La meraviglia dello stupore!- La cultura!-La supponenza dell’idiota.- Dicembre 1914!- Evviva arriva il S. Natale!-L’alesatrice.- Res Gestae Favriesi. L’orologio del campanile di Favria-Anduvinej!…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

La meraviglia dello stupore!
Il cambiamento raramente è indolore, soprattutto se c’è attaccamento alla situazione che si vive e, dato che siamo umani, gli attaccamenti esistono. Il cambiamento nasce sempre da una crisi, ce ne sono di tutti i tipi. La crisi é comunque ed in qualsiasi caso, una situazione di disagio che mette in discussione tutto, è l’occasione per fare analisi personale su noi stessi, sul passata e a questo punto é inevitabile riconoscere di aver fatto degli errori. Solo allora comincio a crearmi i sensi di colpa, penso che avvenimenti recenti sono legati ad errori precedentemente commessi. Mi domando il perché mi sono preso dei mal di pancia e non ho lasciato tutto così come era, insomma ho lasciato la zona comfort della mia vita per mettermi ancora una volta in discussione. Ma la vera meraviglia della vita è proprio il cambiamento. Certo il cambiamento appena avviene mi da fastidio ed è facile cadere nella melassa di crogiolarmi nei sensi di colpa. Ma poiu ragione ed ogni azione da origine ad un cambiamento, ed ogni cambiamento è un’opportunità. Il bene prezioso che mi ha dato Dio non è la vita, ma la vita stessa che è l’essenziale. Nella vita di ogni giorno c’è una parte visibile ed utile ma c’è una parte essenziale, invisibile ai miei simili ma che da un fine preciso alla mia vita e me la rende degna di essere vissuta con sana passione e generoso slancio
Favria 12.12.2015 Giorgio Cortese

Nella vita di ogni giorno ci sono cose molto semplici da capire, ma difficilissime da spiegare.
La cultura!
“Nella cultura non si dà ricetta: ma, poiché la cultura non è l’erudizione, la cultura diviene solo quella che, entrando a far parte della conoscenza, accresce la coscienza.” La frase citata è stata trovata dal sottoscritto in un libro ed è di uno dei massimi critici e storici dell’arte, il senese Cesare Brandi 1906-1988. La frase della cultura sopra riportata mi fa riflettere che tutti, infatti, abbiamo bene o male imparato qualcosa, abbiamo fatto studi, letto, ascoltato. Tutti abbiamo incontrato eruditi altezzosi, incapaci di comunicare quello che sapevano, ma anche maestri appassionati. Essere colti, infatti, non è sinonimo di essere sapienti. Ecco, l’idea che mi ha illuminato, il segreto della vera cultura, possibile a tutti, anche se a livelli differenti. La cultura non è solo accumulo di dati, come purtroppo talora accade, non siamo polli in batteria o oche all’ingrasso!. La cultura è la mobilitazione della conoscenza che è simile a un campo fertile che attende non di essere coperto da teli ma di essere seminato per germogliare. La cultura è un appello alla mia coscienza perché si attrezzi a giudicare, a scavare nei segreti dell’essere e della vita. Il famoso filosofo greco, vissuto a Roma, Epitteto nelle sue Dissertazioni affermava che “solo l’uomo colto è libero”, ed è per questo che le dittature tengono i sudditi nell’ignoranza. Non per nulla Hermann Goering, il terribile capo nazista, non esitava a dire: “Quando sento qualcuno parlare di cultura, la mano mi corre al revolver!”, e oggi anche se abito in uno stato libero, molti sono i condizionamenti ricevuti dalla televisione, pubblicità, moda, che vogliono costringermi a poche idee e alla superficialità, impedendomi di comprendere veramente e di giudicare serenamente. La cultura non si eredita, si conquista. La cultura non è un lusso, è una necessità. Quanto vorrei viverla nella quotidianità, tra le persone che mi passano accanto, nei bar o nei ristoranti o nei giardini pieni di bambini che giocano e cani che rincorrono un ramo di un albero lanciato dal padrone? Quanto vorrei ascoltare le persone che, quando rispondo a loro che io sono un bancario con il vizio di scrivere e di raccontare, mi guardano con uno sguardo misto di ironia e di pietà, e mi chiedono, allora, quando pubblico un libro? O quando vedo che spacciano delle squallide operazioni commerciali che con la cultura non hanno nessun collegamento ma servono solo per mettere in bella mostra qualcuno. Pazienza, ritengo la cultura una passione umana che crea “indipendenza”. Oggi purtroppo il sole della cultura è basso, e cosi anche i nani hanno l’aspetto di giganti. Personalmente continuo a leggere, leggere, leggere, che è la cosa più bella che posso fare e dopo senza accorgermi mi sento arricchito dentro, che sia cultura o conoscenza non lo so, quello che so è che la cultura è un bene comune primario come l’acqua e, i teatri le biblioteche, le mostre d’arte i cinema sono come tanti acquedotti dove mi abbevero a più non posso.
Favria, 13.12.2015 Giorgio Cortese

