Res Gestae Favriesi. Accadde ieri 5 ottobre 1924 – Mercoledì si dona! – En garde! – Dopo il roboante polverone tornare al fare – Dio è Amore e non solo Deus nobiscum! – Fabioch o farlocco ma non farabutto, mascalzone – Da cronologico o a cairologico…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Nella vita di ogni giorno nulla è facile e nulla è impossibile. Basta provarci ogni giorno con passione

Res Gestae Favriesi. Accadde ieri 5 ottobre 1924
Il 5 ottobre 1924, segna la data di costituzione ufficiale del Gruppo Alpini di Favria, per iniziativa del colonnello degli Alpini cav. Rossi Giulio Cesare, del capitano degli Alpini geom. Bruno Domenico, e dall’alpino Perino Francesco che è stato il primo capogruppo dell’associazione. Il Gruppo Alpini di Favria Canavese fa parte dell’Associazione Nazionale Alpini costituita tra coloro che hanno appartenuto od appartengono alle Truppe Alpine, che si propone principalmente di tenere vive e tramandare le tradizioni degli Alpini; rafforzare, tra gli Alpini di qualunque grado e condizione, i vincoli di fratellanza nati nell’adempimento del comune dovere verso la Patria e curarne, entro i limiti di competenza, gli interessi e l’assistenza; promuovere e favorire lo studio dei problemi della montagna e del rispetto dell’ambiente naturale; concorrere, quale Associazione volontaria, al conseguimento dei fini dello Stato e delle pubbliche amministrazioni in materia di protezione civile in occasione di catastrofi e di calamità naturali; L’attività del Gruppo in questi anni si è sviluppata, sia nel campo del volontariato sia nella collaborazione alle varie iniziative cittadine, senza tralasciare di tenere vive, tramandandole, le tradizioni
W gli alpini!
Favria 10.10.2016 Giorgio Cortese

Buona serata. Nella vita quotidiana la volgarità è una scorciatoia, la dignità una fatica, e allora ogni giorno se vinco o perdo la cosa importante da conservare per il giorno successivo è la dignità.

Ogni giorno la cosa importante è il cammino non la destinazione, la vita è infatti fatta di scelte. La mia ogni giorno è una scelta di vita e mercoledì 12 ottobre dono il sangue a Favria, cortile interno del comune, aperto per i prelievi dalle 8 alle 11,20. E Tu che mi leggi che aspetti vieni a donare e fai circolare il messaggio. Sos il sangue per salvare vite non basta mai, grazie

Mercoledì si dona!
Ricordo a tutti che mercoledì 12 ottobre a Favria To cortile interno del Comune dalle ore 8,00 alle ore 11,20 si dona. La donazione può essere effettuata da tutte le persone sane, che abbiano dai 18 ai 65 anni e che pesino più di 50 kg. Per gli uomini possono essere effettuate 4 donazioni all’anno, mentre per le donne in età fertile non più di due donazione. Tutti coloro che sono in buona salute con un peso di almeno 50 kg e con un’età superiore ai 18 anni fino ai 60 possono donare il sangue. Vi invito a venire a donare il piacere di dare del Vostro sangue a chi ne ha bisogno. Perché se un giorno ne avrete bisogno sarete riconoscente nei confronti dei donatori. Perché donare sangue è un dovere civile. Perché un Vostro amico o familiare ne ha beneficiato. Da una donazione di sangue si ricavano componenti per più pazienti malati o infortunati i quali spesso, senza una terapia trasfusionale non potrebbero sopravvivere. Per donare il proprio sangue basta recarsi presso una nostra sede con la voglia di essere utile, un documento valido e non a digiuno. Questo piccolo gesto aiuta a salvare delle vite, diventa donatore e ne sarai orgoglioso! Grazie se divulghi il messaggio e porti amici. Per info corteseg@tiscali.it cell. 3331714827 ore serali.
Favria, 11.10.2016 Giorgio Cortese

