Ottobre – Le ottobrate romane – Donare sangue vale doppio – L’incastro impelagato. – Alla quadriglia … – Servire lo Stato ad intermittenza – Yeoman, Yeomanry, e Beefeaters….- Donare il sangue.che aspetti! – Il grande cuore alpino cuorgnatese…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Ottobre
Ottobre si tinge tutto d’oro come le foglie che si staccano dall’albero, o gli splendidi tramonti, dorati con il sole che manda i suoi tiepidi raggi ad illuminare la terra arata sulla campagna ormai stanca. Mese dai lieti colori dove sbocciano gli ultimi fiori e nei prati lungo la roggia gagliarda le siepi sono tutte vivide di bacche rosse. Nelle vigne i pampini delle viti spogliati dei loro grappoli bianchi e neri, e le fronde degli alberi tendono ormai al rossiccio, al giallo, insomma una esplosione di oro sotto i boschi e lungo i viali! Nell’aria c’è un piacevole odore di mosto e di castagne arrosto. Il clima è mite ancora e, dopo la gran calura estiva, anche i primi brividi di freddo, quando è calato il sole, mi giungono piacevoli. Benvenuto Ottobre!
Favria 1.10.2016 Giorgio Cortese

Nella vita di ogni giorno la gentilezza delle parole crea fiducia, ma la gentilezza altruistica ma il donare sangue trasmette amore per il prossimo, Vi aspettiamo mercoledì 12 ottobre ore 8-11 cortile interno del comune di Favria

Le ottobrate romane
Le ottobrate romane erano le feste che chiudevano la vendemmia, in particolare erano tradizionali gite domenicali che si svolgevano a Roma nel mese di ottobre fino ai primi decenni del 1900. Erano feste legate al ciclo delle stagioni ed al raccolto; la loro diffusione fu favorita anche dalla presenza di orti e vigne intorno alle porte della città. Per partecipare alla festa era usanza vestirsi in modo molto ricercato: le donne erano solite ornarsi di fiori e piume, ma anche gli uomini usavano vestiti particolarmente sfarzosi. Il programma era a base di giochi come bocce, ruzzola, altalena e alberi della cuccagna; poi c’erano canti, balli, stornelli, vino a fiumi e grandi mangiate: durante le “scampagnate” non mancavano mai gnocchi, gallinacci, trippa e abbacchio. Si suonava con tamburelli, chitarre e nacchere e soprattutto si ballava il saltarello, un’antico ballo popolare tipico delle regioni dell’Italia centrale. Le gite erano abitualmente svolte anche il giovedì; nelle prime ore del mattino, dai rioni cittadini partivano alcune carrettelle, carri trainati da cavalli bardati e adornati di sonagliere, sulle quali sedevano sette ragazze vestite a festa. La comitiva era composta, inoltre, dalla bellona, seduta accanto al carrettiere, e da uomini, parenti ed amici, che seguivano il carro a piedi. La scampagnata fuori porta, ovvero la gita tra le vigne e le osterie, andò consolidandosi come forma di svago ed evasione per nobili e popolo, ufficialmente divisi, ma spesso mescolati nella più sfrenata allegria, alimentata dalla voglia di vivere e dal buon vino.
Favria, 2.10.2016 Giorgio Cortese

Nella vita di ogni giorno nessuno di noi è intelligente quanto tutti noi messi insieme e allora per dirla alla Alexandre Dumas padre: “Tutti per uno, uno per tutti”, l’unione fa la forza!

