Ronco: sara’ restaurata la casaforte “Gran Betun” di Servino a cura di Marino Pasqualone

SE NE E’ PARLATO A RONCO NELL’INCONTRO  SU “ABITARE LA PIETRA”

(da IL RISVEGLIO POPOLARE del 21 luglio 2022)

RONCO CANAVESE –  Sarà finalmente messa in sicurezza e restaurata la casaforte “Gran Betun” presente nell’alto vallone di Servino, nel Comune di Ronco Canavese, grazie ad un progetto di restauro redatto dal geometra Davide Querio e finanziato in parte da un bando finalizzato al recupero dei beni architettonici del GAL Valli del Canavese.

Di questo e, più in generale, della necessità di intervenire al più presto per salvare quel poco che ancora resta in piedi di alcuni pregevoli esempi di architettura alpina nelle valli Orco e Soana, se ne è parlato a Ronco Canavese sabato 9 luglio nel corso dell’incontro su “Abitare la pietra”, organizzato, come l’abbinata mostra fotografica ancora visitabile, in collaborazione dall’Associazione culturale “Lo cher en Val Soana” con il CESMA – Formazione e cultura.

Ad illustrare la storia dell’evoluzione millenaria dell’abitare dell’Uomo sulle Alpi è stato Marco Cima, Direttore del Museo Archeologico Canavesano ed autore di numerose pubblicazioni sull’argomento, il quale ha evidenziato che l’amministrazione comunale di Ronco è stata la prima ad aver preso davvero sul serio e con azioni concrete la necessità di salvare un esempio mirabile di architettura del territorio, con il progetto di recupero della casaforte di Servino: “Una cosa importante non solo per il Comune di Ronco – ha sottolineato Cima – ma per tutta la valle Soana, perché con questo intervento questo bene storico e culturale potrà essere conservato per almeno qualche secolo ancora”.

E, come il “Gran Betun” di Servino, nelle valli canavesane che salgono verso il Gran Paradiso ci sono, ma in molti casi sarebbe ormai più corretto dire c’erano, molti altri edifici di notevole pregio e di valore storico ed architettonico, da Onsino di Sparone a Pianìt di Locana, dalla casaforte di Tirolo al mitico “Castello di Pertia” sulle montagne tra Sparone e Ribordone, oggi purtroppo ormai diventato poco più di un rudere informe di pietre dirute.

Per quanto riguarda più in particolare la casaforte di Servino, Cima ha parlato di un vero e proprio “microcosmo fossile”, la cui tipologia costruttiva originaria risale a quasi un millennio fa, anche perchè in alcuni sondaggi archeologici effettuati nella struttura sono emerse tracce della presenza di una fornace di calce utilizzata per la sua costruzione ed alcune terrecotte databili tra il X° e XI° secolo: “Si tratta certamente di una delle prime caseforti costruite in queste valli, dopo quella di Pianìt di Locana – ha spiegato Cima – la quale dunque ha quasi mille anni di vita e che, grazie a questo progetto di conservazione e restauro, adesso potrà ancora andare avanti almeno per qualche altro secolo”.

Il Geometra Davide Querio, che si è occupato della redazione del progetto di recupero del “Gran Betun”, grazie alla forte volontà in tal senso dell’amministrazione comunale di Ronco Canavese che ha poi portato ad ottenere il finanziamento da parte del GAL, ha evidenziato che questo bene architettonico si presenta al momento in condizioni abbastanza critiche, con evidenti cedimenti della struttura soprattutto da un lato, anche se fortunatamente le altre pareti sono ancora in condizioni decenti.

“Serviranno consolidamenti dell’intero edificio, concordati con la Sovrintendenza, e la facciata crollata sarà interamente ricostruita con pietra locale – ha spiegato Davide Querio – mentre i serramenti saranno ove possibile salvati ed il tetto, crollato da tempo, sarà ricostruito con una struttura lignea e coperto con le lose”.

All’interno invece troveranno posto due piani da destinare a spazio di conoscenza di tutte le altre caseforti presenti sul territorio delle valli Orco e Soana, tramite appositi pannelli divulgativi, rispettando quindi le finalità del bando che prevedeva la possibilità di fruibilità del bene una volta ristrutturato.

Questo è un progetto nato dalla precedente amministrazione comunale – ha ricordato in conclusione il sindaco di Ronco, Lorenzo Giacomino – realizzando il quale lasceremo ai nostri figli un frammento del nostro patrimonio storico, su cui poter costruire la loro identità futura”.

E chissà, aggiungiamo noi, che questo non serva da esempio e stimolo ad intervenire per altre amministrazioni valligiane: ovviamente prima che di questi beni architettonici non restino solo che cumuli informi di pietre, come purtroppo è già avvenuto ed avverrà ancora a breve se staremo solo a guardare senza fare nulla di concreto per salvarli.

                                                                                                          Marino Pasqualone