Nuove pagine di Giorgio Cortese (dal 18 Settembre)

La Musica Rinascimentale, simbolica pittura sonora
Il Rinascimento fu uno dei periodi più importanti sia a livello storico-culturale,  che a livello artistico. Per quanto riguarda la musica nel Rinascimento, tutto ebbe inizio con la polifonia in cui si sovrapponevano due o più linee melodiche differenti, strumentale o vocali. Nel suo repertorio troviamo l’organizzazione di due gruppi corali diversi che allo stesso tempo si contrappongono. Inoltre con il  termine polifonia, che deriva dal canto gregoriano, si definisce in musica uno stile compositivo che combina 2 o più voci, vocali e/o strumentali, indipendenti, dette anche parti. Esse si evolvono simultaneamente nel corso della composizione, mantenendosi differenti l’una dall’altra sia dal punto di vista melodico che ritmico, pur essendo regolate da principi armonici. In senso compositivo il termine polifonia si contrappone a quello di  monodia.  Con la musica polifonica si arriva alla  maestà ed il senso di raggiunta perfezione dal  felice equilibrio conseguito fra la polifonia ed il nuovo senso dell’armonia.  Con il  Rinascimento sia nella musica, all’arte,  filosofia, religione e  scienza  si nota la grande rivoluzione del pensiero rinascimentale. Come il trapasso da una concezione trascendente ad una immanente della vita non fu improvviso, così già nelle melodie dei trovatori e nelle polifonie profane e popolari si potevano cogliere i primi indizi di questa evoluzione. La grandezza delle consonanze fa suonare più gradita al nostro orecchio questa polifonia. Nell’ambito della musica di Chiesa si diffondono la messa e il mottetto: la prima, paragonabile per la sua complessità alla sinfonia moderna, mantiene una rigidità strutturale e argomentativa propria delle musiche di Chiesa, il secondo permette invece una maggiore libertà espressiva rispetto alle esigenze liturgiche. Nella musica profana si diffonde il madrigale, corrispondente profano del mottetto, forma polifonica che domina tutto il ‘500; aperto a tutte le tendenze innovatrici, esso è campo di battaglia di tutti gli esperimenti più arditi in campo musicale. Venerdì 12 settembre a San Grato, Favria, il Coro La Balcona,  una corale polifonica a voci miste composta da circa venticinque elementi suddivisi nelle quattro “voci” fondamentali, fondata a Pratiglione C.se (TO) nel giugno ’87, con un raffinatissimo e raro repertorio rinascimentale sotto la guida del bravissimo maestro Benny  Turigliatto, ha retto i fili di questa pregevole trama con precisione, con gesti esatti ed esaurienti, direi plastici. Le voci della piccola compagine corale hanno risposto alle costanti sollecitazioni del direttore con una chiarezza espositiva e una tensione emotiva da elogiare senza alcuna riserva, nemmeno di ordine filologico in senso stretto. Il pubblico, raccolto nella Chiesa dell’anno mille, molto attento ha sottolineato con intensi applausi il valore dell’elevazione musicale, insomma una simbolica pittura sonora. Complimenti al Comitato di San Grato, complimenti ai Priori Isabella e Sergio e un grazie  tutte le persone che hanno partecipato ad un bellissimo evento artistico
Favria, 18.09.2014         Giorgio Cortese

Molte volte mi viene da pensare che la mia vita quotidiana sia un’insieme di combinazioni tra musica ed emozioni.

Passeggiando
Lo scorso mese, nella settimana di Ferragosto passeggiavo per Favria, non pioveva, l’aria era mite ed era una  bella notte d’estate. Nelle case al primo piano erano aperti le finestre sui balconi ed erano semivuote le piazze e le vie. In questo mio giro serale Favria mi sembrava una bella dama addormentata. E camminando osservavo la mia nera ombra tra le panchine del parco e le superbe piante. La torre del campanile e quella di San Michele sembravano indicare la strada agli sparuti concittadini che andavano passeggiando.
Favria  19.09.2014   Giorgio Cortese

Enduvonej!
L’ha pì ‘d sent tacon e l’ha ‘n pont, cò l’è? Ha più di cento toppo e non ha un punto, cos’è?
Bira drinta, bira fòra, cò l’è?  Pelo dentro, pelo fuori, cos’è?

