La dodicesima notte! L’Epifania, Babuschka, Boboteaza, la Befana!. – Lettera aperta ai vandali del parco Bonaudo! – La quotidiana fatica dell’ottimismo. -Il 13 gennaio se sei in vena vieni a donare!- Almanach! -L’entusiasmo… LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

La dodicesima notte! L’Epifania, Babuschka, Boboteaza, la Befana!
La Befana, la figura di una vecchina che dispensa doni è una tradizione radicata in molti popoli e in diverse culture del passato e moderne. Il personaggio della Befana, così come la conosciamo oggi, è ciò che resta di una fusione di tradizioni, costumi, usanze, consuetudini, ma anche di riti e cerimonie che nei secoli si sono stratificati e che la religione cristiana non ha potuto oscurare. La Befana sopravvive con contorni ben delineati nella fantasia popolare che la arricchisce fino a materializzarla in una vecchina vestita di cenci che vola su una scopa distribuendo dolciumi. Gli antichi Romani credevano, inoltre, che nelle dodici notti dal 25 dicembre al 6 gennaio, alcune figure femminili, guidate da divinità come Diana, dea lunare legata alla vegetazione o Satia, Sazietà, o Abundantia, Abbondanza, volassero sui campi che erano stati seminati per propiziare i raccolti futuri. Nell’ultima di queste notti, il 6 gennaio appunto, Madre Natura si immolava e, anche nel nord dell’Europa c’erano nelle culture pagane locali Dee Madri generatrici, che nelle notti del Solstizio d’inverno scendevano sui campi innevati per benedirli e accertarsi che fossero fertili e pronti per le prossime semine. In particolare nella tradizione celtica e in quella delle lande nordiche, con Holla, Signora dell’Inverno, custode del focolare, protettrice della casa, degli animali domestici e dell’arte della filatura, Berchta, la benefica protettrice dell’agricoltura, delle semine e dei raccolti, e Frigg, la Grande Madre divina che aveva generato tutte le divinità e tutti gli spiriti e le creature naturali, possiamo infatti ritrovare il vero aspetto della benevola vecchina vestita di laidi stracci. Queste divinità, nelle dodici notti del Solstizio d’inverno, si recavano a visitare ogni casa, entrando dalla cappa del camino, spargendo e dispensando fortuna e prosperità. Figure affini sono presenti in Svizzera con la Vecchia Posterli e in Tirolo con la strega Zuscheweil. Nelle tradizioni popolari italiane la Befana è ora assimilata al sacrificio della dea Madre Natura, ora alla vecchina dei Re Magi. Come si vede i motivi che hanno generato la Befana hanno molteplici radici, tradizioni pagane con quelle religiose che si intrecciano e si sovrappongono tra loro. San Epifanio di Salamina nel 315 circa-403, nel Panarion adversus omnes haereses, racconta che già nel IV secolo, ad Alessandria d’Egitto, nella notte del 6 gennaio si celebrava un rituale che comportava la nascita di Aion, divinità legata ai miti della natura e alla fertilità, da una vergine Kore. Il rituale alessandrino, riferisce l’apologeta cristiano, era celebrato anche nelle città arabe di Petra e di Elousa. Come si vede nell’antichità precristiana, in tutta l’area del Mediterraneo, la notte tra il 5 e il 6 gennaio nelle tradizioni agrarie pagane si celebrava, come già detto, la morte e la rinascita della natura, attraverso il sacrificio di Madre Natura, rappresentata in modo decrepito e senile. Questa raffigurazione sarebbe da mettere in relazione con l’anno trascorso: Madre Natura, stanca per aver elargito tutte le sue energie, perso l’iniziale e giovanile vigore, diventa una vecchia pronta a sacrificarsi per lasciare il posto alla sua giovane e feconda erede, dispensatrice di buoni raccolti. Per questo in molti Paesi dell’Europa era diffusa l’usanza di bruciare