La mitica irrigazione! – Le quattro stelle regali – Ma non avete gli occhiali? -Res gestae favriesi, la rustica ed odorosa achillea. – Donatori di sangue, passione per la vita!- Da foraggio a foriero passando per fiareur! – Cosa aspetti! Vieni a donare! …le pagine di Giorgio Cortese

La mitica irrigazione!
Quello che voglio narrare è un avvenimento avvenuto nel luglio2005, dopo un periodo caldo e afoso, non come questa estate ma molto vicino. Un venerdì nacque l’idea di alcuni volontari della protezione civile di allora di bagnare il parco Martinotti, il giorno dopo, di sabato, dove il tappeto vede e le piante erano provate dalla grande siccità. Quel sabato mattina i volontari, al mattino presto partirono ad irrigare il parco con l’auto di una pompa in dotazione. Nonostante la grande immissione di acqua, questa sembrava vaporizzarsi mano amano che scorreva nel parco. Mi ricordo che i volontari erano uno sparuto gruppo, volenterosi e determinati a portare a termine tale impresa, avevano iniziato al mattino presto verso le sette e finirono alla sera tardi quasi verso le nove. Personalmente mi ero unito a loro nel pomeriggio e appunto il vedere che l’acqua che sgorgava copiosa dai bocchettoni si perdeva subito nel terreno riarso, specialmente vicino al grande Cedro che allora come un patriarca dominava tutto il parco. La passione messa quel giorno dai volontari mi fa riflettere che la sincera passione è come l’acqua che fluisce. La passione ci riempie ogni giorno di energia per quello che facciamo e la passione come l’acqua può passare con tante forme. Come l’acqua la passione di ognuno di noi ha un volume smisurato ma non una forma definita nell’animo. Certo la passione tiene dello spazio, ha il suo ingombro, ma prende la forma dell’animo di chi la coltiva, insomma l’animo ne diviene il recipiente per contenerla, e non tutti siamo dotati di animi smisurati, per questo molti ne hanno meno e altro tantissima. Come l’acqua la sana passione circola, evapora, si muove con le nuvole, cade con la pioggia, e scorre sulla terra riarsa dal sole, chiudendo un ciclo che lega tutto, senza inizio e senza fine come è un cerchio e come quel sabato pomeriggio nel luglio 2005 quando degli sparuti ma volenterosi volontari, hanno compiuto questa azione, forse sfuggito a molti concittadini, allora, ma di grande aiuto per il parco assetato che chiedeva un poco di refrigerio dalla grande calura.
Favria, 7.08.2015 Giorgio Cortese

Non esiste il genio perpetuo, ma solo persone acute. Gente che pensando arriva a idee geniali. In quell’attimo di grazia, vengono colpiti da un lampo brevissimo che dura un baleno. In quell’istante sono dei veri e propri geni, ma dopo di questo restano solo dei mediocri che fingono la perfezione, ma non possono fingere di non avere difetti.

