Buongiorno! – E Tu che borsa sei? -In memoria di una piccola lavoratrice! – Giugno il mese del sole – 2 giugno, la Repubblica siamo noi-Romanice loqui.- Il rosmarino – Le tre R – Dall’animo agli occhi…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

La vita quotidiana è simile ad un vaso invisibile e io sono quello che ho gettato dentro. Se getto nel mio animo invidia, insoddisfazione, cattiveria e traboccherà ansia. Se introduco giorno per giorno gentilezza e garbo per gli esseri umani e gli animali traboccherà ogni sera di serenità

Buongiorno!
Ogni giorno, appena sveglio il primo abito che cerco di indossare è il sorriso che spero mi accompagni per tutta la giornata. Penso che dovremmo imparare ad affrontare la giornata godendo del singolo momento, senza guardare troppo avanti. Perché un bel momento più un bel momento, possono fare una bella giornata, una bella giornata più una bella giornata possono fare una bella vita. Ora godiamoci il momento del caffè poi si vedrà! Buongiorno a chi ogni giorno si alza con in mente progetti da realizzare e persone da amare. Buongiorno a chi invece si alza con il veleno dell’invidia in gola e gli impedisce di pronunciare parole giuste. Buongiorno a chi ha l’animo arido, e spera nel male altrui. E buongiorno a noi che ci alziamo ogni giorno sapendo di dover combattere questi per poter amare gli altri. Buongiorno mondo. Buongiorno a tutti!
Favria, 28.05.2016 Giorgio Cortese

La prima virtù degli esseri umani se voglio essere davvero grandi è di essere sinceri, sradicando l’ipocrisia dai loro animi L’ipocrisia, le banconote e la moda sono un’invenzione recente, ma l’anima, i sogni e il tremolio dell’erba ci sono sempre stati e sono alla base dei nostri sogni e speranze

