a lavori di manutenzione ordinaria sono registrate negli Ordinati Comunali nel periodo “Napoleonico”. Dopo l’emanazione della legge Siccardi, incorporazione dei beni ecclesiastici da parte del Governo, sono segnalati lavori di manutenzione ordinaria nel 1876. Se i festeggiamenti in onore della Beata Vergine a fine Luglio e le novene contro le brine in primavera raccolgono sempre numerosi devoti borghigiani veterani e di nuova iscrizione anagrafica il merito va al volenteroso Comitato presieduto da Musso Riccardo, con gli infaticabili Valentino, Giovanni e tutti gli altri che con sincera dedizione si impegnano non solo per la riuscita della ricorrenza religiosa, per il mantenimento dell’edificio con continue opere di manutenzione ma anche per il dopo con un lauto banchetto che eccelle nei panini con le acciughe e per la sangria che nel dopo festa religiosa un suo fascino particolare. In Italia le chiese e cappelle che hanno come patrona la “Madonna della Neve’, sono più di un centinaio. E noi in questo Borgo di Favria ne facciamo parte
Favria, 26.07.2015 Giorgio Cortese

C’è chi pensa o rimpiange il passato, chi vive rincorrendo il futuro, perdendosi l’unica cosa certa: il presente.

La delizia del gelato da Giovanni, il gelato e…..
Dessert ormai senza stagione, industriale o artigianale, il gelato è divenuto sinonimo di piccolo momento di piacere. E’ una trasgressione impossibile da negare a grandi e piccini. Nelle sue mille varietà soddisfa i gusti e le esigenze di tutti, intolleranti al lattosio inclusi. Il prodotto di oggi è frutto di evoluzioni di millenni, porta con sé l’intuizione di popoli antichi e vive dell’innovazione dei popoli moderni. Le origini sono a dir poco remote: i primi preparati furono realizzati da Greci e Romani, mescolando macedonie di frutta a miele e neve. Prove storiche riportano poi l’utilizzo del “gelato” da parte degli Arabi, che reintrodussero l’alimento in Occidente, dopo la conquista della Sicilia nell’827. La ricetta araba prevedeva l’utilizzo di succhi di frutta e di zucchero.Nel 1500 a Firenze, alla corte dei Medici, in occasione di una gara per il “piatto più singolare che si sia mai visto”, il pollivendolo Ruggeri portò al signore un sorbetto rimasto nella storia. Racconti circondano anche i “dolci ghiacciati” allo zabaione inventati da Bernardo Buontalenti, artista appassionato di cucina del tempo. Nel 1686 fu aperto a Parigi un primo caffè italiano capace di offrire dolcetti gelati, il Caffè Procope del palermitano Procopio dei Coltelli. Il confine italiano era stato varcato e la diffusione in Europa del prodotto ad opera di gelatieri palermitani e napoletani fu rapidissima. Nel 1770 il gelato arrivò a New York, grazie al genovese Bosio. E fu lì, negli Stati Uniti, a Baltimora, che venne casualmente realizzato il primo gelato industriale, grazie a Jacob Fussel. Fussel, congelando casualmente della panna invenduta, infatti, creò l’Ice cream. L’industria del freddo ottenne una vero e proprio riconoscimento nel 1900 all’Esposizione Mondiale di Parigi. Negli anni successivi, dopo l’invenzione del cono gelato da parte di Marchionni, si ebbe una rivoluzione sociale, con l’introduzione di una nuova moda di consumo del gelato per strada. Segui l’affermazione del mestiere di gelataio con il carrettino, soprattutto grazie all’emigrazione in Austria e Germania di gelati bellunesi. Nel 1927 a Bologna, Otello Cattabriga inventò la prima gelatiera automatica, capace di riprodurre il movimento “stacca e spalma” tipico della lavorazione manuale. Con il ‘900 si ha anche l’evoluzione del gelato in termini di gusti. Si sviluppano i filoni del gelato alla crema, del gelato all’uovo e del gelato alla frutta. Il gelato alla frutta, talvolta detto anche “sorbetto”, risulta maggiormente rinfrescante e appesantisce meno di quello alle creme, poiché contiene più zuccheri che vengono bruciati velocemente dall’organismo. I gelati alle creme (a base di latte, panna, uova e zucchero) e quelli all’uovo (con uova e latte) contengono zuccheri, ma anche proteine omogeneizzate, che danno all’organismo maggiore energia e che divengono apporti ideali per persone dinamiche. Eccoci allora arrivati al signor gelato di quell’artista dell’arte di cucinare che è Giovanni Enrietto. Il gelato di Giovanni si presenta diverso dagli altri gelati sia alla vista che nel profumo che emana, perché un buon gelato deve essere ammiccante alla vista, avere un buon profumo ed inebriare di libidine le papille gustative, è dolce al punto giusto e non lascia quel senso di opprimente sete ma invece lascia il senso di sazietà. Nella cultura di derivazione grecoromana i cinque sensi erano rigorosamente ordinati in una gerarchia a seconda della loro ‘spiritualità’ o ‘corporeità’: pertanto ai due sensi più nobili, la vista e l’udito, venivano accostate le arti, la poesia e la musica, mentre tatto, gusto e olfatto venivano collegati a un più basso gradino, corrispondente alla materialità e alla corporeità delle sensazioni che provocavano e delle attività nelle quali erano coinvolti, e nel gelato di Giovanni troviamo tutte queste sensazioni dell’animo e fisiche. Il gelato di Giovanni non è pastoso ma genuinamente delicato e morbido. Il gelato di Giovanni è fatto con latte fresco e con prodotti di eccellenza. Da Giovanni a Prascorsano il gelato è condensato di felicità e nel mio cervello mancano i recettori dei segnali come “non mangiare un altro gelato”. E allora andate da Giovanni a Prascorsano, da “ Enrietto il gelato e…” tel 0124 698257 cell. 3381736985, e gustatevi tutti un buon gelato.
Favria, 28.07.2015 Giorgio Cortese

