Nel silenzio della notte – Dalla donnola al piemontese musteila. – Mary Poppins la superTata! – Ho incontrato un princisbecco! -Camminare in una domenica pomeriggio – Che giovano… ? – di Giorgio Cortese

Donna: amore, gioia, continuità della vita. Felice festa donna.
Nel silenzio della notte
Il veloce pennello della natura tratteggia con i colori della sera, questo è il preludio dell’imminente notte! Cammino da solo nella sera tardi tra le vie della Comunità dove abito in questa fredda sera invernale e in questa calma infinita il mio sguardo si eleva verso il cielo. Se penso alla notte la parola deriva dal latino “Nox”, “Nyx” in greco, che a sua volta deriva dal sanscrito “Nac”, che vuol dire “tempo nel quale sparisce la luce”. L’espressione “passare la notte in bianco” deriva invece da una tradizione del Medioevo. I cavalieri trascorrevano la notte precedente l’investitura in una cappella, in preghiera e in meditazione, indossando una veste bianca, simbolo di purezza. Scusate della divagazione e ritorno a parlare della notte che veglia il mio cammino e dopo il mio placido sonno. Secondo Ovidio: “La notte dissimula i difetti ed è indulgente con tutte le imperfezioni…” Personalmente ritengo che la notte amplifica i rumori, i pensieri, insomma l’assenza di quello che mi manca. La notte è un megafono di emozioni. Da ottimista sono certo che non esiste notte tanto lunga che impedisca al sole di risorgere, anche se l’ora che mi sembra più buia è quella che precede il sorgere del sole. I saggi dicono che si dovrebbe pensare al mattino, agire a mezzodì, e poi leggere alla sera, ma di notte dormire, ma è anche vero che se il giorno è il padre del lavoro è la notte la madre dei pensieri. Mi affascina la calma della notte, la lucentezza delle stelle che trapuntano il cielo invernale, più è scura la notte e più le stelle che la ricamano sono lucenti e vegliano su di me e assordante è il silenzio nelle strade dove cammino Il buio fa da coperta alla Comunità che dorme e la riveste con i suoi brividi. Camminare in questa notte mi da la sensazione che nel buio le strade sembrano assorbite dal cielo. Incrocio un raro passante al quale mi verrebbe voglia di dire una frase di William Shakespeare: “Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?”. Mi affascinano le finestre di notte, quando la luce è ancora accesa e lavorano al contrario, intrappolando l’interno ed escludendo l’esterno. Ma c’è un punto morto nella notte, dove fa più freddo e il tempo più nero, dove il mondo ha dimenticato la sera e l’alba non è ancora una promessa del sole che sorgerà. Un tempo in cui è troppo presto per alzarmi, ma così tardi per andare a letto. Ma nonostante tutto anche d’Inverno la notte mi pare calda e lunga, la notte è sempre magnifica per ascoltare delle storie. Se ascolto i pensieri, i presentimenti nella notte, mi interrogo allora con una tenue e lontana voce, che è la mia coscienza, più c’è silenzio nella notte e più si fa sentire forte. Sotto il cielo stellato mi rendo conto che come essere umano sono una cosa molto piccola, e la notte è molto grande e piena di meraviglie. Certo che nella passo più metà della vita, ma forse è la metà più bella davvero.
Favria, 9.03.2015 Giorgio Cortese