Donare sangue vale doppio
Donare sangue fa bene anche al donatore. Non perchè si sottopone a un salasso, utile per le malattie da accumulo di ferro nel sangue, oggi poco praticato, ma perché l’azione del donare comporta una presa di coscienza dell’individuo, che è stimolato a mantenere uno stile di vita sano. Donare sangue, quindi, vale il doppio, perché salva la vita a chi riceve il sangue e mantiene sano il donatore. Infatti, il sangue raccolto, prima di arrivare al letto del paziente, è controllato sia per scoprire la presenza di virus infettivi che possono trasmettere epatiti e Aids, sia per scoprire valori ematochimici che possono rivelare malattie del donatore. Ma i controlli sul sangue prelevato non bastano. Una caratteristica, tutta italiana, è il coinvolgimento del donatore, il quale non deve essere occasionale, ma far parte di una organizzazione che lo segue nel suo percorso di donatore, come il Gruppo Comunale Fidas Favria, cortile interno del Comune. La contropartita, per il donatore, è avere la certezza di essere sano. E questo gli viene confermato dai costanti controlli che vengono eseguiti sul suo sangue, attraverso una visita e un colloquio e poi attraverso l’esecuzione di test specifici, ed è per questo che il donatore di sangue è il cittadino più controllato a spese dello Stato perché il sangue non si fabbrica! Il sangue umano è così prezioso che viene chiamato “oro rosso”. Non è riproducibile artificialmente, cioè non si può produrre in laboratorio, ma si può solo ricavare da donatori sani per poi trasfonderlo nei malati che ne hanno bisogno. Di sangue c’è sempre bisogno e ogni nuovo donatore è più che benvenuto. Non servono requisiti particolari per diventare donatore. Bastano un po’ di sensibilità e consapevolezza: donare il proprio sangue permette di salvare altre vite. Senza contare che il donatore ha la possibilità di tenere costantemente sotto controllo il proprio stato di salute. Se sei intenzionato a diventare donatore, sappi che: si può diventare donatori di sangue in qualunque momento portando la carta d’identità e codice fiscale. Per r diventare donatori, basta aver compiuto 18 anni, e non avere più di 60 anni, la prima volta, ed essere in buona salute. Donare il sangue non comporta alcun rischio per il donatore. La prima volta che vieni per donare fai solo gli esami da candidato e hai diritto, se sei lavoratore dipendente ad un permesso orario di max due ore. Dopo se idoneo, se il donatore è un lavoratore dipendente, ha diritto a una giornata (retribuita) di astensione dal lavoro ogni volta che dona: basta presentare al datore di lavoro il certificato rilasciato dal presidio dove è stato donato il sangue. La donazione di sangue, quindi, non è pericolosa per nessuno, né per chi lo dà e né per chi lo riceve. E allora cosa aspetti vieni a Favria mercoledì 12 ottobre, cortile interno del Comune dalle ore 8,00 alle ore 11,20. Per darti un miglior servizio se puoi avvisami al cell 3331714827, grazie di cuore del dono e nell’impegno a diffondere il messaggio.
Favria 3.10.2016 Giorgio Cortese

Nessuno nella vita può fare tutto, ma tutti possiamo fare qualcosa Non esiste modo migliore di gestire la nostra vita se non toccare la vita di un altro, con amore, un sorriso o donando sangue mercoledì 12 ottobre a Favria, cortile interno dalle ore 8- 11,20. Grazie del dono e grazie se diffondente

