Il sindaco di Ronco Canavese: “Un paese senza dottore perde la sua identità” tratto da LA REPUBBLICA

“Qui bisogna fare almeno 25 chilometri per potersi curare. Si tolgono servizi pensando che si risolva tutto con la tecnologia”

«Siamo in emergenza. Una settimana fa abbiamo avuto la comunicazione che il primo ottobre l’ultimo medico andrà in pensione e la valle resterà senza». Lorenzo Giacomino, giovane sindaco di Ronco Canavese, paesino della Val Soana con 307 abitanti divisi tra 36 frazioni e aree, sin dal suo insediamento ha messo il tema al primo posto in agenda. Tanto da diventare famoso in tutta Italia per la sua protesta in cui si è “affidato” a medici di cartone. Prima ancora, ha preso il suo telefonino, lo stesso con cui informa ogni cittadino personalmente su Whatsapp riguardo le novità comunali, e ha iniziato a cercare interessati.
Due anni fa siete rimasti con un solo medico. Cosa ha significato?
«Alcuni utenti devono scendere in pianura per andare dal nuovo medico, per le frazioni più alte vuol dire percorrere 25 chilometri fino a Pont Canavese e non parliamo di autostrade. Questo comporta danni anche alla farmacia. È vero che tutto è superabile, che ci sono le ricette per messaggi, ma viene meno il fattore socialità. Per noi l’ora di ambulatorio in paese dava quel risvolto. Quando si continuano a togliere servizi perché si crede che la tecnologia possa risolvere tutto, il paese smette di essere tale, diventa qualcos’altro».
La protesta con i medici di cartone è servita?
«Ahimè no, abbiamo avuto risalto mediatico ma non ha raggiunto alcun medico della Penisola. L’abbiamo promossa per trovare un sostituto dopo che nel 2019 è andato in pensione il primo medico, in previsione del secondo pensionamento ma non siamo riusciti quindi la valle sarà senza medico. Speravo nell’effetto film, come “Un paese quasi perfetto” ma nulla».
Di quanta utenza parliamo?
«Trecento residenti a Ronco, altri cento a Valprato Soana e una cinquantina a Ingria. In questo periodo con turisti e villeggianti siamo circa tremila persone».
Quindi se la soluzione non è la protesta, quale può essere?
«Legislativa. Un’imposizione di copertura territoriale ai medici di base. È chiaro a tutti che è sconveniente coprire un territorio di montagna remoto da raggiungere come il nostro ma serve».
Come Comune avete previsto incentivi?
«Diamo un ambulatorio nuovo gratuito, che abbiamo attrezzato di recente con ulteriore strumentazione. Si parla di 5mila euro circa di spese. Abbiamo anche attivato una convenzione con la farmacia del paese per poter effettuare alcuni esami in ambulatorio, proprio per facilitare il servizio e non dover andare in pianura. Se fai l’esame qui, prenderai anche i medicinali in paese. Da parte nostra c’è il massimo impegno».
A Pragelato è stato messo a disposizione anche l’alloggio al medico. È un’opzione?
«Non lo escludiamo ma c’è da dire che pensiamo abbia un’utilità davvero ridotta. Un medico non può coprire il monte ore qui e per due ore a settimana non vedo perché si dovrebbe stabilire. La lontananza è risaputa».
Può servire intervenire sullo stipendio?
«C’è un interessante proposta legislativa della Gelmini ma non è ancora legge. Ripeto, credo che finché non sarà un’imposizione non produrrà effetti. Coprire un territorio va imposto».