Dalla Shoah alle stragi dei nostri giorni.- Res gestae favriesi, casa in vendita-Il logoramento sociale dal lento declino-Res Gestae favriesi- Pro terremotati-Bataclan e Les brigands…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESEcortese

Dalla Shoah alle stragi dei nostri giorni.
Nel meditare sul giorno della memoria si intrecciano nel mio animo fili di pensieri sulla memoria e sull’oblio. Il primo e quello che nell’immediato dopoguerra in Italia si è cercato di sorvolare e rimuovere la responsabilità del fascismo sulle leggi razziali del 1938, a considerare l’antisemitismo fascista come una parentesi in una storia altrimenti incontaminata da una simile peste, a vedere negli italiani i “buoni italiani”, quasi a darci una sorta di auto assoluzione perché partecipi del progetto di ridare una dignità all’Italia sconfitta traghettandola nella riva dei vincitori. Un’altra rimozione, simmetricamente opposta è avvenuta in Germania del secondo dopoguerra, la letteratura non ha affrontato che in minima parte il tema della distruzione delle città tedesche bombardate dagli angloamericani come ad Amburgo nel 1943, Dresda del 1945. Una terribile distruzione, inutile dal punto di vista strategico-militare, che non lascia tracce nella scrittura, nella letteratura, nella memoria consapevole. Il fatto che i tedeschi abbiano taciuto quella distruzione immane perché se ne sentivano essenzialmente responsabili, raddrizzando per una volta nella storia il meccanismo usuale della proiezione della colpa all’esterno, lontano da sé. L’idea di una ritorsione giusta, una punizione dovuta, un risarcimento, sia pur quanto mai tragico. Il senso, forse addirittura inconsapevole ma non per questo meno vivo, che si era trattato della rivalsa sui civili tedeschi di una guerra che i tedeschi avevano per primi portato contro i civili del resto dell’Europa, può avere così portato al silenzio sulle macerie in cui si è trasformata la Germania dopo il 1945, sulle centinaia di migliaia di vittime dei bombardamenti. Due moventi positivi, la consapevolezza della colpa, la volontà di ricostruire, sono così all’origine di meccanismi di rimozione e di oblio, mostrandoci ancora una volta quanto complessi siano i doveri della memoria e quanto intrecciati a quelli dell’oblio. Fino a oggi, con il sostantivo “occidentalismo” si intendeva la tendenza ad attribuire un valore preminente alla civiltà occidentale. Oggi, questa parola ha radicalmente invertito il suo significato, ed è passata a significare la percezione negativa che dell’Occidente hanno i suoi nemici, ricalcando il fortunato “orientalismo” con cui Edward Said ha definito la percezione, altrettanto anche se più sottilmente negativa, che il mondo occidentale ha ed ha avuto dell’Oriente. Ad introdurre questa nuovo significato di “occidentalismo” nel nostro vocabolario, è un libro di Ian Buruma e Avishai Margalit, Occidentalismo, Einaudi editore, un olandese che insegna a New York il primo, un filosofo della politica israeliano il secondo. Sappiamo quanto rivelatori di profondi mutamenti della società e della politica siano questi cambiamenti del senso delle parole. Ed infatti, “occidentalismo” si afferma proprio nel momento, il termine stesso “Occidente”, già seppellito dal clima culturale successivo alla decolonizzazione, viene risuscitato in funzione polemica dai suoi nemici ed agitato come una bandiera dai suoi difensori, cioè dopo l’11 settembre. Un termine, Occidente, anch’esso, bisognoso di una revisione. Gli islamici fondamentalisti considerano l’Occidente una moderna Babilonia, dal mercato, alla democrazia politica, alla separazione tra religione e stato, all’uguaglianza delle donne, al dubbio e alla tolleranza. Ciascuno di questi filoni di pensiero ha una sua storia, che spazia lontano nel tempo e nello spazio, fin nella denigrazione biblica di Babilonia, nel nazionalismo romantico, nelle polemiche slavofile dell’Ottocento russo o nei kamikaze giapponesi del Novecento. L’importante non è tanto ripercorrerne la storia, ma svelarne la commistione. Questo solo ci consente di vedere l’Occidente, noi, e di vedere il nostro influsso nell’occidentalismo del nemico, dei fautori della distruzione di “ebrei e crociati”. Attraverso l’adozione di questo unico termine, occidentalismo, il fenomeno emerge nelle sue somiglianze, nelle sue costanti, nei rapporti tra esaltazione dell’eroismo e critica della democrazia, tra esaltazione della spiritualità e condanna dell’occidente idolatra e dissoluto. Ne deriva un grande vantaggio, quello di riuscire a cogliere appunto le commistioni dei sistemi: il fondamentalismo islamico ha stretti rapporti di parentela con il totalitarismo nazista e comunista, con Pol Pot e con i serbi distruttori di Sarajevo, tra i più recenti “criminali”. Ma la purezza dell’oriente, quella che i fondamentalisti islamici rivendicano costantemente e per cui si battono contro l’occidente, è un mito. Ed ecco che il termine riassume una sua ambiguità. Chiamiamo occidentalisti i nemici dell’occidente perché sono anche figli di questo occidente, ne hanno elaborato e assimilato il pensiero, vi si sono mescolati. Solo che noi, uomini e donne dell’occidente, riusciamo ancora ad affermare con orgoglio, come nostra identità forte, i nostri dubbi e la nostra tolleranza. Loro, gli occidentalisti, intendono sradicarne ogni traccia, in noi e prima ancora in sé stessi.
Favria 27.01.2016 Giorgio Cortese