L’incastro impelagato.
Un recente articolo di cronaca dove un camion si è incastrato in una stretta via di Favria mi ha fatto riflettere sul verbo incastrare che utilizziamo per indicare, il ficcare una cosa in un’altra in modo che non ne possa uscire, oppure per bloccare e mettere qualcuno in una situazione da cui è difficile uscire. Il lemma è probabilmente composto dal latino, in, dentro e castrare, tagliare, quindi, inserire in un intaglio o forse composto sempre dal latino da in e castrum fortezza, quindi, penetrare e restare chiusi in qualcosa di saldo come è la via storica di Favria in cui il mezzo pensante si è incastrato. Certo incastrare è una parola molto forte e suggestiva, che si presta come detto sopra ad usi diversi, perché incastrare è entrare con violenza, insomma di grande fisicità, di viva forza, che porta due cose a bloccarsi l’una nell’altra. Ma adesso a mio modesto parere è impelagato politicamente gli Amministratori nel trovare idonee soluzioni e penso che tutti dobbiamo dare il nostro contributo di idee nel risolvere il problema, lasciando perdere che negli anni in cui il paese si espandeva gli introiti degli oneri edilizi potevano essere investiti nell’acquisire terreni per avere magari una strada che poteva adesso risolvere il problema. La parola impelagato, vuole dire chi si trova in una situazione difficile ed è composto da composto da in- e pelago mare, questa dal latino pelagus, mare. Certo è una parola bella e forte, che racconta l’essere in una situazione complicata attraverso una metafora:” l’essere per mare e che rappresenta l’attuale situazione”. Mi pare che Sallustio scriveva “Con la concordia le piccole cose crescono, con la discordia anche le più grandi vanno in rovina, Concordia parvae crescunt, discordia maximae dilabuntur.” Allora sono queste le stituazioni in cui dobbiamo essere coesi e trovare Concordia come Comunità per pensare a quelli che verranno dopo di noi preparando il terreno per accogliere il seme delle nuove generazioni che ahimè avranno in eredità gli attuali problemi ingigantiti. Invito tutti ad andare oltre alla casacca con i i colori politici seppur variegati e dai buoni propositi indossata da ciascuno di noi altrimenti saremo sempre “come na barca ‘nt in bòsch. Come una barca in un bosco” e non andremo mai da nessuna parte incastrati negli attuali problemi senza trovare delle soluzioni
Favria, 4.10.2016 Giorgio Cortese

Alla quadriglia ottimo cibo e cortesia
Nella vita di ogni giorno penso che tutti diamo troppa importanza al cibo. Intorno al cibo ruota tutta la mia vita, infatti ogni passo del mio quotidiano percorso è sancito da una “bella mangiata”. Non c’è festa se non c’è cibo, non si può chiacchierare se non seduti a un tavolo, non si può far visita a qualcuno che non mi offra cibo. Sono stato domenica 12 settembre con i meravigliosi alpini e simpatizzanti della sezione di Favria Canavese a mangiare alla Quadriglia di Exilles. Cibo ottimo, cortesia dei titolari eccellente, insomma tutto buono che genera nel mio animo questa semplice considerazione se il cibo è la nostra vita di ogni giorno, come mi è stato presentato e cucina alla Quadriglia di Exilles (TO) tel 0122.58.221 – cell. 328.57.88.724, allora il cibo è amore. Il nome Quadriflia del ristorante mi ha incuriosito e allora voglio condividere con Voi quanto ho scoperto. La quadriglia ha avuto origini popolari, si trattava in origine di una danza paesana francese, poi esportata in tutta Europa e in tutto il mondo. Il ballo è formato da 4 coppie di danzatori, posti frontalmente o in quadrato. In passato raggiunse l’apice della popolarità durante il periodo napoleonico. In Inghilterra era molto diffusa, soprattutto tra la nobiltà terriera dell’interno, la gentry, mentre a Londra la popolarità di questo ballo cominciò a scemare con la seconda metà dell’Ottocento essendo giudicato troppo “popolare” a dispetto del fatto che le origini di tutti i balli erano popolari: essa venne sostituita dal , per poi essere sostituita da altri balli come la polka e il valzer, che a quel punto smise di essere uno scandalo. L’origine del ballo è da ricercare nelle parate militari francesi del 1600, dove esisteva una particolare figura a cavallo formata da quattro cavalieri che si muovevano lungo i lati di un quadrato o di una figura a 4 angoli. Il nome quadriglia deriva probabilmente dalla parola cuadrillo, diminutivo spagnolo di cuadro, importata dal latino quadro, quadrato, dal significato a noi fin troppo noto. Questa rappresentazione ebbe così tanto successo dal popolo che le sue rappresentazioni passarono da quattro uomini a cavallo a quattro ballerini senza animali, in una formazione tipicamente danzante: fu intorno al 1740 che questa danza si evolvette in ballo ben complicato ed intricato, con passi e figure complesse. L’introduzione ufficiale nelle feste di Francia avvenne nel 1760, mentre in Inghilterra si dovrà aspettare il 1808 con Miss Berry e sarà solo nel 1813 che diventerà ufficialmente di moda, grazie al contributo del Duca di Devonshire, che sponsorizzò questa danza. La quadriglia rimase un ballo molto apprezzato fuori dalle grandi città anche per la semplicità con cui poteva esere suonata la musica, riproducibile sia con organetti che con fisarmoniche, liuti o fiddle, i caratteristici violini campagnoli tipicamente gallesi e irlandesi. Un grazie a Sergio per aver scelto ancora una volta un ottimo ristorante, a tutti gli amici con cui ho pranzato e ancoora complimenti ai ristoratori che hanno unito cibo eccellente con una accoglienza bellissima.
Favria, 5.10.2016 Giorgio Cortese