E Tu che borsa sei?
Oggi parlo dell’accessorio dal quale quasi mai le donne si separano, una sorta di protezione che fa sentire sempre a casa e contiene tutto ciò che serve: parlo della borsa, il nuovo gioiello, simbolo femminile di vanità, certo, ma anche di potere. Se le scarpe indicano il grado di sex-appeal di una donna, le borse indicano la sua condizione sociale, le sue amicizie, il suo stile di vita. Per tutte le donne le borse sono un po’ come una parte di loro stesse e questo è assolutamente assodato e pacifico. Accade in modo naturale fin dalla più tenera età, ogni donna, già da bambina aspira ad avere una borsetta da sfoggiare ed in cui nascondere gli oggetti più preziosi, e intanto fa pratica con zainetti e cartelle. Questo avviene perché le mamme, quasi istintivamente trasmettono questa affezione alla borsa come accessorio dell’animo. Donne, inguaribili romantiche! Non escono mai da casa senza portare a braccetto le loro borsette con tutti i loro affetti personali. Pensate che Anna Karenina, prima di buttarsi sotto il treno lancia sui binari la sua borsetta di velluto rosso. Una donna stanca della sua borsa è stanca della sua vita. Questo certo non succede per noi maschietti per il quale meno cose ho di solito da portarmi dietro e meglio e se proprio devo, beh allora una cartella da lavoro dove portarmi dietro le cose indispensabili da fare riemerge ed utilizzare subito per togliermi il fastidio di portarmi dietro carta. Nelle borse delle donne, al contrario, finisce di tutto, e spesso non tutto riemerge con la stessa facilità! Nella borsa femminile sono sempre presenti un portafoglio, le chiavi di casa che non trova mai puoi infilandoli dentro la borsa, telefono cellulare che quando suona non si trova, fazzoletti di carta e/o salviettine e anche un disinfettante apposito. Agenda cartacea o elettronica e una penna almeno. Bustina con medicinali: pastiglie per il mal di testa, lo stomaco, e cerotti. Deodorante, profumo e bustina con trucchi vari. Scatola di caramelle o chewing gum che poi si apre e si disperde nelle borsa ed infine gli immancabili accessori per l’igene intima e un e porta occhiali o kit per lenti a contatto. Ritengo, da profano che esista un’ associazione tra tipo di borsetta e personalità, proprio come gli abiti o il taglio di capelli riflettono molto sul carattere, per non parlare di noi maschietti tra chi è glabro, con i baffetti oppure barbuto come il sottoscritto. Come la cravatta per gli uomini, o il papillon nel mio caso, la borsa può rappresentare lo scettro del comando per le signore! Benché venga considerata un’invenzione dei nostri tempi unisex, la borsa è un accessorio antico, molto antico. Addirittura risale alla preistoria, quando l’uomo non sapeva né filare né tessere, e doveva adoperare le pelli degli animali per confezionarsi gli abiti e i relativi accessori. La parola borsa nel suo significato originario voleva dire appunto pelle di animale scuoiato. Furono le donne a trasformare la borsa in un simbolo di eleganza, e così nacque la borsetta, tipico accessorio dell’abbigliamento femminile. Già in epoca molto antica c’erano borsette preziose. Pensate che il poeta latino Marziale faceva dire alla borsa delle ricche matrone: “Quando sarò passata di moda non buttarmi via, te ne prego, che non mi prenda qualche barbone per metterci gli avanzi e magari mi faccia dormire col suo cagnaccio”. Ma nelle borse esiste un legame sottile tra l’accessorio e la persona che lo sfoggia ed utilizza nella vita di tutti i giorni, e loro ruolo nella vita sociale. Nell’evoluzione della metà del cielo rosa, la parte femminile dell’umanità, penso che possa essere letto anche analizzando le dimensioni, via via crescenti con il crescere di responsabilità e impegni, delle borse nel corso dei decenni e anche secondo i vari modi di portare una borsa, in spalle, con il pollice agganciato, stretta sotte le ascelle, che rivelano la psicologia della donna. Duecento anni fa, il ruolo della donna era in gran parte domestico e essa teneva le sue cose nelle tasche e pieghe dei suoi vestiti anziché in una borsa. Ma, come le donne hanno cominciato a lasciare la casa, sia per il tempo libero che per il lavoro, le borse sono diventate un modo utile di portare i loro beni. Infatti 50 anni fa le donne usava borsette solo per andare in chiesa o partecipare a qualche cerimonia, e dentro ci si infilava a mala pena l’acqua di colonia e il fazzoletto, oggi lo stesso accessorio contiene un mondo, una seconda casa che contiene parte del loro animo e personalità. Con il passare degli anni, per le donne, la borsa è diventato una caratteristica più marcata della personalità e paradossalmente più la donna si è emancipata, più la sua borsa è diventata grande. L’interno di queste borse, il contenuto, cambia e si femminilizza sempre di più man mano che la donna diventa adulta e i suoi ruoli si moltiplicano. Se da ragazzine è sufficiente uno zainetto, non molto dissimile da quello usato da noi coetanei maschi, una volta cresciute e diventate madri, le stesse avranno bisogno di borse capienti in cui riprodurre il proprio universo, anche affettivo. Mi viene quasi da dire che la vera uguaglianza tra i sessi forse avverrà quando anche noi maschietti porteremo nelle nostre cartelle la merenda per i bambini e il fondo sarà sporco di briciole o se ne troveranno tra qualche pratica. Tornando al quesito Voi che borsa siete care donne tenete conto che se si dice che in ogni testa c’è un piccolo mondo, anche in ogni borsa c’è un piccolo mondo, diverso da ognuna di Voi
Favria, 29.05.20\6 Giorgio Cortese

Di una cosa sono certo, se apro una lite tra il presente e il passato, rischio di perdere il futuro