all’inizio dell’anno fantocci di cartapesta o di paglia, ricoperti da vestiti cenciosi e logori. Nell’antico Lazio questa grande Dea Madre era chiamata Bubona, termine legato ai bovini. In latino il bovino è bubúlinus, il bufalo è bubalus, bifolco si dice bufúlcum, corrispondente al latino classico bubúlcum, “guardiano di buoi”. Questi ultimi due termini dimostrano come la “b” intermedia sia soggetta a trasformarsi con l’evoluzione in “f” bubalus, bufalo, mentre l’evoluzione di bubúlcus-bufúlcum dimostra come la “u” si trasformi nel tempo in “i”. Applicando le stesse variazioni a Bubona si ottiene Bifona, termine probabilmente trasformato poi in Befana, passando da Bifana. Allora, se questa peripezia linguistica fosse corretta, l’antica divinità vivrebbe ancora nella figura della “nuova” Befana. Potrebbe non essere una coincidenza se in Basilicata la Befana è chiamata in dialetto Bufania, in Calabria Bifania, in Campania Bofania, in Abruzzo Bbufanije. Così, trasformando l’origine sacra della ricorrenza in fenomeno di costume, si dà vita a diverse usanze, in primis il tradizionale dono della “Calza della Befana”.In molte regioni italiane esiste ancora oggi accendere falò la notte dell’Epifania, per scacciare il male e propiziare la fecondità della terra e degli animali. In Friuli dischi infuocati benauguranti e propiziatori si fanno ruzzolare sui fianchi delle colline e delle montagne, famoso è il “Lancio das Cidulas” che si svolge nella notte tra il 5 e il 6 gennaio a Comeglians, sulle montagne della Carnia, oppure si accendono covoni di rovi, chiamati pignarûl, con in cima un pupazzo che rappresenta la Befana, famoso è “Pignarûl Grant” della città di Tarcento. Secondo la tradizione, interpretando il fuoco ed osservando la direzione del fumo, è possibile fare previsioni su come sarà l’anno nuovo. In molti paesi del Veneto questi falò li chiamano panevin, e si crede che se le fiamme sono alte e vivaci, l’annata sarà buona e ci sarà “pane e vino” per tutti, se invece la legna stenta a bruciare e le fiamme sono deboli non rimane che sperare nell’infinita misericordi divina. In alcune zone della Toscana e dell’Emilia Romagna, la Befana è ancora portata in giro per le vie del centro a bordo di un carro prima di essere bruciata nella piazza principale. A Gradoli, in provincia di Viterbo, nelle notti del 3, 4 e 5 gennaio, gruppi di bambini, ma anche grandi, sfilano per le vie del paese, facendo un fracasso assordante: sono le “Tentavecchie” che, secondo una diffusa usanza popolare, cercano di svegliare la vecchia Befana e ricordarle di portare i doni ai bambini. La Befana non ha solo la “funzione” propiziatoria legata alla campagna e agli animali, ma nelle tradizioni popolari il giorno dell’Epifania porterebbe fortuna anche nel campo amoroso. In alcuni paesi toscani la dodicesima notte dopo Natale è anche quella dei “Befani”. In Toscana, questi sarebbero dei fidanzati in prova scelti a sorte la sera del 6 gennaio: la coppia vive un “fidanzamento in prova” e se i due ragazzi s’intendono, si procede alla richiesta ufficiale con la partecipazione dei rispettivi genitori, ovviamente la prova non nuoce affatto alla reputazione della ragazza. Nel Molise, invece, è usanza credere che le ragazze nubili, la notte dell’Epifania, se sognano un ragazzo quello potrebbe divenire il loro fidanzato. Per questo, prima di andare a dormire, le nubili fanno una preghiera di buon auspicio. Se penso alla Befana non posso non associarla alla calza, oltre alla tradizionale “Calza della Befana”, è usanza in molte regioni italiane, specialmente in Sardegna, Abruzzo, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia, fare le “befanate”, ossia una processione con canti che