Bravissimi! – Notte di S. Lorenzo – Vacanza – Riposo di agosto – Res Gestae Favriesi, la battaglia sul fiume Cernaia 16 agosto 1855 – Guido Gozzano, Oh! Mi m’antendô pà vaire! – C’è un sole che…-Da bordone a drone…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Bravissimi!
Oggi a Favria, venerdì 12 agosto si è svolto il prelievo collettivo di sangue. Siete stati tutti bravissimi! Un grazie ai 51 donatori che hanno effettuato la donazione di sangue intero, un grazie di cuore e ai 10 e più candidati che proprio oggi hanno deciso di iniziare a venire a donare ed un grazie, mille ai sei donatori che oggi hanno effettuato esami e che saranno idonei già dalla prossima donazione, ed una immensa gratitudine alle equipe medica e agli uffici di Torino che mi sopportano e supportano. Certi ottimi risultati avvengono solo grazie alla collaborazione di tutti con passione, reciproca stima ed inesauribile entusiasmo. Collaborare, per me, significa condividere buone idee per costruire, ma il Noi dei donatori deve essere più forte del mio insignificante io. E poi con il donare il sangue non c’è esercizio migliore per il cuore che stendere la mano e aiutare gli altri ad alzarsi donando un poco del nostro prezioso sangue. Non credo come donatore che si debba osservare soltanto la legge del “dare per ricevere”, perché la nostra identità di volontari, se tali vogliamo essere, si caratterizza per un sovrappiù di amore, in forza del quale non si fa il bene per ricevere il contraccambio, ma lo si fa gratuitamente, anonimamente, con gioia e comunque sempre, senza paura di “perdere”, poiché il bene che si fa ritorna sempre anche a chi lo compie e non è mai contro di noi! Ritornando alla donazione di oggi, abbiamo avuto ben 23 sacche con il gruppo zero e di queste 3 con zero negativo e questo è un altro motivo ndi soddisfazione per ridire ancora un sincero grazie. Per raggiungere questi ottimi risultati, tutti hanno contribuito, da chi tiene pulita la sede con un lavoro umile ma preziosissimo, da chi compra il pane ed innaffia i fiori, chi in cucina prepara i generi di conforto, chi accoglie i donatori e chi le registra, ed infine l’oscuro ma necessario lavoro di segreteria nel tenere aggiornato lo schedario cartaceo e manuale per potere chiamare i donatori con cartolini e ahimè anche con il miei sms. Un grazie a chi sui social forum si prodiga nel fare propaganda, un grazie di cuore al Consigliere Comunale Vittorio Cappuccioo Bellone che oggi è anche venuto a trovarci, per la brillante idea di portare nell’assise comunale, nelle comunicazioni prima del Consiglio Comunale il messaggio di venire a donare oggi, il suo appello è stato anche ripreso da un noto giornale locale uscito in questa settimana, e per tutti mi sembra che si adatti bene la frase di un vecchio proverbio africano: “Solo quando tutti contribuiscono con la loro legna da ardere è possibile creare un grande fuoco”. Ringrazio per par condico che è anche passata in sede la Capogruppo di Maggioranza Scandale Ilenia desiderosa di poter essere parte attiva nel dono del sangue, grazie sincero per l’attenzione. Il Direttivo Fidas Favria con il suo lavoro di squadra divide i compiti e moltiplica il successo e dato che siamo in tema di proverbi africani, un detto del Burkina Faso recita: “ Se le formiche si mettono d’accordo, possono spostare un elefante”, io dico se continuiamo così possiamo sostare anche le balene, con passione, tenacia e sana collaborazione, un grazie a tutti, e alla prossima al 29 di agosto, lunedì prelievo straordinario ore 8-11,20 cortile interno, stessi locali e stesso contagioso entusiasmo.
Favria, 12.8.2016 Giorgio Cortese

Nella vita non mi devo mai arrendere perché rischieresti di farlo un’ora prima del miracolo e la vita di ogni giorno è per il 10% cosa mi accade e per il 90% come reagisco.

