I faseuj grass della Pro Loco di Favria – Res gestae favriesi, la spupillatura di Carnevale – Addare nel bannare e poi flaggare…- La fretta. – La sfida della vita di Giorgio Cortese

Il piacere del pranzo molte volte non lo misuro dalle prelibatezze che mangio, ma dalla compagnia degli amici e dai loro discorsi.

I faseuj grass della Pro Loco di Favria
I faseuj grass , fagioli grassi in italiano, sono un piatto tipico del Canavese e di Favria soprattutto durante il periodo del Carnevale. I fagioli grassi sono un piatto povero, composto da fagioli e ritagli di carne e cotenna di maiale con qualche osso, cotti nelle tofeje, recipienti tondi in terracotta con quattro manici. I fagioli grassi vengono mangiati appunto a carnevale perché in quaresima era vietato mangiare carne secondo credo religioso, ed un antica usanza prevedeva che i fagioli grassi fossero donati al popolo. I fagioli per diventare grassi devono cuocere in compagnia di cotiche, piedini di maiale. La tradizione vuole che si cuociano poi nella speciale pentola di terracotta: la tofeja. La Pro Loco di Favria rinnova ogni anno questa bella tradizione con la distribuzione dei “Faseui con preive”, ovvero i fagioli con le cotiche cotti nelle pignatte. Una tradizione che si perde nella notte dei tempi e che viene mantenuta in vita, anche custodendo qualche piccolo, segreto, da parte dall’associazione, prenotateli presso la Pro Loco e gusterete una piatto dove il piacere del sapore si concentra prima di tutto nella lingua e nel palato. Domenica mattina in piazza Martiri a Favria
Favria, 20.2.2015 Giorgio Cortese

Il cibo non è solo mangiare, è molto di più, è anche poesia!.

Res gestae favriesi, la spupillatura di Carnevale
A Favria come ad altrove alla Badia dei Giovani, spettava organizzare le feste di Carnevale. Nel 1600 c’è stato un Ordinato sugli abusi di Carnevale contro l’abuso di mascherarsi nel Carnevale. Perché dei giovani dopo essersi mascherati fermavano i particolari, i concittadini di allora e si facevano con la forza portare nelle loro case per bere e mangiare a sazietà. A fronte di tale esuberanza prepotente, il libro dal sottoscritto consultato, cita delle suppliche fatte dai particolari al Senato di Casale, ma in tali suppliche, ed in altre simili lette, la Badia non è mai nominata, ma viene indicata genericamente come “Gioventù”. Le Badie erano tollerate e sopportate, erano il male minore della quiete pubblica del tempo nelle Comunità Di allora. Si deve anche dire che le Badie allora erano armate, con delle alabarde,infatti servivano per mantenere l’ordine pubblico e come da prima milizia, e che come da antiche consuetudini dopo la “spupillatura” il passaggio alla maggiore età si abbandonavo a questa arrogante eccesso durante il Carnevale. Il termine “spupillatura” deriva da latino pupillus, diminutivo. di pupulus che a sua volta è diminutivo. di pupus, fanciullo, da questo lemma deriva la parola italiana pupillo. Negli stati italiani dall’epoca dei comuni in poi, esistevano degli ufficiali dei pupilli, o delle vedove e dei pupilli, magistratura speciale che si prendeva cura degli orfani e delle vedove. Nei giorni di Carnevale c’era l’uso, in altri paesi del Canavese, notizie che parlerò con altre mail, di infliggere un’arancia, limone o mela sula punta, per ricordare la testa del tiranno ucciso durante il tuchinaggio. Altra strana usanze nel periodo di Carnevale e non solo, ma anche dopo Natale erano i carri allegorici, che erano un’usanza pagana, dove all’epoca si esponevano delle figure figura allegorica profane di una divinità, come la Bellezza, la Grazia, la Giustizia, a volte sedute in trono. Carro dal celtico kar, in seguito in latino carrus con la voce parallela currus, con il significato di cocchio. Ritornando ai carri allegorici, questi carri erano nati per rappresentare scene sacre di miracoli e di Santi ed erano trainati da buoi. Si trattava più comunemente di carri costituiti da costruzioni in legno a uno o due piani; mentre il piano sottostante veniva utilizzato come spogliatoio per gli attori, quello sovrastante era il palco vero e proprio su cui veniva rappresentata la scena. Poco alla volta in alcuni drammi legati al Natale, cominciarono ad inserirsi elementi comici e grotteschi. Sotto Carnevale diventava la festa dei folli, dove i protagonisti almeno per una volta erano “gli ultimi”. Uomini sfilavano per le vie del paese sotto mentite ma chiarissime spoglie sbeffeggiando ogni simbolo del terrore e del potere, a braccetto della Morte, in groppa ad un asino ammantato sontuosamente, assieme al Vescovo o inforcando grassi maiali incoronati. Se da un lato era il solo modo di esorcizzare una vita ai limiti della sopravvivenza, costituiva d’altro l’inconsapevole modo di riallacciarsi a quei riti della fertilità, a quelle falloforie che sono una delle componenti originarie del teatro stesso, oltre a quella religiosa. La caratteristica della festa era fare tutto ciò che era l’opposto della normalità: si poteva cantare stonato, suonare le campane impropriamente, portare maschere e abiti stravaganti. La festa dei folli era governata da un abate folle che rappresentava l’autorità ecclesiastica per tutto il periodo della festa. L’usanza dei carri allegorici è ancora attiva in molte città italiane, dove nel periodo di Carnevale vengono fatti sfilare carri allegorici sovrastati da figure costruite in cartapesta, che in genere rappresentano in maniera ironica alcuni eventi di attualità.
Favria, 21.02.2015 Giorgio Cortese