gruppi di giovani intonano davanti le case per ricevere doni. Sempre legata alla funzione di “portatrice di doni”, in Sicilia famose sono la Vecchia di Alimena, la Vecchia Strina di Cefalù, di Vicari, di Rocca Palumba, la Vecchia di Natale di Ciminna, la Vecchia di Capodanno di Resuttano, la Carcavecchia di Corleone, tutte benefiche e mitiche befane che portano leccornie e giocattoli ai bambini. In Emilia Romagna, ad esempio, si dice che nella notte dell’Epifania le mura diventino ricotta. Nelle Marche e in Abruzzo si dice che nel giorno della Befana gli animali si mettono a parlare, ma guai a riferire il contenuto delle loro rivelazioni! A Palermo si narra che i Re Magi attraversarono l’isola e fecero fiorire per incanto gli aranceti bruciati da una nevicata. In Calabria le ragazze, la notte della vigilia, prima di addormentarsi, recitano una canzoncina augurale, se sogneranno una chiesa in festa o un giardino fiorito sarà per loro un anno fortunato. In Toscana i contadini infilano la testa sotto la cappa del camino cercando di vedere le stelle e solo se ci riescono possono stappare il vino nuovo e l’annata sarà buona. Un po’ in tutta Italia ci sono dei dolci tradizionali ad hoc, in Piemonte la Fugassa d’la Befana, ha forma di una margherita e al suo interno vengono messe una fava bianca e una nera; chi trova quella bianca paga la focaccia e chi trova la nera il vino. In Veneto troviamo la Pinsa, una specie di focaccia fatta con farina di mais e frutta secca. In Lombardia, in provincia di Varese, troviamo i cammelli di pasta sfoglia che vengono ricoperti di zucchero prima di essere infornati. In Toscana i cavallucci di Siena, in Abruzzo la Pinza della Befana e in Campania gli Struffoli. A Faenza, in provincia di Ravenna, il 5 gennaio è la “Nott de Bisò”, un’occasione per gustare specialità gastronomiche e vin brulé a profusione, preparato da ogni rione che partecipa alla celeberrimo Palio del Niballo. Il termine dialettale Bisò è proprio un invito a bere: “Bevi, su”. La stessa sera, non molto lontano, a Ferrara ci sono i questuanti accompagnati da diversi personaggi mascherati: una vecchia grinzosa, un vecchione e altri due o tre di straccioni, di cui uno tutto tinto di nero a simboleggiare uno dei Re Magi. Tutti insieme intonano canti popolari per invitare i cittadini ad essere generosi. Ecco adesso una carrellata dei festeggiamenti e delle tradizioni più caratteristiche legati alla notte dell’Epifania, conosciuta anche come la Dodicesima Notte nel mondo. Così come ci ricorda la Shakespeare infatti, sono trascorse già dodici notti da Natale. In Spagna ad esempio, il 6 gennaio tutti i bambini si svegliano presto per vedere i regali che i Re Magi hanno lasciato. Mentre il giorno precedente mettono davanti alla porta un bicchiere d’acqua per i cammelli assetati e anche qualcosa da mangiare. In Francia nel giorno della befana si fa un dolce speciale, all’interno del quale si nasconde una fava. Chi la trova diventa il re o la regina della festa. Nel nord della Francia, dal XIV secolo, si mangia per quest’occasione la “Galette des Rois”: è consuetudine tagliarla in tante fette quanti sono gli invitati, più uno. Quest’ultima parte viene chiamata “la parte del Buon Dio” o “la parte del povero”, ed era la parte tradizionalmente destinata al primo povero che si presentava alla porta. Nel sud della Francia, al posto della galette, si usa preparare una brioche a forma di corona, decorata con frutta candita e zucchero. In Russia si festeggia il 6 Gennaio, qui la chiesa ortodossa, però, in questo giorno celebra il Natale. Secondo la leggenda, in Russia, i regali vengono portati da Padre Gelo accompagnato da Babuschka , una simpatica vecchietta. In Ungheria