Per ogni successo attuale, c’è sempre qualcuno, che in passato, ha preso una decisione coraggiosa.

Res gestae favriesi, casa in vendita
Dalla Gazzetta del Canavese del 21.7.1972 riporto il seguente articolo.
“ Dopo la morte della sig.ra Maria Grindatto, la vecchia “tolera” che per anni gestì il negozio di via Rivarolo che vendeva tra l’altro i primi giocattoli in Favria, è stata posta in vendita dagli eredi la sua vecchia casa. A noi sembra che il Comune potrebbe essere interessato al suo acquisto per un eventuale abbattimento onde allargare la strada in un punto cruciale. Un eventuale acquisto potrebbe, secondo noi ottenere anche un contributo della Provincia. Giriamo la proposta al Sindaco perché se lo riterrà opportuno, la sottoponga all’esame del Consiglio Comunale”.
Aggiungo che oggi forse avremmo una migliore viabilità in via Caporal Cattaneo!
Favria, 28.01.2016 Giorgio Cortese

L’incontro con certe persone simile a come trovare una conchiglia spiaggiata, inondata di luce e di silenzio Un incontro felice che porta dentro l’eco del mare di notte.

Il logoramento sociale dal lento declino
Non è semplice descrivere in poche righe lo stato d’animo con cui sto affrontando la vita attuale, quella del ventunesimo secolo, con la tecnologia alle stelle e i valori e le aspettative molti giorni sono alle stalle. Molti giorni la testa è immersa ventiquattrore su ventiquattro in una dimensione tutta sua, dove la gioia più immensa che si può trarre è quella derivante dai sempre più sporadici momenti di silenzio, di isolamento. Probabilmente qualcuno leggendomi ha già provato le stesse sensazioni. Personalmente cerco di descrivere il pensiero condiviso di tanta gente che fa fatica, oggigiorno, ad arrivare a sera senza avere con la serenità dell’animo, e magari con qualche soddisfazione. L’attuale crisi ha messo a nudo il logoramento sociale che si accumulato per più di cinquantanni sotto lo zerbino della nostra Patria. Dopo la caduta del muro di Berlino, le tossine che in Italia si erano sviluppate nei decenni precedenti a causa dell’inadeguatezza della scuola, le varie stragi di matrice diversa ma senza mai la condanna definitiva ai vari mandanti come la strage di piazza Fontana del 1969, all’attentato del rapido 904 del 1984, il terrorismo, la loggia massonica segreta P2, l’uccisione di Aldo Moro, le stragi mafiose del ’92-’94 e l’inadeguatezza dei governanti avuti negli ultimi venti anni, sono state la causa dei frutti che, con progressione, hanno condizionato i cittadini e quindi la vita democratica della nostra Patria. Ci siamo logorati continuamente e questa azione è una delle cause della diminuzione dell’efficienza della nostra democrazia rappresentativa. Pensare che il lemma logorare deriva dalla parola latina “lucrari”, guadagnare, risparmiare e pertanto consumare fino all’estremo per risparmiare. Durante tutti questi anni si è risparmiato sull’essere ma non sull’apparire degli italiani. Ma purtroppo in questi anni ho solo visto una società che ha messo al primo posto l’apparire. Una società senza valori, dove molti giovani, ma per fortuna non tutti, che sono il futuro di una Nazione, pensano prevalentemente ad andare in discoteca, bere, vestire all’ultima moda. Già, i