Precipitevolissimevolmente. – Le prime angurie venivano mangiate per i semi. – Da carabin a carabiniere. – Garnon. – Tannenberg. – Il traforo del Monte Bianco, 16 luglio 1965. – La saggezza…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Precipitevolissimevolmente Forma superlativa dell’avverbio ormai desueto:

“precipitevolmente”, ossia in maniera precipitosa, la parola è la più lunga della nostra lingua. Fu coniata nel 1734 dal letterato pratese Andrea Agostino Casotti nel poema “La Celidora, ovvero il governo del Malmantile”: “Chi troppo in alto sale, cade sovente / Precipitevolissimevolmente”, con il vocabolo a occupare un intero endecasillabo destinato a un successo quasi proverbiale.
Favria, 11.07.2023 Giorgio Cortese

Buona giornata. C’è chi mostra e chi dimostra, ed è una bella differenza. Felice martedì.

Le prime angurie venivano mangiate per i semi

I semi di un’anguria di 6.000 anni fa rivelano che non le abbiamo sempre coltivate per la polpa. L’anguria, o cocomero se preferite, è il classico frutto estivo, divorato in enormi quantità perché la sua polpa è succosa  e dissetante, e come sa chiunque ne abbia mai mangiato una fetta, sputarne i semi è una delle piccole grandi gioie della vita. Eppure non è sempre andata così: mangiamo angurie da più di 6.000 anni, ma all’inizio le cercavamo per altri motivi, ignorando la polpa e puntando tutto proprio sui semi. A questa scoperta è arrivata una ricerca condotta su resti archeologici ritrovati in Libia e risalenti, per l’appunto, a 6.000 anni fa, che dimostrano come le prime angurie “addomesticate” fossero diverse da quelle moderne, e coltivate appunto per i loro semi. Gli studiosi sanno da  tempo che l’anguria è stata usata come cibo per la prima volta in Africa. Quello che non sappiamo è quando e dove precisamente abbiamo cominciato a coltivare la forma moderna, quella che mangiamo per la sua ricca polpa. La sua origine è stata identificata nella valle del Nilo,  circa 2.000 anni fa, ma ci sono testimonianze ancora più antiche del consumo di anguria da parte dell’uomo. Il problema è che si tratta di semi, l’unica parte di questo frutto che ha qualche speranza di fossilizzarsi; e osservare un seme fossile di anguria non è sufficiente per stabilire se si tratti davvero di un seme di Citrullus lanatus o se appartenga invece a una delle altre sei specie del genere Citrullus, che hanno tutte una polpa più dura e dal sapore amaro. Gli studiosi si sono dovuti quindi rivolgere a un altro metodo: l’analisi genetica, condotta su una serie di semi ritrovati in Libia e che risalgono a 6.000 anni fa, molto tempo prima il teorico inizio della “domesticazione” dell’anguria. Il loro genoma è stato confrontato con quello delle specie attuali di anguria, scoprendo così che i semi libici non appartengono a Citrullus lanatus ma a Citrullus mucosospermus, una specie che oggi si ritrova solo nell’Africa occidentale. Quello che è interessante, però, è che i semi portano segni di denti umani, e appartenevano a frutti coltivati, non raccolti; se però questa “anguria ancestrale” non aveva una polpa nutriente, perché veniva coltivata? Per i semi, appunto, che come quelli dell’anguria moderna sono ricchi di nutrienti e molto saporiti: venivano fatti asciugare all’aria, arrostiti oppure bolliti, e rappresentavano un ottimo spuntino già 6.000 anni fa. Poi abbiamo scoperto l’anguria con la polpa commestibile, e da lì è cambiato tutto.

Favria, 12.07.2023 Giorgio Cortese

Buona giornata. Anche dalle persone che sanno poco, può esserci tanto da imparare. Felice  mercoledì.

Da carabin a carabiniere.