Il mio amore per il gelato è emerso in tenera età, e non mi ha lasciato più!

Una chiusura mentale chiamata abitudine.
Parlavo con l’amico Mauro questa mattina dell’abitudine e mi sono ricordato del poeta cileno Pablo Neruda che ha scritto una bellissima poesia che inizia cosi: “lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi…” alcuni mesi fa per motivi indipendenti dalla mia volontà ho cambiato una strada che percorrevo per abitudine a piedi quotidianamente. Cambiare strada per cause indipendenti dalla mia volontà. Questo mi ha fatto riflette che l’abitudine è un comfort mentale che porta vegetare invece di vivere. Per cambiare a volte serve un banale evento fortuito ma altre volte devo motivarmi per cambiare. Certi cambiamenti sono consapevoli e provo immediata felicità. In tutti questi casi è qualcosa che mi porta a una nuova visione. Anche se cambiare strada potrebbe non apparire un cambiamento importante nella mia vita, in realtà è un modo per aprire la mente e comprendere che anche cambiando strada si arriva a destinazione ma scoprendo cose nuove. E allora mi sono detto: “voglio cambiare strada più spesso” per modificare il quotidiano percorso abitudinario. Mentre osservavo nel mio animo il banale cambiamewnto, sono passato dall’atteggiamento di fastidio a quello di cuoriosità positiva. Se l’inconscio mi manda messaggi di fastidio ed io “obbligo” la mente a restare connessa con l’aspetto positivo delle cose è inevitabile l’allineamento tra conscio e inconscio. Quindi, quando voglio modificare un pensiero devo sforzarmi di tenere duro e ben presto il pensiero positivo vince su quello negativo. Mi piaceva già prima, questo concetto, ora che l’ho sperimentato mi piace ancor di più. Proverò ad applicarlo in altre situazioni meno obbligate dagli eventi. Purtroppo inconsapevolmente nella vita certi giorni per abitudine sono troppo attaccato al como ancoraggio delle mie sicurezze, alle lusinghe gratificanti del passato. Mi piace la tane mentale che mi sono costruito con il tempo, mi attira umanamente l’intimità del nido. Sono terrorizzato nel rompere gli ormeggi delle abitudini, di spiegare le vele della positiva passione e di avventurami in mare aperto. Se non è la palude il mio ragionamento trova tranquillità nello stagno immobile e abitudinario. L’abitudine è una pericolosa malattia che in maniera suadente corrode l’animo spegnendo la passione per la vita lasciandomi solo respirare, solo vegetare. L’abitudine da una falsa scurezza, apparentemente mi lascia meno teso sul futuro, mi avvolge come un grembo protetto e mi fa cadere a terra in un apparente riposo. Ma è solo il risultato di un’assenza d’ossigeno mentale, che rende inerti. È essere come immerso in uno stagno dove non posso nuotare e navigare. La vita è ricerca e cammino, è fremito e attesa, è freschezza di vita e passione dell’animo. Purtroppo quando nel mio quotidiano cammino trovo una piccola oasi di quiete cerco di ancorami come un’ostrica, con il desidero di stabilizzarmi nel ristagno delle mie abitudini, delle mie comodità spegnendo in me l’ansia della pienezza e dell’infinito. Poi con un colpo di reni dell’animo mi riprendo con la schiena dritta per evitare la morte a piccole dosi, ricordandomi sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Favria, 29.07.2015 Giorgio Cortese

