Condivisione – Al pian d’i babi-L’ineguagliabile mosaico della vita – Le tradizioni del S. Natale -Lettera a Gesù Bambino!…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Condivisione
Condividere il cibo fa parte della natura umana. Pensate che in Medio Oriente, in Israele, vicino a Tel Aviv, nella grotta di Qesem, sono stati rinvenuti i resti di un focolare attorno al quale i commensali si sedevano a mangiare 3000 anni fa! Tra le ceneri dell’eruzione di Pompei è stata trovata una pagnotta rotonda con i segni per dividerla in porzioni. L’espressione biblica “spezzare il pane” riflette la capacità del cibo di forgiare amicizie, placare l’ira e rallegrare gli animi. Imitamdo i rituali degli adulti i bambini preparano torte di fango e si scambiano merende per fare amicizie. Scriveva Cicerone che.i nostri antenati chiamarono “con-vivio” lo stare assieme degli amici al banchetto perché comporta una comunione di vita. Abituati a festeggiare con torte e dolci fino dalla tenera età i compleanni, continueranno da adulti ad associare il cibo all’amore per il resto della vita e, in alcune culture, persino nell’aldilà. Pensiamo all’usanza di certi popoli di lasciare leccornie accanto alle tombe per comunicare con i defunti che non sono dimenticati. Celebrare le ricorrenze con il cibo è un’esigenza sentita anche nelle situazioni più estreme. Nel 1902 gli uomini della spedizione in Antartide guidata da Robert Falcon Scott, organizzarono un grande banchetto per il solistizio d’inverno, il giorno più breve e la notte più lunga dell’anno, con le abbondanti provviste caricate a bordo della loro nave, la Discovery. Macellarono quarantacinque pecore e poi appese al sartiame per farle congelare alle intemperie fino al momento dei festeggiamenti. Nel suo diaro l’esploratore Scott scrisse:” pensavamo tutti che la vita fosse bella, persino nelle regioni antartiche”. Personalmente ritengo che condividere un pasto rafforza i legami tra i commensali.
Favria 20.12.2015 Giorgio Cortese

La quotidiana passione nell’affrontare i problemi della vita è il carburante per l’animo..

Al pian d’i babi
La curiosa esclamazione nel titolo vuole dire al piano dei rospi. Questo modo di dire vale come una favola di La Fontaine, e sintetizza con la sorridente bonomia dei nostri avi il modo di procedere di certe persone che si pensano chissa chi! Il rospo esce dal suo acquitrino e procede saltellando e per quanto si impegni non va mai più su della palude o della riva intorno. Molte persone cadono dall’alto per cattiva gestione dei propri averi, per incuria o disonestà altrui e si trovano faltamnete sul lastrico, insomma “al pian d’i babi”
Favria, 21.12.2015

Se in ogni attività quotidiana che affronto ci metto passione ho superato già una grande parte della difficoltà.
L’ineguagliabile mosaico della vita

