La chiave della vita – Henry Purcell, …il più grande genio….. -la burbanza della burba-I novelli asini di Buridano! – Faber est sue quisque fortunae suae! -Ghermire. – Piramo e Tisbe. – Res Gestae Favriesi, la cura della Rusa 1927- 1929 II parte…le pagine di Giorgio Cortese-

La chiave della vita
Sono abituato a dare per scontata la presenza della Vita, ma se ci penso bene la vita è un miracolo. Per comprendere appieno la potenza di questo concetto, cerco di immaginare per un attimo il suo contrario. Ed allora immagino ad un universo senza vita, freddo, spoglio, vuoto. Anche il mio animo potrebbe essere così, ma non lo è. La Vita riempie ogni interstizio, ogni minimo spazio. Anche dove non appare a occhio nudo, la vita è presente: nell’aria, nell’acqua, nella terra vivono miliardi di microorganismi, ognuno dei quali è un frammento del mosaico della vita sulla Terra. Poi mi fermo a pensare, certo che sono così complesso, ogni gesto, ogni parola, ogni azione è scaturita da un concatenarsi di altre azioni, la bellezza della vita, così complessi ma, magnificamente coordinato, ma anche così fragile. Nella vita, quando mi trovo in un mare di difficoltà trovo sempre l’isola della salvezza, si chiama: opportunità, perché nella vita non esistono sconfitte, esistono rinunce. Nella le preoccupazioni vanno e vengono, mi sfidano e mi fanno crescere e cerco di viverla ogni giorno come fosse un’enorme tela dove cerco di dipingerla con tutti i colori che posso. La vita è simile al cuore un puzzle non finito, ed è per questo che cerco con calma sempre l’incastro perfetto per completarlo, ritengo che la fantasia non saprebbe inventare tante diverse contraddizioni quante ce ne sono naturalmente ne cuore di ogni essere umano sempre alla ricerca della chiave della vita come nel quadro di Maria Pia, dove immagino che il cuore del quadro batte forte per volersi liberare dal corpo e andare a vivere da solo, da qualche altra parte. La vita di ognuno di noi, è un cammino continuo di emozioni, che si alternano con i miei stati d’animo, non sempre è facile trovare qualcuno che possa sentirmi fino in fondo. La vita di un essere umano è simile alla luce di una candela. Essa può illuminare per tutto il tempo della propria esistenza, oppure spegnersi all’improvviso senza che nessuno lo abbia voluto. Ciò che rimane, comunque, e non si spegnerà mai sarà il ricordo della sua luce. La vita, un’eterna partenza, mai un arrivo. Un viaggio che passa tra le mani e sembra scivolare via, un percorso che attraversa l’animo e lascia segni indelebili. Personalmente ho scelto di viaggiare con un biglietto “tutto compreso”, così saprò sentire come eterno l’immutabile attimo che attraversa il mio cuore, saprò vivere il dolore di un dentro che si lacera e l’emozione per ogni sfumatura, non voglio rinunciare, mai, mi è stata data la possibilità di scegliere, di sentire, di sognare, di vivere. La possibilità di toccare, un momento prima, il cielo con un dito, ma subito dopo di cadere per terra, insomma un continuo sbalzo di pressione. Dalla vita ho imparato che tutte le cose belle arrivano all’improvviso, che bisogna viverla la vita, non tenerla racchiusa in una pellicola, meglio mostrarla a tutti nella sua vivace serenità. Se la vita mi chiede perché sorrido, gli risponderei perché vedo delle cose belle che fanno meno rumore di quelle brutte ma rallegrano il mio animo. Ritengo che sia umano pensare che nella vita è fortunato chi parte avvantaggiato. Ora penso che nella vita è fortunato chi parte. Chi riesce a partire. Chi riesce a sentire lo sparo nell’aria che dà il via. Chi ha capito che adesso è il momento di correre. Chi ha capito chi sono realmente i propri compagni di squadra e chi è capace di correre in solitaria fissando solo il proprio traguardo. Chi vince. Chi perde. Chi ha coraggio di confrontarsi. Chi ha il coraggio di mettersi in gioco. Ora penso che nella vita non importa da dove cominci, dove arrivi o quanta strada riesci a calpestare. L’importante è camminare nella vita. Se il tempo mi chiede se sono felice di quello che nel suo scorrere mi rivela, senza esitazione gli risponderei che ogni cosa in questa vita, in questo mondo, mi piace. Ed io sorrido felice di aver questo privilegio di vivere la vita. Questa è la chiave della vita di accettarla così come è ogni giorno
Favria, 4.06.2015 Giorgio Cortese

Il lavoro di squadra è la capacità di lavorare insieme verso una visione comune, e quel magico carburante composto da passione e perseveranza che permette a persone comuni di raggiungere risultati non comuni.