In memoria di una piccola lavoratrice!
Non è mai facile affrontare la morte di un persona cara, amico o parente che sia. Anche quando la conoscenza è solo superficiale, o il legame affievolito dal passare degli anni, il peso della malinconia, e a volte della disperazione, si attanaglia facilmente su noi che rimaniamo, portando a sentire come una pesantezza sull’animo. Ecco che allora voglio parlare della morte di una piccola ma cara operaia, laboriosa e sempre indaffarata che, mentre era sulla strada un colpo di vento gli ha fatto deviare dal suo percorso e ed è andata a sbattere malamente contro il mio tergicristallo. Si ho sentito il colpo acuto ma ho potuto fermarmi solo dopo alcune decine di metri. Ma ormai il Tuo pungiglione nell’impatto, per reazione era uscito ed eri condannata a morte certa. Si parlo di una piccola ape operai piena di polline che portavi a chissà quale arnia. La tua vita è brerve ma piena di svariati compiti. Nasci come larva dopo tre giorni da un uovo fecondato, deposto dalla regina in una celletta e vieni nutrita solo con pappa reale per i primi tre giorni e poi con miele e polline. In una celletta chiusa con un opercolo permeabile all’aria compii la meravigliosa metamorfosi dal 12° giorno in poi, il 21° giorno sei uscita dalla celletta ed hai iniziato la Tua frenetica e laboriosa attività. . Dal 1°al 3°giorno Ti sei occupata delle pulizie nell’alveare. Dal 3° al 10° sei divenuta la nutrice che fornisce alle larve, api in via di sviluppo, miele e polline prelevati dai favi ed ha contribuito a produrre la portentosa pappa reale. Dal 10° al 15° giorno sei uscita per i primi voli di ricognizione, ma hai continuato a lavorare all’interno dell’arnia. Dal 12° al 18° giorno sei divenuta artigiana produttrice di cera e hai iniziato a costruire i favi. Dal 18° al 21°sei stata messa a fare la guardiana all’ingresso con la licenza di usare il pungiglione solo per difendere l’arnia dai nemici, vespe e calabroni. Dopo il 21° giorno sei divenuta bottinatrice ed eri appunto intenta e raccoglie nettare con la lunga lingua, la ligula, con la funzione di una vera e propria pompa aspirante e per la raccolta di polline usavi sulle zampe appositi organi: spazzole, raschietto, rastrello, cestelle. Ma adesso non tornerai più al Tuo alveare tra le Tue sorelle e me ne dispiace davvero, ciao piccola ape operaia. Secondo un detto attribuito ad Albert Einstein, lo scienziato della teoria della relatività, finirebbe la vita sul pianeta qualora scomparissero le api. Il loro silenzioso rapporto è antico quanto la loro esistenza, come per l’uovo e per la gallina ci si può chiedere chi sia nato prima, le piante, nella loro estesa biodiversità, o le api impolllinatrici. La umida secrezione che le piante emettono, il nettare, fluido ricco di zuccheri polisaccaridi, non è altro infatti che una trovata per attirare le api e farsi fecondare con il polline di cui le api si sono imbrattati sui fiori della stessa varietà. Le api sono responsabili di circa il 70 per cento della impollinazione di tutte le specie vegetali viventi sul pianeta, garantendo circa il 35% della produzione globale di cibo. Se è vero che Einstein era quel genio che si conosce, a tutti piacerebbe attribuirgli quella bella espressione, anche se forse lo scienziato non sapeva nulla di api. Perciò una cosa è certa: bisogna proteggere questo piccolo insetto oggi minacciato insieme a tanti altri insetti impollinatori. Ritengo che una delle priorità sarebbe quella di fermare l’uso in agricoltura dei pesticidi , che fanno morire le api facendigli perdere l’orientamento e la salute a noi che respiriamo la stessa aria. Ciao piccola ape che sei tra i più piccoli degli insetti, ma il Tuo prodotto ha il primato fra i dolci sapori.
Favria. 30.05.2016 Giorgio Cortese

Nella vita bisogna saper dire “Grazie”. Il mio grazie va a chi nel momento del bisogno mi ha sostenuto. Tante parole non sempre rendono interessanti i discorsi… a volte una sola parola racchiude un profondo significato: Grazie!