Il senso della vita è fare quello che deve essere fatto ogni giorno anche nelle piccole cose.

Addare nel bannare e poi flaggare……
Girando su internet e suoi social forum mi sono imbattuto in questi strani lemmi, che hanno una loro storia ed un preciso significato per i nativi digitali. Il primo lemma, addare mi ha tratto in inganno, in quanto all’inizio ho pensato erroneamente alla parola italiana addarsi. Parola questa che deriva dal toscano e si coniuga come il verbo dare, dal quale deriva, ed ha il significato di accorgersi, avvedersi. Ma nella forma riflessiva con il significato di darsi, dedicarsi, applicarsi a qualche cosa. Addare, invece, deriva dall’inglese to add, che significa semplicemente aggiungere. Leggo che scrivono: “addami su MSN,” ma siamo in Italia e basterebbe un più semplice “aggiungimi il mio contatto su MSN. MSN è l’acronimo di “The Microsoft Network, un insieme di servizi in Internet forniti dalla Mucrosoft, servizio che ha debuttato il 24 agosto 1995. Bannare, da to ban, per il quale ci sono sinonimi “esatti” come bandire, cacciare, esiliare, scacciare, mandar via, o traslati come rimuovere, cancellare, bloccare, estirpare, respingere. Ma allora un utente bannato è stato respinto dalla comunità? Joinare, da to join, che vuol dire esattamente unirsi, associarsi, aderire ad una causa. Cose piuttosto inquietanti come Joinati alla sessione di gioco in linea potrebbero essere trasformate senza sforzo in unisciti o partecipa alla partita. Poi ecco il mitico flaggare, che deriva dall’inglese flag, bandiera, che però non ha nulla a che fare con le segnalazioni in marina delle bandiere, ma con l’applicazione del segno di spunta, (quella specie di “V” con un ramo più lungo e curvo dell’altro, in applicazioni e programmi. Bene: non basterebbe appunto un più casto spuntare? Ma la chicca è questa con “lovvare, da to love, ovvero il capolavoro assoluto. Tutti lo sappiamo che love è Amore in Inglese, né più né meno. Anche qui: perché ti lovvo è più bello, forte, potente, incisivo di ti amo?
Favria, 22.2.2015 Giorgio Cortese