Quel genio di Lasso Orlando.
Lasso Orlando, in latino Orlandus Lassus, in francese Orland o Roland de Lassus è stato un grandissinmo compositore fiammingo, nato a Mons, Hainaut, ca. 1532- morto a Monaco di Baviera 1594. Persoan di spirito libero soggiornò a Parigi, in diverse città italiane e ad Anversa prima di entrare nella cappella ducale di Monaco, di cui fece parte dal 1556 fino alla morte, divenendone maestro nel 1560. La sua vastissima produzione abbraccia quasi tutti i generi musicali dell’epoca, comprendendo circa 700 mottetti, composizioni musicali vocali con o senza strumenti di ispirazione sacra. Il lemma  mottetto nasce, come termine, quale diminutivo di ‘motto’, che a sua volta deriva dal francese ‘mot’, parola,  anche in quella lingua il ‘motet’ designa un breve componimento. Lasso Orlando compose 58 messe, poco meno di 200 madrigali composiziono musicali o liriche, in maggior parte per gruppi di 3-6 voci, originaria dell’Italia, e diffusa in particolare tra  Rinascimento e  Barocco. L’origine della parola è a tutt’oggi discussa, per alcuni l’origine deriva dal latino volgare mandria-mandrialis in riferimento al contenuto rustico e pastorale; da matrix-matricalis, “di lingua materna, dialettale” o meglio alla buona, potrebbe provenire dal Provenzale mandra gal, “canto pastorale”, oppure dallo spagnolo, madrugada, “canto dell’alba” o per ultima ipotesi sempre dal lemma latino “materialis” opposto a “spiritualis” ovvero “cose materiali o grosse”. Tutte queste saranno caratteristiche del madrigale musicale del ‘300. La forma originale del madrigale, assai praticata nel secolo XIV, era costituita da una successione di endecasillabi, di numero variabile da sei a quattordici, ripartiti in brevi strofette con vari incontri di rime e comunque sempre con una rima baciata finale. Questo genio compose pure , 33 villanelle o canzoni vallanesche, una forma di  canzone profana nata in Italia nella prima metà del  XVI, la progenitrici della camzone  Partenopea.L’argomento delle villanelle era generalmente rustico, comico e spesso satirico: di frequente si parodiava il manierismo della musica di allora, frequente ad esempio nei madrigali. L’origine del lemma proviene da villano, che significa contadino. Il  lemma villano deriva a sua volta dal latino tardo medievale villanus, indicante un fattore. L’etimologia della parola si riferisce al fatto che l’iniziale caratteristica distintiva della forma poetica era il soggetto pastorale. Continuando l’immensa produzione di Lasso Orlando si trovano più di 90 Lieder tedeschi, parola plurale di lied che significa letteralmente canzone o romanza.
E per concludere 150 chansons, canzoni, dal latino cantio, erano delle composizioni polifoniche con testo in francese. La vita di questo genio, mi ha dato la possibilità di spiegare i vari generi della musica polifonica del suo periodo, in lui si ravvisa una sintesi delle tradizioni fiamminga, francese, italiana e tedesca, sotto il segno di una personalità creatrice libera ed estrosa. Insieme con Palestrina, Lasso è figura dominante della sua generazione: delle profonde differenze che lo separano dal musicista italiano si può considerare emblematica, nel campo della musica sacra, l’importanza preminente che assume in lui, rispetto alla messa, il mottetto. Nella sua evoluzione stilistica, il compositore accoglie inizialmente esperienze cromatiche e poi abbandonate, e tensioni espressive intense e complesse, con una forte e raffinata caratterizzazione psicologica, per volgersi poi a un linguaggio più rarefatto, caratterizzato da un’essenzialità rigorosa. Il suo linguaggio contrappuntistico preannuncia, per qualche aspetto, lo stile recitativo della monodia, camto ad una voce, affermatasi nel decennio successivo alla sua morte.
Favria, 20.09.2014