Henry Purcell, …il più grande genio…..
Scriveva Thomas Tudway su Henry Purcell “…the greatest Genius we ever had. -…il più grande genio che abbiamo mai avuto.” Sicuramente fra i grandi compositori della musica barocca, di Henry Purcell si hanno scarse notizie biografiche. La sua stessa opera è sprofondata nell’oscurità per lungo tempo e solo nel XX secolo è stata riscoperta contribuendo a donare nuovo vigore alla scuola compositiva britannica. Scarsi sono i documenti biografici e alquanto oscure le origini di Henry Purcell, che nacque, forse, a Westminster, e l’identità della sua famiglia è incerta. Dal testamento di John Hingston, musicista alle dipendenze del re che morì nel 1683, si presume che egli fosse figlio di un più vecchio Henry Purcell, morto nel 1664, cantore nella Cappella reale, maestro dei coristi nell’Abbazia di Westminster. D’altro canto, Thomas Purcell, morto nel 1682, era anch’egli cantore alla Cappella reale e composer for the King’s violins, allude a Purcell come a un proprio figlio. E’ possibile che vi fossero due Henry Purcell della medesima generazione, ma il fatto non può essere provato. Ammettendo che ve ne fosse uno solo, la carriera di Purcell potrebbe essere così riassunta: da ragazzo egli fu corista nella Cappella reale, dove ebbe come insegnanti successivamente Henry Cooke, fino al 1672, e il genero di questi, William Humfrey; quando mutò voce nel 1673 fu nominato assistente di John Hingston, che era sovrintendente degli strumenti del re. L’anno seguente, e per un periodo di 3 anni, venne impiegato in qualità di organaro all’Abbazia di Westminster. Nel 1675-76 ricevette un compenso per aver copiato due volumi di parti organistiche per conto dell’abbazia; tuttavia, si deve escludere che egli avesse anche uno specifico incarico di copista. Nel 1677, a 18 anni, fu nominato “composer for the violins”, cioè per l’orchestra d’archi del re, istituita a imitazione dei 24 Violons du Roy della corte di Versailles. In quello stesso anno, scrisse un’elegia per la morte dell’amico Matthew Locke, al quale appunto era succeduto in quella carica. Nel 1679 Purcell sostituì John Blow come organista dell’Abbazia di Westminster. Nel 1681 sposò una certa Frances, il cui cognome era forse Peters. Nella primavera del 1682, accompagnò il re a Windsor e il 14 luglio divenne uno dei 3 organisti della Cappella reale. Intanto, sin dal 1675 Purcell aveva incominciato a pubblicare arie per voce sola in antologie varie. Ma la prima testimonianza effettiva della sua attività di compositore risale al 1680, allorché scrisse le fantasie a 4 voci per Consort di viole e un’ode per il ritorno di Carlo II a Londra. Quest’ultimo lavoro fu il primo di una serie che egli scrisse annualmente fino alla morte del sovrano. La serie fu poi continuata con analoghi componimenti per Giacomo II nel 1685, 1686 e 1687. Dopo l’ascesa al trono di Guglielmo III e Maria, egli compose un’ode per il compleanno della regina ogni anno, dal 1689 al ’94, data della morte della sovrana. Opere affini furono scritte per altri membri della famiglia reale, oltre che per particolari occasioni, come il centenario del Trinity College di Dublino, 1694, e le celebrazioni per il giorno di Santa Cecilia, 1683 e 1692. L’attività teatrale, invece, ebbe inizio nel 1680 con le musiche per il dramma di Nathaniel Lee, Theodosius. Continuò a scrivere musica di scena fino alla morte, ma la maggior parte di queste musica è degli ultimi sei anni della sua vita. Riprendendo il filo della narrazione dei fatti biografici, sappiamo che nel 1683 succedette a John Hingston nella carica di sovrintendente agli strumenti del re. Nel 1685 ebbe la nomina a clavicembalista della musica privata del nuovo sovrano, Giacomo II, pur mantenendo sempre i precedenti incarichi e adoperandosi soprattutto come conservatore degli organi del re. Nel 1689 a Giacomo II succedeva Guglielmo III e ancora una volta Purcell preparava la parte musucale della cerimonia dell’incoronazione. In luglio, riceveva la conferma a membro della musica privata del re. Gli ultimi anni trascorsero in piena attività, specialmente teatrale. Ma nell’autunno del 1695 improvvisamente si ammalò. Non per questo abbandonò la composizione, continuando a lavorare alle musuche per il Don Quixote di Durfey. Il 21 novembre, vedendo prossima e inevitabile la fine, fece un breve testamento nel quale dichiarava di lasciare tutto il proprio avere alla moglie. Poche ore dopo, in quello stesso giorno, vigilia di Santa Cecilia, il compositore si spegneva. Il capitolo di Westminster decideva di dargli sepoltura a proprie spese nell’abbazia stessa, ai piedi dell’organo che Purcell aveva suonato per tanti anni. Dei figli nati dal matrimonio con Frances, tre erano morti in tenerissima età, una figlia sopravvisse, mentre un quarto figlio, Edward, nato nel 1689, perpetuò la tradizione musicale familiare in qualità di organista. Il di lui figlio Edward Henry svolse pure attività musicale. Non bisogna dimenticare, inoltre, che già un fratello di Henrv, Daniel, si era rivelato buon musicista. E infatti nella versione The Indian Queen, edita recentemente dalla NAXOS a modico prezzo, The Masque of Hymen che corona la conclusione della opera di Henry, è di pugno del fratello Daniel Purcell (1661 – 1717), il cui stile non è affatto da sottovalutare e ricorda molto il fratello più noto.
Favria, 5.06.2015 Giorgio Cortese

