Fedele. – Parentetico. – Macaia. – L’aringa rossa. – Ciò per broca. – La città dal nome più lungo. – Falaride… LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Fedele. Oggi una cara persona mi ha parlato del premio di fedeltà. La parola

fedeltà richiama il lemma latino fidelitas a sua volta da fides, prima ancora feides, fedeltà, lealtà. Deriva dalla radice sanscrita bandh, poi bad e bid ed infine fid, legare, che ritroviamo anche nel greco pisteyo,  fidarsi, credere, affidarsi.Per cui, fedeltà è la qualità di essere leali e coerenti nel mantenere gli impegni presi, i legami, gli obblighi assunti. Ma oggi cosa significa essere fedele, la parola indica come abbiamo visto  una persona costante, leale, che rispetta gli impegni. Fedele deriva dal latino fidelis, da fides, fiducia, credenza, lealtà.  Un amico che conosce il tedesco mi ha detto che  l’aggettivo fedele, meglio fidel, è poco usato, ma si trova in espressioni come ein fideler Bursche, un tipo allegro, o eine fidele Runde, un’allegra brigata, nonché nella forma superlativa quietschfidel, che significa “molto allegro” ma anche “sano, in buona salute”. Pura saggezza popolare: il nesso tra buona salute e buonumore non richiede alcuna spiegazione. Decisamente più difficile, invece, trovare una relazione tra allegria e fedeltà, tanto che la somiglianza tra l’italiano fedele e il tedesco fidel pare puramente fortuito. Invece, nessuna casualità perché entrambi i termini vengono dal latino fidelis, che a sua volta deriva da fides, cioè fiducia, credenza, lealtà. In italiano, essere fedeli a qualcuno significa non tradirne la fiducia.  Essere fedeli a qualcosa equivale a essere costanti nella preferenza accordata, resto fedele a prendere il caffè settimanale nello stesso bar con gli amici, aspettando anche l’apertura, oppure  resto fedele ad un partito anche se mi convince sempre meno. Anche le cose possono essere fedeli: una riproduzione, di oggetto, suono o immagine, si definisce fedele se è esatta, conforme all’originale. In tutti questi casi, l’italiano fedele si traduce in tedesco con treu o getreu. Ma allora fedeltà con l’aggettivo tedesco fidel  non ha nessun collegamento? Ma poi che c’entra l’allegria? Inizialmente, in effetti, fidel era fedele al suo etimo e significava proprio fedele. Poi è successo qualcosa. A questo punto, qualcuno si figurerà un quadro a base di riforma luterana e austeri patriarchi pervasi di inesorabile serietà teutonica, capaci di concepire la gioia e l’allegria unicamente come esito di rettitudine devota, dedizione assidua e granitica affidabilità. Ebbene no, siamo decisamente fuori strada. Altro che tetragoni patriarchi teutonici: sono stati, nel Settecento, un branco di studenti universitari, dei goliardi sempre, per definizione, avidi di bisboccia, scherzi e sollazzo. Di punto in bianco essi decidono che fidel, peraltro entrato nella lingua tedesca meno di un secolo prima, significa allegro e non più fedele. La loro goliardata linguistica ha uno straordinario successo: fidel nel senso di allegro travalica presto i limiti del gergo universitario e diventa l’unico significato. Ma perché lo fecero? Per farsi beffe della fedeltà e dei fedeli, dirà qualcuno. Può darsi. A me però piace pensare che quei ragazzi volessero, con questo piccolo gioco, ritrarre la loro condizione: la goliardia è essenzialmente cameratismo, e quindi spirito di corpo, lealtà, fedeltà reciproca, unito all’allegria, quell’allegria che nasce spontanea e copiosa quando si è giovani, spensierati e in compagnia. Una bella lezione nel trasformare la fedeltà in allegria.
Favria,  21.11.2023 Giorgio Cortese

Buona giornata per iniziare la giornata è quello di andare avanti. Felice martedì

Parentetico.

La parola parentetico  vuole dire che costituisce una parentesi, che è fra parentesi. Feriva dal greco parenthesis inserzione, da parentithemi inserire, composto da para presso en in e tithemi porre. È strano come un elemento così comune quale è la parentesi sia collegato a un aggettivo così aulico e poco usato quale è parentetico, un caso esemplare di parola facile che è difficile usare. È parentetico sia ciò che costituisce una parentesi, un inciso, sia ciò che comunque vi è compreso: può essere parentetica una riflessione avulsa dal discorso principale durante un intervento parentetico  che può suggerire una diversa chiave di lettura delle altre persone. Il parentetico è accomunato all’incidentale o all’ancillare. Ancillare una bella parola che deriva da ancella, cioè di serva e nel linguaggio il subordinato. Come detto la parola deriva dal  latino: ancillaris, da ancilla serva. Mi sembra suggestiva il suo significato di i subordinato, servente. In conclusione la parentesi è un mondo, che ha la sua importanza anche se non è il centro dell’universo o del discorso.

Favria,22.11.2023 Giorgio Cortese

Buona giornata. Il domani vive di oggi. Felice  mercoledì

Espressione che

“Macaia, scimmia di luce e di follia”, canta Paolo Conte in “Genova per noi”,  in una delle  canzoni più celebri del grande cantautore astigiano, evocando quella tipica condizione atmosferica, umida e afosa, che si verifica nel golfo di Genova quando il cielo è coperto e soffia il vento di scirocco. Da oggi il termine macaia di etimologia incerta, non è più (solo) genovese ma è di tutti: è entrato infatti tra gli aggiornamenti nella versione digitale del celebre Vocabolario della lingua italiana Zingarelli.