nel giorno della Befana i bambini si vestono da Re Magi e poi vanno di casa in casa portandosi dietro un presepe e in cambio ricevono qualche soldo. In Germania il 6 Gennaio è il giorno della venuta dei Re Magi. In questo, i preti vanno nelle case per chiedere delle donazioni e recitano solitamente anche qualche Verso o intonano una canzone sacra. Le persone di religione cattolica si recano in Chiesa. Ma in Germania il 6 Gennaio non è un vero e proprio giorno festivo, si lavora come solito e i bambini vanno a scuola. In Islanda il 6 gennaio viene chiamato il tredicesimo, perché da Natale fino a questa data trascorrono 13 giorni. Questo è l’ultimo giorno del periodo festivo nel quale si dice addio al Natale. Si inizia con una fiaccolata, alla quale partecipano anche il re e la regina degli elfi. A metà strada arriva anche l’ultimo dei Babbo Natale, il tredicesimo, il primo Babbo Natale arriva l’11 dicembre e poi ne arriva uno ogni giorno fino a Natale, poi dal 25 dicembre in poi ne va via uno al giorno. La fiaccolata finisce con un falò e con dei fuochi d’artificio. In Romania, invece, la festa dell’ epifania rappresenta la venuta dei Re Magi ed è un giorno festivo. Nel giorno dell’Epifania in Romania si celebra il Boboteaza, il battesimo di Gesù nel Giordano. Durante le celebrazioni si benedicono le acque gelide dei fiumi e dei laghi: il prete getta un crocifisso e gli uomini nuotano per recuperarlo. La credenza vuole che chi lo recupera non avrà malattie per tutto l’anno. Il 7 gennaio si festeggia San Giovanni, ultimo giorno di festa. Ancora oggi in alcuni paesi i bambini vanno lungo le strade e bussano alle porte per chiedere se possono entrare per raccontare delle storie. Di solito come compenso ricevono qualche spicciolo. Anche i preti vanno di casa in casa per benedire. le case. In conclusione l’Epifania, tutte le feste le porta via…. Buona festa a tutti!
Favria 5.01.2016 Giorgio Cortese

La cosa più importante è vivere una vita serena, non importa quanto lunga, basta che sia serena.

Lettera aperta ai vandali del parco Bonaudo!
Cari ignoti vandali del bene pubblico favriese, questa non vuole essere una reprimenda, una morale o una semplice ramanzina. E’ una riflessione che voglio fare pubblicamente. Avrei voglia di chiamarvi per nome, perché dopo il vile gesto che avete compiuto, avete scelto di fuggire. E così siete scappati anche da voi stessi; fuggiti come chi, in fondo, sa di aver sbagliato ma non trova altra via se non quella della fuga. Cari ignoti vandali, ricordate che scappare non è mai la soluzione dei problemi. Con Il vostro gesto nella notte di fine anno, avete offeso tutta la Comunità Favriese!. L’arredo urbano del parco Bonaudo che avete distrutto era stato costruito e messo li con soldi pubblici, con i soldi nostri e anche dei Vostri genitori e parenti. Vi vorrei incontrare per porVi una pacata e semplice domanda: “ perché?” Per riuscire a capire il senso del vostro grave gesto sarebbe mio desiderio, non solo mio ma di tanti favriesi di incontrarvi, anche per capire il motivo della Vostra rabbia, della vostra noia o del desiderio d’apparire in modo così sbagliato e, pure, per ascoltare quello che talvolta non si è ancora riusciti a dire. Il fuggire spero possa significare la percezione che in voi rimane nell’animo di aver compiuto un gesto incivile, un gesto vile, un gesto che non comprendo
Favria, 6.1.2016 Giorgio Cortese

Donare il sangue, un semplice gesto che racchiude una grande aiuto per un nostro simile! C’è sempre bisogno di sangue, abbiamo anche bisogno di Te! Vieni a donare il 14 ottobre, mercoledì, a Favria cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Grazie

La quotidiana fatica dell’ottimismo.