Se la mia umana povertà certi giorni non mi consente di sollevare la testa, la dignità non mi permette di chinarla

Servire lo Stato ad intermittenza
Premetto che sono un cattolico praticante e consapevole della mia umana debolezza. Mi rendo conto che amministra ad ogni livello possiede nell’animo una buone dose di coraggio e per questo va la mia stima a livello personale per l’impegno profuso al bene di tutti, il nostro Bene Comune. Aggiungo che non sono omofobo, ma personalmente penso alla famiglia tradizionale composta da due esseri umani di sesso opposto ma non per questo mi ergo a giudice e ritengo che anche le persone che si vogliono bene dello stesso sesso hanno diritto come tutti gli essere viventi su questo mondo di raggiungere la loro felicità ed essere cautelati nei loro diritti legali. La cosa che non capisco come può un Sindaco, rifiutarsi di celebrare il matrimonio di una unione civile e anche di rifiutarsi di dare la delega ad altri? Uno sceglie di candidarsi a Sindaco non perché gli è stato consigliato dal dottore ma perché ritiene di fare del bene alla sua Comunità, di portare un valore aggiunto, eletto per servire e non per servirsi del ruolo per dire che non applica una legge vigente dello Stato Italiano, non si può servire lo Stato ad intermittenza! Rispetto la loro posizione ma allora perché i Sindaci obiettori di coscienza dell’unione civile, celebrano matrimoni civili? Perché in questo caso non ha nessuno obiezione morale? Eppure sono matrimoni fuori dal rito cristiano e per la Chiesa pubblici concubini! Se un Sindaco non si sente di applicare le leggi dello Stato che rappresenta, si faccia da parte e restituisca la fascia tricolore! Mi auguro che queste questioni vengano portate nei Consigli Comunali dove ci sono queste situazioni e che le minoranze consigliari richiedano con una mozione di sfiducia le dimissioni del Sindaco obiettore, e voglio vedere chi ha il coraggio di ghettizzare la felicità di esseri umani solo perché si vogliono bene e sono dello stesso sesso.
Favria 6.10.2016 Giorgio Cortese

Nella vita di ogni giorno nulla è sprecato, se fatto con Amore

La delicatezza e la dignità non s’imparano studiano o con il potere ma alla scuola del cuore. Perché la dignità non consiste nel possedere onori, ma nella coscienza di meritarli.