ragazzi, nel 1968 i ragazzi allora avevano almeno degli ideali nello scendere in piazza. Oggigiorno molte conversazioni dei giovani sul local forum sono vuote, prive di una prospettiva, di qualcosa di concreto, di un ideale, di un sogno, di un valore C’è chi di questo dà la colpa alle famiglie odierne, nelle quali regna la preoccupazione sempre più opprimente della crisi che logora la cellula base della nostra società. Molte famiglie prese da mille problemi giornalieri, il dialogo è quasi pari a zero. Molti genitori sono loro primi degli immaturi e purtroppo i giovani sia in casa che nella scuola non ricevono la nozione di base per la nostra società quella di come ci si comporta nella vita, o di come si rispetta il prossimo. Una società in cui regna l’arroganza, come quella di chi parcheggia in doppia fila per prendere l’aperitivo con l’amico, oppure di chi getta l’immondizia per strada, nonostante la presenza di appositi cassonetti.. Una società in cui l’ignoranza la fa da padrona, dove non si comprano più i giornali, e i libri non ne parliamo neanche, ma le riviste sul gossip, quelle si che vanno a ruba. Una società dove gli ignoranti hanno eletto alle cariche pubbliche degli altri ignoranti che litigano tutti i giorni con la sintassi. Non c’è poi da meravigliarsi se imperversano furti e atti abietti di vandalismo anche dentro i cimiteri e non viene preso nessun provvedimento legislativo e tecnico per la prevenzione di tali furti e la dura sanzionatura per chi viene scoperto. Dimenticavo che viviamo una società in declino dove chi è onesto è visto come un matto e chi ruba un dritto da prendere ad esempio. I vari politici di turno parlano dei vari provvedimenti che oscillano tra la loro improbabile abolizione e chi ne ha giù pronte delle nuove nel cassetto se sarà eletto ma non dicono che aumentano sempre di più le pensioni di invalidità false e diminuisce sempre di più il numero delle persone che paga le tasse perché ha un lavoro, e la torta del benessere diventa sempre di più misera. Viviamo in una società in cui i musei, le biblioteche e i teatri perdono visitatori, la stessa società in cui le televisioni mandano a notte fonda i programmi culturali e di approfondimento e in prima serata i reality. La stessa società in cui i giornali mettono a pagina 14 le notizie sulla situazione del mondo sempre di più globalizzato ma nella prima pagina i gossip locali. Questo ha generato delle persone sempre più nervose, scontente e preoccupate. Ma voi ci fate caso? Camminando per strada, al supermercato, alla posta e un po’ dappertutto, la gente non sorride più. Magari riesco ad imbattermi in gruppetti di adolescenti che ridono sguaiatamente, noncuranti del futuro che gli aspetta, oppure anche in qualche sorriso strozzato, forzato, dietro al quale si nasconde sempre un problema, una difficoltà, magari per un lavoro perduto, una rata del mutuo non pagata. Non mi scoraggio, perchè ogni tentativo quotidiano anche se sbagliato scartato è sempre un altro passo avanti ed è per questo che nutro sempre la speranza che la notte della crisi per quanto ancora lunga avrà una fine, perché dopo la lunga notte arriva sempre una luminosa alba di rinascita!
Favria, 29.01.2016 Giorgio Cortese