Notte di S. Lorenzo
La notte di s. Lorenzo, stelle che cadono e desideri che si innalzano. Quanti di quei desideri si realizzeranno veramente. Quanti di loro sono davvero sentiti e non superflui. Anch’io come tutti ho il mio desiderio. Un desiderio forse un po’ diverso dagli altri. Io vorrei che le persone non fossero costrette a guardare il cielo, sperando di vedere una stella cadente perché un loro desiderio possa realizzarsi. Vorrei che ancora ci fosse la possibilità di realizzarli in modo naturale, semplice e reale. Come era un tempo, quando lottando, lavorando e camminando con in tasca pochi soldi ma tanti valori si poteva toccare il cielo con un dito e riuscire a sfiorare l’orizzonte. Mentre oggi manca il lavoro, la voglia di lottare, la costanza e soprattutto le tasche vuote di denari e di valori. Se davvero la notte di San Lorenzo realizzasse i sogni, vorrei anch’io la mia stella e il mio desiderio di poter cambiare il mondo e riportarlo un po’, solo un pochino, indietro.
Favria 10.08.2016 Giorgio Cortese

Il mio pensiero va alle donne madri e casalinghi che sono le uniche lavoratrici che he non hanno mai vacanze.

Vacanza
Vacanza dal latino: vacantia neutro plurale sostantivato di vacans, participio presente di vacare essere vuoto, libero. La parola vacanza mi racconta all’orecchio un vuoto piacevolissimo, un vuoto che è libertà. Giorni vuoti dal lavoro, dai vari impegni quotidiani, in cui i ritmi possono rallentare, in cui si può dormire di più, fare quello che mi pare. Essere in vacanza è non avere niente da fare e avere tutto il giorno per farlo. Non c’è nulla come una brutta vacanza per riconciliarci alla vita lavorativa. A molta gente piace fare vacanze avventurose, piene di pericoli. La mia idea di vacanze avventurose e piene di pericoli è andare a fare la spesa al supermercato senza bancomat! Il vantaggio di trascorrere le vacanze in casa sta nel fatto che sono libero di leggere e credetemi non esiste una vacanza più rilassante. Ogni giorno mi batto contro gli ostacoli per avere riposo, e quando ho il riposo questo è insopportabile, meno male che esiste!
Buone vacanze a tutti
Favria, 13.08.2016 Giorgio Cortese

Che pace nell’animo quando Il buio rotto solo dal rumore dei grilli simili a gocce di relax

Riposo di agosto
Il termine Ferragosto, d’origine latina, significa “riposo di Agosto. Fu introdotto in epoca romana al tempo dell’imperatore Ottaviano Augusto, che in occasione di questa ricorrenza faceva svolgere ed organizzare corse con i cavalli e con altri animali da tiro. Il 15 Agosto, è una festa tipicamente cattolica perché si ricorda e si festeggia l’Assunzione della Vergine Maria. Nel tempo, in Italia, questa tradizione così com’era all’origine si è persa, anche se qualche traccia è ancora visibile a Siena grazie al Palio dell’Assunta che si svolge in Piazza del Campo ogni anno il giorno di Ferragosto. Nel resto della nazione il giorno di Ferragosto si festeggia e molti i cattolici che partecipano alle processioni in onore della Madonna. Auguri a tutte quelle persone sole che non possono andare in vacanza. A quelle anime fragili come i vecchietti. A quei piccoli e dolci cuori dei bambini che non hanno genitori, o che vivono in famiglie disagiate. A tutte le persone che soffrono per malattia e sono in ospedale. Per loro il mio primo pensiero e saluto. Siete nei miei pensieri, nelle mie preghiere, nel mio cuore. E poi nella vita di ogni giorno non servono grandi cose per fare grande un giorno sia a chi sta vivendo l’emozione di una vacanza e a chi si gode una giornata di riposo in città:, auguro a tutti uno splendido ferragosto!
Favria, 14.08.2016 Giorgio Cortese