Per crearmi degli avversari ogni giorno non ho bisogno di andare in guerra ma affermare con fermezza i valori in cui credo

La supponenza dell’idiota.
Ma perché ogni giorno certe persone si comportano con tanta arroganza e supponenza. Se queste persone si fermano a riflettere si rendono conto che in confronto con la maestosità e la grandiosità dell’universo, siamo solo tutti degli esseri fragili e piccoli; più fragili di un guscio d’uovo e più piccoli di un granello di sabbia sperduto sulla terra? Certo oggi va molto di moda l’autostima, quel giudicare positivo del sentirsi unici, quel dirsi come un mantra “io valgo”. Va bene, va bene , ma certe persone a forza di ripeterlo nel proprio animo, senza confronto un gli altri, senza mettersi mai in discussione, ne sono autoconvinti. Certo ogni persona ha una sua ricchezza, ognuno di noi è un essere unico con dei talenti e porta il suo contributo, ma c’è una differenza tra l’autostima e la supponenza, soprattutto quando non supportata da argomenti reali. In quanto esseri umani siamo imperfetti, e dire “Io non cambierò” può essere segno di una boria ai limiti del disadattamento sociale.E allora guai contraddirli o muovere creitiche costruttive. Queste persone che non hanno nessun rispetto per i propri simili con alla base del loro pensiero” Ma come ti permetti digiudicarmi”, meritano di andare raminghi su di un alto monte e vivere in solitudine. Ogni essere umano non è un isola e per questo ci dobbiamo armonizzare col prossimo, non omologare, non massificare, ma rispettare questo prossimo, tenere presente quando col nostro comportamento lo feriamo più o meno involontariamente e, se qualcuno ci fa notare le mancanze nel modo in cui ci rapportiamo agli altri, cercare di lavorarci su e di cambiare. Personalmente ho stima per me stesso e ogni tanto, di rado sono anche soddisfatto della buoba riuscita della giornata nella mia riflessione serale, ma ci sono tanti aspetti di me che vorrei cambiare. Considerato nell’insieme, mi considero una persona valida, e animato da buoni sentimenti: da qui a non avere tanto da lavorare su me stessa per diventare una persona migliore ce ne corre e sono grato alle persone che, con intelligenza, accoglienza e affetto, mi fanno notare dove secondo loro sbaglio. Da li, poi posso pure non essere d’accordo e non seguire indicazioni e consigli, continuandoo a far uso del libero arbitrio, ma sono consapevole che da dentro non riesco a vedere i miei difetti, che sono tanti, troppi e vedo con lo strabismo del mio ego solo gli aspetti migliori. Quando una persona mi dice “Io al tuo posto farei… “, io ascolto quello che mi dice, lo valuto, ma posso anche rifiutarlo come si rifiuta un abito che magari addosso a una persona può anche fare la sua bella figura, ma valuto bene quanto mi è stato detto, insomma mi sforzo sempre di ascoltare più che di parlare, con grande fatica. Cerco sempre di essere me stesso in ogni attimo della giornata. Forse quanto scritto calza bene con il titolo e la mia è pura supponenza che mi fa credere di essere quello che vorrei essere.
Favria, 14.12.2015 Giorgio Cortese.

Penso che la lettura quotidiana sia per me evasione, conforto, consolazione, ma anche il mio ricostituente preferito. Leggere per il puro gusto della lettura, per il meraviglioso silenzio che mi circonda quando ascolto le parole proiettate dentro il mio animo.