Favria,  23.11.2023  Giorgio Cortese

Buona  giornata. Nella vita il saper ascoltare gli altri è un dono, saper capire e non giudicare è una virtù, che non tutti possono permettersi. Felice giovedì

L’aringa rossa.

Espressione che viene usata per depistare, distogliendo così l’attenzione del lettore dalla questione principale. Quella dell’aringa rossa è infatti una tecnica narrativa che serve a introdurre nel racconto un diversivo, un argomento che confonde o distrae il pubblico da ciò su cui è concentrato, per indurlo a trarre conclusioni sbagliate. Il diversivo può assumere differenti forme: una persona, un oggetto o una situazione che in realtà non rivestono un’importanza cruciale nel racconto. Ovviamente, i più comuni campi di utilizzo di questa fallacia logica, indicata già in latino come ignoratio elenchi, sono la letteratura e il cinema, ma vi si ricorre anche in altri campi come la politica e la diffusione di notizie nei mass media. La tecnica prende il nome dalla red herring, la pratica della cucina anglosassone di salare e affumicare le aringhe per conservarle, portandole ad assumere, con questo trattamento, un colore rossastro. Durante la caccia alla volpe, alcuni cacciatori utilizzavano il forte odore di questi pesci per confondere i cani da fiuto degli avversari, che quindi perdevano le tracce della preda e venivano spinti verso percorsi sbagliati.

Favria, 24.11.2023  Giorgio Cortese

Buona giornata. Oggi dopo aver inventato l’intelligenza artificiale spero sempre nelle persone intelligenti. Felice venerdì

Ciò per broca

Si trovano dei curiosi e piacevoli modi di dire in piemontese per chi è tardo di comprendonio. In italiano si dice: “prendere lucciole per lanterne” oppure “prendere fischi per fiaschi, sfruttando le assonanze o la somiglianza tra due oggetti, scambiando una cosa per l’altra. In piemontese non abbiamo ne lucciole e lanterne ne fischi e fiaschi, semmai questi ultimi li nominiamo se hanno il buon nettare di bacco. Per dire in piemontese che una persona non ha capito niente gli diciamo che : “capì ciò per broca oppure capì ciòca per broca. Questa ultima espressione tradotta letteralmente vuole dire  confondere una campana con un chiodo. Due oggetti che stanno agli antipodi e confonderli potrebbe generare dei malintesi. Invece “Capì ciò per broca” vuole dire mettere a confronto due diversi tipi di chiodo. Insomma se uno li confonde è simili a scambiare un chiodo da calzolaio con uno da carpentiere.  Mi spiegi il ciò ha una piccola capocchia la broca una grande capocchia.  L’artigiano non li confonde e chi chi non percepisce la differenza o non è del mestiere  come il sottoscritto oppure è uno sprovveduto. Ma c’è ancora un modo di dire piemontese che riguarda l’equivoco tra due persone che ho sentito tempo addietro: “capì Roma per toma”, questa volta niente chiodi ma parliamo del formaggio piemontese la toma. L’origine di questo di dire deriva da un detto latino classico: “promittere Romam et omnia” che significa promettere Roma e tutto il resto, promettere Mari e Monti. Nel corso del tempo, l’uso popolare ha distorto la pronuncia della terminologia di “et omnia”, trasformandola in “toma”.

Favria, 25.11.2023   Giorgio Cortese

Buona giornata. Dovremmo ogni giorno vivere la nostra vita  con la libertà di abitarla serenamente. Felice sabato

La città dal nome più lungo.

Quella che conosciamo come Bangkok, la capitale della Thailandia. Bangkok significa “il bosco delle prugne selvatiche” ed è solo un nomignolo, perché il vero nome della  capitale:“Krungthephphramahanakhonbowonratanakosinmahintharayuthayamahadilokphiphobnovpharadradchataniburiromdomsantisug”, che si può tradurre come “Città degli angeli, città magnifica e residenza del Buddha di smeraldo, l’inespugnabile città del dio Indra, immensa capitale del mondo, ricca di nove gemme preziose, traboccante di incommensurabili palazzi reali fatti a somiglianza della dimora divina da cui esercita il suo potere il dio reincarnato, città donata da Indra e costruita da Vishunukarm

Favria, 26.11.2023  Giorgio Cortese

Buona giornata. Lo scorrere del tempo è una continua emozione. Porto nel mio animo i ricordi del bambino che ero, insieme alla persona che sono oggi. Felice domenica

Falaride

Intorno al 560 a.C. Falaride governa la colonia greca di Akragas, l’attuale Agrigento, in Sicilia. Il romano Cicerone, che vive ai tempi di Giulio Cesare, cioè oltre 500 anni dopo, lo definisce «il più crudele fra tutti i tiranni”. Si distingue per la sua politica aggressiva, ma il vero motivo per cui ci ricordiamo di lui è un altro: un orribile strumento di morte detto “toro di Falaride”. Lo storico romano Paolo Orosio racconta: “Un orafo, volendo conquistare la benevolenza del tiranno, pensa di donargli uno strumento di grandissima crudeltà. Così costruisce un toro di rame, con una porta su un fianco per far entrare i condannati; i quali, rinchiusi al suo interno, vengono scaldati dal fuoco acceso sotto la pancia. La voce degli sventurati, che esce dalla bocca dell’animale, sembra un muggito ed è terribile da udire”. Falaride accetta il dono con entusiasmo e, per vedere se il marchingegno funziona, decide di collaudarlo  immediatamente infilandoci dentro proprio il suo sciagurato inventore

Favria, 27.11.2023  Giorgio Cortese

Buona giornata. Ogni giorno siamo noi a dipingere il quadro della nostra vita, scegliendo i colori delle nostre decisioni, giuste o sbagliate che siano. Felice lunedì