Giugno il mese del sole
Giugno, è il sesto mese dell’anno secondo il nostro calendario gregoriano ma viene chiamato anche mese del Sole. Viene chiamato mese del sole perché in corrispondenza del 21º giorno del mese, avviene il solstizio d’estate, l’asse terrestre presenta un’inclinazione tale da garantire la massima durata di luce nell’arco di un giorno. In contrasto con il solstizio d’estate, il solstizio d’inverno che cade il 22 dicembre, rappresenta il giorno dell’anno solare più corto, in quanto l’asse terrestre raggiunge un valore di declinazione negativa, rappresentando quindi l’inizio della stagione invernale nell’emisfero boreale. Per gli Ebrei, Sivan è il nono mese del calendario e prenderebbe il nome dal babilonese Simanu, dura 30 giorni e va da maggio a giugno, Tammùz. Il decimo mese, prende il nome da un personaggio biblico, Dumuzi ha 29 giorni e va da giugno a luglio, il suo nome babilonese era Duzu. Per i Musulmani Rabe’e Al-Thani, che conta 29 giorni, è il quarto mese del calendario e va da Maggio a Giugno, mentre Jamadiyu’l-Aval ha 30 giorni, è il quinto mese e va da giugno a Luglio. Per i Persiani, Khordad, terzo mese del calendario, contava 31 giorni e andava da Maggio a Giugno, mentre Tir, di 31 giorni era il quarto mese e andava da Giugno a Luglio. Per i celti Simivisonios, tempo chiaro, ottavo mese del calendario, contava 30 giorni, e andava da Maggio a Giugno, mentre Equos, tempo dei cavalli, nono mese contava 30 giorni e andava da Giugno a Luglio. Anche i pellerossa d’America adottarono il computo dei mesi al sistema importato dai pionieri, ma i loro mesi erano legati alla Luna e quindi ogni popolo aveva nomi propri per ogni mese dell’anno: Secondo la testimonianza di Alce nero, del popolo Lakota, era Luna che ingrassa, e per gli indiani Chippewa e Ojibwa era Luna della Fioritura. In inglese il nome June, viene usata come nome proprio femminile. Giugno deriva dal mese romano Junius che trarrebbe origine, secondo Ovidio, da juniores: “ i giovani” a cui i romani dedicavano questo mese, avendo Romolo diviso la popolazione romana in due, i maggiori, maggio, gli adulti anziani, appunto e i minori, i giovani abili alle armi, così che i primi governassero con la saggezza e i secondi con la forza delle armi. Secondo altre fonti il nome deriverebbe dal nome della dea giunone Juno, dea della luce, protettrice delle donne, delle nozze e dei parti, sposa- sorella di Giove e simbolo della prosperità femminile, a cui il mese era dedicato. Nel calendario arcaico romano: Junuis era il quarto mese del calendario e contava 30 giorni. Durante il periodo della repubblica romana: Junius era il quarto mese del calendario e contava 29 giorni. Secondo il calendario Giuliano ed Augusteo: Junius era il sesto mese del calendario e contava 30 giorni. Durante la Rivoluzione Francese il periodo che andava dal 20 Maggio al 18 Giugno fu chiamato Prairial, Pratile, mentre quello che andava dal 19 Giugno al 18 Luglio prese il nome di Messidor, Messidoro. Nel Medioevo il mese di Giugno veniva rappresentato come un giovane che tosa un montone. In Perù il 24 giugno gli Inca festeggiavano la festa del sole, celebrata nel solstizio d’inverno dell’emisfero australe. Abolita durante la dominazione spagnola, oggi rappresenta uno dei momenti più rappresentativi di questo popolo. La cerimonia inizia all’Alba al Tempio di Koricancha, presso Cuzco, quando il Saba Inca e sua moglie vengono portati in lettiga verso il centro di Cuzco, dove poi avviene l’incontro con il sindaco, ma la vera festa ha inizio nel pomeriggio nel sito archeologico di Sacsayhuaman con la celebrazione del Sole ricca di musiche balli e coloratissimi abiti tradizionali. In Spagna a Valencia il 23 giugno si festeggia “La Noche de San Juan” sempre per celebrare l’arrivo del solstizio d’estate. Per l’occasione la comunità valenciana si reca in spiaggia nella notte tra il 23 e il 24 e si diverte fino al mattino con balli, musica e falò. Quest’ultimi sono la caratteristica principale della festa, perchè la tradizione vuole che gli spagnoli provino a saltarli senza bruciarsi. Un’altra curiosità è data dal bagno di mezzanotte per esprimere un desiderio. Ma attenzione! Per far si che il sogno si avveri bisogna saltare sette onde su una gamba prima di tuffarsi! Infine in Svezia si festeggia per il solstizio il Midsommar, la festa di metà estate che raccoglie milioni di persone tra canti e balli improvvisati ovunque, ghirlande di fiori intrecciati e tanta voglia di festeggiare la fine di un lungo invero.
Favria 1.06.2016 Giorgio Cortese