Le quattro stelle regali
Osservando le stelle in queste calde sere d’estate mi sono ricordato del mito delle quattro stelle regali. Questo mito, è forse, la più antica informazione astronomica; infatti risale a quattro o cinque mila anni fa, quindi verso il 2000/3000 a. C. I nomi delle Quattro Stelle Regali sono: Regolo del Leone, Aldebaran del Toro, Fomalhaut del Pesce Australe e Antares dello Scorpione. Secondo gli antichi astronomi persiani, i Magi, queste Stelle avevano allora una posizione particolare durante gli equinozi. Erano posizionate in Cielo, e lo sono tuttora, pressoché ai quattro angoli del Cielo divise, tra di loro, da circa 90°. Le Quattro Stelle Regali sarebbero state per gli antichi Persiani, 3000 a.C., i punti che dividevano il Cielo in quattro parti il percorso del Sole annuale intorno alla Terra ed erano i guardiani dei Solstizi e degli Equinozi. Le notizie di queste informazioni astronomiche sono poco attendibili ma hanno un loro fascino. Già i nomi smontano già il mito, Aldebaran deriva dall’arabo al-Dabarān, che significa “l’inseguitore”, in riferimento al fatto che essa sorge dopo le Pleiadi e quindi sembra inseguirle. Fomalhaut deriva dall’arabo Fom al-Haut , che significa “la bocca del pesce/della balena australe”, con evidente riferimento alla posizione della stella all’interno della costellazione del Pesce Australe. Un altro nome della stella è Difda al Auwel, derivante dall’arabo, “la prima rana”. Mentre Regolo era chiamato in oriente “Sharru”, il Re, ed infine Antares è di origine greca, che significa “simile a Marte” ovviamente per il colore rosso. Mi pare opportuno qui ricordare che la zona cui fa riferimento l’antica notizia delle Quattro Stelle Regali, è quella della Persia e della Mesopotamia dove ebbe inizio lo studio del Cielo e quindi dell’Astronomia. Delle Quattro Regali, solo Fomalhaut non rientra in una odierna zona oggi interessata da una costellazione zodiacale, anticamente però essa, la costellazione del Pesce Australe, faceva parte dell’Aquario. Fomalhaut era la bocca del pesce intento a bere l’acqua versata dalla brocca dell’Aquario. L’unica cosa certa è che anche oggi le Stelle Regali dividono certamente il Cielo in quattro parti, e sono visibili nelle quattro stagioni, ovvero: Regolo in primavera, Antares in Estate, Fomalhaut in Autunno ed infine Aldebaran in inverno. Ritornando al mito delle quattro stelle regali, il mito deriva da un testo in lingua pahlavi, scritto dopo la conquista islamica e forse anche dopo l’anno mille, chiamato Bundahish,, che corrisponde alla “Genesi” biblica nell’ambito del mazdeismo. I loro nomi in lingua Palhavi, sono corrispondenti ai nomi nell’antico persiano dell’Avesta: Tishtar , Sirio, Sataves, Acquario, Vanand , Antares, ed infine Haptokring, Orsa Maggiore. Nel breve testo non si parla né di solstizi né di equinozi; le stelle o costellazioni sono quindi soltanto fra le più luminose e adatte a essere i leader dello schieramento nei quattro quadranti del cosmo. Il testo menziona anche una costellazione “capo dei capitani”, che probabilmente è il Capricorno. A questo punto si potrebbe obiettare perché queste Stelle si chiamano Regali e non altre forse più vistose e poste in posizioni tali da dividere pure il Cielo in quatto parti quasi uguali. Penso che la risposta sia semplice, la storia della volta stellata ha molte cose note ed altre ancora molto misteriose, certamente perché la storia ha avuto origine agli albori dei tempi.
Favria, 8.8.2015 Giorgio Cortese

Quando osservo le stelle, penso che la loro luce non trema. Ma trema il mio sguardo, sapendo dell’enorme sforzo che questa luce ha realizzato per farsi vedere anche questa sera

Osservando la volta stellata mi rendo conto che non posso rinchiudere il mare in una boccia di vetro, come non posso imprigionare l’Infinito nella mia limitata mente.