Il lavoro di squadra è l’abilità di lavorare insieme verso una visione comune. L’abilità di dirigere ogni realizzazione individuale verso un obiettivo condiviso. E’ il carburante quotidiano che permette a persone comuni di ottenere risultati non comuni, perché nessuno di noi è tanto in gamba quanto noi tutti messi insieme

la burbanza della burba
la parola burbanza è sinonimo di borioso, arrogante, spocchioso, deriva da una parola antica bombanza, a sua volta proviene dall’antico provenzale: bombance, probabilmente di origine espressiva. Il burbanzoso è sì superbo e arrogante, ma ha senza dubbio una sfumatura simpatica, di uno spavaldo allegro, gioviale e giovanile, e il suono di questa parola è di una forza eccezionale, accattivante, che mi rimanda sorridente all’orecchio qualcosa di gonfio e bombato ma tutto sommato poco serio. Il vincitore della gara di ballo se ne andrà in giro tutto burbanzoso, guardando gli altri dall’alto in basso – così come il neo-avvocato; alla fine dello spettacolo di successo l’attore protagonista, burbanzoso, susciterà un altro paio di ovazioni tornando alla ribalta da solo; chi con se stesso riesce a raggiungere un piccolo traguardo interiore della quotidianità sarà intimamente burbanzoso,- ma da fuori parrà solo allegro. Bùrba, deriva dal lombardo, ed era all’origine un tipo di secchio, da li è divenuta con con allusione al cappello delle reclute che era simile al secchio, divenendo nel gergo militare, recluta e per estensione uno sciocco sempliciotto.
Favria, 6.06.2015 Giorgio Cortese

Molte persone rendono il lavoro leggero perché in un gruppo di successo batte con un solo cuore.

I novelli asini di Buridano!
L’asino di Buridano o “Paradosso dell’asino” è un racconto allegorico tradizionalmente attribuito al filosofo Giovanni Buridano, ma che probabilmente non è dovuto a lui, ma molto probabbilmente la storia deriva da un problema del De coelo, di Aristotele. L’apologo narra come un asino posto tra due cumuli di fieno perfettamente uguali e alla stessa distanza non sa scegliere quale iniziare a mangiare morendo di fame nell’incertezza. Secondo quanto attribuito a Buridano, l’intelletto è sempre in grado di indicare all’uomo quale sia la scelta giusta tra le varie diverse alternative tanto che se, per assurdo, la scelta fosse costituita da due elementi identici la volontà si paralizzerebbe a meno che non si scegliesse di non scegliere. Al riguardo scriveva William James che “L’essere più infelice del mondo è colui nel quale la realtà più abituale e praticata è l’indecisione.” Ho trovato questa frase on un libro recentemente letto e ritemgo che calzi alla perfezione per alcune persone che conosco. L’indeciso è il prototipo da manuale del rinunciatario, persone che non arrivano mai alla decisone definitiva, da che parte stare, per paura di sbagliare. Queste persone eternamente indecise vedono spesso scorrere la propria vita perdendo continuamente l’opportunità di migliorarla, sono simili all’asino di Buridano, sopra menzionato, muore nell’inazione. Ma quale ’errore che si cela dietro all’indecisione, fenomeno che in misura più o meno grande può colpire chiunque? Per prendere la miglior decisione possibile occorre avere tutte le informazioni sull’oggetto del decidere; perciò prima di macerarsi nell’indecisione occorre fare di tutto per assumere le informazioni che serviranno per decidere. Terminata questa prima fase si soppesano i lati positivi e i lati negativi: qui molto spesso c’è il blocco. L’indeciso non riesce a pesare i vari fattori o addirittura pretende che esista una strada che presenti solo fattori positivi. E allora non decidere è peggio che decidere male. Le persone che conosco, esitano non per una ponderazione seria e motivata, che Henri de Montherlant, scrittore francese, la definiva “caratteristica dell’intelligenza”, piuttosto come concreta incapacità di scegliere, indecisione appunto. È, questa, una malattia dell’animo che ha soprattutto un effetto, come afferma nella frase citata il filosofo americano William James: l’infelicità. Chi non sa optare per una scelta, rimanendo sempre al di qua dell’agire, si trova in una insicurezza permanente che lo tortura e lo rende agitato e insoddisfatto. Queste persone, potenzialmente capaci non costruiscono nulla perché non vogliono mai rischiare una decisione, vedendone il negativo possibile. Certo, un aiuto potrebbe essere il consiglio e il sostegno di una persona amica sincera, ma spesso molte volte questo non basta, perché rimangono tentennanti sulle posizione del non decidere. Certo nella vita quotidiana, la cautela è necessaria come scrive in un dramma Brecht, L’anima buona di Sezuan: “Esitare va sempre bene, purché poi tu faccia quello che devi fare”. Ponderare si ma senza cadere nell’inerzia magari affidandosi al caso le le strade da prendere sono effettivamente equivalenti, lanciando una moneta: non decidere è peggio che decidere male. Se si è deciso male si farà comunque esperienza che servirà la volta successiva per decidere meglio
Favria, 7.6.2015 Giorgio Cortese