Se  alzi un muro, pensa a cosa lasci fuori.
Mare nostrum, dal titolo altisonante, era stata presentata come l’operazione che avrebbe salvato tante vite umane, ridotto lo sfruttamento dei migranti presenti sul territorio libico, mostrato all’Europa che cosa sa fare l’Italia, e quindi indotto l’Ue a prendersi carico della questione. Mare Nostrum” è una grande operazione umanitaria e di pace, con strumenti militari. Ma è accaduto esattamente l’opposto. Con l’operazione Mare Nostrum,  l’avanzamento della linea delle nostre unità navali nel Mediterraneo, per raccogliere i migranti in prossimità delle acque territoriali della Libia, al di là delle intenzioni, ha prodotto come paradosso che per  salire su una imbarcazione, gestita dagli scafisti i novelli negrieri, costa molto meno perché il tragitto è più breve,  se poi a questo aggiungiamo l’affidabilità delle navi italiane fanno sì che le barche degli scafisti siano ancora più precarie, e ciò aumenta la possibilità di affondamenti e, purtroppo di morti in mare. Per la nostra Patria i costi sono cresciuti esponenzialmente, senza che  l’Ue si senta chiamata in causa.  Ritengo che sia importante non  perdere questa grande possibilità che è stata dimostrata dall’Italia, di fare del Mediterraneo un canale umanitario per salvare e per accompagnare tantissime persone. Ma Mare Nostrum, scusate il gioco fo parole fa acqua da tutte  le parti. L’Europa non è assente soltanto in questa operazione, ma è assente anche in una politica internazionale che tante volte vede due grandi blocchi ancora decidere le soluzioni dei Paesi al confine con l’Europa. Per l’efficacia di Mare Nostrum   si dovrebbe fare una  riflessione diversa su come è presente l’Europa in quei Paesi del Nordafrica che hanno visto una rivoluzione. Come è presente in Medio Oriente, in una guerra che è ripartita in maniera impressionante. Come è presente l’ Europa nella stessa Europa in  Ucraina, perché non dimentichiamo che l’Ucraina è un altro confine importante che potrebbe creare un esodo di migliaia di persone. Questi aspetti chiedono assolutamente una politica. L’Europa non può essere assente da questa realtà. Allora il vero  problema è qual è il tipo di governo che l’Europa sceglie e si è scelta. Se l’Europa sceglie la democrazia come governo, la democrazia chiede la tutela dei diritti dei sui cittadini,  dei richiedenti asilo, dei diritti dei rifugiati, dei diritti di chi è in fuga da situazioni di persecuzione religiosa e politica. In gioco di fronte all’emigrazione, oggi, non è semplicemente un discorso di accoglienza o di non accoglienza, in gioco è qual è il modello di democrazia che noi vogliamo scegliere, se vogliamo continuare, come abbiamo scelto dagli anni Cinquanta in poi, a ritenere che il diritto d’asilo è uno strumento importante di una Europa democratica. In gioco, di fronte a questa migrazione forzata che sta avvenendo, è: se l’Europa vuole diventare una “cittadella murata”, chiusa o se vuole dimostrare la sua capacità democratica di rispondere a un diritto di persone che lo chiedono. E in questo caso è un diritto di asilo e di protezione umanitaria.. E l’annuncio della sospensione potrebbe anzitutto intensificare l’arrivo di altri profughi e di altri rifugiati, e dall’altro lato potrebbe portare ancora indietro di un anno, a quel 3 ottobre, in cui oltre 350 persone hanno perso la vita e farci tornare a piangere su dei morti perché non siamo in grado di presidiare un mare che è nostro e che è il nostro confine, non solo come Italia, ma come Europa. Concludo con le parole di Italo Calvino: “se  alzi un muro, pensa a cosa lasci fuori!”
Favria, 21.09.2014   Giorgio Cortese