Decisamente non era questo il mondo che mi aspettavo. E quello che mi chiedo con maggiore insistenza è il perché siamo arrivati a questo punto. Perché, per soddisfare la sete di potere e di denaro di una parte della popolazione, si vuole far morire il resto di essa? Quali vantaggi ne trarranno quegli “illustri signori” che ci guardano dall’alto e fanno di tutto per far chiudere le nostre aziende, licenziare gli operai e toglierci dignità e orgoglio? Non so darmi una risposta. So solamente che la parte battagliera di me, coi suoi sogni, le aspettative nel lavoro e nella convivenza sociale tribula a rimanere accesa in questa oscura notte.

Res Gestae favriesi- Pro terremotati
La Calabria è notoriamente una delle aree della penisola con un altissimo livello di sismicità, uno dei più alti d’Italia. Ricorrenti e disastrosi i terremoti nei secoli l’hanno sconvolta. Nel 1783 un grave sciame sismico che durò tre anni, poi il disastroso terremoto del 1905 . La notte tra il 7 e l’8 settembre del 1905 una poderosa scossa di terremoto funestò la Calabria. I giornali dell’epoca diedero grande attenzione e mandarono inviati e fotografi per raccontare i disastri. Al grido di dolore partito dalla felice Calabria, nessuna delle regioni italiane è rimasta sorda. Già a Milano, a Torino, a Napoli, a Palermo e in tutte le grandi e piccole città del Regno, sono stati votati dei sussidi, si organizzano dei comitati di soccorso, si escogitano tutti i mezzi per venire in aiuto alle provincie desolate dal terremoto. La piccola Comunità di Favria con il Consiglio Comunale del 29 ottobre del 1905 con il Sindaco Dagasso geom. Domenico, Capello avv.to Augusto, Tarizzo geom. Gio Battista, Dagasso dott. Cav. Pietro, Marchiandi Simone, Bruno Michele, Bima Giovanni, Borgialli Bartolomeo, Coha Gio. Battista, Costanzo avv.to Pietro e Genisio Edoardo maestro in numero legale. Approvò la deliberazione della Giunta Municipale 21 settembre u.s. relativa alla erogazione di lire 100 a favore dei danneggiati dal terremoto della Calabria. Tre anni dopo, l’apocalisse che devastò Reggio Calabria e Messina nel 1908. U terremuoto, venne chiamato, con una scossa sismica che raggiunse, lunedì, ore 5,21 del mattino, il 10º grado della scala Mercalli, accompagnato da un maremoto coinvolge le città di Reggio Calabria e Messina. A Messina si contarono circa 80.000 morti su una popolazione di 130.000 abitanti e a Reggio Calabria circa 48.000 morti su di una popolazione di 80.000 abitanti. Numerose le scosse di assestamento che si ripeterono nei giorni seguenti la catastrofe, fino alla fine del mese di marzo del 1909. Verrà definito come uno dei due eventi sismici più catastrofici che la storia italiana ricordi.
Favria 30.1.2016 Giorgio Cortese

Anche nella giornata più buia quando incontro il sorriso sincero dei veri amici, i “problemi” si leggono “soluzioni”. Non c’è miglior cura, pausa o riflessione, della felicità negli occhi di chi mi guarda.