DONA SANGUE, DONA LA VITA. Vieni a Favria mercoledì 12 ottobre ore 8,00- 11,20 cortile interno del Comune. Grazie se divulghi il messaggio e porti amici. Per info corteseg@tiscali.it cell. 3331714827 ore serali

En garde!
Il lemma deriva dal francese e significa in guardia nella scherma e precisamente nel fioretto. La foggia di questa arma deriva dall’evoluzione dello spadino, un’arma bianca prevalentemente di punta sviluppatasi intorno al XVIII secolo a partire dalla spada a striscia seicentesca. Il nome fioretto, in francese “fleuret” deriva dall’usanza, attestatasi nelle scuole di scherma, di apporre sulle armi da allenamento un “bottone di sicurezza”, spesso realizzato in cuoio, simile come forma ad un fiore, per evitare che gli allievi potessero ferirsi durante la pratica. L’invenzione del fioretto è stata, a volte, erroneamente attribuita al maestro Fiore dei Liberi, uno dei primi maestri italiani di scherma di cui si ha notizia, nato in Friuli e vissuto a cavallo tra il XIV e il XV secolo. Il motivo di questa diceria deriva dall’assonanza tra il nome del maestro, Fiore, appunto, e il nome dell’attrezzo schermistico, il fioretto. In questa ipotesi vi è una grossa incongruenza storica, in quanto le prime armi che possono essere riconosciute come antenati del moderno fioretto sono, come già detto, gli spadini, armi apparse intorno al XVIII secolo, epoca ben lontana da quella in cui visse il maestro. Inoltre non vi è alcuna traccia riconducibile ad una presunta invenzione del fioretto da parte di Fiore de’ Liberi, e non vi è traccia di armi simili (o dal nome similare) negli scritti del maestro (o nel suo manuale di scherma, noto come Flos Duellatorum.. Ad alimentare queste voci ha contribuito il fatto che nello stemma del Comune di Prermariacco, in provincia di Udine, doev Diore dei Liberi nacque e visse, sia stato inserito il disegno di un “fioretto” , si tratta in realtà di una spada a striscia. La vita è un contonia duello di fioretto da quando mi alzo sembra che l’arbitro dica Pret, termine francese che il confronto sta per iniziare. Ogni evento è un affondo ed una parata, l’importante dare sempre una stoccata ed evitare di subire il touché, ovvero toccato, espressione francese che L’espressione trae verosimilmente origine dai duelli alprimo sangue dove era sufficiente toccare il rivale con la punta della spada per conseguire la vittoria. Chi accusava il colpo, proferiva il “touché” ammettendo la sconfitta e ponendo termine allo scontro nello stesso istante. Ma dare sempre oneste risposte per attuare delle cavazioni, questo lemma indica un virtuosismo del fioretto, quello di fare passare il proprio ferro dalla linea di partenza alla linea opposta facendolo passare al di sopra o al di sotto di quello avversario. Si tratta di un movimento veloce e quasi impercettibile . per arrivare al bersaglio alla fine della giornata. Buona giornata e allora “en garde”
Favria, 12.10.2016 Giorgio Cortese

Mi viene da pensare che la maggior parte delle persone consuma inutilmente metà delle proprie energie cercando di proteggere una dignità che non ha mai posseduto