Le  mie quotidiane azioni  sono le migliori spiegazioni dei mei pensieri

Una piacevole serata
Scriveva Cicerone che il piacere dei banchetti non si deve misurare dalle squisitezze delle portate, ma dalla compagnia degli  amici e dai  loro discorsi. Ecco questa era l’atmosfera di mercoledì sera a casa di Pansy e Pasquale, sempre perfetti padroni di casa, che hanno presentato la tavola come una tela dipinta che mi ricorda che  “l’oggi” è una volta sola. L’immagine dipinta svanisce alla fine della serata, ma il suo gioioso ricordo resterà scolpito nella mente delle persone che erano sedute al tavole quella sera. È una ricchezza che i soldi non possono  compare, e che resta proprio in quanto svanisce. L’amicizia è il valore che mi dona speranze, forze, vigore. con gli amici non servono parole, loro sanno comprendere ed aspettare. Mangiare con loro, è più di nutrirsi, essendo sempre uno stabilire una relazione con me stesso, con gli altri e con  gli alimenti che mi riportano  a una solidarietà umana. Di  qui nasce la categoria della “convivialità”, ossia del vivere insieme. Il cibo  è alimento per vivere e costituisce una prima relazione con me, con la mia salute e con il piacere stesso. In  alcuni casi assume carattere terapeutico, oggi esasperato, perché posto a servizio dell’immagine fisica. Sono note le malattie dell’anoressia e della bulimia. Dal verso opposto c’è l’ingordigia, l’obesità. In ogni casa convivialità si compie soprattutto a tavola quando le persone si incontrano e dialogano fra loro. In essa c’è l’espressione più completa della vita relazionale, della condivisione, della solidarietà. A tavola si dialoga e il cibo si trasforma e diviene corpo  umano. In quel momento ecco il momento della solidarietà e della condivisione fra gli uomini e i beni della terra. L’aspetto emozionante di ritrovarmi tra amici è quello  stare bene a tavola, un valore umano da riscoprire.  Ritengo che dialogando con loro hanno un volto leale quelle parole che nascono spontanee seguite da un gesto naturale e nobile. Hanno un volto leale i sorrisi di chi mi vuole bene, i sorrisi di chi ci tiene a me e lo hanno dimostrato sempre con costanza. Hanno un volto leale la serata spensierata che trascinano l’animi in una serena atmosfera di pace e complicità su di una strada chiamata amicizia. Grazie a Pansy, Magda, Pasquale,  Pino, Sergio e  Roberto, vi ho scelto come amici  perché sono migliori di me.
Favria,   22.09.2014    Giorgio Cortese

Enduvonej!
J’è na còsa cl’ha la stesta gròssa con cla dla randolina, l’ha pì ‘d sent pertus ent la schina, cò l’è?
C’è una cosa che ha la testa grossa come quella della rondine, ha oiù di cento buchi nella schiena, cos’è?
El dial, il ditale

J’è na còsa tuta taconà, l’è mai ‘staje l’uja piantà, cò l’è?
C’è una cosa tutta rattoppata, non c’è mai stato l’ago puntato, cos’è?
El cel pien de stele, il firmamento stellato

Enduvonej!
L’ha pì ‘d sent tacon e l’ha ‘n pont, cò l’è? Ha più di cento toppo e non ha un punto, cos’è?
El cuvèrcc, il tetto

Bira drinta, bira fòra, cò l’è?  Pelo dentro, pelo fuori, cos’è?
La caossa ‘d lana, la calza di lana

Zappiens!
Una volta ci definivamo homo sapiens, adesso potremmo definirci homus zappiens,  versione foneticamente digrignante dell’homo sapiens, con un’area cerebrale formato xxxl per la sensibilità del polpastrello del pollice, con cui compulsivamente clicchiamo i telecomandi dei cellulari e di ogni tasto che ci capiti a tiro. Questa considerazione mi è venuta in mente una sera che ero in sala d’aspetto del dottore con sette persone in attesa, di cui quattro erano stregati dalla tastiera del cellulare, due che parlavano ed il sottoscritto che leggeva un libro. Penso che con  i paleontologi siamo tuttora in credito di un immaginario “anello mancante” dell’evoluzione umana. Dopo 40.000 anni circa, secolo più secolo meno, forse è apparsa una nuova specie, che si potrebbe denominare homo demens demes.  Questi personaggi, sono bipolari con forti impulsi antagonisti, cosicché quando si assopiscono le istanze del controllo razionale, ecco che in loro debordano dei caratteri inconsulti e deliranti, i cui atti sono raccontati con voluttà, quotidianamente, nei tg della sera, e allora prevedo tempi duri  per l’homo sapiens sapiens se l’homo demes demes prenderà il sopravvento. Se nel Rinascimento si celebrava la dignità dell’homo faber,  ipsius fortunae, perché allora non c’era ancora la moda che vanno solo avanti i raccomandati, ora siamo arrivati all’homo symbolicus che pur essendo un inetto si trova a comandare degli homo faber solo perché è stato un grandissimo  homo loquax , che non è solo capace di parlare ma a forza di fare parole inutili è arrivato a dirigere altri simili per poi a trasformarsi rapidamente in homo technologicus,  simbionte di corporeità, tecnologia e virtualità. Per evolversi poi, in homo interneticus, persone che, al risveglio, prima guardano la pagina di meteorologia su Internet, poi si vestono, quindi  avvolgono le tapparelle  della loro fimestra di casa, per vedere come è il tempo fuori. Insomma il vedere cinque persone, giovani e meno giovani in una sala di attesa di un dottore mi ha fatto pensare, tra  il serio e il faceto, che la fenomenologia dell’umano è ancora di là dall’essersi esaurita
Favria,  23.09.2014  Giorgio Cortese

La diversità tra un uomo che si nasconde dietro la morale e un  uomo d’onore è che il secondo è sinceramente dispiaciuto se ha commesso un atto vergognoso, anche se questo ha funzionato ed egli non è stato scoperto.

