Ermafrodito e Salmace. – Salviamo gli umani ponti!. – Giusarma! – Opinare l’ascoliasmo! – Donazioni mese di Novembre , Canavese zona 2 Fidas. – In corpore vili…scapè!…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Ermafrodito e Salmace
La storia di Ermafrodito e Salmacide, nella memoria collettiva, è quella che ci viene trasmessa da

Ovidio nel libro IV delle Metamorfosi. Protagonista del racconto è un giovane di quindici anni, figlio di Ermes ed Afrodite, nel cui volto si riconoscono i tratti di entrambi i genitori, dai quali trasse anche il nome che Ovidio non dirà se non al termine dell’episodio del mito. Il giovane, bramoso di avventure, decide di abbandonare il luogo natio per viaggiare e scoprire il mondo. Giunto in Caria, nel territorio di Alicarnasso, si imbatte in uno stagno d’acqua limpidissima dove vive una ninfa di nome Salmacide. A differenza delle altre compagne, la ninfa disdegna le attività venatorie e si dedica prevalentemente alle arti di Venere. Un giorno, mentre raccoglie fiori, vede presso la fonte il bel figlio di Hermes e Afrodite. L’incontro tra i due mette in moto una precipitosa catena di eventi che vede la ninfa invaghirsi all’istante del giovane. Mossa dalla sua natura frivola, la ninfa dapprima prova a sedurlo con le parole che Odisseo rivolge a Nausicaa, poi passa direttamente all’azione eccitata dall’inesperienza del ragazzo che sa solo arrossire davanti alle avance della ragazza. Questa ormai in preda all’eros tenta in più modi di gettarglisi al collo, ma la minaccia del contatto fisico sembra scuotere il giovane che la respinge. Il culmine dell’azione deve ancora arrivare. Il giovane, pensandosi al sicuro, si immerge nello stagno e nel momento in cui si denuda scatena ancora di più il folle desiderio di Salmacide che non sapendo più dominarsi si getta nuda in acqua. Segue una lotta che capovolge ogni aspettativa e rovescia i ruoli. Il ragazzo resiste e continua a respingerla, la giovane lotta e cerca di avvinghiarsi a lui, lo bacia, lo tocca e rivolge un’inaspettata preghiera agli dei affinché mai la separino dall’amato. Sorprendentemente gli dei esaudiscono la preghiera in favore dell’assalitrice e a discapito della vittima. I corpi avvinghiati si fondono e assumono un “unico aspetto”, una duplice forma né donna né fanciullo eppure simile ad entrambi. La nuova creatura è una fusione di due generi anche se ad uscire dalle acque è in effetti il solo fanciullo di cui Ovidio svela finalmente il nome, Ermafrodito, entrato in acqua uomo ed uscitone uomo a metà. A differenza però degli altri amori negati, la metamorfosi di Ermafrodito non riguarda solo l’aspetto fisico, ma anche la personalità che unisce e fonde due creature con animi ben distinti tra loro; quella del timido e irrequieto Ermafrodito e quello della ribelle e aggressiva Salmacide. La vicenda non è un’invenzione ovidiana, ma nasce in ambito greco dove però tuttavia i riferimenti alla storia sono abbastanza rari. Ermafrodito ricorre più volte in contesti legati ad Afrodite, Pan e le Ninfe, è celebrato come eroe civilizzatore, inventore del matrimonio legale, protettore della fecondità maschile. È invece in ambito ellenistico che la figura perde la sua valenza mascolina e il termine “ermafrodito” comincia a connotare figure effeminate e sessualmente passive, spostando quindi la problematica del mito su un terreno erotico con valenza dispregiativa. In linea con questa tradizione ma assolutamente originale è quello che Ovidio scrive del mito nelle Metamorfosi, nelle quali accentua l’immagine erotica ma aggiungendo dei particolari assolutamente originali e innovativi nel contesto del poema. La figura di Salmacide è quella che più di tutte rompe gli schemi tradizionali del rapporto uomo-donna. Ninfa ribelle e aggressiva, dedica il suo tempo, come una matrona dell’alta società romana, alle cure di bellezza e inoltre tenta in tutti i modi di conquistare Ermafrodito usando la forza e le stesse strategie che solitamente usano gli dei per conquistare le ninfe. Dapprima usa le parole seduttive di Odisseo, poi, agendo sotto una forte carica sessuale incontenibile, tenta l’assalto fisico. A questo stravolgimento dei ruoli, risponde anche la metamorfosi che non interviene per salvare la vittima che implora aiuto ma agisce per esaudire le richieste capricciose del carnefice, la ninfa, che chiede di divenire con il malcapitato un unico essere. La trasformazione che ne deriva snatura di fatto l’identità della vittima condannata ad essere unita per sempre al suo assalitore. Nel mondo delle immagini, Salmacide non appare mai. Di Ermafrodito, invece, vi sono due differenti repertori di immagini; una legata alla versione più antica del mito dove Ermafrodito appare come divinità protettrice della fertilità maschile, l’altra invece dove il giovane è investito di tutta la nuova carica erotica derivata dalla seconda versione del mito. Alcuni studiosi interpretano il mito di Ermafrodito come un’esaltazione unica da parte dei Greci di tutte le perfezioni raccolte nei due sessi; altri invece vi ravvisano la personificazione della primordialità ancora informe e indifferenziata.
Favria, 26.10.2021   Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita quotidiana la speranza è un sentimento che si  posa sull’animo e mi canta melodie senza parole e non smette mai. Felice martedì.