Dopo il roboante polverone tornare al fare
Cari Concittadini per il bene di Favria la Comunità che abitiamo e che tutti abbiamo a cuore sarebbe bene lasciare cadere la polvere della roboante polemica politica dell’obiezione di coscienza sulle unioni civili. Favriesi, ritengo che per il bene presente e futuro della nostra Comunità a neanche un anno dalle future elezioni amministrative sia importante capire le persone che desiderano mettersi in gioco, consci che tutti non accontenteranno, voci dissenzienti c’è ne saranno sempre ma questo è il bello della Politica, quello del saperle ascoltare e cogliere tra i fili di parole e le righe di chi scrive utili suggerimenti. Favriesi prestatemi orecchio se affermo che sia importante cercare sempre ciò che ci unisce, che è molto più di quello che ci divide. Non è un paradosso ma dato che viviamo nella stessa Comunità solo con la concordia si può crescere e abbiamo in comune molte più cose di quelle che immaginiamo. Ritengo che in ognuno di noi si debba disarmare e fare una ripulita da pensieri guidati solo dalla voglia di prevalere ad ogni costo sugli altri. Ritengo che dobbiamo lavorare per il Bene Comune di Favria disponendoci all’incontro per vedere se è possibile supere le divisioni con quello che ci unisce, magari spiegandoci con il filo del dialogo e dell’ascolto. Con i polveroni delle polemiche non si va da nessuna parte e si lacera soltanto, e personalmente vedo che la Comunità Favriese scivola politicamente lentamente sempre di più verso un lento declino. Come concittadini della nostra Comunità dobbiamo essere di stimolo e non inciampo a portare idee e soluzioni perché il nostro comune punto di riferimento quotidiano è il bene pubblico, la risoluzione dei problemi dei cittadini. Il confronto, anche quando diviene acceso deve sempre essere animato da uno spirito costruttivo. Certo non è facile operare sinceramente con una politica corretta e propositiva per il bene del territorio in cui si vive, vicina e attenta alle esigenze dei concittadini in ogni suo aspetto della vita sociale, economica e culturale. Ritengo personalmente che il tempo in cui ci divideva tra destra, centro e sinistra sia arrivato al capolinea. Togliamoci di dosso questa forma mentis preunitaria, che ci piaccia o no siamo tutti Favriesi. Oltre a dire no dobbiamo anche dire il perché dei no e proporre delle soluzioni per arrivare a dei si condivisi. La grande operazione culturale e politica di cui ha bisogno il nostro Comune è quella di raccordare tutte le persone che credono nel rinnovamento e si adoperano nel quotidiano per realizzarlo. Ritengo che questo sia possibile solo se investiamo sulle risorse umane di cui disponiamo, con pazienza e tenacia. Dobbiamo però superare la mentalità del lamento e del fallimento. Dobbiamo scrivere pagine nuove dove si realizzano fatti che ci coinvolgono con idee propositive e dialogare sinceramente per costruire percorsi condivisi animati dal “bene comune”. la solidarietà tra di noi cittadini non è solo tendere la mano alle Istituzioni ma tenerci tutti insieme per mano, solo uniti vinceremo la crisi. Nella vita da soli possiamo fare così poco ma insieme possiamo fare così tanto.
Buona giornata
Favria, 13.10.2016 Giorgio Cortese

Nella vita il lavoro di squadra è la quotidiana abilità di lavorare insieme verso una visione comune. La capacità di dirigere ogni realizzazione individuale verso un obbiettivo organizzato, solo questo è il carburante di base che permette a persone comuni di ottenere risultati non comuni e di crescere insieme

Dio è Amore e non solo Deus nobiscum!
Non sono un teologo ma ritengo che Dio è amore! Non significa che Egli mi ama per quel che sono, né per quel che ho o mostro d’essere, ma perché è Amore. Il Suo Amore non è motivato dal modo in cui mi comporto ogni momento, ma il Suo Amore supera in ogni essere vivente. In altre parole, Dio non ha bisogno di me e degli esseri umani per amare perché egli è Amore. Un Amore che nessuno può obbligarlo o incitarlo ad amare. Quest’amore non è fondato su un bisogno presente in noi esseri umani o su desideri o attrazioni. Mi piace ricordare la frase di S.Paolo nella lettera ai Romani: “Iddio mostra la grandezza del proprio amore per noi, in quanto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”. Dio è amore e questo significa che ogni suo atto è concepito e motivato dall’amore e se accolgo il Suo Amore Lui è in me e non devo cadere nella superbia di pensare che solo io ho Dio in me. Questo lo dicevano i nazisti con il sinistro Gott mit uns, Dio con noi, che deriva dal bizantino grido di battaglia Deus nobiscum usato anche dagli svedesi durante la guerra dei trent’anni. A mio avviso bisogna fare molta attenzione a non incorrere nel peccato di superbia, che è un vizio capitale. Occorre accostarsi ai problemi che coinvolgono nel profondo l’Individuo ed il suo rapporto con i suoi simili con molta umiltà, se si vuole evitare di creare, in nome di un presunto amore, il suo esatto contrario, attraverso la discriminazione. E questo lo dico appunto con molta umiltà, perché diffido in generale di chi afferma di possedere troppe certezze e parla in nome di chi afferma essere con Lui. Se parlo di valori laici e mi ispiro alla Costituzione, chi potrà mai darmi torto, se crede nella democrazia; ma se parlo di Dio, chi mi autorizza a dire che Dio è con me?
Favria, 14.10.2016 Giorgio Cortese

