Decoro da coccodrillo! – Passione per le monete e medaglie papali! – Evviva l’emozione in un punto esclamativo. -Il burbero dal cuore buono. -…Le pagine di Giorgio Cortese

Decoro da coccodrillo!
Oggi in Italia si fa presto a dire “poveri”. Bisogna decidersi, invece, a far presto non a dire ma a dare. A dare davvero una mano ai poveri e, quando serve, e spesso serve, oltre alla mano un tetto. E poiché i destinatari di questi rapidi appunti sono quei concittadini con qualche potere in più che chiamiamo “politici”, non è forse superfluo ricordare che “fare presto” non significa soltanto stanziare soldi, mettere formalmente a disposizione case o predisporre altre forme di sostegno, ma vuol dire, anche e soprattutto, codificare regole utili e buone che non rendano difficile o addirittura impossibile la solidarietà e la giustizia umanamente possibili e civicamente doverose. Purtroppo l’attuale decoro di facciata di noi italioti è simile a quell’animale che siamo abituati a vederlo sulle Lacoste, famose magliette nate come indumento da tennis. Renè Lacoste, infatti, si fece disegnare dall’amico Robert George un coccodrillo, emblema della sua tenacia in campo, quella di uno che non molla mai la presa. Il coccodrillo, in realtà, entra nell’immaginario come drago malefico, tanto da essere riconosciuto nel drago vinto da san Giorgio o da san Teodoro. Il bestiario medievale associa il coccodrillo all’ipocrisia, questi infatti, tiene rivolti al cielo occhi e fauci, come in preghiera, ma la parte inferiore della bocca rimane sepolta nel fango, cioè nei vizi. Così sono tutti quei italioti che ostentano un comportamento impeccabile, ma poi, di fatto, restano avvolti nel torbido, occultando le loro azioni delittuose. Del resto l’antico detto: “lacrime di coccodrillo”, dovuto alla credenza che dopo aver ingoiato le vittime il rettile piangesse per il rimorso o la cattiva digestione, nasconde questa verità: non bisogna lasciarsi attirare dalle apparenze, potremmo poi piangere amaramente sulle nostre stesse azioni. Viene alla mente la situazione del Medioriente, certo mondo fanaticamente religioso che sembra gridare a Dio giorno e notte la sua fede, mentre le sue mani tradiscono sangue innocente. Sangue innocente di esseri umani che arrivano dal mare e via terra ma non sono invasori, hanno negli occhi il terrore di quanto hanno visto e patito. Non sono dei nemici alle porte, sono dei poveracci che non ci rubano il futuro, sono una ricchezza umana. Molti di loro puzzano di sudore e di paura dopo viaggi fatti in semi schiavitù, con poca acqua che non serve per lavare, ma serve a mala pena a dissetare, dove si nutrono solo nel viaggio del pane della speranza di farcela. Sono esseri umani e se per miseria dovessimo fare noi il viaggio saremmo nelle loro stesse condizioni. Forse dovremmo aprire gli occhi di fronte a questa tragedia mondiale e non solo piangere lacrime da coccodrillo. Allora nella vita non dovremmo mai chiedere che cosa pretendere dalla vita, chiediamoci che cosa possiamo dare alla vita per fare subito lasciando al si può a chi deve prendere ancora coraggio. Il coraggio di chiamare con il loro nome accoglienza e integrazione per evitare il germe dell’intolleranza dialogando ma con fermezza. Ricordo che dialogare del resto non equivale a dare sempre ragione all’altro e neppure a sottacere le diversità di vedute, per accordarsi su ciò che è vantaggioso rimuovendo i contrasti. Conviene anzi che i punti di disaccordo siano noti ad entrambe le parti, perché solo così potranno essere prima circoscritti, poi ridotti. Il dialogo implica la dialettica. Le autorità civili sono da noi delegate, attraverso le elezioni democratiche a regolare i flussi migratori, sapendo che non può accogliere tutti indiscriminatamente. Non devono lasciare correre e permettere che nasca un’industria dell’accoglienza con il proliferare di cooperative che gestiscono il denaro pubblico e gli immigrati senza creare risorse. Secondo i media siamo invasi ma è una strana strana invasione dunque, quella in cui così tanti invasori muoiono prima ancora di toccare terra; una forma d’ignoranza, associare il fenomeno migratorio alla più violenta soppressione della libertà umana. La colpa dell’ignoranza, tuttavia, non può essere addossata interamente ai cittadini italiani, quando per primi gli stessi governi non hanno ritenuto prioritaria la raccolta dei dati sui decessi dei migranti. Nonostante grandi somme di denaro siano spese per raccogliere informazioni sulla migrazione e sul controllo delle frontiere, sono infatti pochi i governi che hanno raccolto e pubblicato dati su questo tragico fenomeno. Gli incidenti avvengono spesso in regioni remote di cui non si hanno notizie, i dati sono sporadici e suddivisi tra le diverse associazioni che si occupano di tenerne la macabra contabilità. Ritengo che sia paradossale, in un momento storico in cui una persona su sette al mondo è un migrante, vedere quanto sia dura la risposa del mondo sviluppato nei confronti della migrazione, ed è davvero difficile definire questo mondo ‘sviluppato’ quando temi antichi come la tratta degli esseri umani si manifestano in tutta la loro modernità: prostituzione, speculazione, falsa misericordia. Gestiti da cooperative di accoglienza che prolificano come funghi ma il denaro che spendono ai migranti a chi lo rendicontano?. Tutto questo fiume di denaro avviene forse con affidamento diretto o a cottimo fiduciario ovviamente in nome dell’emergenza, parola chiave che consente di superare le procedure ordinarie e spesso anche i controlli. In un modo o nell’altro, il capitale trova sempre il proprio profitto, anche sulla vita dei migranti e degli italiani poveri, sempre con il decoro di facciata da coccodrillo.
Favria, 16.09.2015 Giorgio Cortese