Cerco sempre di evitare che il troppo vento dell’immaginazione conduca il animo in uno sfarfallio di scene e di figure che vi si insediano e lo conquistano, escludendo ogni impulso della ragione.

2 giugno, la Repubblica siamo noi
La storia della Festa della Repubblica inizia il 2 Giugno 1948, anno in cui entrò in vigore la Costituzione. A Roma, in via dei Fori Imperiali, si tenne già allora la parata militare, inserita però nel protocollo ufficiale solo due anni dopo. Dal 1950 il cerimoniale prevede la deposizione di una corona d’alloro al Milite Ignoto presso l’Altare della Patria, oltre alla suddetta parata alla presenza delle massime cariche istituzionali. Il lemma Repubblica significa cosa pubblica e molte volte facciamo l’errore di pensarla come dovuta, credendo che essa sia soltanto un fatto che interessi gli altri, una cosa ormai assodata. Ma non è così!. La Repubblica ci è stata donata dai nostri genitori e dai nostri nonni che quel 2 giugno 1946 furono chiamati a scegliere dopo il periodo devastante del fascismo se l’Italia doveva essere monarchica o repubblicana. In quel giorno le libertà civili e politiche, per oltre vent’anni umiliate dal regime fascista che portò a una guerra disastrosa, diventarono nel voto di nuovo realtà per gli uomini e soprattutto per le donne che nel 1946 lo esercitarono per la prima volta. La Repubblica che oggi festeggiamo non è una tappa casuale della nostra secolare vicenda collettiva, né una istituzione destinata a racchiudere, senza anima, simboli e leggi, del mio vivere quotidiano. Essa è frutto di una passione tenace, di una lotta eroica, del sacrificio di migliaia di giovani vite. Decisivo in questo storico processo fu il ruolo delle popolazione, uomini e donne, allorché nell’ora drammatica della scelta seppero opporre un rifiuto fermissimo al ricatto e alle minacce più spietate, scegliendo l’arduo cammino della lotta, con atti quotidiani di eroismo, che purtroppo la storia molte volte non ci ha tramandato, all’invasione nazista. Un anno dopo la fine della guerra fu questo uno dei momenti più difficili perché l’Italia si trovava sostanzialmente divisa in due: al nord aveva prevalso la repubblica, al sud la monarchia. Voglio richiamare due scelte cruciali che la classe politica fece in quel tempo ed ebbe la lungimiranza di compiere in quel mese di giugno del 1946. Il giorno 21 giugno, il primo governo De Gasperi, su proposta del ministro della Giustizia Togliatti, aveva approvato un provvedimento di amnistia, per reati comuni, politici e militari, compiuti da fascisti e antifascisti. Il giorno 28 fu eletto il capo provvisorio dello Stato, nella persona di Enrico De Nicola, politico del sud, di chiaro orientamento monarchico. Non può sfuggire il preciso significato di queste scelte. Intraprendere un percorso di pacificazione civile, di concordia, di unificazione nazionale. E’ su queste basi che sono state superate le difficoltà gravi del dopoguerra. E’ su queste basi che si è costruita la nostra democrazia. E’ su queste basi che si fonda la nostra Costituzione e la bandiera italiana un simbolo di libertà conquistato da un popolo che si riconosce unito, che trova la sua identità nei principi di fratellanza, di eguaglianza, di giustizia. Nei valori della propria storia e della propria civiltà che oggi è colpita da un terribile virus che ci inquina. Per definire questo virus uso tre parole: intolleranza, violenza e ribellismo. Intolleranza e violenza di qualsiasi specie, violenza contro la sicurezza dei cittadini, le loro vite e i loro beni, intolleranza e violenza contro lo straniero, intolleranza e violenza politica, insofferenza e ribellismo verso legittime decisioni dello Stato democratico. C’è il pericolo che l’Italia faccia un passo indietro , e che addirittura precipiti nella minacciosa situazione attraversata, e finalmente e fortunatamente superata, dell’immediato dopoguerra. Ma occorre ricordare che la nascita della Repubblica si levò dall’abisso della guerra voluta dal fascismo grazie alla volontà allora diffusa di ricostruire e far rinascere il Paese in un clima di libertà, attraverso uno sforzo straordinario di solidarietà e unità . I tempi, è vero, sono mutati, rispetto al 1948, ma il male si riaffaccia all’orizzonte italiano, in forme meno clamorose e meno cruente rispetto ad allora, ma non per questo meno insidiose , tanto da rendere concreto , come s’è accennato, il rischio di una regressione civile. Oggi serve un rinnovato sforzo simile a quello di allora, un forte impegno e uno slancio comune per « costruire insieme un costume di rispetto reciproco, nella libertà e nella legalità . Su quali basi il rinnovato sforzo degli italiani deve poggiarsi come allora sulla volontà di tutti di ripartire uniti, l’Italia non è all’ultima spiaggia, ma potrebbe esserle pericolosamente vicina. Viva l’Italia. Viva la Repubblica
Favria 2.06.2016 Giorgio Cortese