Ma non avete gli occhiali?
I nostri leader Europei hanno un grosso problema di strabismo o miopia e necessitano di nuovi occhiali. In questi mesi si sono preoccupati che il grosso problema economico fosse la piccola Grecia, senza offesa per i greci una pulce nell’economia mondiale, e non si sono resi conto che il dragone asiatico della Terra di Mezzo arrancava e perdeva vigore. Ed ecco il crollo della Borsa di Shanghai con un ruzzolone clamoroso, -8,5%! Il risultato peggiore dal 2007. Oggi tutti i giornali del mondo ne parlano tranne i giornali cinesi. L’agenzia di stampa Xhinua e il l Quotidiano del Popol, e i due principali organi della Repubblica Popolare, hanno piazzato la notizia in piccoli spazi sull’angolo delle loro home page. Un patetico tentativo degno del regime che governa in Cina di nascondere al mondo quello che il mondo già conosce benissimo e, se gli Usa e L’Europa puntano sulla Cina come motrice per la crescita globale, allora diamo fiducia ad un paese potente quanto inaffidabile. Il regime di Pechino con un maldestro tentativo ha cercato di riprendere il controllo del suo mercato azionario e nello stesso tempo di nascondere l’evidenza dei fatti. I governanti cinesi pensavano di imbrigliare la borsa che dall’inizio della scorsa estate ha guadagnato il 120% in meno di un anno, ma mentre la borsa saliva e le azioni valevano sempre di più, l’economia reale cinese continuava a rallentare e i profitti delle aziende non salivano. Per risollevarle il regime ha fatto di tutto, sospendendo le contrattazioni di 2.800 società quotate, ha creato un fondo pubblico incaricato di comprare i titoli per farne risalire il valore, ha fatto divieto ai grandi azionisti di rivendere le azioni, obbligo per le imprese di ricomprarli. Pare secondo fonti autorevoli che Pechino ha speso 1.300 miliardi di yuan, cioè quasi 200 miliardi di euro. Insomma la stessa bolla speculativa che ci aveva già travolti nel 2007. Poi i primi cedimenti a giugno dove la Borsa cinese ha perso il 30% nel giro di tre settimane. A quel punto il governo ha deciso che le azioni, a Shanghai, per un po’ non sarebbero più scese.! Ma, il salvataggio del partito, ha funzionato momentaneamente, perchè i comunisti cinesi non hanno ancora capito che i mercati sono un animale difficile da regolare, noi in Europa abbiamo già dato come detto prima nel 2007, figuriamoci se è facile domarli del tutto. Nessuno ha idea quale danno causerà all’economia reale cinese lo scoppio di questa “Lehman Brothers della terra di mezzo”. Quello che mi viene da chiedere come mediocre ragioniere, ma possibile che nelle discussioni a Bruxelles il problema principale per l’economia dell’Euro fosse la piccola Grecia e nessuno vedeva o sentiva il respiro affannoso del Dragone che non trascinava più l’economia mondiale? Allora il problema con la Grecia era solo politico! Purtroppo, tornando alla caduta del Dragone, il rischio è forte anche per noi europei, che abbiamo il bistrattato Euro che ci protegge, perché senza questa valuta unica, in questi anni avremmo fatto default diverse volte. Il rischio è forte anche da noi, l’economia è ancora fragile e non so quali scenari si presenteranno nei prossimi mesi con una brusca frenata del Dragone.
Favria, 10.08.2015 Giorgio Cortese

Nella vita per raggiungere la felicità ci vuole sempre una piccola dose di coraggio quotidiano.

Res gestae favriesi, la rustica ed odorosa achillea.
Secondo quanto tramandato dalla cultura popolare, il nome latino di questa pianta deriva dall’eroe omerico della guerra di Troia, il leggendario Achille, così ci racconta Plinio per curare le ferite insanabili di Télefo, dietro consiglio di Venere, avendo appreso dal centauro Chirone le virtù medicinali delle stesse, anche se le proprietà cicatrizzanti su di lui non funzionarono su Achille. Infatti quando Achille fu ferito al tallone da Paride, nonostante la Dea Afrodite gli avesse lavato la profonda ferita con la stessa pianta Achille morì e in suo onore fu chiamata Achillea e da quei tempi diventò il medicamento preferito dei guerrieri. Tuttavia Dioscoride ne aveva segnalato l’efficacia contro le piaghe e le ulcere, Ippocrate la raccomandava in bagni contro le emorroidi. Infatti le sue proprietà astringenti favoriscono la cicatrizzazione delle piaghe di varia natura. Linneo per questa credenza riconfermò il nome nella sua catalogazione. Questo genere comunque doveva essere ben noto ai botanici prima di Linneo, infatti lo troviamo nell’erbario di Jerome Block, 1498 – 1554. Nella metà del Settecento si registravano già una ventina di specie in coltivazione nei giardini inglesi. I francesi nominano queste piante “Achillées”, mentre gli inglesi le chiamano “Yarrow” oppure “Milfoil”. Il nome millefoglie indica invece la forma frastagliata delle foglie, che sono bi- tripennate. Da dati archeologici raccolti in Iraq in una tomba neanderthaliana risalente a 60.000 anni fa, pare che l’achillea fosse già usata come pianta officinale in epoca preistorica. In Irlanda era considerata “pianta magica”, utilizzata da fattucchiere e stregoni nella composizione di filtri e fatture ed ancora come pianta cosmetica nelle cure di bellezza Pianta alta dai 15 ai 50 cm, l’achillea cresce spontanea, in Europa, Asia occidentale e centrale e America del Nord, ai margini dei sentieri, sul ciglio delle strade, dal piano fino a circa 2700 m. e ed emana un leggero profumo di canfora. Nelle strade di campagna favriese la si trova spesso e volentieri. Pare che dalla pianta fresca, spezzettata e centrifugata si ottiene un succo che può essere utilizzato come cicatrizzante per ulcere varicose, ragadi, pustole, emorroidi . La natura è un miracolo che si perpetua ogni giorno davanti ai miei occhi, ma troppo spesso non riesco a percepirlo preso come sono da banali preoccupazioni. La natura è lo specchio dell’infinto e nell’annusare i profumi delle piante spontanee per un attimo con il mio animo entra in sintonia che le cose più belle di questo mondo.
Favria, 11.08.2015 Giorgio Cortese