Bataclan e Les brigands
Il teatro Bataclan, situato in Boulevard Voltaire, nel cuore di Parigi, dove sono avvenuti recentemente dei feroci attentati terroristici. Il Bataclan , prende il nome da “Ba-Ta-Clan”, operetta di Offenbach, è stato costruito nel 1864 come sala da cafe-concert, genere teatrale francese, un tipo di locale che al suo interno ha il caffè ed il teatro al piano terra mentre al primo piano si trova la sala da ballo. La sua struttura, disegnata da Charles Duval, si ispira ai colori e alle forme dell’architettura cinese. Sulle origini di Offenbach si sa poco. Risulta incerto il cognome stesso della famiglia poiché del padre si sa soltanto che era cantore della sinagoga di Colonia, non essendo ancora appurato se si chiamasse Jakob Levy o Juda Eberscht; incerto è pure il suo luogo di nascita, secondo alcuni Colonia, secondo altri Offenbach sul Meno, dove avrebbe potuto assumere più tardi il nome d’arte. Infine il musicista si dichiarava nato nel 1821. Studiò il violino ed il violoncello, dedicandosi infine a quest’ultimo. Giovanissimo fu condotto a Parigi nel 1833, dove venne eccezionalmente ammesso al conservatorio, chiuso agli stranieri; sotto la guida di Vaslin, raggiunse un notevole grado di virtuosismo.Terminati gli studi, entrò come violoncellista dell’orchestra dell’Opéra e su di lui è rimasta famosa la definizione di Wagner: “Il piccolo Mozart degli Champs Elysées”. Di questo autore ho potuto ascoltare pezzi di “ “Les brigants” opera buffa in tre atti che brevemente Vi riassumo, nel primo atto, gli affari vanno male per una banda di briganti, che agiscono tra i monti guidati da Falsacappa: anche la figlia, Fiorella, dà problemi, poiché sembra innamorata di Fragoletto, da loro appena svaligiato. Costui, per rimanere con la sua bella, vuole seguire i balordi, e viene quindi messo alla prova; rimasta sola, Fiorella lascia scappare un ricco viaggiatore. Falsacappa, entrato in possesso del ritratto della principessa di Granada, promessa sposa al duca di Mantova, lo sostituisce con quello di Fiorella: potrà così ottenere tre milioni di franchi (corrispondenti al debito di Mantova verso Granada), che verranno consegnati a chi accompagnerà la principessa. Per rinfrancare i suoi Falsacappa organizza una festa, che viene interrotta dai carabinieri, giunti però troppo tardi per poter arrestare la banda. Nel secondo atto, i briganti si travestono da osti, per accogliere la principessa di Granada. Come i veri ristoratori, anche gli Spagnoli sono imprigionati dai banditi che, travestiti questa volta da ambasciatori di Granada, partono per Mantova per portare a termine l’impresa. Arriviamo così al terzo atto dove mentre il duca di Mantova si diverte con le donne, il cassiere Antonio ha già scialacquato l’intera somma. Falsacappa, giunto travestito da grande di Spagna, non vuol essere corrotto dal cassiere; mentre cerca di prenderlo alla gola viene sorpreso dagli Spagnoli, che sono riusciti a liberarsi. Solo l’intervento di Fiorella, che riconosce nel duca il viaggiatore che aveva lasciato fuggire, salva i briganti dall’impiccagione. Il duca concede infine l’amnistia ai briganti, che riprendono le loro avventure. Ultima creazione di successo del celebre compositore parigino all’apogeo del Secondo Impero, Les brigandsè opera di sottile ma pungente satira di costume, in particolare nei confronti dei banchieri e degli uomini politici. Di vivace e raffinata ispirazione, presenta anche momenti tristi e idilliaci con ripetuti travestimenti che danno luogo a spassosi equivoci e accattivante è la caratterizzazione dei carabinieri, genuina e spontanea.
Favria 31.1.2016 Giorgio Cortese

La vita è bellissima, alcune persone ogni giorno me lo ricordano più di altre.