Ritengo che la generale e principale caratteristica dei capolavori greci è una nobile semplicità e una quieta grandezza, sia nella posizione che nell’espressione. Infatti la semplicità è la cosa più facile da non capire

Romanice loqui.
La parola romanzo deriva dal termine francese antico romanz o roman, che è una abbreviazione della locuzione latina romanice loqui, cioè parlare come i romani vale a dire in lingua di derivazione latina. Il romanzo è un genere della narrativa in prosa, caratterizzato da un testo di una certa estensione. I primi testi ad essere chiamati “romanzi” appartengono alla letteratura francese delle origini che ancora non si distingue del tutto da quella delle altre nazioni europee che hanno in comune la stessa eredità linguistica e cioè il latino. Il romanzo si distingue dalla novella o racconto per la lunghezza e pertanto anche dalla maggiore complessità, cioè tempi più lunghi, vicende ed ambienti più elaborati, maggior numero di personaggi. Esistono comunque romanzi brevi, così come esistono racconti lunghi. In italiano, il termine romanzo si riferisce a qualunque narrazione lunga in prosa, ma in inglese romance sta ad indicare le forme narrative di carattere eroico-mitiche tendenti all’allegoria e in cui si presentano elementi di fantastico, mentre le narrazioni in cui la rappresentazione della vita e la cornice sociale sono realistiche vengono indicate con il termine novel.. Sebbene la parola romanzo abbia fatto la sua comparsa in età moderna, caratteristiche del romanzo si ritrovano in numerose opere antiche. Forme primordiali di romanzo sono state rintracciate già duemila anni prima di Cristo in Egitto appartenenti al filone fantastico, sentimentale, politico, satirico. Specialmente in età ellenistica infatti i gusti letterari tesero a narrazioni di vario genere, dall’epico al mitologico, dall’umano al fantastico, caratterizzate da una lunghezza piuttosto limitata a dispetto della tradizione omerica. Negli anni che vanno dal XVI secolo al XVII secolo materia della narrazione è il romanzo verosimile e il romanzo si trova in una posizione intermedia tra storia ed epica. A questo proposito sono d’esempio i romanzi picareschi, con la loro pluralità di scrittura e di riferimento a diversi sottogeneri, come il cavalleresco e l’avventuroso. Il primo vero romanzo di questo periodo è da considerarsi il Don Chisciotte che, grazie alla sua forma che smitizza la tradizione cavalleresca e cortese, rappresenta la prima opera letteraria classificabile come “romanzo” nel significato moderno del termine. Ma è solo alla fine del XVII secolo che l’idea di fiction prende piede nella produzione letteraria e così il romanzo comincia a prendere forma e a guadagnare uno spazio tra i generi letterari. Grande fortuna ha anche il genere del romanzo storico, rappresentato in italiano dal capolavoro di Alessandro Manzoni I promessi sposi.
Favria 3.06.2016 Giorgio Cortese