Dicembre 1914!
Era il dicembre del 1914, il primo della Grande Guerra. Tedeschi ed alleati si affrontavano sul fronte occidentale, sparandosi a vicenda nelle gelide trincee attraverso una tetra terra di nessuno coperta di morti e di feriti. Ma alla vigilia del S. Natale , in alcuni punti del fronte, i tedeschi piazzarono degli alberi illuminati sui bordi delle trincee, presto imitati dagli alleati e ne nacque una tregua spontanea. Questo mese è il 101 anniversario di quel cessate il fuoco non ufficiale, noto come “Tregua di Natale”. La tregua nacque dal basso, spontanea e nonostante fosse bandita qualsiasi forma di fraternizzazione, dopo una serie di grida del tipo: “ Voi non sparate, noi non spariamo” i nemici incominciarono ad intonare canti natalizi, ad uscire dalle trincee per stringersi la mano e fumare insieme una sigaretta. In molti punti la tregua venne estesa di comune accordo fino a Natale per seppellire i relativi caduti. I soldati di entrambe le parti si aiutarono a scavare fosse e tenere commemorazione per i morti. Le truppe condivisero il rancio e i regali mandati da casa, si scambiarono bottoni delle uniformi e organizzarono partitelle di calcio. I soldati non volevano tornare a combattere, ma gli alti comandi di entrambi gli schieramenti non erano entusiasti della tregua e della non volontà di combattere. Gli alti ufficiali minacciarono dure punizioni e chi non faceva il suo dovere. Cosi con l’inizio del nuovo anno del 1915 i soldati ripreso il loro triste compito. Da un libro che ho recentemente letto c’è scritto che gli ufficiali ricordarono la tregua con affetto nei loro diari e nelle lettera a casa un soldato tedesco scrisse: “Fu meravigliosamente bello, ma anche molto strano”. Ma forse di strano c’è la guerra, l’uccidere il proprio simile, questo è strano, il giustificare la stupidità umana.
Favria, 15.12.2015 Giorgio Cortese

Mi impegno ogni giorno con perseveranza ad inseguire le mie passioni, non la mia pensione.

Evviva arriva il S. Natale!
Assaliti dall’ansia del regalo nel mese di dicembre sembriamo ormai smarrire il legame con l’autentica dimensione umana del dono. Sommersi dai doni da fare o da ricevere, abbiamo perso il senso della gratuità, non riusciamo più a vederla come ricchezza nelle nostre vite e nelle nostre relazioni, convinti di essere noi gli unici protagonisti di ogni cosa, noi come dei novelli deus ex machina, autoconvinti di determinare l’evolversi delle vicende e delle società! Eppure il S.Natale ci dovrebbe ricordare sia il dono per eccellenza che è ogni vita nuova che nasce, sia il dono inaudito che Dio ha fatto all’umanità e alla creazione intera con la venuta di Gesù. Evviva allora il S. Natale che ritorna con il suo ba-gaglio di ricordi, di senti¬menti, di buoni propositi. Ritengo che tutti, e dico proprio tutti, cristiani e non cristiani, sentono questa festività con affetto, qua¬si con nostalgia e sottolineo tutti, in un mo¬do o nell’altro, si sentono partecipi nell’animo di qualcosa di particolare, di unico nell’anno. Anche chi non ha la fede cri¬stiana sente di non sfuggire a un clima così suggestivo, che al di là de¬gli aspetti consumistici fa intui¬re di essere dentro a una Storia, che fa parte di una tradizione signifi¬cativa che ha segnato la storia del mondo. Il S. Natale è una storia importante per ognuno di noi perché testimonia bontà e suggerisce propositi migliori, riporta al centro di noi stessi, a quello che vorremmo essere veramente, a ciò che è più importante nella vita e che spesso, invece, tra¬scuriamo presi dal vorticoso avvicendarsi degli eventi quotidiani. Il S.Natale risveglia più acuta la nostalgia di desiderare ad un mondo diverso, migliore, dove la violenza e l’e¬goismo sono per sempre banditi perché domina la riconcilia¬zione con noi stessi e con i nostri simili e con tutto il creato e quindi delle società e dei popoli. E personalmente, sentirmi parte, di questo gagliardo fiume di bontà, che il mio piccolo animo desidera ed aspira, mi fa stare bene anche se poi il cammino quotidiano riprende frenetico con le quotidiane schermaglie personali e lavorative e anche con le gelide solitudini che avvolgono l’animo. Il S. Natale non è astratto, ma riman¬da a Colui che è nato: il Figlio di Dio, il Verbo eterno, è nato nel¬la carne, è entrato nel tempo. E con Lui una nuova vita, quella vera e allora non sono solo nel mio pellegrinaggio verso il Cielo, ho la certezza che Dio non è lontano ma si è fatto vicino e mi offre la sua amicizia, il suo amore, la sua stessa vita, allora la vita cambia. Certo le quotidiane prove sono dure ma ho Lui accanto, l’Emanuele, il Dio-con-noi per sempre. E poi il presepe, che ultimamente viene usato per becera propaganda o proibito per pulsioni buoniste. Ecco davanti al semplice presepe, il mio animo viene inondato dalla poesia che esprime in maniera genuina il mistero dell’Incar¬nazione. Quando osservo un presepe e guardo il Bambi¬no Gesù nella grotta di Betlem¬me, sento nell’animo il calore della fiducia di Dio per me, fi¬ducia che scalda il cuore e mi scio¬glie la vita dalla durezza della vita. Sentire che se Dio ha fiducia di me rende più facile ritrovare la fi¬ducia nel prossimo, costruire ponti, e percorrere strade di be¬ne. Con l’arrivo del S.Natale la Luce si è ormai accesa e nessuna tenebra potrà più spe¬gnerla, quella Luce è Gesù Bambi¬no. Per questo la piccola grotta, come tutte le oscurità della sto¬ria, è illuminata, e ognuno di noi è quella piccola grotta ed il mio personale invito e quello di lasciarsi illuminare gli animi dalla luce del S. Natale!
Favria, 16.12.2015 Giorgio Cortese