Se mi sforzo ogni giorno nel credere nella capacità di rinascere, malgrado le avversità, vedo che riesco nonostante tutto ad ottenere dei risultati.

AAA. Cercasi donatori di sangue subito!
L’emergenza sangue non va mai in vacanza. Servono donatori per il prelievo straordinario di venerdì 31 luglio, a Favria (To) dalle ore 8,00 alle ore11,00 cortile interno del Comune. Occorre uno sforzo straordinario di tutte le persone di buona volontà e che godono di buona in relazione ovviamente allo stato di salute in atto e alla valutazione cardiologica del medico accettante. Età compresa tra i 18 ed i 65 per chi è donatore, per chi vuole candidarsi non superare i 60 anni per la prima donazione. Chi è già donatore può superare il limite dei 65 anni . Pressione arteriosa tra 110 e 180 mm di mercurio (Sistolica o MASSIMA) tra 60 e 100 mm di mercurio (Diastolica o MINIMA), pesare più di 50 chili. Nella vita non serve essere un dottore per salvare le vite umane! Se sei del Gruppo zero e da diverso tempo non doni, da più di 90 giorni, vieni venerdì 31 Luglio a Favria To, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,00, farai la differenza! Trattandosi di prelievo straordinario è gradita la conferma telefonando al numero 3331714827 o messaggio anche con WhatsApp o mail corteseg@tiscali.it
Grazie di cuore

Tetragono cascaticcio.
Certe persone a prima vista appaiono come dei tetràgoni, aggettivo che deriva da due parole del greco antico, tetra e gono. Lemma che in geometria, sinonimo raro di quadrangolo e, in passato, anche di parallelepipedo rettangolo e di cubo. In botanica si intende un fusto che presenta allungato che presenta quattro spigoli, come nelle labiate. Gran parte delle Labiate sono provviste di ghiandole che secernono oli essenziali e molte vengono utilizzate per aromatizzare cibi e bevande o per preparare medicinali o profumi, come per esempio la salvia,, il basilico, il rosmarino, la menta, la lavanda e l’origano. Ma come tetragono si intende una persona ferma e costante nel carattere. Ma alla prima avvisaglia di un problema diventano subito un casaticcio, insomma cascano facilmente dalle loro idee e non sono di nessun affidamento.
Favria, 30.07.2015Giorgio Cortese

Alcuni giorni iniziano con il grigiore nei pensieri che solo un grande sforzo di volontà riesco a calmare. Sono sicuro che questa sia una della battaglie più dure che un individuo possa intraprendere contro se stesso per non andare alla deriva nel lasciarsi travolgere dagli eventi.