L’educazione è non il rispetto delle regole ma il rispetto degli uomini.

Il rosmarino
Sulla nascita rosmarino ci sono molte leggende. Secondo la mitologia greca e in base a quanto racconta Ovidio nelle sue “Metamorfosi”, Apollo, il dio del Sole, s’innamorò perdutamente della mortale principessa Leucotoe, figlia del re Laocoonte di Babilonia, per la vendetta di Venere che lo scoprì insieme a Marte. Leucotoe veniva tenuta segregata e sotto controllo dal padre all’interno del suo palazzo. Apollo, bruciante di passione, per riuscire a rimanere solo con lei si trasformò nella madre della fanciulla, riuscendo ad entrare così nella sua stanza dove la sedusse e la fece sua. Il padre, venuto a conoscenza del disonore grazie a Clizia, una ninfa innamorata di Apollo e da lui rifiutata, si infuriò e, non potendo vendicarsi su Apollo che era sempre il dio del Sole, punì con la morte atroce la debolezza della figlia, seppellendola viva. I raggi del sole irradiati sulla sua tomba dal triste Apollo, trasformarono il corpo dell’infelice giovane in una splendida e profumata pianta dalle foglioline sottili e dai fiori di color azzurro-violaceo, il rosmarino, che si ergeva verso il cielo con animo eterno e di libertà, ma legata ugualmente alla terra da possenti radici. Probabilmente a seguito di questo mito, derivò l’usanza degli antichi greci e romani di coltivare piante di rosmarino sulle tombe dei propri cari. Una seconda leggenda ha invece origini cristiane e spiega l’orgine del colore azzurro dei suoi fiori. Un arbusto di rosmarino che aveva sempre avuto i fiori bianchi, offrì riparo alla Vergine Maria durante la fuga in Egitto, nascondendo lei e Gesù nel groviglio dei suoi rami. Una volta passato il pericolo, Maria appese alla pianta il proprio manto, facendo divenire azzurri i fiori bianchi. Nell’antica Grecia, chi non poteva procurarsi l’incenso per fare sacrifici agli dei, bruciava il rosmarino che veniva chiamato “pianta dell’incenso”. Mentre per gli antichi romani il profumo del rosmarino allietava i defunti e li accompagnava nell’oltretomba.
Favria 4.06.2016 Giorgio Cortese

Chilone di Sparta affermava che: “Un uomo coraggioso deve sempre dimostrarsi affabile, e farsi piuttosto rispettare che temere.” E allora nella vita di ogni giorno si può chiedere la cortesia, ma si deve guadagnare il rispetto. I complimenti possono fare piacere ma il rispetto di più e sta bene su tutto.