Dicono che il relax è l’inizio della creatività. Il segreto è rilassarmi e non preoccuparmi dei numeri, non pensare all’opinione degli altri, ma agire sempre con pacato buon senso cercando di prendere le decisioni con olimpica calma

Res Gestae Favriesi, la battaglia sul fiume Cernaia 16 agosto 1855
Estratto dal diario del bersagliere favriese Francesco Antonio Costantino: “….Il mattino del 16 Agosto 1855 eravamo come di consueto all’alba nei ranghi e sul fronte di battaglia del nostro Accampamento Fin dalle ore 4,30 udimmo tuonare il cannone, e qualche fucilata, fu dato l’allarme in tutti i campi. Poco appresso vidi il Generale in capo Lamarmora con due ajutanti di campo a cavallo avanzarsi a tutta carriera per la strada detta Veronsoj , egli alzando il braccio gridava ad alta voce alle sentinelle di chiamar alle armi, ma noi già l’avevamo fatto, sempre correndo egli si recò ad un osservatorio che era sopra un monticello d’onde poteva ben scorgere il terreno a gran distanza, ed impartire gli ordini opportuni. Noi partimmo subito dal campo, diretti al luogo dove già si combatteva, i Russi avendo attaccato i primi. Giunti colà noi del 5°Battaglione Bersaglieri fummo destinati di scorta ai 2 Cannoni della 16° Batteria d’Artiglieria. Ma poco tempo dopo, venne l’ordine dal Comandante de’ Bersaglieri Sig Colonnello di Saint-Pierre di stenderci per occupare le sponde della Cernaja Alla prima carica alla baionetta fummo costretti a saltar nel torrente, e traversarlo onde medio difenderci dalle palle nemiche, il detto Battaglione si slanciò tre volte alla carica, e si difese disperatamente sino alle ore dieci e 30. che cessò la battaglia, vinta dagli Alleati. Francesi, Inglesi, Turchi, e Sardi. Si contarono circa 6000. morti sul terreno, e quasi altrettanti feriti in tale fatto d’arme Presso il ponte di Trakir, ancora tre ore dopo la battaglia, e per una distesa di 400 o 500 metri., la terra era del tutto coperta di cadaveri nemici non che di armi ed effetti militari. In tale combattimento della mia Compagnia vi furono 19 fra morti e feriti, fra cui il nostro Capitano Garrone, il sergente Pellegrino, il Caporale Tadini e 16 Bersaglieri semplici. Uno di questi, il nominato Porta, appena attraversato il torrente Cernaja. alzatosi in piedi sulla sponda per far fuoco, venne colpito da palla nemica al petto, non disse altro che “son morto”, io credetti fosse effetto di paura, ma voltatomi già lo vidi caduto coi piedi nell’acqua senza movimento. Il sottotenente Carlo Prevignano non apparteneva alla nostra Compagnia, nel fatto d’Armi la 1° Compagnia era venuta a rinforzar la nostra, egli mi disse:”Bersagliere togli lo zaino a quel Caporale”, e voltomi indietro scorsi il caporale Tadini prenominato, col viso pieno di sangue, e col cranio rotto da cui uscivano le cervella; lo collocai a piedi della riva, ed un furiere raccolta un po’ d’acqua, lavo le ferite, ma tutto invarno. Qualche minuto dopo scorgo il sottotenente Prevignano lui pure ferito ad una guancia, che colla pezzuola asciugava il. sangue; la catenella dell’orologio staccata gli pendeva giù dalla tunica – Si fu allora che la tromba avendo suonato la terza carica, io mi slanciai al passo di corsa sulla collina ove trovarsi la nostra vedetta, di Cavalleria, e fui il primo a giungere al sommo, colà giunto e voltomi indietro gridai “avanti avanti” che i nemici fuggono, ed infatti li abbiamo inseguiti e sbaragliati…”
Favria 16.08.2016 Giorgio Cortese.