Certe notti mi sembrano più vive e ed intensamente colorate del giorno

Dalla donnola al piemontese musteila.
Donnola dove te ne vai, donzella della notte, gran terrore dei pollai. Il nome Donnola deriva dal tardo latino, domnula, diminutivo di domna, “signora”, per la forma aggraziata, “signorina”. I Greci la chiamano sposina, nymphitza, i Tedesci signorina, frauylein, i Danesi, sposa, brud, gli Spagnoli comaruccia, comadreja, i Milanesi, bellora che deriva dall’antico tedesco bille, martora. Pensate che nell’antica Grecia se durante un’adunanza pubblica della polis veniva avvistata una donnola, l’assemblea veniva sospesa. In piemontese veniva chiamata in dialetto Musteila, dal provenzale mostela. Nel medioevo veniva associato a questo piccolo ed agile carnivoro una manifestazione della masche, delle streghe. Parente prossimo della musteila è il foin, la faina in piemontese. Furetto deriverebbe, secondo l’etimologico italiano, dal latino parlato *furitum, da fur = ladro, perché ruba conigli; non è chiaro se la voce italiana continui la voce latina o ci sia giunta tramite il francese furet L’etimologico francese dice che furet viene dal latino fur, furis, ladro; dal latino volgare furittus, diminutivo di fur. Il furetto è noto sin dai tempi più antichi, già Aristotele ne parlava chiamandolo íktis, genitivo íktidos, che significa anche martora, donnola, faina. Nel latino classico, Plinio i furetti venivano denominati viverra, viverrae. Ovidio nella Metamorfosi narra del mito di Galantide, latino Galanthis, che era la figlia del tebano Proteo ed è amica o ancella di Alcmena. Troviamo Galantide nel mito della nascita di Alcide, che verrà in seguito chiamato Eracle, Ercole. Secondo il mito, Alcmena, ormai giunta in prossimità del parto del figlio di Giove, era ostacolata da Giunone, che aveva impedito alla figlia Ilizia e alle Moire di lasciar partorire Alcmena. Galantide inganna con astuzia Ilizia e Moire dicendo che il parto era già avvenuto nonostante il loro restare a gambe incrociate per impedire la nascita del bambino. Le quattro, stupite che il sortilegio non avesse funzionato, entrarono nella stanza di Alcmena, dove scoprirono che erano state truffate da Galantide. Giunone, irata dalla nascita del figlio di Giove e dall’imbroglio di Galantide, tramutò quest’ultima in donnola condannandola a partorire i figli dalla bocca. Anche Fedro narra favola sulla donnola e L’uomo. “Una donnola era stata acciuffata da un uomo; volendo sfuggire alla morte imminente, gli disse: “Risparmiami, ti prego, perché ti ripulisco la casa dal fastidio dei topi”. L’uomo rispose: “Se tu lo facessi per amor mio, te ne sarei riconoscente e esaudirei le tue suppliche. Ma, dal momento che ti dai da fare per goderti gli avanzi, che intanto rosicchierebbero i topi, e per di più ti divori i topi stessi, non addebitarmi un servizio inesistente”. E dopo avere così parlato, diede la morte a quella disonesta.” La morale è semplice, nella vita chi bada esclusivamente all’interesse personale e vanta con gli ingenui un merito che non ha, deve capire che questa storia lo riguarda. E concludo con questa storiella: “Una donnola molto vorace, venne a sapere che c’era una casa abbandonata piena di topi. Così, senza pensarci due volte, si reco in quel luogo per verificare di persona se le notizie erano vere o false. Poco dopo essersi nascosta, cominciarono, uno alla volta, ad uscire i primi topi che, ignari del pericolo, caddero in un batter d’occhio sotto i morsi della donnola. I pochi sopravvissuti tornarono nelle loro tane atterriti da tanta voracità. Passarono alcuni giorni e la donnola non vedendo comparire più i topi intuì che bisognava attirarli fuori dalla tana con un tranello. Salì allora su un palo e fece finta di essere morta, lasciandosi cadere nel vuoto. Ma uno dei topi sopravvissuti, sporgendo il naso fuori dalla tana, vedendo penzolare nel vuoto la donnola disse:” Cara amica, dopo tutto quello che è’ successo non uscirò dalla tana nemmeno se tu diventassi un sacco di pane…….” La quotidiana esperienza insegna che le persone dopo aver subito un torto o un’ingiustizia da qualcuno non dovrebbero mai più farsi ingannare nemmeno più dalle sue subdole intenzioni
Favria 10.03.2015 Giorgio Cortese

Nella vita cerco sempre di guardare il lato positivo degli avvenimenti, altrimenti si crea troppo buio per poter leggere.