Salviamo gli umani ponti!

Oggi voglio raccontarvi del dialogo ascoltato tra una nonna e sua giovane nipote. Il brano è stato occasionalmente sentito davanti al negozio dove ero andato a fare degli acquisti. In questo periodo stiamo tutti lontani per paura dei contagi, ma la signora riconosciutomi mi ha salutato e mi ha presentato la nipote, invitandola a donare il sangue per fare del bene a se stessi e agli altri.  Ho notato gli occhi perplessi della nipote che poi mi ha chiesto, in caso di tatuaggio, quanto tempo deve passare per poter donare? Stavo per rispondere quattro mesi… ma sono stato interrotto dalla nonna che aveva gli occhi che uscivano dalle orbite sulla scelta della nipote, forse perchè non ne era a conoscenza. Questo episodio mi ha fatto riflettere sul divario   che c’è tra le due generazioni. Cose che al giorno d’oggi ai giovani sembrano normali, non lo erano per le nostre nonne. Pensate a come è cambiato il modo di vestire, le abitudini e la mentalità. Oggi nell’epoca di Internet, dei social network, della telefonia mobile, sembra prevalere la velocità della trasmissione del pensiero piuttosto che un suo approfondimento, fenomeno al quale si accompagna la necessaria, forse esasperata, sintesi dell’espressione verbale, ne sono un esempio gli sms contratti all’inverosimile degli adolescenti, per un risultato che condiziona pesantemente i metodi tradizionali e allora mi  chiedo come sia possibile far conciliare queste due generazioni che apparentemente non hanno nulla in comune, anzi sembrano sempre più lontane. Credo che oggi più che mai con la pandemia che decima gli anziani dobbiamo preoccuparci a salvaguardare i ponti umani, che sono le precedenti generazioni con il loro bagaglio di valori sempre attuali,  come il rispetto, il buonsenso, la tolleranza e l’accoglienza. Gli anziani hanno visto la guerra e le sue devastazioni e hanno contribuito al miracolo economico degli anni cinquanta del Novecento che ha dato a noi il benessere. Noi oggi abbiamo il dovere morale di trasmettere questi valori come un ponte umano dove passano le idee e dove dai giovani possiamo imparare  come affrontare le nuove sfide tecnologiche abbinandole alla  saggezza di chi ci ha preceduti. Dagli anziani possiamo imparare molto come mai arrenderci ai cambiamenti e restare inermi davanti alle differenze, dobbiamo riuscire a creare questo ponte perché da loro, dagli anziani, possiamo imparare molto. Apprendiamo dagli anziani fino alla fine la loro sapienza perché un giorno saremo chiamati noi ad insegnare ai giovani e allora ci  servirà tutto ciò che abbiamo appreso. La società è un grande umano ponte dove i bambini e gli anziani insieme costruisco il comune futuro, i bambini perché portano avanti la storia, gli anziani perché ne trasmettono l’esperienza  e la saggezza acquisita nella loro lunga vita.