Il bello della vita è vivere certe giornate così, in discesa con il freno a mano tirato, e poi altre in salita a tutto gas.

Fabioch o farlocco ma non farabutto, mascalzone.
Fabioch deriva dal latino flabeolum, piccolo soffio oppure piccolo flauto, insomma un bietolone sciocco ma inoffensivo come l’italiano farlocco che significa sciocco, sprovveduto e poi per estensione falso, taroccato, comunque di poco valore. Pare che questa parola sia l’italianizzazione dell’inglese far look guardare lontano, termine connotante con cui gli scippatori romani degli anni ’60 si riferivano ai turisti distratti papabili per esser derubati. Certo non è da mettere a fianco del farabutto, persona disonesta e senza scrupoli. Questo lemma pare che derivi dal tedesco freibeuter, saccheggiatore, pirata, a sua volta dall’olandese vrijbuiter libero cacciatore di bottino, composto da vrij libero e buit bottino. Si potrebbe dire che il farabutto è il filibustiere che ha lasciato il mare. Infatti i nomi di queste due figure condividono la medesima radice, e in origine descrivono personaggi affini, nonostante la “Filibusteria”, a onore del vero, erano i classici predoni, canaglie che scorrazzavano per i sette mari, pendagli da forca a cui la marina spagnola e non solo dava una caccia senza quartiere. Questa parola ci è stata portata in Italia dai mercenari che fra XVII e XVIII secolo militarono negli eserciti delle Fiandre, di ritorno a casa si portarono dietro questa parola, che si emancipò presto dall’uso marittimo, allargando il proprio significato fino a ricomprendere genericamente qualunque delinquente, qualunque persona disonesta. È una parola vasta e vaga, ma esprime di cuore il concetto che denota: il farabutto non è qualcuno a cui geometricamente si addebitano vizi e disonestà, è proprio un mascalzone dentro, come mi immagino i bucanieri senza scrupoli delle Antille. Infine riprendo il lemma mascalzone che deriva come parola da una simbiosi linguistica tra il maniscalco stalliere e scalzo. In altre parole, poveraccio. Maniscalco deriva dal francone marh, servo e skalk, cavallo, dalla stessa etimologia deriva la parola maresciallo. Mi sembra che questa parola come birba, gaglioffo, malandrino, lestofante, villico, lazzarone e altre si rifanno ai servi, accattoni, poveretti, con significati analoghi di disonestà e inclinazione alla delinquenza. Ma oggi il mascalzone è una simpatica canaglia
Favria, 15.10.2016 Giorgio Cortese

Se tratto una persona una persona rispettando la sua dignità e con sincera onestà diventerà ciò che dovrebbe e potrebbe essere.