La paura che gira nei miei pensieri, specialmente alla sera prima di dormire, non è il timore della morte, ciò che veramente mi assilla è lo sgomento di non riuscire a vivere abbastanza intensamente gli attimi che mi sono stati concessi, per poi accorgermi ahimè alla fine del mio tempo di aver trascorso i miei anni con l’orologio sempre al polso, ma il cuore chiuso in un cassetto, una vita scialba e senza passione.

Donatori di sangue, passione per la vita!
Se leggo i giornali le notizie che mi colpiscono di più sono quelle negative, di atti orrendi, quali feroci omicidi, rapine e violenze, ma quasi nessuna notizia per fare riflettere che ci sono nella vita di ogni giorno piccoli grandi segni di speranza e positivi come il silenzioso esercito di dei volontari che, nel più completo anonimato, offre un concreto aiuto per la salute e la salvezza di molte vite umane. Questo conferma l’antico adagio popolare che fa più rumore un albero che cade che una foresta che lentamente cresce. Oggi voglio parlare di un aspetto, i donatori di sangue. Il sangue umano non si può riprodurre in laboratorio, per questo è necessario quindi un gesto d’amore verso il prossimo uno slancio di e di generosità per aiutare i malati che ne necessitano, non solo in caso di interventi chirurgici o di trapianti, ma anche nell’affrontare le cure contro tumori, leucemie e anemie. Venerdì 31 luglio nel corso del prelievo straordinario a Favria abbiamo raccolto 32 sacche, 6 nuovi candidati e 4 donatori non sono stati ritenuti idonei per questa donazione. Per questo prelievo erano previste 20 donatori, è stato un successo. Ma al di la del successo dei numeri della donazione sono rimasto colpito quel giorno dalla passione dei volontari, da loro occhi si capisce che nel mondo nulla di grande è stato fatto senza passione. Grazie a tutti di cuore e spero che al termine di questa breve lettura, anche solo una persona fosse invogliata a intraprendere questo meraviglioso gesto che è la donazione del sangue.
Se da diverso tempo non doni, da più di 90 giorni, vieni venerdì 14 agosto a Favria To, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,00, farai la differenza! Per darti un migliore servizio è gradita la conferma della Tua preziosa disponibilità telefonando al numero 3331714827 o messaggio anche con WhatsApp o mail corteseg@tiscali.it
Grazie di cuore
Favria 12.08.2015 Giorgio Cortese

La presunzione può gonfiare le persone, ma non li farà mai volare, la malattia di certe persone è la presunzione di comandare