Favria, 27.10.2021   Giorgio Cortese

Certi giorni la fase quotidiana della vita potrebbe essere divisa in tre fasi: Rivoluzione, Riflessione, Televisione. Mi sveglio che voglio cambiare il mondo e si finisco alla sera con il cambiare i canali televisivi. Felice mercoledì.

Viva la vita se doni la vita. Ti aspettiamo a Favria VENERDI’ 5 NOVEMBRE   2021, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

Giusarma!

Giusarma detta anche gisarma o guisarma è una antica arma della fanteria, costituita da una pesante spada con lama massiccia a un filo, leggermente arcuata e punta larga, in uso fino al sec. 14°; in seguito (fino al sec. 17°), arma in asta con lama asimmetrica e uno o due spuntoni laterali. In Italia fu il primo tipo di falcione militare, in altri paesi europei aveva invece forma più simile al roncone. La parola deriva dall’antico francese gisarme, jusarme e poi guisarme. La parola è di origine tedesca, deriva dall’antico germanico getisarn, ferro per sarchiare, infatti la forma ricordava la falce.

Favria,  28.10.2021  Giorgio Cortese

Buona giornata. La vita di ogni essere umano finisce nello stesso modo. Sono i particolari del modo in cui è vissuto e in cui è morto. che differenziano un essere umano da un altro. Felice giovedì

Viva la vita se doni la vita. Ti aspettiamo a Favria VENERDI’ 5 NOVEMBRE   2021, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

Opinare l’ascoliasmo!

Opinare vuole dire pensare o ritenere una parola che deriva dal lemma latino opinari, ritenere, giudicare o supporre. Oggigiorno ci troviamo di fronte alle continue opinioni per qualsia cosa che accada, se tutto hanno una opinione nessuno cerca di opinare si quello che dice. Anzi ci adombriamo se veniamo contraddetti o se riceviamo critiche ed invece un giudizio opinabile, non confutabile, non controvertibile insomma non oppugnabile ci sarebbe di aiuto per vedere la vita da una angolatura diversa di quella nostra che tende ad essere egocentrica. Invece siamo presi a volte da ascoliasmo! No non è una parolaccia ma era un gioco praticato nell’antichità ‘antichità greca e romana, dove dei ragazzi cercavano di stare in equilibrio su un otre gonfiato. Questa parola deriva dal lemma greco  askoliasmòs,  probabilmente derivato del verbo askoliázein, saltare su un otre, da askós, otre! Questo gioco veniva praticato nelle feste di primavera e poi a metà agosto le feriae Augusti giorni di festa dell’imperatore Augusto. Secondo le fonti antiche a volte le otri erano unte di grasso per rendere più difficile l’equilibrio e altre volte piene di vino che era il premio a chi vinceva la gara di abilità con gli amici. Da questo gioco sarebbero derivate le Ascolie o tale festa in onore di Dionisio avrebbe dato nome al gioco, feste decembrine. Dicembre allora era il decime mese, festeggiate dopo la vendemmia. Alcuni storici narrano che queste feste celebrate dopo la vendemmia con otri fatti con le pelli di capri dannosi alle viti. Oggi invece dobbiamo vivere in equilibrio ogni giorno non sulle otri ma sulla nostra vita quotidiana, cercando sempre di mantenere l’equilibrio interiore di fronte a tutte i momenti di disagi, difficoltà e dolore, perché la vita a è come andare in bicicletta e per  mantenere l’equilibrio dobbiamo sempre muoverci!

avria, 29.11.2021 Giorgio Cortese

La mia vita è stato un continuo sorprendermi, e questo è il massimo: gioire di una piccola o di una grande cosa significa vivere. Felice  venerdì

Viva la vita se doni la vita. Ti aspettiamo a Favria VENERDI’ 5 NOVEMBRE   2021, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

Donazioni mese di Novembre , Canavese zona 2 Fidas

A Novembre il mondo è stanco, l’anno è vecchio, le foglie sbiadite sono liete di morire e noi con la luce della speranza nel cuore andiamo a donare per fare del bene anche nel mese di  Novembre.