Vivere la vita e non vuole dire vegetare, bisogna ogni giorno amare, soffrire, lottare e vincere. Chi ama soffre, chi soffre lotta, chi lotta con tenacia, alla fine trionfa.

Passione per le monete e medaglie papali!
La numismatica, dal latino numisma a sua volta dal lemma greco nomisma, moneta, è lo studio scientifico delle monete e della loro storia, in tutte le sue varie forme, dal punto di vista storico-geografico, artistico ed economico. Se si deve credere alle descrizioni dello storico romano Svetonio, 70-140 d.C., l’imperatore Augusto è stato uno dei primi a collezionare “monete reali e straniere” più di 2000 anni fa. Sono riportati altri casi di collezioni e collezionisti nel periodo romano; a differenza di altre opere d’arte, nella collezione di monete il centro dell’attenzione non era sempre l’aspetto estetico. Nel Medioevo in Germania i principi possedevano le prime collezioni numismatiche importanti. A queste collezioni risalgono i vari gabinetti numismatici delle città tedesche. In Austria esisteva una collezione numismatica già nel XVI secolo come parte di un gabinetto di arte degli imperatori Asburgo; in particolare Rodolfo II acquistò una grande quantità di monete. In Svizzera all’inizio dei successivi gabinetti numismatici ci sono le collezioni delle biblioteche cittadine. Solamente a Basilea l’inizio della collezione è collegabile ad una determinata persona, l’umanista e collezionista Basilius Amerbach. Alla fine del XVIII secolo, si colloca la figura di Eckhel che è considerato il fondatore della numismatica come scienza. Il XIX secolo fu il più fecondo nella strutturazione delle collezioni nazionali e nella pubblicazione dei cataloghi. Theodor Mommsen supportò l’idea di un corpus generale di tutte le monete greche di tutte le collezioni, un’idea che non è ancora possibile realizzare. Nel 1931 la British Academy lanciò l’idea della Sylloge Nummorum Graecorum, una sistematica serie di pubblicazioni delle singole collezioni di monete greche, in ordine di zecca e con la foto di ogni singola moneta. Sono già apparse un centinaio di volumi in molti paesi. L’idea è stata ripresa dagli studiosi della Gran Bretagna medioevale e nel 1993 dagli esperti di numismatica Islamica. Nel XX secolo si rafforzò sempre più la consapevolezze dell’importanza delle monete come oggetti archeologici. Dopo la seconda guerra mondiale in Germania è stato lanciato il progetto Fundmünzen der Antike, Ritrovamenti monetari dell’antichità, per registrare ogni ritrovamento effettuato in Germania. Questa idea ha trovato seguaci in molti Paesi. Beh la mostra allestita dall’amico Roberto, questa mattina a San Grato, all’ingresso del Cimitero, non ha questa pretesa ma è un buon spaccato storico delle medaglie papali e ci aiuta a capire meglio il passato per affrontare con serenità le presenti e future tempeste monetarie. Ascoltando Roberto che mi parlava delle varie medaglie, si sente la soddisfazione che prova nel parlare delle medaglie che ha collezionato, trasmettendomi le sue sensazioni sia nell’ammirarla da un punto di vista estetico che al perché tale medaglia è stata coniata e in quale contesto storico. Grazie Roberto per le emozioni che mi hai trasmesso questa mattona nel poter vedere le tue medaglie e monete, una ricchezza nell’animo impagabile.
Favria, 17.09.2015 Giorgio Cortese

Quando voglio riflettere nella caotica vita quotidiana, mi basta socchiudere per un attimo gli occhi. Devo solo avere la prontezza di osservare il mio animo in quel brevissimo attimo di ciglia.