Certe parole hanno uno sviluppo che si snoda nei secoli, se dall’arma bianca partigiana che identificava il capo di una milizia armata medievale  arriviamo al lemma partigiano che significa oggi appartenente ad una fazione armata, abbiamo un passaggio semantico analogo a quello di carabin,  che in origine era un soldato di cavalleria leggera che usava arma da fuoco portatile introdotta dagli Arabi in Spagna e passata in Italia verso la metà del sec. 16°.  In seguito fucile leggero e maneggevole, generalmente a una canna, internamente rigata, usato  anche per la caccia. I primi cdarabinieri sono stati creati in Francia da Luigi XIV il re sole chiamati così per indicare quel particolare tipo di unità del proprio esercito, e la  carabina era  stata considerata un’arma più appropriata, rispetto al moschetto e fucile,  per l’utilizzo da parte di unità d’élite a cavallo, in quanto era più leggera e facile da gestire. Nell’ambito delle unità di fanteria vengono definite con il nome di “carabinieri” le unità di élite. Nel 1794 con il termine carabinier vengono definite le truppe di élite dei battaglioni di fanteria leggera di granatieri e fanteria di linea. Nella  Russia imperiale durante le guerre napoleoniche le e unità di Jasger,cacciatori. del fianco destro furono chiamate “Carabinieri” cosi nel 1813 anche  i Bayerische Jager Volunteer Corps.  Nell’esercito belga gli Chasseurs avevano due  reggimenti di  carabinieri che si scontrarono nell’agosto 1914 ancora con l’uniforme del secolo precedente, poi nel 1992  i due reparti sono stati fusi nel reggimento carabinieri Prince Baudouin. Si chiamavano  carabinieri i contingenti Waldeck, Lippe-Detmold, Shaumburg-Lippe del 2º battaglione del 6º reggimento Rheinbund. Il 2º reggimento di fanteria leggera Nassau. Vengono chiamati carabinieri gli Irlandaise Legione, legione irlandese,in servizio presso la legione straniera francese. Carabinieri cacciatori eredi dei “Volteggiatori-Carabinieri” di Vestfalia creati da Girolamo Bonaparte. Esistevano presso lo sato Pontificio “Carabinieri indigeni” composti con arruolati italiani e i “Carabinieri esteri”, composti da arruolati stranieri. Nel Regno d’Italia del periodo napoleonico, sotto il vicerè Eugenio di Beauharnais erano presenti nei ranghi della “Guardia” dei “Veliti Carabinieri”. Nel 1812 uno dei tre battaglioni del ricostituito esercito reale spagnolo fu chiamato “Carabinieri”. Il 13 luglio 1814 viene creato con “Regie patenti” il “Corpo dei Reali Carabinieri” definite le truppe migliori dell’esercito sabaudo perché composto da militari scelti tra gli altri per “buona condotta e saviezza distinti”. Il documento istitutivo dei Carabinieri, a firma di Vittorio Emanuele I, è conservato presso il Museo Storico dell’Arma dei Carabinieri. Nel 1850 nell’esercito delle Due Sicilie furono istituiti un reggimento di carabinieri a cavallo e un reggimento di carabinieri  “a piedi” da non confondere con la Gendarmeria il corpo di polizia militare. Anche nel resto del mondo abbiamo stati che hanno i carabinieri. In Bolivia troviamo la forza di gendarmeria   boliviana, il Cuerpo Nacional de Carabineros, in Cile i gendarmi sono i Carabineros de Chile. In Colombia la forza specializzata della polizia colombiana sono gli Escuadrones Mòviles de Carabineros. In Moldavia la forza di gendarmeria  moldava è detta Trupele de Carabinieri. Nel Principato di Monaco troviamo l’unità Compagnie des Carabiniers du Prince, in Spagna, infine, i Carabineros la forza di gendarmeria spagnola creata nel 1829, incorporata nel 1940 nella Guardia Civil. Noi in Italia abbiamo l’Arma dei Carabinieri che per me è la migliore di tutte. Grazie alle Forze dell’Ordine che con umiltà e coraggio mettono la propria vita al servizio della comunità e dei più deboli.  La Costituzione è il cuore dello Stato, i carabinieri ne sono le braccia e le gambe. Onore ai carabinieri che vanno avanti nonostante tutto, a quelli che non ce l’hanno fatta, alle nuove leve e a chi non è più in servizio. Onore al braccio destro dello Stato e al rifugio della società che soffre. Viva l’Arma!

Favria, 13.07.2023   Giorgio Cortese

Buona giornata. Maturare significa raccontare la storia completa senza omettere la parte in  nella vita ci giriamo dall’altra parte. Felice giovedì.

Garnon

La parola garnon o grennon vuole dire mento. Voce diffusa in Canavese e deriva dal celtico grenos, barba, poi evolutasi poi  nel franco provenzale  in grenon, grinon, baffi

Favria, 14.07.2023  Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita è facile governare una barca quando il mare è sereno. È nella tempesta che devo dimostrare di sapere manovrare il timone e mantenere la rotta. Felice  venerdì