Montanaro, lunedì 1 novembre

Rivarolo, lunedì 1 novembre

Favria, venerdì 6 novembre

Ciriè, sabato 6 novembre

Montanaro, sabato 6 novembre

Rivarolo, venerdì 19 novembre

Ciriè, sabato 20 novembre

Ciriè, domenica 21 novembre

Rivara, mercoledì 24 novembre

Aglie’  331-3539783

Barbania / Front  347-9033496

Bosconero 011-9889011 e 338-7666088

Cirie’   340-7037457

Corio   348-7987945

Favria   333-1714827

Feletto  339-1417632

Forno Canavese _ 338-8946068

Levone  340-0675250

Locana  349-6623516

Lombardore / Rivarossa   333-3310893

Montanaro  377-7080944

Ozegna  334 7717626

Pont  333-8937412

Rivara  339-6339884

Rivarolo Canavese  348-9308675 e 347-4127317

San Giusto Canavese   377-1213021

Valperga / Salassa / Pertusio  347-5821598

Varisella / Vallo  333-9584743 

Favria, 30.10.2021 Giorgio Cortese

Buona giornata. I pioppi di ottobre sono fiaccole che illuminano la via per l’inverno. Felice sabato.

Viva la vita se doni la vita. Ti aspettiamo a Favria VENERDI’ 5 NOVEMBRE   2021, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

In corpore vili…scapè!

Curiosa la prima espressione in latino medievale che significa: “a titolo di rischioso esperimento”. Questa espressione deriva da una frase, sempre in latino molto più lunga “Faciamus experimentum in corpore vili,  facciamo l’esperimento su un corpo di poco conto”.  Motto attribuito in generale ai medici che, secondo l’opinione popolare, facevano le loro esperienze scientifiche su corpi di persone di poca importanza. Tale motto sarebbe stato pronunciato per la prima volta da alcuni medici  del XVI secolo molto probabilmente ad Asti quando furono chiamati a curare l’umanista Marc-Antoine Muret, precettore di Montaigne, in fuga da Tolosa, ove era stato condannato al rogo per sodomia e, giunto appunto in Piemonte, aveva finito per ammalarsi, e fu scambiato per un mendicante a causa dell’abbigliamento. Disteso su un letto udì i medici pronunciare tale frase, e intuendo quale fosse il loro scopo, cioè di utilizzare il suo corpo per certi esperimenti, sicuri che del paziente nessuno avrebbe chiesto conto, Muret approfittò di una distrazione dei futuri carnefici, e recuperate le forze scappò. Di questa vicenda circolano un paio di varianti, che tuttavia discordano di pochi particolari. Una curiosità, le cronache  raccontano che fu un amico a metterlo sull’avviso dell’imminente arresto, inviandogli un biglietto sul quale si leggeva solo un verso di  Virgilio dell’Eneide: “ fuggi la terra crudele, fuggi la riva amara!”  infine in  piemontese scappare si dice scapè. La parola scapè per alcuni studiosi deriva dal latino volgare excappare o excampare,  la prima togliersi la cappa, il mantello, la seconda fuggire dal campo di battaglia o di prigionia. La parola simile scapinè, rifare la pedula o darsi da fare invece deriva  dal longobardo  skarpo, scarpa nel senso di zoccolo di sostegno per fuggire a gambe levate.

Favria, 31.10.2021   Giorgio Cortese

Buona giornata. Caro novembre, il mondo è stanco, l’anno è vecchio, e le foglie sbiadite sono liete di morire. Felice domenica