PONT Canavese: un paese in ginocchio di Marino Pasqualone

I dati anagrafici del 2014 ci dicono ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, che Pont Canavese nonha mai avuto così pochi abitanti da due secoli a questa parte.
( da “IL RISVEGLIO POPOLARE” del 5 febbraio 2015 )
E, a poco più di tre mesi dalle elezioni comunali, ci si aspetterebbe dunque che il dibattito politico ed amministrativo nel paese di fondovalle si “infiammasse” su questa per certi versi drammatica congiuntura che lo sta sempre più mettendo in ginocchio, mentre invece tutto langue e pare quasi che una diffusa rassegnazione ormai ristagni, come bruma autunnale, tra le strade all’ombra delle torri Ferranda e Tellaria.
E, mentre Pont si sta demograficamente ed economicamente (le due cose sono collegate) sempre più avvitando su se stesso, con le sue due principali industrie il cui destino continua ad essere appeso ad un filo di cui, con tutta la buona volontà, non si riesce più a capire la reale consistenza, l’abbandono del territorio, delle frazioni, dell’agricoltura alpina, dell’allevamento e dei boschi intorno al capoluogo prosegue e diventa sempre più evidente e difficilmente rimediabile.
Pont è ormai un paese, come purtroppo molti altri in Canavese, classificabile come post-industriale, senza però che finora si sia riusciti a creare le premesse per un suo decollo dal punto di vista turistico, sfruttando meglio la contiguità con il vicino Parco Nazionale del Gran Paradiso.
A questo proposito, sono quasi trent’anni che sentiamo parlare di Pont come la “porta di ingresso dal Parco”: una porta da cui però, a quanto sembra, sempre più gente è ormai indotta ad uscire per sempre, visto che nel frattempo si sono persi un migliaio di residenti.
Cosa fare per cercare di invertire questa tendenza all’abbandono, riqualificare il territorio, rilanciare l’agricoltura alpina ed il commercio locale ?
Noi, molto modestamente, dalle pagine di questo giornale qualche idea su cui lavorare ci siamo permessi in passato di avanzarla, ma per tutta risposta ci hanno detto che parlare (e scrivere) è facile, mentre è ben più difficile tradurre le proposte in pratica.
Forse, anzi sicuramente, avrà ragione chi risponde così, ma resta però il fatto inconfutabile che il paese di Pont nella sua storia recente non è mai stato così “piccolo e fragile” come lo è oggi, ed anche la classe politica locale qualche piccola colpa ben ce l’avrà.
E le montagne che lo circondano da ogni lato, un tempo presenza amica, popolata e protettiva, oggi invece disegnano un orizzonte vuoto ed opprimente, dove scorrazzano impunemente solo i cinghiali mentre, nel profondo nord dei valloni abbandonati, sono tornati ad ululare i lupi.
Sembra proprio che quassù, nelle valli all’ombra del Gran Paradiso, un nuovo Medioevo stia bussando alle porte, ma abbiamo la netta impressione che la gente che le abita e che le amministra non sempre l’abbia ancora ben capito e, soprattutto, non sia forse ancora preparata ed attrezzata ad affrontarlo.

Marino  Pasqualone
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