Custodire sempre la bandiera nell’animo
Ma oggi nella nostra società liquidità senza passato e con corta vista sul futuro che cosa è una bandiera? Al riguardo mi viene in mente una battuta del famoso chef Carlo Cracco, che sostiene quanto segue: “per quanto una cosa possa essere vecchia, essa può contenere in sé un sapere prezioso ed eterno “. Questo è la bandiera un drappo di stoffa o di altro materiale adatto, spesso sventolato da un’asta rigida, usato simbolicamente per identificazione o per segnalazioni. La parola deriva dal latino medievale bandum , compagnia di soldati raccolti sotto un’unica insegna, , che a sua volta risaliva al gotico bandwian, fare un segnale, banda , colorata, , cioè striscia dipinta. Oggi è comunemente impiegata ad esempio per simboleggiare una nazione, bandiera nazionale. L’uso delle bandiere è antico ma solo con le crociate comparvero bandiere simili a quelle che siamo abituati a vedere oggi: infatti vennero dipinte croci di colore diverso su drappi di stoffa per identificare la provenienza dei crociati. Come si vede la bandiera, che aveva una funzione preminentemente militare, diviene distintivo dell’intera nazione solo in virtù degli avvenimenti che precedettero e seguirono la rivoluzione francese. Gli stati preunitari erano ovviamente dotati di proprie bandiere. I Savoia, re di Sardegna dal 1718, usarono per secoli un vessillo basato sul proprio stemma araldico, di rosso alla croce d’argento, che comparve la prima volta nel 1236. Lo stemma sabaudo passerà poi nel bianco del Tricolore il 23 marzo del 1848, quando Carlo Alberto decretò che lo scudo dei Savoia venisse sovrapposto alla bandiera tricolore italiana all’atto del passaggio del Ticino da parte delle truppe piemontesi. Questa bandiera resterà immutata fino al 19 giugno del 1946, quando la Repubblica toglierà lo stemma dei Savoia. La bandiera può essere anche messa in verticale, anziché in orizzontale come consueto. Le bandiere verticali hanno spesso proporzioni diverse da quelle orizzontali. Una bandiera verticale dotata di un bastone per essere trasportata nel corso di parate o manifestazioni simili si chiama gonfalone. Il gonfalone o confalone è un vessillo di norma rettangolare e appeso per un lato minore ad un’asta orizzontale a sua volta incrociata con una verticale sostenuta da chi porta il gonfalone, gonfaloniere. Fu adottato da numerosi comuni nel Medioevo, ed in seguito anche Compagnie, Corporazioni e Quartieri adottarono propri gonfaloni. Il lemma gonfalone deriva dall’antico francese gonfalon, che è dal franco gundfano , bandiera di guerra.Oggi esistono nelle bandiere nazionali sia quelle civili che di guerra. Nella manifestazioni si possono usare solo o le prime possono essere usate dai privati cittadini. La marina ha spesso bandiere diverse da quelle comuni e vengono chiamate anche insegne. Anche le insegne possono essere civili, di stato o di guerra. Un particolare tipo di bandiera della marina è la bandiera di bompresso, detta anche, all’inglese, jack, che viene issato sull’albero di bompresso, l’albero obliquo di prua, in determinate occasioni, solitamente quando l’unità è alla fonda. Esiste poi il drappello che è una striscia di drappo utilizzata come insegna di un gruppo di soldati. Il drappello deriva dall’antico provenzale, tropel, che deriva dal lemma di oriogine germanica trop, “molto”. Da questo termine deriva la bandiera piemontese il Drapò, in francese bandiera si scrive drapeau. Esiste anche quella denominata fiamma, è una bandiera navale di forma molto allungata, generalmente triangolare, issata sull’albero di un’unità navale, con i colori nazionali. Rappresenta un’unità in servizio attivo, di solito quindi è issata solo quando il comandante è a bordo. Il gagliardetto è una bandiera di forma rettangolare con battente a due punte, usata sia come insegna o distintivo che come segnale. Il pennello è una bandiera di forma trapezoidale con battente corto rispetto all’inferitura. Il piedigallo è una bandiera di forma rettangolare con battente a tre punte, usata generalmente come segnale d’allineamento. Il nome è dovuto alla forma che ricorda il piede di gallo. Lo stendardo, (inteso come bandiera, è una bandiera di forma generalmente quadrata, adottato come distintivo di alte personalità. Stendardo deriva dall’antico francese estandart , voce di origine germanica. Il quadretto, è una bandiera di forma generalmente quadrata, adottato come insegna di comando sulle antiche galere. Infine il labaro che anticamente era una insegna militare romana, un vexillum, che veniva utilizzata solo quando l’imperatore si trovava con l’esercito. Era costituito da un drappo quadrato, color porpora e con una frangia d’oro, attaccato a una lancia o a una lunga picca dorata per mezzo di una piccola asta trasversale. Sul drappo anticamente sarebbe stata ricamata con fili d’oro o dipinta un’aquila, simbolo di Giove, oggi la parola labaro indica qualunque insegna, di ente o associazione, pendente da un’asta orizzontale. Insomma oggi la bandiera è simbolo dell’identità, della coesione e dell’appartenenza che rappresenta la Patria
Favria, 31.07.2015 Giorgio Cortese