Le tre R
Prendo spunto da discussioni sui social forum che poi degenerano, questo per sottolineare la scarsa comprensione e tolleranza che abbiamo verso le opinioni e le idee altrui. In questi frangenti cerco di tnenermi fuori, scopro tante cose sul carattere delle persone quando queste sono alterate nella foga di portare avanti, o meglio direi di imporre le loro idee cadono tante barriere, persone che due minuti prima scherzavano pacificamente esplodono in una violenza che man mano cresce, un astio per non dire odio nei confronti di chi ora vien visto come avversario,ognuno si sente depositario della verità assoluta, cercando quindi di imporre la propria tesi e dando dello stupido se non peggio a chi non la pensa nello stesso modo, e naturalmente alla fine ognuno rimane sulle proprie posizioni, nelle proprie convinzioni, carico di rancore e di rabbia. La stessa cosa accade nella vita di tutti i giorni, siamo talmente assuefatti al competere con gli altri, che perfino nelle cose più banali si cerca di prevalere sull’altro, visto come avversario. Rispettare vuole dire provare La mia sincera attenzione per coloro che non possono essere di alcuna possibile utilità per me. Quando tratto le persone solo come sono, esse rimarranno come sono. Quando tratto le persone come se fossero quello che dovrebbero essere, esse diventano quello che dovrebbero essere. Per questo tratto i miei avversari con rispetto è gli concedo sempre un vantaggio a cui non hanno diritto. Nella vita prima si rispettano le persone e poi le regole. Proviamo poi a pensare a quanto sarebbe rilassante, l’accettare e rispettare le opinioni altrui, vedere l’altro non come un’avversario da sottomettere o peggio da abbattere, ma come un qualcuno che ci permette di vedere i fatti da un’altra prospettiva. Permetterci di riflettere per considerarla un’alternativa valida. Credetemi, si vive meglio, non ci si innervosisce, ma sopratutto si impara a relazionarsi, a controllare più efficacemente i propri sentimenti negativi, e a conservare il mio ottimismo aumentando quindi la mia capacità di empatia.per fare questo cerco sempre di seguire le 3 “R”: Rispetto per te stesso, Rispetto per gli altri, Responsabilità per le mie azioni.
Favria 5.06.2016 Giorgio Cortese

La vita di ogni giorno non è fatta di grandi sacrifici e doveri ma di piccole cose nelle quali i sorrisi e le gentilezza che riesco a donare mi aiutano a preservare l’animo sereno e ad assicurare conforto a chi li riceve.

Dall’animo agli occhi
Ultimamente mi soffermo ad osservare con attenzione gli occhi delle persone che mi parlano. Dicono che gli occhi sono lo specchio dell’animo, ed è vero. Vedere come splendono nei visi di persone felice mi trasmette felicità. Veder trasparire sgomento negli occhi di certe persone mi carica di afflizione e cerco di aiutare come umanamente posso queste persone. In ognuno di noi c’è una strada che va dall’animo ed arriva agli occhi senza passare per il cervello.. Quale sarà mai questa strada che salta il cervello e congiunge direttamente sensi e cuore? Una via “cieca” per definizione se ignora ogni esame o controllo della mente. È la passione dei sentimenti, gioia e dolore che procede con impeto come un vento tempestoso dagli occhi alla vita. L’emozione all’azione passano ogni ostacolo posto dai ragionamenti. È interessante cercare di identificare i sinonimi che la nostra lingua possiede per definire tutte le iridescenze della passione: ardore, slancio, trasporto, sentimento, impeto, ma anche frenesia, furore, eccitazione, emozione, esaltazione, voluttà, concupiscenza, fino ai tipici simboli “passionali”, ossia il fuoco e la febbre. Quando deve programmare un’azione, il nostro cervello usa le informazioni che la vista gli manda poi agisce di conseguenza. Non importa se sa altre cose. Se quel che osserva è alterato dall’emozione, anche il movimento che ne consegue sarà alterato. La visione insomma domina, nel cervello, sulle altre informazioni.
Favria 6.06.2016 Giorgio Cortese

Ogni quotidiana falsità è una maschera, e per quanto la maschera sia ben fatta, riesco sempre con un po’ di attenzione, a distinguerla dal volto.