Yeoman, Yeomanry, e Beefeaters, le radici contadine dell’aristocrazia inglese
Si indica in inglese con Yeoman il nome dei coltivatori diretti inglesi, benestanti, ma non nobili, che nel XVII sec. gestivano da sé i loro poderi; apparteneva a questa classe la maggior parte dei soldati che durante la Prima Rivoluzione Inglese combatteva per il Parlamento contro il Re e contro la chiesa di Stato anglicana. Questa parola è imparentata con le voci tedesche Gau “distretto” e Mann “uomo”, ed erano perlopiù volontari del corpo di cavalleria e membri della Guardia Nazionale a cavallo. Gli Yeomanry, lemma che da yeoman “contadino proprietario; piccolo proprietario feudale e anche ufficiale subordinato si sono indicate, a cominciare dalla fine del sec. XVIII, delle formazioni di truppe volontarie di cavalleria (in principio anche di fanteria) che avevano come base della loro organizzazione la circoscrizione della contea, comandate dai gentiluomini della contea stessa e formate da agricoltori e da yeomen che provvedevano del proprio ai cavalli. Formazioni siffatte furono organizzate durante le guerre contro Napoleone e nella guerra contro i Boeri. Riorganizzata su altra base nel 1901 e quindi nel 1907, la Yeomanry fu mobilitata nella forza di 53 reggimenti allo scoppio della Prima guerra mondiale. Oggi in epoca moderna sono chiamati Yeomen Warders o Beefeaters i guardiani della torre di Londra e indossano uniformi rosse e nere. In passato avevano il compito di custodire i prigionieri e i gioielli della regina; ora si occupano solo di svolgere tour guidati. Il termine Beefeaters letteralmente significa mangiatori, eaters, di manzo, beef. Il loro nome completo è “Yeomen Warders of Her Majesty’s Royal Palace and Fortress the Tower of London, in italiano “Guardie del Palazzo Reale di Sua Maestà e della fortezza della Torre di Londra”. L’etimologia del nome Beefeaters non è certa. L’origine sopra detta che questi guardiani potevano mangiare carne di manzo a volontà dalla tavola imbandita del sovrano. Questa vicenda trae le sue radici nel 1669 quando Cosimo, il Granduca di Toscana, fece visita alla Torre e rimase impressionato dai guardiani stessi e dalle loro abitudini nel rifornirsi di cibo. Alcune congetture storicamente senza basi fanno derivare il nome dal francese Buffettiers, cameriere, le guardie del palazzo del regno di Francia, che proteggevano il cibo del re. Pare inoltre che parte delle razioni di carne di manzo portate all’interno della torre su ordinazione di detenuti illustri, venisse consumata dalle guardie, da qui l’appellativo di Beefeaters.. Indossano la loro tipica uniforme nera e rossa dell’epoca tudor sulla quale è ricamata corona di sant’Edoardo sopra le cifre del monarca regnante, sono armati di una sergentina, varietà di alabarda, e devono conoscere a memoria ogni angolo della torre e posare, eventualmente, con i turisti. Ricevono, oltre a uno stipendio, un appartamento all’interno della torre. Il corpo è tradizionalmente maschile, ma nel 2007 è stata assunta la prima donna. Tra i compiti, oltre che fare la guardia alla Torre di Londra, c’è anche quello di proteggere i corvi che la tradizione vuole che sempre stazionino presso l’edificio, pena il crollo della Torre e dell’Impero Britannico.
Favria, 7.10.20216 Giorgio Cortese

Certo che l’umiltà di certi boriosi vanagloriosi non potrà mai abbracciare la loro incalcolabile vanità.