Nella vita di ogni giorno i pensieri positivi, gioia, felicità soddisfazione, realizzazione, apprezzamento, generano risultati positivi come l’entusiasmo, calma, benessere, relax, energia, amore, mentre i pensieri negativi, giudizi, inaffidabilità, sfiducia, risentimento, paura, producono risultati negativi come la tensione, ansietà, alienazione, rabbia, fatica, e allora ogni giorno al mattino presto penso solo a pensieri positivi e vivo meglio.

Guido Gozzano, Oh! Mi m’antendô pà vaire!
Nell’agosto del 1916 avvenne la Sesta battaglia dell’Isonzo, 6-17 agosto, che porta alla conquista di Gorizia ed è il primo vero successo italiano nella Grande Guerra. E allora mentre tutta l’Italia festeggiava l’importante evento bellico, moriva il l 9 agosto 1916, a soli 32 anni, di tubercolosi il poeta Guido Gozzano maggiore esponente della corrente letteraria dei crepuscolari. Prima di iniziare è necessaria una doverosa premessa, la poesia in Italia nel primo Novecento italiano si era sviluppata su due grandi linee, quella dei Crepuscolari e quella dei Vociani: i primi devono questo nome a Giuseppe Antonio Borgese che nel 1909 pubblicò una recensione per il quotidiano La Stampa in cui scriveva di “una voce crepuscolare, la voce di una gloriosa poesia che si spegne” riferendosi a quei poeti che attraverso un linguaggio dimesso e tendenzialmente parlato scrivevano poesie sulla vita quotidiana e sull’amore per le piccole cose. I Vociani erano invece quei letterati che si riunivano intorno al quotidiano fiorentino La Voce, tra questi Camillo Sbarbaro e Dino Campana. Le caratteristiche principali delle poesie crepuscolari sono il verso libero e la pratica del frammento, cioè la composizione breve e intensa :il maggior esponente di questa corrente fu senza dubbio il Canavesano Guido Gozzano che mescola nelle sue poesie parole comuni e termini risalenti alla tradizione classica di Dante e Petrarca e propone la letteratura come alternativa al degrado del mondo contemporaneo. I temi principali delle poesie di Guido Gozzano sono il rimpianto, l’incalzare del tempo e la fuga nel passato. Il titolo “I Colloqui” è anche quello delle due poesie che aprono e chiudono la raccolta in cui il poeta insiste sull’ aridità della vita e su una giovinezza che passa troppo in fretta: “Venticinque anni… Son vecchio, sono vecchio!”. Gli ultimi anni sono scanditi esclusivamente dalla composizione di un poema, Le farfalle, allegoria di un viaggio spirituale in cui c’è il grande tema della metamorfosi da bruco a farfalla, ma restano dell’opera solo pochi frammenti. Se penso a Gozzano i ricordi di scuola sono ridotti a poche citazioni di versi famosi, come quella già citata prima: “ le buone cose di pessimo gusto”, “non amo che le rose che non colsi”, “donna. mistero senza fine bello”, ed ai suoi personaggi più famigliari: Nonna Speranza, la signorina Felicita, Graziella, la Cocotte, all’odiosamata Torino, città “senza raggio di bellezza”, con i suoi salotti “beoti assai, pettegoli, bigotti”. Gozzano a scuola viene rinchiuso nella corrente, come già sopra detto del crepuscolarismo. Ma rileggendo le sue opere in età matura ritengo Gozzano un grande innovatore, con lui il poeta scende dall’Olimpo dannunziano, e