Da cronologico o a cairologico
Per gli antichi greci c’erano almeno tre modi di indicare il tempo: aion, kronos e kairos. Aion rappresenta l’eternità, l’intera durata della vita, l’ eterno, immoto e inesauribile. kronos indica il tempo nelle sue dimensioni di passato presente e futuro, lo scorrere delle ore. kairos indica il tempo opportuno, la buona occasione, il momento propizio, con una certa approssimazione, quello che noi oggi definiremmo il tempo debito. Nella tradizione cosmologica greca Aion era una delle immagini del Tempo, insieme a quella più celebre di Kronos, corrispondente al Saturno latino. È il tempo che a sé unisce ogni momento. Kronos o Crono è il tempo che divora ciò che ha generato. Cronologico è l’ordine e le date degli eventi storici. Tutte le civiltà hanno sviluppato metodi o sistemi per misurare il tempo. Nessun evento storico non è sorto da altri prima di lui e che non era all’origine di un altro più o meno importante. L’ordine cronologico degli eventi è la posizione di questi su una linea del tempo o di un diario. Ad esempio, l’invenzione della ruota, la creazione della bicicletta e la fabbricazione della prima vettura sono tre eventi storici. Un ordine cronologico avrebbe messo prima dell’invenzione della ruota (che si trova alla fine del periodo neolitico, vale a dire nell’anno 4000 A.C.), quindi la creazione della bicicletta (alla fine del XV secolo, circa) e, infine, la produzione della prima vettura (XIX secolo). Insomma non sarabbe mai stata inventata la prima vettura senza l’invenzione della ruota. Che cosa è cronologico, in definitiva, per quanto riguarda l’ordine e la misura del tempo o la pianificazione. Secondi, minuti, ore, giorni, settimane, mesi, anni, decenni, secoli e millenni sono alcuni dei più comuni in unità di tempo ogni giorno. Da Kairos deriva la parola cairologico, con il significato del tempo inteso come occasione, momento opportuno. Una parola per niente facile e decisamente poco nota e tanto ricca. Il concetto di tempo cairologico si contrappone a quello cronologico, che ci è più consueto: mentre questo considera il tempo nel suo sviluppo lineare e misurabile, quello ci racconta il tempo come momento opportuno, istante delle occasioni, il tempo maturo per compiere un’azione, adatto a cogliere la palla al balzo. Per meglio comprendere questo concetto ci si può rifare alle raffigurazioni antiche di Crono e di Kairos , sì, anche Kairos era una divinità, per quanto poco nota e adorata. Il primo è un terrificante titano di smisurato potere che divora i propri figli: il futuro viene continuamente inghiottito nel passato; Kairos, invece, è un ragazzo con le ali ai piedi, un rasoio in mano e la testa rasata – tranne che per un ciuffo davanti, sopra la fronte: per prendere Kairos si devono avere riflessi affilati e mente acuta, essere pronti ad acchiappargli il ciuffo mentre sta arrivando, veloce come il vento; una volta passato non c’è più modo di raggiungerlo. E la mano, su una nuca rasata, non trova appiglio. Certamente non è facile usare questa parola perché è ricercata su di un concetto che non è difficile esprimere altrimenti. Ma avere bene in mente l’immagine del tempo cairologico, il momento in mezzo al discorso in cui sai che puoi osare. In campo militare un buon stratega sa che la vittoria non è una semplice questione di superiorità numerica, ma un momento in cui l’attacco sull’avversario porterà il panico e darà un esito definitivo alla battaglia. Kairos è, secondo Aristotele, il contesto del tempo e dello spazio in cui la prova sarà affrontata. Kairos è accanto ad altri elementi contestuali della retorica: Il pubblico che è il trucco psicologico ed impressionabile di coloro che riceveranno la prova; e, La preparazione che è lo stile con il quale l’oratore veste la loro prova. Nel campo artistico Kairos è la sfumatura trascurabile, la correzione minuscola che favorisce il buon esito. Nella mitologia greca KAIROS è stato un perdente perchè l’uomo ha sempre più seguito la “logica del Tempo” ma, secondo me KAIROS non perderà nel momento in cui saprà “fermare il tempo” grazie alla sua propria qualità che è, come dice il suo nome, Il momento giusato, r opportuno, ovvero il tempo di Dio che può essere d’aiuto per tenere a mente che un tempo del genere esiste, un tempo in cui acciuffare Kairos che scatta verso di me, ed esiste solo per le persone sveglie.
Favria, 16.10.2016 Giorgio Cortese

L’affidabilità è una delle virtù che più cerco con chi collaboro ma è anche una delle più difficili da trovare