Da foraggio a foriero passando per fiareur!
L’estate era una volta per i contadini la stagione più impegnativa, in cui i lavori più importanti erano la mietitura del grano e degli altri cereali e la fienagione. La mietitura consisteva nella raccolta a mano di grano e cereali che venivano posti ad asciugare in covoni. La fienagione consisteva nella falciatura dei prati ed essicazione del fieno, quindi al suo trasporto ed immagazzinamento nel fienile. Il lemma foraggio deriva dal francese, fourrage, e questo dall’antico tedesco, fodr, con il significato di “vettovaglia, da cui deriva anche l’italiano antico fodero. Il fodero che oggi è il contenitore atto al trasporto fisico di un’arma bianca, solitamente coltello, pugnale e spada. Tornando al foraggio, termine con il quale si indicano le materie che servono d’alimento al bestiame domestico. Foraggi tipici sono l’erba fresca dei pascoli e dei prati e il fieno ottenuto facendo seccare l’erba dei prati. Dal lemma foraggio deriva anche foriere, che indica chi, o che, precede annunciando una persona, o più spesso un avvenimento, un fenomeno atmosferico, come quelle nuvole sono foriere di tempesta. Ma anche la parola furiere, nell’esercito italiano, fino all’istituzione del grado di maresciallo, era così denominato il sottufficiale più anziano della compagnia, o del reparto, incaricato dei servizî di contabilità, successivamente il termine è poi passato a indicare il sottufficiale , detto anche sottufficiale di contabilità, ch’era addetto all’amministrazione e contabilità del reparto.. Oggi, nella marina militare, è denominazione generica degli appartenenti a quella categoria di militari che, suddivisa in ulteriori specialità, assolve incarichi di segreteria o di contabilità o di sussistenza o di elaborazione automatica dei dati. Tornando al foraggio, per antonomasia, il fieno, una volta tagliato doveva essere riposto nei fienili, e qui dobbiamo fare una distinzione geografica se i prati sono pianeggianti e di solito situati abbastanza vicino alle abitazioni e alle vie di comunicazione. Ciò significa che anche in passato era relativamente agevole spostarsi con carri trainati da animali o altri mezzi. In collina, per non parlare della montagna, le cose stanno diversamente: i prati, soprattutto quelli utilizzati in estate, in collina erano a volte in pendenza. Di conseguenza il trasporto era necessariamente effettuato a schiena d’uomo, e la fienagione era un lavoro faticoso e durava circa tre mesi: si incominciava al mattino presto a tagliare l’erba con la falce fienaia, la sessa, facendo delle strisce parallele, che ogni tanto venivano rivoltate con un tridente per facilitare l’essiccazione. Quando l’erba era completamente asciutta e trasformata in fieno, era radunata in mucchi con un rastrello. Vicino agli alberi da frutta di usava il falcetto, il fauscet o la messoira, grande falce per tagliare il grano. Il fieno, indispensabile per l’alimentazione delle bestie durante l’inverno, veniva poi raccolto e successivamente trasportato nei fienili vicino a casa. Mi ricordo che una volta l’attrezzo principale della falciatura era la sessa dalla lama curva, fissata all’estremo di una lunga asta che portava in testa un manico che si impugna con la mano sinistra, mentre la destra tiene un’impugnatura, fissata alla metà, ricurva verso chi utilizza l’attrezzo. Una volta prima di iniziare il lavoro, al mattino, il falciatore procedeva alla delicata operazione dell’affilatura della lama, il martlè la sessa. Mi ricordo che era piazzata una piccola incudine dentro ad una pietra e poi mio papà con un piccolo martello cominciava a battere la lama, procedeva iniziando dalla parte larga della falce e continuando a ritmici colpi di martello, sino alla punta. Invece la falciatura veniva eseguita con ampio movimento a semicerchio e dal basso all’alto del pendio. L’erba, così, cadeva in file regolari. Quando la falce perdeva il filo e non tagliava bene, il falciatore interrompeva il suo lavoro, rifacendo il filo della lama con la pietra molare, che toglieva dall’acqua del corno tenuto dietro il fianco, appeso alla cintura e poi nei tratti irregolari del prato, dove affiorava qualche grosso sasso, si completava la falciatura con la falce tonda con un corto manico. Le donne con la forca sparpagliavano in modo uniforme sul prato l’erba tagliata. Più tardi sì procedeva a voltare il fieno, cioè a rigirare l’erba. La parte rivolta contro il suolo veniva a sua volta girata ed esposta al sole. Vi erano diversi modi di raccogliere il fieno e di trasportarlo, tutti ampiamente diffusi nell’intero arco alpino. L’impiego di uno o dell’altro sistema dipendeva essenzialmente dalla distanza che separava il luogo di raccolta da quello di utilizzo finale, dalle condizioni del terreno, dalla quantità di materiale da trasportare e dalle abitudini dei singoli contadini. Ma entro nel dettaglio, si usava in lenzuolo di tela di cotone quadrato di circa due metri di lunghezza, si distendeva sul terreno, vi si metteva il fieno sopra, unendo le estremità con delle corde a due a due, incrociate. Si si portava sulle spalle, tenendo il capo piegato in avanti. Il trasporto col lenzuolo era indicato solo per brevi percorsi. Oppure si usava per trasportare il fieno tagliato, durante il fienaggio, il fiurer, da notare l’origine delle lemma fieno, da latino fenum, successivamente in provenzale foin che rappresenta l’erba tagliata e fatta seccare, per servire da foraggio. Si usa il fiareur che era costituito da due sbarre in legno, lunghe circa un metro e mezzo, con dei fori nei quali scorrevano delle corde parallele: alle estremità di una delle barre erano fissate altre due corde, che servivano per legare il carico. Il fiareur si stendeva sul prato, poi con il forcone o con il rastrello vi si metteva il fieno sopra, quindi si chiudeva in modo da formare un cilindro e con le corde si faceva un nodo alle estremità. Il carico così formato era abbastanza pesante, in funzione delle dimensioni dell’utensile, poteva arrivare anche a 50 kg, se il fieno era ben sistemato e pressato. Si issava tutto sulle spalle, piegando in avanti la schiena, e questo attrezzo spesso e volentieri veniva anche utilizzato per raccogliere le foglie nelle “rive” dei boschi durante l’autunno per il giaciglio degli animali. Una volta il fieno si pesava con la tesa, la francese toise,, unità di misura della lunghezza, di superficie e volume originaria della Francia ante rivoluzione. Nell’America settentrionale fu in uso principalmente nelle colonie francesi della Louisiana e del Quebec. Questa antica unità di misura di lunghezza usata in Italia prima dell’adozione del sistema metrico decimale, corrispondente all’incirca all’apertura delle braccia tese, equivaleva, ma da zona a zona cambiava a circa 3,6 m2.. Le parole sono finestre dove si diramano tante stante e hanno il potere di distruggere e di creare alcune di loro possono cambiare il mondo.
Favria 13.08.2015 Giorgio Cortese