Ogni giorno mi rendo conto che è difficile esercitare il necessario ottimismo per superare gli ostacoli nel percorso che chiamiamo vita. Questa fatica la sento certi giorni dopo colazione appena leggo i quotidiani. Non perchè i giornali per fare scalpore pubblicano solo notizie negative, che fanno colpo e vendita, e non le positive. La mia fatica è quella come inguaribile ottimista di trarre da ogni evento negativo, il lato buono, quello positivo. Ma ogni giorno emerge sempre un fatto nuovo di corruzione, violenza sulle donne, stragi insensate di terroristi animali, chiamarli bestie mi sembra una grossa offesa alle bestie che valgo sicuramente molto di più perchè sono dotate dell’istinto. Ma nonostante tutto cerco da ottimista sempre un’alba in ogni tramonto, un raggio di sole in una giornata nuvolosa e un filo di poesia una giornata nebbiosa. Anche se oggigiorno l’ottimismo sembra una cosa bandita dal nostro mondo quando ogni fatto negativo mi viene subito offerto dai media, poi ripetuto più volte nel caso non ne avessi preso coscienza. L’immediatezza delle notizie fa certo parte di quel cammino umano che avrà ancora una lunga strada davanti che oggi appena alcuni scienziati possono intravedere. Il cervello è fonte inesauribile di fantasie che anno dopo anno, secolo dopo secolo tendono a diventare realtà. La difficoltà maggiore oggi, per comprendere, assorbire e usarne in senso proprio sta nel fatto che sono ancora legato, in buona parte, al modo di ragionare e recepire gli avvenimenti alla maniera del tempo passato. Per me la bellezza, l’arte, la fantasia, la carità, la gioia hanno forma e colore non tanto distanti da quelli conosciuti e usati nel secolo appena trascorso, legati al tipo di vita dei miei genitori e questo mi impedisce di trasportarli in un presente tanto diverso. Come applicare alla tecnica, di cui vivo ogni mio momento senza mai pensarci, questi sentimenti che sembrano cose da poeti di un altro tempo? Un cliente alcuni giorni fa mi ha domandato a bruciapelo; “ma Tu sei ottimista. Ma come fai? Mi sono laureato e non avendo trovato di meglio faccio un lavoro saltuario a tempo determinato in una cooperativa di trasporti, che mi permette di sopravvivere ogni mese, ma non avevo studiato per questo! E dove giro trovo sempre persone che si lamentano per qualcosa, e alla fine della giornata ho il mal di testa e sono stanco sia per il lavoro che per le lamentele delle persone. Gli ho risposto che aveva tutte le ragioni ma forse c’è sempre un rovescio a ogni medaglia. Se fosse in un ufficio avrebbe giornate ripetitive e forse inutili, mentre qui ha un orizzonte umano infinito e il lavoro è utile ed indispensabile per tantissimi persone cnahe per il sottoscritto. Pensa alla vecchia signora appoggiata al bastone e a una badante che attraversa la strada, guarda ha avuto la fortuna di aver vissuto molto. Certo mi dirai che sono solo delle sciocchezze, ma per ogni fatto negativo o noioso si può trovare la parte positiva. Bisogna saper aspettare, saper godere del poco, perché la vita è una meraviglia. Mi viene in mente a qualche mese addietro quando dopo una forte pioggia un passerotto bagnato si è fermato sul mio balcone, gli ho dato delle briciole, poi è volato via e mi ha lasciato una piuma, un segno della sua certezza. Pazienza, mi ero fidato della sua amicizia, della sua presenza. Le ali sono fatte, mi dico, per volare e il cielo è immenso nell’azzurro, forse vi ho annoiati ma ricordate che in ogni evento c’è sempre lo stupore e l’ottimismo che portano alla felicità
Favria, 7.01.2016 Giorgio Cortese

Nella vita di oggi la solidarietà è l’unico investimento che non fallisce mai.