Camminare in una giornata di inverno e vedere il lato buono della natura spoglia. Gioire quando incontro un amico od esultare perché sul lavoro ho raggiunto quanto mi era stato richiesto, non solo per la gratifica materiale ma per la soddisfazione dell’animo che è impagabile. Scriveva il filosofo Arthur Schopenhauer che: “Le scene della nostra vita sono come rozzi mosaici. Guardate da vicino non producono nessun effetto, non ci si può vedere niente di bello finché non si guardano da lontano.” Certo la vita va vista nella sua interezza unendo tutti i tasselli del mosaico, ma la prospettiva dalla quale la si guarda per darle un senso, una forma compiuta, é guardarla dall’alto. Ogni realtà vista troppo da vicino ha contorni generali che sono sfumati, e i particolari accesi ostacolano la visione dell’insieme, e osservo i mulinelli che si formano nelle anse del torrente posso avere l’impressione che la corrente sia diretta verso la fonte e non sia diretta alla foce, da lontano la realtà è vista nella sua completezza completa. Per dare vita alla vita penso che bisogna sempre essere gentili con il prossimo, cercare di vivere in pace e armonia ma sempre con onesta è giustizia senza falsi buonismi. Personalmente più che un tassello del mosaico mi sento un filo della tela del quadro, un piccolo filo di una tela immensamente grande. Ma anche se sono un piccolo filo devo sempre essere sempre me stesso, senza confondere la mia specificità di filo diverso da ogni altro, e insieme, però, unirmi ad altri fili, perché un filo ha senso solo se si unisce ad altri fili, come una nota ha senso solo se si unisce ad altre note, come una lettera ha senso solo se si unisce ad altre lettere e così forma parole, frasi compiute, come questa breve riflessione. Insomma essere sempre me stesso, sforzandomi sempre di più nel dare e di smussare ogni giorno i mei umani difetti, ma legato altri come la lettera “o” rimane sempre “o” anche se si trova tra altre lettere come nella parola “prossimo” che senza le due o non avrebbe lo stesso significato. E allora capisco che in questo mondo siamo tutti delle piccole tessere di quell’ineguagliabile mosaico quotidiano che definiamo vita. Certo incastraci non e semplice perché ogni giorno avvengono continue novità lieti che cerco sempre di accogliere con stupore o tristi con mestizia e dolore. Ogni tanto qualcuno a cui siamo affezionati se ne va verso un nuovo viaggio dove prima o poi ci incammineremo tutti noi, vista la condizione umana. Ma ogni giorno qualcuno arriva con grande gioia con il profumo di giovanile fresca novità. Un quadro, la vita, senza cornice, ma solo fatta da piccolissimi fili, che quando intraprendono il nuovo viaggio vengo subito rimpiazzati da altri ed è forse per questo che è senza cornice per dare modo alla tela di accogliere ogni giorno sempre nuovi colori. Mi auguro che quando avverrà il mio momento si possa dire che ha sorriso di fuori anche quando era triste, ha cantato in play back perché era un grande stonato, ha pregato e si è anche agitato ma non ha mai odiato ne ceduto il suo onore ed onestà. Ha scritto sulla carta fiumi di pensieri, passioni e ricordi come il tempo ha scritto sul suo viso anno dopo anno con le rughe il suo passaggio. Grande è il mosaico della vita ed ogni giorno continuiamo a comporlo.
Favria 22.12.2015 Giorgio Cortese

Molte volte mi domando se le mie passioni possiedono una loro propria saggezza, perché guidano il mio pensiero e la scelta migliore nell’azione da compiere