padrone dei ferri del mestiere come poeta, si inventa un’operazione antiretorica usando la poesia come artificioso congegno tradizionalistico per mettere in scena, con tanto di colorite scenografie, la sua passione per ciò che è storicamente superato, nonché la malinconia del personaggio-poeta che è lui stesso. Il poeta parlò di sé come di un uomo dall’”anima corrosa”, a cui “un riso amarissimo torce senza tregua la bocca” ma giocando con la metrica tradizionale e ne supera i limiti ed introduce nella poesia il dialetto : “Oh! Mi m’antendô pà vaire…”, il colloquiale, il dialogato, l’ironia e l’autoironia. Rivendica con garbo la sua alterità, compiaciuto di non farsi inghiottire dal pensiero dominante, di correre da solo. Guido Gozzano nato da una famiglia borghese di professionisti. Il padre ingegnere è un po’ incolore, la madre Diodata Mautino, figlia di un senatore amico di D’Azeglio, di cui in casa si conservano cimeli, è invece esuberante, mondana, colta, forte lettrice, poetessa d’occasione. Anima rappresentazioni teatrali per gli amici e trasmette al figlio l’inclinazione alla recita. Guido si atteggerà di volta in volta a esteta, dandy, borghese senza ambizioni, viveur, eccentrico solitario dall’amaro sogghigno, «fanciullo tenero e antico», cultore di scienze naturali. Il suo luogo d’elezione resta la villa canavesana di Agliè, il Meleto, con il suo liberty delicato, il giardino con palme, magnolie, glicini, laghetto, e il frutteto, insomma il tempio di memoria nostalgica e bonaria socialità. Il giorno del funerale a detta del fratello Renato, due candide farfalle accompagnano al cimitero il loro poeta, volteggiando sulla bara. Non sarà vero, ma è un dettaglio molto gozzaniano, degno delle invenzioni del rispettabile bugiardo. In conclusione nel poeta c’è l’amara consapevolezza di essere figlio di un tempo colto, ma arido e senza miti, incapace di sollevarsi dalla propria indifferenza non solo verso la speranza ma neppure verso una disperazione virile e combattiva di stampo leopardiano. Concludendo, non ritengo valide dire che Gozzano è stato l’ultimo degli ottocentisti, l’ultimo romantico o l’ultimo dei classici ʺ. Egli è, invece, nostro contemporaneo in quanto anticipa inquietudini e crisi proprie dei nostri giorni. Gozzano è attuale perché adesso come allora è in corso un rovesciamento di ruoli e valori in una società sempre più liquida. E contro la violenza fisica ed ideologica, il fanatismo integralista, l’egualitarismo livellatore, la divinizzazione della tecnologia, la banalizzazione della morte, l’irrisione dei valori tradizionali, il relativismo del pensiero sempre più debole ed unico solo la letteratura ci può salvare. Solo se l’intelligenza ed il cuore insieme, esplorano la contraddittoria ricchezza dell’animo umano, affrontano il mistero del male per arrivare a deporre ogni forma di intolleranza, a ritrovare, anche nel fondo più profondo, il senso antico di ciò che è buono e giusto, o, quanto meno, il gusto della ricerca. L’attualità, in conclusione del pensiero di Gozzano è quello di reimparare ad avere attenzione, ascoltare l’animo mentre parla per fare tutti insieme crescere la nostra coscienza lasciandoci educare.
Favria, 17.08.2016 Giorgio Cortese