Il 13 gennaio se sei in vena vieni a donare!
L’espressione “essere in vena di” ci è stata tramandata dall’antichità e precisamente dai medici del passato. Il concetto che descrive e relativo al fatto che “chi non ha sangue nelle vene” è una persona priva di coraggio, di grinta, di spirito battagliero. Nei tempi antichi i medici usavano tastare il polso dei pazienti per valutare il loro stato di salute e di conseguenza sentenziare se il malato fosse “in buona vena”, ovvero se si trovasse in uno stato che lasciava prevedere una guarigione in breve tempo. Ecco perché quando oggi diciamo “mi sento in vena di fare questa cosa” significa che ci sentiamo nelle condizioni migliori per affrontare con successo una situazione o un’iniziativa. Ecco allora se “sei in vena” vieni a donare il sangue a Favria, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,00. Ti ricordo che la donazione del sangue è un intervento a cui ci si sottopone volontariamente, ci si fa prelevare una certa quantità di sangue che sarà trasfusa a un paziente che ne ha bisogno. Ogni anno milioni di persone devono ricorrere alle trasfusioni di sangue, ad esempio durante gli interventi chirurgici, oppure dopo un incidente, oppure ancora perché sono malate e devono ricevere determinati componenti del sangue. Con la donazione di sangue si possono aiutare molte persone ad affrontare meglio i loro problemi. Chiunque sia in buone condizioni di salute ed abbia le seguenti caratteristiche: Peso corporeo: > 50 Kg; Età: > 18 anni, fino a 60 se alla prima donazione, 65 ed oltre a giudizio medico per il donatore periodico. Pressione arteriosa: massima > 110 e 50 e 50 e < 100 batti al minuto; Non devono essere presenti patologie croniche, alterazioni a carico di fegato, cuore, ecc., patologie infettive trasmissibili (epatiti, AIDS, eccetera) né comportamenti a rischio per queste ultime. Ricordati che tra una donazione da Sangue Intero a Sangue Intero a la successiva devono passare 90 giorni., da Sangue Intero a Plasma 1 mese, da Sangue Intero a Piastrinoaferesi 1 mese. Ti ricordo che nella vita quanto meno abbiamo, più diamo. Sembra assurdo, però questa è la logica dell’amore verso i nostri simili. Grazie se verrai a donare e se per dare un migliore servizio mi avvisi della Tua intenzione del volere donare mercoledì 13 gennaio a Favria cortile interno, per ulteriori info cell. 3331714827. Ti ricordo che con la donazione di sangue spetta al lavoratore dipendente la giornata di riposo normalmente retribuita, alla prima donazione come candidato spettano solo le ore di permesso per esami di idoneità
Ti aspetto e grazie ancora di avermi letto sino alla fine
Favria 8.1.2016 Giorgio Cortese

Nella vita non basta fare del bene, bisogna anche farlo bene. Devo pensare di più a far del bene che a stare bene pere stare meglio migliorando la maniera di dare vale di più di ciò che dono

Almanach!