Personalmente non dimentico nulla nel bene e nel male. Ma non amo faticare per niente, la vendetta la considero una fatica sprecata.

Cosa aspetti! Vieni a donare!
E’ emergenza per la carenza di sangue in estate. Durante l’estate c’è un calo delle donazioni e c’è difficoltà a rifornire le strutture sanitarie. Con l’arrivo dell’estate, le donazioni di sangue calano vertiginosamente. Nonostante il grandissimo sforzo dei donatori, nel mese di Luglio, che ringraziamo ancora una volta per la loro generosità, le scorte sono insufficienti, si rischia di stare a secco. Data dunque la carenza di sangue e il proseguire di un periodo critico, il Gruppo Comunale D. Chiarabaglio – L. Tarizzo, continua nel sensibilizzare nuovi e vecchi donatori a recarsi a donare il sangue con il prelievo del 14 agosto, venerdì. Tutti possono donare sangue purché in possesso del requisito di buona salute, età compresa tra 18 anni ed i 60 anni (per candidarsi a diventare Donatori di sangue intero), 65 anni (età massima per proseguire l’attività di donazione per i Donatori periodici), con deroghe a giudizio del medico. Peso superiore a 50 kg con pressione arteriosa: tra 110 e 180 mm di mercurio, Sistolica o MASSIMA, tra 60 e 100 mm di mercurio (Diastolica o MINIMA. Frequenza cardiaca compresa tra 50-100 battiti/min., anche con frequenza inferiore per chi pratica attività sportive, e con il valore dell’emoglobina, deve avere un livello minimo di 12,5 g/dl nelle donne e di 13,5 g/dl negli uomini.. AAA Servono tutti i gruppi sanguigni, in particolar modo il gruppo 0, sia positivo che negativo. E Tu che mi leggi che aspetti oltre a mettere mi piace e condividere il messaggio ti aspettiamo a Favria venerdì 14 agosto dalle ore 8- alle ore 11,00 cortile interno del Comune. Se da diverso tempo non doni, da più di 90 giorni, vieni venerdì 14 agosto a Favria To, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,00, farai la differenza! Per darti un migliore servizio è gradita la conferma della Tua preziosa disponibilità telefonando al numero 3331714827 o messaggio anche con WhatsApp o mail corteseg@tiscali.it
Grazie di cuore
Favria, 14.08.2015 Giorgio Cortese