Nella vita di ogni giorno, ogni piccola sfida mi rendono la la vita interessante, e superale da significato nel vivere ogni giorno.

Faber est sue quisque fortunae suae!
Ciascuno è artefice della propria sorte, antica massima, che Sallustio, pare nella seconda delle due Epistulae ad Caesarem senem de re pubblica, attribuisce ad Appio Claudio Cieco, e che si suole citare per affermare che nella vita dell’uomo conta più la volontà e l’azione che l’intervento della sorte. Secondo questa famosa frase latina l’uomo è artefice del proprio destino, a differenza di quello che comunemente viene definito il “fato”, responsabile delle decisioni della nostra vita. Questa teoria verrà in seguito sviluppata soprattutto durante l’Umanesimo ed il Rinascimento, specialmente alla luce della riconsiderazione del rapporto tra virtù e fortuna intesa come destino e dell’uomo in genere. Se, infatti, nel Medioevo l’uomo è considerato succube del destino, nell’Umanesimo e nel Rinascimento esso è visto come intelligente, astuto ed energico, e perciò capace di utilizzare al meglio ciò che la natura gli offre ed essere dunque artefice del proprio destino. Forte sostenitore di questa visione dell’uomo è stato il filosofo Giordano Bruno. Ritornando alla frase iniziale, la fortuna viene definita come qualcosa di inaspettato, di imprevedibile, casuale, ma che è dalla nostra parte. E’ un pò come avere un amico e starsene con lui occasionalmente, ma quel poco tempo passato assieme, quei pochi secondi, ci fanno fare un sospiro di sollievo. Ritengo necessario citare la frase di Roberto Gervaso : “Fortuna è il nome che diamo al successo altrui”. E allora nella vita quotidiana, non sono io a fabbricare la fortuna, perchè essa è figlia della mente della persona che ho incontrato e mi ha aiutato. Spesso mi ritrovo a dire “che fortuna che hai avuto!”. Gia, essa è proprio il nome che si da al successo altrui, quell’attimo che potrebbe cambiarmi la vita. Ma davvero esiste la fortuna? O come disse Cesare, siamo noi a fabbricarla? Mi tocca dare ragione a quest’ultimo, perchè solo io sono in grado col giusto impegno, di produrre qualcosa e ottenere dei risultati, quel pizzico di sale della vita che rallegra le mie giornate.
Favria 8.06.2015 Giorgio Cortese

Nelle vita le cose buone accadono se ho la pazienza di aspettare, ma gli eventi grandiosi se metto sana passione per farle accadere e non mollare mai!