Magnifico simposio!
Mi permetto di prendere in prestito il lemma simposio che deriva dal greco con il significato di bere. Ma non intendo il simposio con quel significato e neanche la seconda parte del banchetto presso gli antichi Greci e Romani, nella quale i commensali bevevano secondo la prescrizione del simposiarca, cantavano carmi conviviali,  recitavano poesie, assistevano a trattenimenti varî e conversavano. Prendo in prestito tale parola,  Simposio, con  l’iniziale maiuscola dal  titolo di un dialogo di Platone in cui il banchetto costituisce l’ambiente della discussione filosofica. Appunto da tale dialogo ho ripreso, come molti altri prima di me il titolo di questa breve  riflessione per il bel momento conviviale passato sabato 20 settembre, nel tardo pomeriggio in Filia, frazione di Castellamonte. Il lemma Filia, che  dovrebbe avere come origine giusta del toponimo, il nome attribuitole nel medioevo, dal nome del bosco che ricopriva tutto il territorio, per differenziarlo da quelli vicini, il lemma filia evoca, anche il lemma greco philos, amico. Sabato 20 settembre, in una riunione conviviale dove ho conosciuto personalmente delle persone, con cui corrispondevo tramite mail e per telefono, delle persone delle quali ho letto i loro bellissimi articoli-ricerca  storica sul territorio canavesano. Il tutto seguito da un apericena che definirei meglio come merenda seinoria per rimanere nelle tradizioni canavesane. Un incontro con cibi genuini e sorprendente dai gusti che non mi aspettavo, parlando con amici. Questo fare conoscenza personalmente mi ha ricordato un passo delle Georgiche di Virgilio, riletto nel mese di luglio c.a.: “Ma prima di fendere col vomere/ un terreno sconosciuto,/ si dovranno conoscere i venti,/ l’andamento del clima,/ le coltivazioni precedenti/ e le proprietà peculiari del luogo,/ che cosa produca e non produca”. Ecco, chi ricerca storie ed avvenimenti sulla storia canavesana passata è simile al contadino di Virgilio, che ha anche scritto il famoso poema l’ Eneide, che personalmente considero un mix rovesciato dell’Iliade ed Odissea di Omero,, prima il viaggio poi la breve guerra nel Lazio per dare origine alla stirpe che edificherà Roma. Ecco, il contadino, il ricercatore, non può arare un terreno sconosciuto se non si documenta sul luogo,  sul clima e sulle  coltivazioni precedenti. E’ importante la ricerca è dunque il passato, che genera il divenire, il suolo che calpestiamo ogni giorno se lo solchiamo con la ricerca storica ci porta ad una migliore conoscenza dei nostri luoghi.
Favria,  24.09.2014 Giorgio Cortese
L’invidia appartiene ai mediocri, agli inutili, ai falliti, a coloro che hanno bisogno di sminuire la vita  mia e degli altri per sentirsi appagati.
Res Gestae favriesi, 1777 la conservazione dei boschi comuni
Con l’Ordinato del 25 settembre 1777, la Comunità aveva mediante incanto concesso al “taglio del bosco ceduo, e ramaglie esistenti nel tenimento Comune denominato della Favriasca”. Il taglio del bosco fu concesso a Domenico Borgiallo in quanto aveva offerto la migliore somma. Il Borgiallo si impegnava nel taglio del bosco a seguire le modalità previste nei “Capitoli” previsti nell’Ordinato del taglio del bosco. I Capitoli specificavano che il pagamento di quanto pattuito per il taglio doveva  avvenire in due termini, il primo entro il mese di novembre ed il secondo entro Aprile dell’anno venturo. Veniva poi specificato “ Si farà detto taglio a fior di terra e come si dice a taglio rotondo, e da buon padre di famiglia che però dovrà l’impresario servirsi di persone pratiche in simili lavori avvertendo di non devastare li tronchi, per  non impedirne la ripupulazione”.
Favria, 25.09.2014

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