Mary Poppins la superTata!
Quando penso a Mary Poppins, film del lontano 1964, allora avevo sei anni, di Robert Stevenson non so quale parte del film preferire tra il volo delle tate, spazzate via dall’improvviso turbine della superTata? Il percorso tortuoso e danzante degli spazzacamini sui tetti di Londra? Anche loro, sì, rifunzionalizzano con plastiche mosse tetti, comignoli e caminetti, trasformandoli negli elementi scenici di una coreografia a cielo aperto quasi a significare di essere forti per essere utili. E poi il volo con propellente risata sul soffitto, la scena dei giocattoli che si mettono a posto al battito di mani di Mary, Jane e Michael, insomma il film è sempre tutto, continuamente, sorprendente! Penso alla stupefacente discesa dal cielo della giovane bambinaia e alle rigorose argomentazioni dei due bimbi in proposito. Quando, all’inizio del film, Michael vede Mary Poppins scendere dall’alto con un ombrello che fa da paracadute, dice stupito alla sorellina “guarda, una strega !” Jane risponde tranquilla: ”non può essere una strega, non ha la scopa”. E’ qui chiaramente sotteso un ragionamento, per quanto bizzarro, del tipo tutte le streghe cavalcano una scopa ma Mary Poppins non cavalca alcuna scopa, allora Mary Poppins non è una strega. E chi conosce bene i bambini sa quanto può essere rigorosa la loro logica dell’assurdo. Scriveva Platone nel Gorgia, 471 a.C che: “L’uomo e la donna veramente belli e buoni, dico, sono felici; l’uomo ingiusto e malvagio è infelice”. Il film di Mary Poppins ha creato una figura mitica di grandissimo successo e fascino, e ciò mi suggerisce l’idea che ormai solo il cinema possiede questa capacità di creare dei miti. Dietro l’aspetto conformista della tata canterina e remissiva germoglia una forza eversiva, infatti solidarizza con un proletario, lo spazzacamino Bert, Dick Van Dyke nel suo ruolo giustamente più famoso, e poi destabilizza dall’interno la borghese sicurezza di un bancario e riempie una casa onorata di spazzacamini danzanti e scatenati, tra l’altro con suo sommo divertimento, ma riesce comunque a riportare nella famiglia Banks la giusta scala di valori morali. Avevo letto tempo addietro che i due musicisti di casa Disney Robert e Richard Sherman lavorarono per ben due anni e mezzo alla stesura delle musiche di Mary Poppins senza sapere che gli studios non ne possedevano i diritti. Comunque Feed the Birds, La cattedrale, in italiano, divenne la canzone preferita in assoluto di Walt Disney stesso, tanto che pare chiedesse spesso ai fratelli di suonargliela al pianoforte. Un altro dei brani più celebri del film, Supercalifragilistichespiralidoso, fu talmente complesso da scrivere che solo per inventare la parola ai due fratelli occorsero ben due settimane di lavoro quotidiano. Quello che mi lascia di ricordo il film è che non importa costruire un nuovo mondo, basta prendere una borsa, una lettera strappata in un caminetto spento, e farli diventare oggetti magici, e poi dalla volta celeste un buco nero sputa-oggetti travestito da valigia, una campagna da favola celata sotto un velo di gesso colorato, una missiva celeste che non ha bisogno di messaggeri , tanto c’è il vento, che agisce sugli eventi come più gli piace, questa è la magia del film dove la forza di gravità indebolita consente anche di nuotare nell’aria, prolungando i gesti in modo imprevisto trascinandomi come spettatore in un’irresistibile fluttuazione fantastica e di continuo stupore.
Favria, 11.03.2015 Giorgio Cortese