Tannenberg

Alla fine del Trecento i Teutoni, o meglio l’Ordine combattente teutonico aveva stabilito nell’area baltica una propria entità statale composta da una serie di territori che in seguito sarebbero confluiti nella Prussia. Il regno teutonico era entrato da tempo in rotta di collisione con Lituania e Polonia, paesi confinanti contro i quali i cavalieri avevano a più riprese combattuto separatamente per il controllo di alcune aree strategiche. Il quadro geopolitico subì un improvviso mutamento quando Polonia e Lituania strinsero un’alleanza formale, sorta per via matrimoniale, unendo le proprie forze militari. Minaccia alla quale i Teutonici risposero preparandosi all’ennesima spedizione militare. Il casus bellifu rappresentato nel 1409 dalla sollevazione della Samogizia, regione storica della Lituania da poco conquistata dai Teutonici, evento che accese la miccia della guerra. La battaglia, decisiva, di Tannenberg o di Grunwald, dal nome polacco della località,  si svolse il 15 luglio del 1410 e passò alle cronache come uno scontro epocale, tra i più grandi combattuti nell’Europa medievale, i cavalieri teutonici andarono incontro ad una rovinosa disfatta durante la quale persero la maggior parte dei loro condottieri. E se nonostante la sconfitta riuscirono a difendere la loro maggiore roccaforte e a ridurre al minimo le perdite territoriali, Tannenberg rappresentò comunque l’inizio della parabola discendente dell’Ordine, conclusasi nel 1525 con la secolarizzazione. Nel 1929 la Santa Sede fece degli appartenenti all’ordine dei normali canonici dediti a opere religiose.

Favria, 15.07.2023  Giorgio Cortese

Buona giornata. Sono le persone più tristi quelle che fanno i sorrisi più belli… sono i sorrisi che cercano una speranza. Felice  sabato

Il traforo del Monte Bianco, 16 luglio 1965

L’apertura del traforo del Monte Bianco, al termine di tre anni di lavoro sui due rispettivi fronti, francese e italiano, con l’impiego di oltre 700 tonnellate di esplosivo, segnò un’epoca e una rivoluzione per le comunicazioni commerciali tra Francia e Italia, con gli autotrasportatori e gli automobilisti finalmente liberati dall’incubo di varcare il confine inerpicandosi su impervie stradine di montagna con il rischio concreto di dover fare dietrofront alla prima nevicata. La mastodontica opera ingegneristica, una  galleria di 11,6 km, allora la più lunga del mondo, scavata attraverso la montagna più alta d’Europa, consentì il transito rapido da Courmayeur, in Val D’Aosta, a  Chamonix, in Alta Savoia. L’incontro tra gli operai italiani e francesi, con la caduta dell’ultimo diaframma di roccia nel cuore del Monte Bianco, avvenne il 14 agosto 1962, ma l’inaugurazione ufficiale dell’opera si tenne il 16 luglio del 1965 alla presenza del Presidente della Repubblica italiana, Giuseppe Saragat e del Presidente francese Charles De Gaulle. Il traforo consiste in una galleria unica a doppio senso di circolazione scavata per quasi 4 chilometri in territorio italiano e nei restanti 7.640 metri in quello francese. Dal giorno dell’inaugurazione vi sono transitati oltre 60 milioni di veicoli. Nel 1999 uno spaventoso incidente innescato dal ribaltamento di un camion causò la morte di 39 persone e impose la chiusura dell’opera per 3 anni. Fu riaperta soltanto nel 2002 dopo la messa in opera di più moderni sistemi di sicurezza e l’adozione di un limite di marcia all’interno del traforo fissato a 60 Km orari, oltre all’introduzione del divieto di sorpasso.

Favria, 16.07.2023  Giorgio Cortese

Buona giornata. Come tutti noi le idee nascono nude. Sarà la parola o lo scritto a vestirle e presentarle in società. Felice domenica

La saggezza.

Vi racconto una storiella che Tiziano Terzani racconta in uno dei suoi libri:

Una tigre aveva due seguaci: un leopardo e uno sciacallo. Ogni volta che la tigre azzannava una preda, lei mangiava quel che poteva e lasciava i resti al leopardo e allo sciacallo.

Un giorno successe però che la tigre uccise tre animali: uno grosso, uno medio e uno piccolo. “E ora come li dividiamo?” chiese la tigre ai suoi due seguaci. “Semplice, – rispose il leopardo, – tu prendi il più grande, io prendo il medio e quello piccolo lo diamo allo sciacallo”.

La tigre non disse nulla, ma con una zampata sbranò il leopardo. “Allora, come li dividiamo?” Chiese di nuovo la tigre. “Oh, Maestà – rispose lo sciacallo, – Il pezzo piccolo lo prendi tu per colazione, quello grande lo tieni per pranzo e quello medio lo mangi a cena”.

La tigre era sorpresa. “Dimmi, sciacallo, da chi hai imparato tanta saggezza?” Lo sciacallo per un po’ esitò, poi con l’aria più umile che riuscì a metter su rispose: “Dal leopardo, Maestà”.

Lo sciacallo, prima di rispondere, ha ascoltato le proprie emozioni, le ha gestite, e intelligentemente ha governato la situazione. Il suo fine, oltre che mangiare, era quello di sopravvivere, quindi ha risposto in base agli obiettivi che si era prefissato.

Nella vita di tutte le esperienze che viviamo cerchiamo sempre di prendere in considerazione soltanto la saggezza che contengono.

Favria,  17.07.2023 Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita il parlare  è un’arte, ma sapersi raccontare è pura magia. Felice  lunedì