La vita è la più bella delle avventure

La fretta.
La parole fretta deriva dal lemma latino frictare , fregare, che poi si ritrova anche in francese frotter, fregare. Ogni giorno combatto contro la ragione che si affretta a risolvere subito i problemi che la vita non mi ha ancora posto con il poco buonsenso che mi è rimasto per impedirlo. Infatti tra le molteplici definizioni che si possono attribuire all’attuale momento storico in cui vivo c’è ne una che forse, meglio delle altre, coglie bene lo spirito del tempo, l’attuale presente è l’epoca della fretta. È anche vero che nella vita di ogni giorno un’occasione mancata si ripresenta, mentre non posso mai tornare indietro da un passo precipitoso. Non c’è nulla come la fretta che faccia perder tempo. Certe persone che presi sempre dalla fretta, vivono soltanto per l’avvenire, guardano sempre in avanti e si affrettano con impazienza verso le cose che debbono giungere, poiché solo queste potranno portare la vera felicità, lasciano frattanto trascorrere il presente senza porgervi attenzione e senza goderlo, mi sembrano simili a dedgli asini, e senza offesa ai bravi quadrupedi, il cui passo viene affrettato con l’appendere a un bastone fissato sul loro capo un fagotto di fieno, che essi vedono quindi sempre vicinissimo e che sperano di raggiungere. La fretta senza riflessione non è cosa buona, e chi va a passi frettolosi inciampa. Nella vita quotidiana non c’è strada troppo lunga per chi cammina lentamente e senza fretta, non ho mai mete troppo lontane se mi preparo con pazienza. La fretta è di per sé un atteggiamento velenoso per l’animo perché tradisce indifferenza e impazienza e il paradosso per noi che ci crediamo moderni e civilizzati che pensiamo ogni giorno di perdere qualcosa del nostro tempo, quando non facciamo le cose in fretta, ma poi non sappiamo che cosa fare del tempo che guadagnato , tranne che ammazzarlo!
Favria, 23.02.2015 Giorgio Cortese

Nella vita essere pronto è molto, saper attendere è meglio, ma saper bene sfruttare il momento è tutto.

La sfida della vita
Per Schopenhauer la vita è un pendolo che oscilla tra il dolore e la noia, tutto soffre, l’amore è un’illusione. Personalmente è una visone che non condivido, la vita è per me una continua sfida. Vivere significa anche accettare il dolore, perché il dolore fa parte della vita. Ritengo che la forza di una persona sia direttamente proporzionale alla sfida più grande che riesce ad affrontare, che si impegna ad affrontare. Certo, a volte le sfide non le scegliio, a volte sono loro che scelgono me, ma ho la forte convinzione che nessuno porta un peso più grande del peso che riesce a sopportare. Vorrei non affrontare la sfida attuale? Assolutamente si! Mi piacerebbe vivere un momento dove la salute delle persone a me più care sia ottima, mi piacerebbe vivere in totale serenità, ma sono anche consapevole di provare paura ed allora devo sempre fare in modo che la mia umana paura mi diventi un’alleata per attingere nel mio animo le risorse ancora più importanti, più profonde. Non sto dicendo che sia facile, a volte è molto, molto impegnativo, ma mi impongo di non mollare, sarebbe troppo facile. Forse il mio è solo un’inutile sfogo ma lo voglio condividere per manifestare, quello che adesso provo Credetemi che nel momento che cerco di dare il meglio di me stesso attingendo a quanto ho di più genuino nell’animo difficilmente mi sbaglio. Poi forse inciampo, ma cerco sempre di rialzarmi e fino al momento in cui io avrò la capacità di rialzarmi lotterò sempre per le idee che ritengo moralmente giuste.
Favria, 24.02.2015 Giorgio Cortese

L’attesa è snervante, ma quasi sempre ne vale la pena, se non altro per sapere come va a finire.