Donare il sangue… che aspetti!
Il sangue umano è indispensabile e allo stesso tempo impossibile da ottenere tramite procedimenti chimici/sintetici. Non esiste istituzione, ospedale, laboratorio o singolo che da solo possa far fronte a questa perenne emergenza, ma tutti insieme possiamo e dobbiamo cambiare le cose. Amessa l’idoneità in qualità di donatore, ognuno di noi può fare la differenza soprattutto se si pensa che ciascuno di noi, almeno una volta nella vita, potrebbe averne un disperato bisogno. Il gesto della donazione è un atto altruista che può salvare la vita a una o più persone in grande difficoltà. Se nessuno lo facesse, molti bambini non potrebbero sopravvivere e scoprire le bellezze del nostro pianeta; le persone coinvolte in gravi incidenti morirebbero e le loro vite sarebbero interrotte per pura negligenza civica; infine molti interventi non potrebbero nemmeno essere presi in considerazione. Donare il sangue è un gesto di consapevolezza e solidarietà. Cosa ce ne viene in tasca? La domanda, per certi aspetti vergognosa, è purtuttavia da considerarsi legittima. Innanzi tutto donare il sangue ci farà sentire fieri di noi stessi, non una cosa da poco. Inoltre, donare il sangue a intervalli regolari, periodicamente, garantisce a ogni potenziale donatore la possibilità di tenere sotto costante controllo il proprio stato di salute tramite visite sanitarie e accurati esami di laboratorio. La donazione del sangue è un gesto volontario, gratuito, anonimo, un dovere civico e una manifestazione di solidarietà verso il prossimo che esalta il valore della vita. Cosa state aspettando? Vi aspettiamo a Favria TO mercoledì 12 ottobre cortile interno del comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Per chi viene la prima volta a vedere se è idoneo a donare c’è solo un permesso di massimo due ore se lavoratore dipendente.
Dona sangue, dona la vita
Favria 8.10.2016 Giorgio Cortese

L’acqua non aspetta mai ma cambia forma e scorre attorno alle cose, trovando sentieri segreti a cui nessun altro ha pensato, come una fenditura tra i coppi nel tetto o un piccolo buco in fondo a una scatola. Senza alcun dubbio è il più versatile dei cinque elementi, Può dilavare la terra, spegnere il fuoco, far arrugginire un pezzo di metallo e consumarlo. Persino il legno, che è il suo complemento naturale, non può sopravvivere se non viene nutrito dall’acqua

Il grande cuore alpino cuorgnatese
L’Ana è nata come associazione di combattenti e reduci nel 1919: col passare del tempo ha assunto un carattere diverso, da raduno di reduci, ma un costante impegno sociale e civile, fino ad oggi, quando è protagonista nell’impegno sociale e nella solidarietà. Credo che la gente ami gli alpini perché li sente uguali a sé, un corpo militare che si è evoluto con caratteristiche di umanità e di identità molto forti, senza militarismo, ma con valori militari applicabili anche alla vita civile. Inoltre c’è la componente regionale: un alpino è anche e soprattutto un “compaesano”, uno spirito di corpo generato dalle comuni origini. La sezione di Cuorgnè è esempio di grande cuore di solidarietà e di impegno nel sembrare di rendere semplice un’organizzazione di un evento di questa portata che invece ha chiesto un grandissimo impegno. Nel 86º anniversario di fondazione il Gruppo Alpini di Cuorgnè ricorda il Centenario della morte del Generale Giuseppe Perrucchetti, considerato il padre degli Alpini. Nato a Cassano d’Adda il 13 luglio 1839, morì nella sua residenza a Cuorgnè il 5 ottobre 1916. Dall’atto della loro fondazione ufficiale il 15 ottobre 1872 gli alpini sono divenuto i protagonisti di tutti i grandi eventi dell’Italia, sia in pace che in guerra, da sentinelle del neonato Regno d’Italia ne sono divenuti il cuore solidale, sono la prima protezione civile dal terremoto del Friuli sino ad oggi. Essere alpino oggi è quello di porre il noi davanti al mio piccolo egoistico io. Con gli alpini il mio animo si rigenera per la positiva bellezza dello stare insieme e l’entusiasmo di lavorare in silenzio per gli altri, dando sempre l’esempio che la vera forza avviene con l’unione facendo sempre lo stile alpino un fermento nella nostra società per il bene di tutti. Grazie alpini di Cuorgnè, grazie per il Vostro grande cuore mi fate ricordare che l’alpino, giovane o vecchio che sia, è uno che ha imparato a mettere al primo posto gli altri. Grazie di cuore.
Cuorgnè, 9.10.2016 Giorgio Cortese

Il sorriso e la tenacia sono gli ingredienti necessari per affrontare la vita ogni giorno