Ogni giorno come lo specchio riflette la mia immagine, le quotidiane azioni che compio, riflettono la persona che sono realmente.

C’è un sole che…
Per indicare una giornata di sole rovente, quando le temperature sono molto alte, si utilizza talvolta l’espressione “C’è un sole che spacca le pietre”. Il significato di questo modo di dire si intuisce facilmente e vuol dire che il sole produce un calore talmente forte da sgretolare e persino rompere anche le pietre. L’origine di questo detto è da ricercarsi nell’antica pratica mineraria che prevedeva la rottura delle pareti in pietra tramite fuochi roventi. Il muro veniva quindi sgretolato e successivamente irrorato di acqua fredda, poi l’operazione si ripeteva nuovamente in modo che lo sbalzo di temperatura provocasse l’effetto desiderato.
Favria, 18.08.2016 Giorgio Cortese

Certi giorni ho l’impressione che prima di raggiungere la luce, devo affrontare con tenace coraggio le avversità delle tenebre.

Da bordone a drone.
Ad una S..Messa in questo periodo estivo, il Parroco ha detto all’organista di passare al bordone. La parola mi ha incuriosito e nella mia ricerca sono andato sino alla parola drone. Innanzitutto il lemma bordone deriva dal latino burdonem, mulo, a cui i pellegrine nel Medioevo assomigliavano., Secondo altri il lemma deriva dall’’antico germanico beran che deriva dal gotico bairan, portare, sempre riferito al lungo bastone dei pellegrini, infatti nell’antico germabico l’asta, il bastone, si definiva behurt. In musica il bordone nel linguaggio musicale è il il meccanismo che permette l’emissione di suoni gravi continui di accompagnamento, specialmente negli organi delle chiese. Secondo altri studiosi la voce sarebbe onomatopeica, simile alla precedente ma derivante qui dal suono grave e prolungato, insomma il suono prodotto dal calabrone, il lemma infatti è arrivato in italiano dal francese bourdon. Ma badate bene, esiste anche il falsobordone, si scrive tutto attaccato ed è un procedimento caratteristico della polifonia dei sec. 14°-16°, consistente nel canto e nel moto parallelo di due voci che lo accompagnano formando accordi di terza e sesta. Conosciuto anche come discanto inglese, perché ebbe origine in Inghilterra come tecnica di improvvisazione su un canto dato, fu usato da Guillaume Dufay , 1430 circa, della scuola di Borgogna, che che lo qualifica come faux-bourdon. Nel canto liturgico esso indica la pratica sviluppatasi nel 16° sec., ancora oggi usata, di alternare versetti intonati secondo l’originaria melodia gregoriana e versetti dove tale melodia è armonizzata a 3 o 4 voci. Il maestro rinascimentale G. Dufay è stato anche maestro di cappella di Amedeo VIII DI Savoia, nel 1433, da poco elevato al rango di Duca dall’imperatore. Si dice anche “tenere il bordone” prendendo in prestito ol linguaggio musicale per indicare una persona che in senso figurato “accompagna” un’altra persona in una discussione e si adopera soprattutto nei confronti di una persona che asseconda qualcuno impegnato in un’attività su cui è implicito un giudizio poco lusinghiero. Tenete presente che il lemma bordone si usa anche nel linguaggio dei pescatori, ed identifica un lungo bastone con il quale si batte il fondale per spaventare i pesci e convogliarli verso le reti. In inglese il lemma si denomina drone, anche qui è per richiamare un suono basso e continuo. Completamente diverso è il secondo caso del lemma drone che significa un aeromobile senza pilota a bordo e significa fuco, chiamato anche con l’accrescitivo pecchione, in toscano l’ape si denomina pecchia, il maschio dell’ape domestica. Drone è una parola molto in voga, di questi tempi, soprattutto perché la tecnologia di aeromobili pilotati da remoto si è aperta alla grande massa. La suggestione di un aeromobile che viaggi senza pilota a bordo è piuttosto risalente: pensiamo agli attacchi ottocenteschi da parte dell’Austria su Venezia, compiuti tramite mongolfiere cariche di bombe abbandonate alle correnti. Ma la tecnologia di un aeromobile effettivamente pilotabile senza un pilota a bordo è stata conquistata nel ‘900 inoltrato: è nel 1946 che, in inglese, appare la parola drone col significato di aereo radiocomandato; fino a quel momento aveva il semplice significato di fuco, cioè di ape maschio. Il perché sia stato scelto proprio il nome del fuco per descrivere questo tipo di aeromobili, ritengo che molto probabilmente il nesso è da ricercare nel fatto che il fuco è un elemento dell’alveare più sacrificabile rispetto alle controparti femminili, proprio come lo è un aeromobile senza pilota rispetto a uno con umani a bordo. Oggi il drone è un velivolo versatile di cui si fa largo uso, buono sia per missioni militari, sia per spettacolari riprese aeree. Questa voce inglese, in Italia, ha serenamente perso la sua pronuncia originaria, prendendone una italianissima.
Favria, 19.08.2016 Giorgio Cortese

Vacanze due settimane di riposo ed il resto dell’anno sugli scogli della crisi finanziaria.