Nella vita di ogni giorno il successo è un viaggio non una meta

Ho incontrato un princisbecco!
Princisbecco è un adattamento dell’inglese pinchbeck, a sua volta derivato dal nome dell’orologiaio londinese Christopher Pinchbeck, 1670-1732, inventore di una particolare lega metallica. Al significato proprio di princisbecco, lega di rame, zinco e stagno, di aspetto simile all’oro, usata per la produzione di oggetti che imitano l’oro, per lamine sottili in sostituzione dell’oro, per fili da ricamo posso aggiungerne uno figurato, usato con riferimento a cosa o persona bella in apparenza, ma priva di valore. In toscana dicono restare di princisbecco, ovvero grandemente stupito, sbalordito, ovverossia di stucco! Certamente è una parola sorpassata, e oggi se penso a qualcosa di pretenzioso e di poco valore non pensiamo al princisbecco, ma l’immagine di falsità che si è scavata nella nostra cultura la rende una parola alta. Posso parlare appunto di personaggio princisbecco, perché questa persona pensa di sapere ma ha sola una dose di ignoranza spaziale, purtroppo non comprende nulla dai quotidiani errori ma si pensa bravo e quando parla… beh lasciamo perdere. Insomma vederlo agire mi lascia sempre di più basito. La parola basire, di probabile origine celtica, sebbene una radice bas- non sia provat. Secondo alcuni il primo dei significati attestati, “morire”, è di uso antico e obsoleto, il secondo, “sentirsi venir meno, svenire: basire di paura; basire dalla fame, dal freddo”, è di uso per lo più letterario e genera, per estensione, quello che a me adesso interessa: “rimanere allibito, sbalordito”. Tornando a princisbecco, è una parola dal suono bello e buffo, come detto deriva da un parola inglese che è stata italianizzata. La cosa divertente è come il nome dell’inventore sia stato storpiato per renderlo più gradevole, un po’ come nel caso del cavaliere di ventura John Hawkwood, che Paolo Uccello dipinse in un affresco funebre conservato nel duomo di Firenze, e universalmente noto come Giovanni Acuto.
Favria, 12.03.2015 Giorgio Cortese

Nella vita molte volte è la somma che fa il totale, ma se certe persone non hanno cervello uno squallido zero piatto periodico

Camminare in una domenica pomeriggio
Una domenica pomeriggio nel mio passeggiare per Favria, incontro gli amici Sandro e Mariangela e con loro intraprendo una passeggiata più lunga di quella che mi ero prefissato in partenza. Quando sono tornato a casa, con la notte che tutto tinteggiava di scuro dal cielo ai colori delle case ho ripensato alla recente camminata. Ritengo che camminando si apprende la vita e si conoscono meglio le persone con cui condivido una parte del mio pensiero, camminando, ho imparato a stare fermo nei miei pensieri. Spesso, certi giorni commetto l’errore di camminare troppo in fretta, senza gustare né vedere le piccole grandi cose dell’esistenza. Nella vita non devo mai avere la brama ansiosa di arrivare perché non so mai che cosa mi riserva il destino. Per non perdere lo stupore della vita devo sempre cercare di camminare nella direzione dei miei sogni. Nella vita esistono dei cammini senza viaggiatori, ma è triste vedere delle persone senza una meta. Se il cammino della mia esistenza viene percorso con saggezza può essere una rivelazione, ma certe volte sono umanamente tentato a prendere le scorciatoie delle cattive abitudini, delle ambizioni, della sete di denaro. Ed allora il vero miracolo che mi compiere la mia coscienza che non è volare in aria o camminare sulle acque, ma camminare sulla terra dove non c’è cammino troppo lungo se cammino affrettandomi lentamente e la meta non è mai troppo alta se mi preparo con pazienza. Posso vivere una vita intera senza mai imparare nulla se quando cammino non ascolto chiunque abbia una storia da raccontare
Favria, 13.03.2015 Giorgio Cortese

Che giovano… ?
“Che giovano a quell’uomo ottant’anni passati senza far niente? Costui non è vissuto, ma si è attardato nella vita; né è morto tardi, ma ha impiegato molto tempo per morire.”
Lucio Anneo Séneca