Ghermire.
Ghermire o anticamente gremire deriva dal longobardo krimmjan, afferrare. Prendere con gli artigli; per estensione, afferrare con energia. La parola ghermire mi ricorda più che gli artigli di una bestia feroce, la mia vita che verrà ghermita dalla morte che arriverà con ali di tenebra, arriverà veloce come il click di quando spengo la luce dall’interruttore. E allora la vita non devo misurarla con gli anni ma con l’intensità che la vivo.
Favria 9.06.2015 Giorgio Cortese

Nella vita di ogni giorno quando posso cerco di impegnarmi nel fare ciò che non sono capace di fare, per imparare come farlo con passione

Piramo e Tisbe.
Recentemente ho riletto sempre con grande passione l’opera di Shakespeare: “ Sogno di una notte di mezza estate. In questa bellissima opera, il grande Bardo fa riferimento alla storia di Piramo e Tisbe, e sposta la scena nell’Antica Grecia, alla corte dell’eroe mitologico Teseo e della regina delle amazzoni Ippolita che annunceranno proprio all’inizio della commedia le loro nozze. Qui la storia di Piramo e Tisbe viene allestita la rappresentazione da un gruppo di artigiani ateniesi davanti al duca e alla duchessa di Atene per le loro nozze, impresa che si rivelerà essere troppo grande per loro. Piramo e Tisbe sono due personaggi, le cui gesta, già narrate da ignote fonti della Grecia Antica, che furono rese celebri da Ovidio nelle Metamorfosi, il quale la ambientò nella città di Babilonia, sebbene più anticamente si collocasse il mito nella Cilicia o a Cipro. Secondo la versione del poeta Latino, l’amore dei due giovani era contrastato dai parenti, e i due, che erano vicini di casa, erano costretti a parlarsi attraverso una crepa nel muro che separava le loro abitazioni. Questa difficile situazione li indusse a programmare la loro fuga d’amore. Nel luogo dell’appuntamento, che era vicino ad un gelso, Tisbe, arrivata per prima, incontra una leonessa dalla quale si mette in salvo perdendo un velo che viene stracciato e macchiato di sangue dalla belva stessa. Piramo trova il velo macchiato dell’amata e, credendola morta, si trafigge con la spada. Sopraggiunge Tisbe che lo trova in fin di vita e, mentre tenta di rianimarlo, gli sussurra il proprio nome: Piramo riapre gli occhi e riesce a guardarla prima di morire. Per il grande dolore, anche Tisbe si uccide accanto all’amato sotto il gelso. Tanta è la pietà degli Dei nell’ascoltare le preghiere di Tisbe che trasformano i frutti del gelso, intriso del sangue dei due amanti, in color vermiglio. Altri autori del tardo impero bizantino, raccontano una versione sensibilmente differente da quella di Ovidio. La scena si svolge in Cilicia, dove Tisbe, per timore dei genitori, si suicida quando scopre di essere incinta di Piramo che si suicida a sua volta: Piramo si trasforma in fiume, mentre Tisbe in una fonte. Di fatto, in Cilicia c’è un fiume che si chiama Pyramus, Ceyhan, elemento che potrebbe indicare che questa versione corrisponde a una versione ancora più antica di quella raccontata da Ovidio. Durante il ‘300, sia Boccaccio e Chaucer riprendono questo mito nei loro racconti. Ma è in “Romeo e Giulietta” di Shakespeare che la trama della celebre tragedia è quasi del tutto identica al mito di Piramo e Tisbe. Ma anche nello scritto filosofico De Ordine, L’Ordine, Sant’Agostino parla del suicidio di Piramo. Cervantes nel Don Chisciotte lo cita, quando Cardenio racconta la sua storia con Lucinda, la chiama Tisbe. Nel Conte di Montecristo di Dumas, si trova una somiglianza nel capitolo 50, che descrive l’amore segreto tra Maximillian Morrel e Valentine de Villefort, non a caso il capitolo è intitolato Piramo e Tisbe. Ritornando al “Sogno di una notte di mezza estate”, nel 1964 i Beatles recitarono la scena di Piramo e Tisbe, per il quattrocentesimo anniversario dalla nascita di William Shakespeare.
Favria, 10.06.2015 Giorgio Cortese

La vita certi giorni mi sembra simile al rullino di una foto, dove sono sempre necessari i negativi per lo sviluppo

Res Gestae Favriesi, la cura della Rusa 1927- 1929 II parte
Proseguiamo il racconto sulla pulizia della roggia:
Lettera dal Comune di Valperga sui lavori di pulizia della roggia lettera su carta intestata “Gabinetto del Podestà”
a.V.
Egregio Cav. Borgialli
Podestà di Favria
La prego Voler dirmi quanti giorni rimarrà asciutto il canale e sei miei operai siano da eseguire un compito speciale. In ogni caso Le sarei grato se un Suo incaricato vorrà passare dal mio stabilimento e dare al mio capo tutte le istruzioni che credono necessarie.
Con ossequi, fascistamente
Segue firma

All’appello del Podestà risposero moltissimi concittadini favriesi, ecco il telegramma che l’Amministratore Favriese, manda al Prefetto:

TELEGRAMMA al ill.mo Sig. PREFETTO

Prefetto- Torino
350 contadini ed operai di Favria, rispondendo all’appello loro rivolto dal sottoscritto, hanno lavorato volontariamente e senza mercede, tutta la giornata di oggi per la pulizia della roggia comunale, lungo i dieci kilometri del suo percorso.
Ho l’alto onore di citare alla S.V. Ill.ma questo atto di civismo che dimostra l’adesione fattiva che tutta la popolazione di Favria presta all’opera di ricostruzione del Governo Nazionale.
Con osservanza Il Podestà
f.to Borgialli

Inoltre venne scritta un telegramma
al Capo del Governo di questo tenore:

3 agosto 1927. Anno V.
MUNICIPIO DI FAVRIA
Gabinetto
S.E. MUSSOLINI
Capo del Governo
Roma
350 agricoltori ed operai Favria Canavese effettuando oggi gratuitamente riparazioni
straordinarie Roggia Comunale scopo Battaglie Grano, inneggiano V.E.
IL PODESTA’

Il lavoro meticoloso di preparazione e la sua riuscita viene relazionata in questo promemoria ritrovato nel Faldone Archivio Storico Comune di Favria
FAVRIA CANAVESE
AGRICOLTORI ED OPERAI VOLONTARI DEL LAVORO
Per l’abbandono in cui da anni era stata lasciata la roggia comunale con enorme danno all’agricoltura ed all’industria che sono le fonti della ricchezza del nostro paese; si era resa ormai assolutamente indispensabile una pulizia generale di tutto l’alveo della nostra roggia, lungo i dieci chilometri di percorso dalle presa dell’Orco al nostro paese. Per quest’opera che, data la sua entità non poteva essere effettuata a spese del comune, il nostro Egregio Podestà Cav. Agostino Borgialli, dopo un anno di intensa e fattiva propaganda ha fatto appello a tutti gli agricoltori ed industriali locali invitandoli a prestare gratuitamente la loro opera.All’appello del Podestà che gode della più larga stima e benevolenza tutta la popolazione ha risposto con entusiasmo, e Mercoledì scorso, chiamati a raccolta dal festoso suono delle nostre campane, ben 350 agricoltori ed operai hanno lavorato volontariamente e senza mercede alcuna con uno slancio mai conosciuto, riuscendo ad effettuare in un solo giorno quanto mai era stato possibile fare in tutti gli anni trascorsi. Il piano dei lavori da eseguirsi, che era stato preparato dal Podestà con ogni cura nei suoi minimi dettagli, ha potuto svolgersi, malgrado l’elevatissimo numero degli intervenuti, senza il minimo incaglio e fra un entusiasmo ed efficacia veramente notevoli. Fu una festa del lavoro e della cooperazione che ha lasciato in tutti gli intervenuti un grato ricordo, e che dimostra l’adesione fattiva di tutta la popolazione Favriese all’opera di ricostruzione del Governo Fascista. Il Fascio locale ha contribuito efficacemente alla riuscita partecipando anche alle spese ferroviarie di trasporto sul posto di lavoro. Fra pochi giorni verranno iniziati i lavori per la costruzione della linea telefonica che collegherà Favria con Rivarolo e Torino. Quest’opera, che data l’importanza industriale del nostro Territorio era una necessità impellente, e che dalle passate amministrazioni era sempre stata differita per difficoltà finanziaria che presentava, sarà ora effettuata senza gravare per nulla sul bilancio comunale, poiché il nostro Podestà è riuscito a coprire totalmente il suo costo con sovvenzioni ottenute dagli industriali e privati locali e dai vari enti pubblici. ELENCO (parziale)DEI PARTECIPANTI (dove sono presenti anche le donne nel lavoro fisico e pesante nel pulire la roggia, i fiduciari all’inizio degli elenchi sono i capi squadra che nella foto portano la cravatta): Fiduciario: Tarizzo Lodovico fu Matteo, Salino Francesco, Vota Giovanni, Bertetti Battista, Tarizzo Lorenzo, Geranio Vittorio, Pomatto Antonio, Tarizzo Maria fu Giovanni Battista, Biesta, fu Vincenzo ,Costantino Francesco fu Pietro, Beda Bernardino, Biesta Delfino, Pomatto Battista, Pomatto Antonio fu Domenico, Pomatto Pietro fu Domenico ,Coha Domenico, Albruno Giuseppe, Salino Pietro ,Cattaneo Domenico fu Giovanni, Giolitto Michele, Coha Francesco ,Aires Luigi – Cattaneo Pietro ,Enrietto Giacomo, Biesta Paolino, Capello Pietro fu Pietro, Nizzia Antonio, Pomatto Luigi, Andrina Domenico, Battuello