Evviva l’emozione in un punto esclamativo
Il punto esclamativo pare secondo alcuni studiosi che nasca dal punto interrogativo. Bisogna precisare che nella metà dell’VIII secolo, la pratica di copiatura dei testi liturgici, nei quali la punteggiatura era importante anche per la corretta intonazione del canto, diede impulso a un nuovo sistema di simboli come il punctus interrogativus, il cui uso, iniziato alla corte di Carlomagno allo scopo di indicare il termine di una sententia contenente una domanda, questo modo di scrivere si diffuse nei secoli successivi anche al di fuori dei testi religiosi. Il punto esclamativo era ignoto ai greci ed ai romani , il punctus admirativus o exclamativus nasce nel Medioevo ad opera dei copisti medievali infatti, per indicare la sorpresa o la gioia in una frase, scrivevano alla fine di essa la parola latina io, evviva. Poi nel corso del tempo la “i” si spostò al di sopra della “o” divenendo così l’asta del punto esclamativo, mentre il punto stesso si formò grazie al rimpicciolimento della vocale “o”. Il punto esclamativo o che ormai da pochi chiamato ammirativo esprime dopo l’ultima parola scritta un’emozione di passione. Mi viene da pensare che anche nelle giornate grigie, ci sono sprazzi di colore che attraversano il mio animo. Come i punti esclamativi le emozioni hanno la capacità di farmi toccare il cielo con un dito, per porti farmi di nuovo toccare terra. Ma credo che bisogna comunque e sempre viverle. Sulla terra già ci siamo, io voglio sfiorare il cielo anche solo con un dito.
Favria, 18.09.2015 Giorgio Cortese

Nella vita ogni cosa è facile, forse sono io con troppi ragionamenti che la rendo tortuosa e difficile

Il burbero dal cuore buono
Da bambino mi ricordo di un signore che passava davanti a casa mia a piedi, molte volte sorreggendo una vecchia bicicletta nera. La strada dove abitavo da ragazzo era in salita e questo signore era avanti negli anni. Nelle sere d’inverno verso l’imbrunire era avvolto in un nero tabarro con basco in testa, anzi portava come mia papà un purillo. Il purillo, parola che deriva dal piemontese “purilu”, per indicare un cappello basco con al centro una piccola appendice rigida, cucita al centro. Questa persona di alta corporatura fumava la pipa, mi sembrava da lontano una locomotiva. Ma quando si avvicinava mi osservava sempre in silenzio, salutando sempre gelidamente noi bambini e gli adulti che incontrava. Mi ricordo un giorno d’estate la palla con cui giocavamo cadde davanti alla sua bicicletta mentre passava davanti a dove giocavamo. Mi ricordo ancora il suo viso diventare paonazzo, come uno dei colori della coda del pavone, il lemma paonazzo deriva appunto da paone, il pavone ed è anche un colore viola piuttosto scuro come la mantellina corta, detta mozzetta, chiusa sul petto da una serie di bottoni, portata dagli alti ecclesiastici. Era un burbero, lemma che deriva celtico borbar, ispido, o dal latino reburbus, ispido di capello. Per altri deriva dalla radice onomatopeica barrire, borbottare. Detto questo è una splendida parola che esprime è una qualità complessa, infatti se da un lato il burbero è il ruvido a volte perfino scortese, dall’altro questo atteggiamento tradisce la volontà di tener nascosta una parte di sé più sentimentale e tenera. È un’immagine molto forte, sorretta da un suono che già di per sé invita il broncio, e profondamente scavata nei miei ricordi di questo personaggio scortese ma dal cuore d’oro. E’ vero parlava con monosillabi ma quando andai a raccoglierla, prendendo dentro l’animo tutto il coraggio che avevo, lui con un radioso sorriso mi porse la palla. Solo oggi, ripensando a quell’episodio penso che era burbero per tenere a distanza di sicurezza la sua parte più delicata dell’animo. Insomma era anche lui; “Il burbero di buon cuore “ come la commedia di Carlo Goldoni.
Favria, 20..09.2015 Giorgio Cortese

Mi rendo conto che ogni giorno porto sulle spalle il peso della mia storia, cerco non riesco ad alleggerirlo, ma posso fare in modo di non aggravarlo ulteriormente.
Visita anche tutte le  vecchie pagine  di Giorgio Cortese sul vecchio sito