L’almanacco detto in canavesano Almanach è una specie di calendario che oltre al diario astronomico contenete notizie sulle fasi della luna, l’indicazione dei mesi e dei giorno dell’anno, con nomi di feste e di ricorrenze religiose e civili, contiene anche aneddoti , storielle, consigli ed indovinelli e predizione che molto hanno contribuito a renderlo popolare nel Medio Evo fino ai giorni nostri. I primi almanacchi che si ha notizia sono del XII secolo , ma la diffusione data dall’invenzione della stampa, dalla quale data l’almanacco trovò un consenso di pubblico sempre maggiore per l’interesse soprattutto delle predizioni come quello contenute nell’almanacco di Nostradamus. I secoli XVIII e XIX segnarono il trionfo degli almanacchi che divennero soprattutto satirici e politici, strumenti culturali insostituibili, spesso letti coralmente da chi sapeva leggere. . Il lemma almanacco deriva dall’arabo al-manakh , i mesi, insomma il calendario. Oggi che gli almanacchi non hanno più questa presenza forte sulla comunità, se ne possono prendere i tratti fondamentali ed estenderli: sarà un alamanacco il quadernone che l’amico usa per prendere puntualmente tutti i suoi appunti, o un’agenda inderogabile su cui viene segnato ogni impegno. Da almanacco deriva il verbo almanaccare, che significa fantasticare, congetturare, rimuginare su persone, sulla politica o sul mutare del tempo. Infine una curiosità, esiste l’Almanacco di Gotha, in francese Almanach de Gotha, in tedesco Gothaischer Hofkalender, che è un almanacco genealogico delle case regnanti e delle più importanti famiglie aristocratiche d’Europa, pubblicato dal 1763 al 1944. In seguito vennero introdotti anche gli Ordini Cavallereschi e in tempi recenti si sono aggiunti anche dati e particolari statistici su tutti i Paesi del mondo. Il nome deriva dalla città tedesca di Gotha in Turingia, dove veniva pubblicato. Essere inseriti al suo interno significava avere un grande prestigio. Negli anni il termine gotha, per estensione, ha assunto il significato de il meglio, l’elite di un determinato settore di attività, in particolare nel linguaggio giornalistico. Per esempio: il gotha della finanza, del cinema; entrare nel gotha dell’industria.
Favria, 9.1.2016 Giorgio Cortese

Nella vita l’inizio della saggezza consiste nel perdonare agli altri il fatto di essere diversi da me e di sforzarmi di adeguarmi a loro

L’entusiasmo
L’entusiasmo è per la vita quello che è la fame per il cibo. Credo che tutti nella vita abbiano incontrato almeno una volta una persona “entusiasta”. Il vocabolo, che è di origine greca, ha in sé – a livello di radice – il respiro stesso di Dio (théos) che accende, trascina, rapisce l’anima verso l’alto. Ed effettivamente l’entusiasta conosce l’ardore, il fervore, la dedizione, il coinvolgimento, doti tutte un po’ rare ai nostri giorni spesso segnati dallo stress, dall’apatia, dalla depressione o dallo scetticismo. Certo, il rischio dell’eccesso è in agguato nell’agire dell’entusiasta e non di rado egli può sconfinare nell’infatuazione e persino nel delirio. Ma oggi vorrei esaltare l’aspetto positivo dell’entusiasmo e, in questo, mi aiuta la breve citazione che sopra ho desunto dal saggio La conquista della felicità, pubblicato nel 1930 dal filosofo e scrittore inglese Bertrand Russell. Ci sono, infatti, persone che si siedono a tavola e hanno di fronte una mensa sontuosa: eppure il primo moto che provano è fatto di nausea e persino di ribrezzo. Manca loro la fame che, invece, è capace di far venire l’acquolina in bocca anche di fronte a un cibo povero e persino mal presentato. È un po’ il contrasto tra un Occidente che ha problemi di dieta e un sud del mondo che allarga le mani anche solo per raccogliere briciole. Ecco, l’entusiasmo è analogo alla fame, ti fa desiderare anche le cose modeste, ti impegna con foga in ogni azione e impedisce all’anima di abbattersi. Abbiamo, quindi, bisogno tutti almeno di un pizzico di entusiasmo, anche perché è solo con la passione profonda che si raggiungono le altezze della verità e dell’amore; è solo con un fremito di ardore e di dedizione che si dà colore e calore alla vita-
Favria, 10.1.2016 Giorgio Cortese

Se penso con che grazia la pelle ricopre il sangue, le ossa o le viscera , è difficile pensare a più amore