Pietro ,Vigada Guglielmo, Vigada Guglielmo, Chiarabaglio Sebastiano, Cima Aldone, Feira Giovanni, Tarizzo Giov. Battista, Coha Battista fu Bernardo, Vigada Alberto, Borgialli Pietro, Marchiandi fratelli, Biesta Vincenzo – Fiduciario: Bersano Giuseppe, Bollero Giuseppe, Pomatto Guglielmo, Moretto Giachino, Cattaneo Domenico, Tarizzo Giuseppe di Bartolomeo, Tarizzo Lorenzo di Bartolomeo, Cattaneo Antonio fu Domenico, Bersano Vincenzo, Obert Giovanni Francesco, Obert Domenico – Fiduciario Cattaneo Giuseppe fu Giacomo, Battuello Domenico, Fratelli Moretto, Perino Battista, Cattaneo Gabriele, Cattaneo Domenico, Moretto Pietro, Battuello Giuseppe, Cattaneo Giacomo, Cattaneo, Arrò Giuseppe, Beltramo Antonio, Beltramo Martino, Fratelli Cattaneo, Golzio Giovanni, Nicola Carlo, Arrò Antonio, Bertinetti Michele, Bertinetti Antonio, Bertinetti, Baudino Antonio – Fiduciario: Vaira Antonio fu Matteo, Costantino eredi fu Antonio, Bertetti Pietro fu Domenico, Liore Luigi , Gambotto Rosa nata Nizzia, Nizia Giovanni fu Costantino, Bertetti Angela nata Cattaneo, Pecchenino Giuseppe, Tarizzo Antonio fu Giovanni, Coha Martino fu Alessandro, Germano dott.Cav. Luigi, Coha Michele, Vacchero Battista, Bruno Pietro fu Domenico, Vaira Lodovica, Vota Dionigi, Arrò Domenico, Vassallo Gio Battista, Coha Tomaso fu Battista, Coha Giuseppe fu Battista, Guinzio Domenico, Pagliero Bernardo, Cattaneo Antonio fu Francesco – Biesta Francesco fu Giuseppe, Vaira Antonio fu Antonio, Baudino Felicità ved. Costantino Domenico, Coha Paolo fu Alessandro, Faletto Beatrice ved. Costantino ,Coha Agostino fu Alessandro, Perino Francesco, Coha Giuseppe e famiglia, Costantino Antonia nata Vagina – Cattaneo Domenico di Francesco, Fenoglio Michele, Remogna Luigi, Tarizzo Giovanni fu Matteo, Gais Angela ved Cattaneo, Salvare Caterina, Vota Antonio fu Pietro, Vaira Pietro fu Antonio, Cattaneo Giovanni fu Matteo – Fiduciario: Dagasso Ten. Col. Cav. Giuseppe, Vallero Michele, Bollero Domenico, Salarino Michele, Appino, Cattaneo Antonio, Andrusso, Vittone Carlo, Casolasco Giovanni, Casolasco Tomasi e Fratelli, Magnino, Bersano Isidoro, Bersano Domenico ed eredi, Enriù Giuseppe, Gresino, Nizzia Antonio, Cattaneo Antonio, Calcio Gaudino Pietro – Magnino Giovanni – fiduciario Maulino, Freisa Domenico, Sussetto Defendente, Leone Francesco, Gianotti Antonio, Mezzanatto Serafino, Costantino, e fratelli, Basso cascina Vigada, Augo Gianotti, Tocci Antonio, Lavoretto Marianna, Crestetto Giuseppe – Fiduciario: Coha Martino fu Matteo, Bertetti Cav. Sebastiano, Cattaneo Gabriele, Capello Antonio, Faletto Giuseppe, Faletto Giov. Maria, Battuello Matteo fu Francesco, Battello Matteo fu Giovanni, Coha Antonio fu Bernardo, Coha Pietro, Bollero Giovanna ved. Tarizzo, Cattaneo Domenico fu Matteo, Cattaneo Giovanni fu Domenico – Cattaneo Domenico fu Domenico, Battello fratelli fu Antonio, Ferrero Domenico fu Gaspare, Borgialli Giovanni fu Domenico, Coha Pietro fu Bartolomeo ,Coha Bartolomeo fu Battista, Nizzia Carlo, Nizzia Domenico fu Domenico, Battuello Domenico fu Francesco – Scavarda Cascina Airali, Troglia Giovanni, Baudino Domenico fu Antonio, Costantino Domenico fu Simone, Tarizzo Gio Battista di Giov. Battista, Pomatto Pietro fu Francesco – Battello Bartolomeo fu Giacomo, Nizzia Domenico fu Lorenzo, Perona Stefano, Bertodatto Giorgio, Battello Bartolomeo fu Giuseppe, Valosio Antonio, Valosio Michele, Valosio Bernardo, Bertodatto Domenico, Pomatto Michele fu Battista, Coha Giuseppe, Cattaneo Battista fu Matteo, Gaspardino Giuseppe, Pomatto Domiziano, Chiarabaglio Giorgio, Beda Giovanni, Cataneo Giov. Battista fu Domenico, Vota Pietro fu Matteo, Vota Antonio fu Giov. Battista – Vota Domenico fu Giov. Battista , Cattaneo Matteo fu Francesco, Gambetto Giuseppe fu Domenico, Chiarabaglio Domenico fu Battista, Guinzio Domenico fu Giuseppe, Bertetti Pio, Perino Massimo, Perino Francesco, Tarizzo Domenico fu Pietro, Tarizzo Domenico fu Tomaso
Lettera della Regia Prefettura di Torino al Podestà di Favria:
REGIA PREFETTURA DI TORINO
Gab. B. 11644 Addì 6 agosto 1927 anno V
Oggetto: Parole di Lode
Sig. Podestà di FAVRIA