Le tradizioni del S. Natale
Il S. Natale è un periodo ricco di tradizioni di usanze e anche di superstizioni anche dal punto di vista gastronomico. Pensate che l’usanza di mangiare capitone o pesci vari deriva da un antica regola della Chiesa che la notte del 24 dicembre prima della S.Messa, imponeva ai fedeli una cena di magro. Tenete presente che il capitone è sinonimo di anguilla e il lemma deriva dal latino capitonis, grossa testa, nome volgare applicato nell’Italia meridionale alle anguille di maggiori dimensioni di sesso femminile e ormai entrato nell’uso comune. A Natale si mangia anche il tacchino, che risale al XVI secolo quando gli Spagnoli con la scoperta del Nuovo Mondo, importarono dal Messico questo pennuto, ed il primo che lo assaggiò fu Carlo IX, ed in quella occasione, quando il piatto fu presentato, venne annunciato con squilli di trombe, rulli di tamburo e salve di cannone. Il 25 dicembre viene chiamato anche il giorno del Pane, interpretato come corpo di Cristo incarnatosi la notte di Natale a Betlemme, bet lehem, casa del pane. Pertanto è nata la tradizione di mangiare dolci fatti farina come il panettone a Milano, il pandoro a Verona, pangiallo a Roma, il panvisco a Bari, il pandolce a Genova, il pane certosino a Bologna, il panpepato a Ferrara ed il panforte a Siena. Secondo antiche tradizioni di questi pani era buon uso metterne un pezzettino da parte, per poi mangiarlo il giorno di San Biagio, 3 febbraio, per preservarsi da tutto l’anno contro il male di gola. Esistono rito nella notte di Natale di origine pagana, nella campagne del Veneto era costumo dei contadini la noette di Natale per prevedere il raccolto di mettere in una padella arroventata 12 grani di frumento, uno per ogni mese, quelli che si aprono indicavano abbondanza, mentre quelli che si carbonizzano annunciano carestia. Nella campagne del Molise e Abruzzo venivano una volta apposti molti lumini sui davanzali per rendere più agevole la strada dei pastori diretti al Presepe, si riteneva di buon auspicio se al mattino i lumini ertano poco consumati. In Piemonte c’è la credenza se si seminano i fiori nel giorno di Natale, questi avranno degli splendidi colori. Antiche credenza affermano che la Notte di Natale tutti gli animali si mettono a parlare alla Mezzanotte esatta e raccontavano a tutti i comportamenti dei loro padroni. In Friuli si racconta che a Mezzanotte esatta le corna degli animali si illuminano sulla punte tutti gli asini si inginocchino per salutare il Bambinello. Nei secoli passati, quando l’Italia era rurale, la notte di Natale era l’unica volta che anche gli animali domestici quali gatti e cani potevano circolare tranquillamente attorno alla tavola ove si cenava, coccolati e viziati con bocconcini lanciati dai commensali. Nel Nord Europa nella penisola scandinava si crede che il giorno di Natale tutti i boschi si riempiano di folletti; perciò le persone pongono grandi recipienti colmi di birra ai piedi degli alberi affinché le magiche creature bevano a volontà e, riconoscenti, si prendano cura delle piante. Tantissime sono le tradizioni legate a questa Notte Santa e ne ho elencate solo alcune e colgo l’occasione di augurare un felice e Santo Natale, guai se non ci fosse il Natale. Ci deve essere almeno un giorno dell’anno a ricordarci che siamo qui per gli altri e non solo per noi stessi. Perché Natale non è tanto aprire i regali quanto aprire i nostri cuori.
Favria, 23.12.2015 Giorgio Cortese

Molti leggono per non avere una percezione superficiale delle cose, per comprendere meglio quanto succede, per ampliare la visione della vita, per acquisire chiavi di lettura, per leggere dentro noi stessi, per fare esperienza. Penso che dentro ognuno di noi si deve trovare un motivo per cui vale la pena di leggere. Il mio? Discernere ciò che senza i libri e la buona lettura non sono in grado di decifrare

Lettera a Gesù Bambino!
Sento quell’aria fredda che mi fa ricordare di quanto ero bambino e mi rammigotolavo tra la sciarpa e il berrettino. Si avvicina il S.Natale e canticchio ancora quelle belle melodie della nostra tradizione che cantavo da bambino. E allora per il S. Natale scrivo questa pubblica letterina. Caro Gesù Bambino per il S.Natale porta a chi mi ha fatto del male il mio sincero perdono, ai miei avversari infondi nei loro animi tanta tolleranza, agli amici dona tutto il mio cuore. Ti prego caro Gesù Bambino donami la luce nell’animo perché sul lavoro dia un servizio ai clienti con passione, ed ai colleghi tutta la collaborazione che posso umanamente dare. Ma a tutti regala la carità! Caro Gesu Bambino mi impegno per l’anno che viene a donare sempre il buon esempio in ogni cirtcostanza e se Ti è rimasto ancora un posto piccolo per regalo donami salute a me a tutte le persone che conosco ed a me un po’ di più di rispetto.
Buon Natale e Felice Anno Nuovo
Favria, 24.12. 2015 Giorgio Cortese

Nella vita di ogni giorno incontro tre tipi di persone, coloro che guardano accadere le cose e coloro che si meravigliano di ciò che accade coloro ed infine, molto rare le personee che fanno accadere cose;.