L’etichetta che contrassegna l’ignorante, è la conferma che manca sia di ‘educazione che di cultura.
L’alesatrice.
Quando nel 1775 l’inglese John Wilkinson ideò l’alesatrice, penso ad un utensile per tornore l’interno della cavità cilindriche. La parola deriva dal verbo aselare, dal francese aléser,a sua volta dal francese antico alaisier, allargare, che è dal latino volgare allatiare, a sua volta da latus , largo. Con l’invenzione di questo nuovo dispositivo meccanico si poteva ottenere un diametro idoneo ai diversi usi di un cilindro. Visto il periodo in cui la macchina fece la sua comparsa, e visto la foratura dal pieno di elementi metallici era iniziata dal 1720, va da se che fu subito utilizzata per la fabbricazione di cannoni. Ma poi, con il tempo e con la messa a punto della scoperta l’alesatrice venne impiegata anche per forare e per spianare superfici metalliche e laminati di vario spessore. Ed oggi l’alesatrice è in dotazione alle fabbriche automobilistiche per la produzione di cilindri e pistoni.. la figura professionale preposta all’utilizzo della macchia utensile è l’alesatore, operaio specializzato per il quale il mercato del lavoro non risulta tutt’oggi ancora saturo
Favria, 17.12.2015 Giorgio Cortese

Bisogna smetterla di essere buonisti per volere andare d’accordo con tutti. Come scriveva Nietzche: “Le cose grandi ai grandi, gli abissi ai profondi, le finezze ai sottili e le rarità ai rari!”.
Res Gestae Favriesi. L’orologio del campanile di Favria
L’orologio che segna il tempo a tutti noi favriesi di nascita o di adozione come il sottoscritto è stato installato all’inizio di agosto del 1880, molto tempo dopo la costruzione del campanile. Nel gennaio del 1879 la ditta P. Granaglia & C. DI Torino fornì un preventivo per l’orologio da campanile che “suonerà l’ora, la riptereà alcuni minuti dopo e sulla mezz’ora batterà un colpo e durerà in carica otto giorni, colla discesa per pesi di m 12”, col preventivo di spesa di Lire 1.222, facendo presente nel preventivo che se la carica fosse stata di soli due giorni, si sarebbero risparmiate Lire 200. Il periodo storico in cui avvenne la posa dell’orologio del campanile era poco dopo la presa di Roma, tempi in cui il vento anticlericale soffiava forte tra i liberali e pertanto i rapporti tra la classe politica del tempo e le gerarchie ecclesiastiche era a dire poco tesi e gelidi. Ma tutto questo non impedì al Comune di Favria di sopportare una così forte spesa, allora non esisteva il patto di satbilità, e poi anche le autorità religiose diedero il loro tacito assenso. L’orologio del campanile era un’utiloità pubblica che metteva almeno li tutti d’accordo. Ed ecco che nell’agosto del 1880 l’orologio era in funzione con carica settimanale e veniva completamente pagato dal Comune nel marzo del 1881
Favria, 18.12.2015 Giorgio Cortese

Anduvinej!
Pì a l’è caud e pì a l’è fresch? Più è caldo è più è fresco?
Da viv le buele ante l corp, da morte l corp ant le buele? Da vivo le buidella nel corpo, da morto il corpo nelle budella?
El pare a l’era ‘ncora nen nà che el fieul a coria già per ca? il padre non era ancora nato che il figlio correva già per casa?
Favria, 19.12.2015 Giorgio Cortese

Personalmente non nascondo nessuna cicatrice che ho avuta dalla vita ma anzi le indosso con fierezza, e cerco di mostrarle con eleganza. perché ognuna di esse mi da dato maggiore esperienza e reso più forte.