Prego la S.V. di voler esprimere a mio nome agli operai e contadini di codesto comune una parola di vivissimo elogio per l’opera altamente lodevole prestata con alto spirito di civismo per lo spurgo del canale comunale
Firmato il Prefetto Devita

Lettera del 9 agosto della locale sezione del Fascio di Combattimento al Podestà

P.N.F.
FASCIO DI COMBATTIMENTO
Favria Canavese
Favria li 9 agosto 1927 Anno V
Ill.mo Signor Cav. Agostino Borgialli, Podestà
FAVRIA
Mi è grato trascrivere la seguente lettera:

Il segretario Politico Torino 8 agosto 1927
Provinciale Anno V

Al signor Scotti Cav. Giovanni. Segretario Politico del Fascio
Favria Canavese
Caro camerata
Ho letto con sommo piacere la sua lettera del 4 corrente in cui mi comunica come il Podestà Cav. Borgialli mediante il concorso volontario della popolazione sia riuscito a mettere in efficienza la roggia comunale per l’irrigazione campestre.
Plaudo all’opera del Podestà, e do il mio encomio entusiasta alla popolazione.
Le comunico inoltre che ho segnalato al Prefetto questa opera puramente e veramente fascista.
Cordiali saluti fascisti
Il segretario Politico Provinciale
Firmato: Robilant
Lettera del 14 agosto ringraziamenti al conte di Robilant, segretario della Federazione Provinciale Fascista
Favria, addì 14 agosto 1927
Anno V

Il plauso della S.V. Ill.ma trasmessomi a mezzo del Segretario Politico Cav. Scotti mi è giunto oltremodo gradito ed è il più ambito premio al quale io possa aspirare.
Fascista disciplinato e fervente, saprò svolgere la missione affidatami con quella fede energia ed efficacia che è l’impronta dello stile fascista.
Colla massima osservanza.
Il Podestà Borgialli
Al Podestà di Favria giungono pure i ringraziamenti del Capo del Governo:
Regia Prefettura di Torino- Div. Gab. – n. II926
Addì 18 agosto 1927 Anno V
OGGETTO: Ringraziamento di S.E il Capo del Governo.
Signor Podestà di Favria S.E. il Capo del Governo ha molto gradito il telegramma di V.S. col quale veniva data notizia dell’opera lodevole prestata il 3 corrente da codesta popolazione con alto spirito di civismo, e dell a gentile comunicazione sono lieto di esprimere il ringraziamenti si S.E.
Il Prefetto firmato Devita
Segue lettera ricevuta il 29.8-1927 anno V n. 2931 su carta intestata:

P.N.F.
Fascio di Combattimento Favria-Oglianico
Favria li 23 agosto 1927 anno V
Ill.mo Signor Podestà, Cav. Agostino Borgialli
FAVRIA
Si apprende con vivo compiacimento che s.r. ILM Capo del Governo, e l’Ill.mo Signor Prefetto della Provincia hanno riconosciuto con parole di lode l’opera civismo compiuta dalla popolazione di Favria in seguito alla tua tenace preparazione.
Il Fascio rinnova con sincera esultanza l’encomio già decretato il 4 c.m. dalll’Ill.mo Signor Segretario Politico Federale Conte di Robilant confermato con vibrante lettera in data 8 corr.
Viva il Fascismo!
Cordialmente
Segue firma del segretario Politico G. Scotti
Il segretario Amministrativo Bacchi
Il Direttivo: G.Perona, G.B. Chiono
Favria 11.06.2015 Giorgio Cortese

La vita non è semplicemente di sopravvivere, ma migliorare, e ritengo che bisogna farlo con passione, compassione, umorismo e stile