Semplicemente 7994 GRAZIE – J’Amis del Palass. -Eccellenza canavesana.- Mettermi in gioco- La spiga di grano.- Res Gestae Favriesi da Marcus a Marchetti…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Semplicemente 7994 GRAZIE
Nella vita di ogni giorno ho sempre tanti motivi per ringraziare, la gratitudine è una merce rara di questi tempi. Eppure basta poco, una parola: semplicemente grazie. Grazie a tutti i donatori di sangue che oggi hanno partecipato alla festa, 110 volte grazie! Grazie ai musici che domenica mattina hanno allietato il corteo. Grazie alle 18 e più bandiere tra gruppi fratelli donatori di sangue e associazioni del paese che hanno presenziato al nostro 28 compleanno come gruppo. Grazie a tutti i commercianti di Favria e non, che hanno contribuito alla riuscita della festa, permettendoci di donare durante la festa più di 140 premi! 7994 volte GRAZIE per le sacche raccolti dai donatori sino ad oggi, grazie al sangue raccolto presso il nostro gruppo! Un grazie sentito, non Vi dimenticheremo mai e saremo sempre riconoscenti nei Vostri confronti! Grazie per il Vostro indispensabile gesto di amore, di solidarietà, di amicizia. Dico “indispensabile” perché è la pura realtà. Senza sangue non si vive, senza l’offerta del donatore molte persone sarebbero in pericolo di vita; non si potrebbero effettuare trapianti né eseguire grossi interventi chirurgici. Senza sangue molte sale operatorie rimarrebbero chiuse. La festa è anche motivo di fare dei bilanci, e come gruppo il bilancio non può essere che positivo. Ma chi sono questi “meravigliosi portatori di vita” della nostra Comunità? Non portano sfavillanti divise, ne utilizzano costosi mezzi, ne lustrini colorati, ma sono delle semplici casalinghe, dei professionisti, agricoltori, studenti, artigiani, operai e commercianti e tutori delle forze dell’ordine. Insomma tutte persone che hanno compreso la necessità di chi soffre e che hanno dedicato e dedicano qualche ora del loro tempo ad aiutarlo con il loro dono. Vorrei raccoglierli tutti, gli attuali e chi per motivi di età e salute non può più donare raccoglierli tutti in un largo abbraccio e ringraziarli per la loro fedeltà all’ideale che hanno scelto e in cui credono. A coloro che ci hanno lasciato va il mio e del Direttivo il ricordo riconoscente. A chi non ha mai “provato” la bellezza e la soddisfazione che dà la donazione, l’invito ad unirsi a noi per concorrere a coprire tutte le esigenze dei nostri ospedali, ma soprattutto del povero più povero: l’ammalato. Chiunque sia in buone condizioni di salute ed abbia un peso corporeo superiore a 50 Kg con un età compresa tra 18 anni, fino a 60 se alla prima donazione, 65 ed oltre a giudizio medico per il donatore periodico e che goda di buona salute. Ricordo che, come da indicazioni del nostro Centro Trasfusionale di Riferimento (Banca del Sangue del Presidio Ospedaliero Molinette di Torino) viene applicata la procedura della Donazione differita. In sintesi, ai “Candidati Donatori” che si presentano al prelievo per la prima volta e che non hanno mai effettuato donazioni di sangue o emocomponenti, gli vengono effettuati esclusivamente degli esami. Successivamente, se sulla base degli esiti dei referti, se risulteranno idonei, potranno diventare “Donatori” e proseguire in questo importante percorso. Un grazie sincero alla struttura Regionale Donatori di Sangue Piemonte che ci supporta con le equipe mediche e con la propaganda, grazie. Un grazie a tutto il Direttivo, sono l’esempio concreto che le persone non sono solo quelle che sorridono, ma sono anche quelle che somigliano a un fiore, e i fiori regalano felicità, come quella che Voi mi date con la Vostra collaborazione ed amicizia. Adesso smetto perché mi rendo conto che tante parole non sempre rendono interessanti i discorsi… a volte una sola parola racchiude un profondo significato: “SEMPLICEMENTE GRAZIE DI CUORE!”
Favria 13.06.2016 Giorgio Cortese

Quando arriva la sera, penso a ciò che ho fatto e a quello che potevo fare e per questo non devo mai pensare di aver passato una giornata noiosa, l’ho vissuta tra alti e bassi. Dopo prendo sonno convinto di sognare il bene, ma il bello della notte e chiudere gli occhi e sperare in un domani migliore. Ma la cosa più bella è riaprire gli occhi per avere ancora una giornata da vivere.

J’Amis del Palass
Da maggio fino a settembre nelle nostre Comunità pivccole e grandi è un fiorire di feste patronali e di borgata. Un ritorno alle feste delle tradizioni contadine, non tutte sono feste tradizionali. Molte sono manifestazioni enogastronomiche, altre sono rievocazioni storiche ripescate dalle Pro loco e dai Comuni per incrementare il turismo. Ma quello delle piccole Comunità risalgono a feste antichissime che si sono conservate nel tempo e che risalgono a tempi remoti e sono collegate ai riti pagani dei Romani e, in alcuni casi, alle tradizioni celtiche. Non sono mai uguali a se stesse anche se vengono ripetute con molta fedeltà alla tradizione. La festa esiste solo nel cambiare e nel ricorrere. Ogni volta è diversa perché esiste solo nel momento in cui viene celebrata e spesso da persone diverse utilizzando utilizzano luoghi che sono lo spazio della comunità, anche se la Comunità è un gomitolo di casa come nella frazione di Palazzo Grosso, del Comune di Vauda. Palazzo Grosso deve il suo nome alla casa più antica: una cascina a corte di metà ottocento che viene ricordata da tutti gli abitanti della borgata come “ La Scuola”. Durante la 2’guerra mondiale i bombardamenti ne hanno distrutto la manica laterale e parte dei locali posteriori. Oggi del lougo simbolo del toponimo rimane, fortunatamente, il resto dell’edificio simbolo con le ristrutturazioni degli anni, e così anche oggi è possibile mantenerne il ricordo. Una curiosità, tra la 1′ e la 2′ guerra mondiale la borgata non portava questo nome, si chiamava Case Sparse in quanto erano poche le abitazioni e lontane tra loro e per anni rimase frazione di Front e da metà del secolo scorso frazione di Vauda. Ritornando alla festa in onore di S. Antonio da Padova, è una festa che ha una dimensione a misura di persone perché fatta da persone e da gesti e serve a riaffermare i vincoli della comunità, i valori della società in cui si svolgono: la comunità si riconosce in una cultura comune. La festa organizzata dagli Amis del Palass è un momento di allegria per rivedere vecchi amici e gustare i piatti della tradizione fatti con semplicità. Se volete assaporare “il tempo della tradizione”, con feste spontaneo e fare scorta di calore umano, sempre più raro ai giorni nostri ecco che la festa Patronale della Frazione Palazzo Grosso, nella vaude fa per Voi. Tra Sabato 18 e Domenica 19 Giugno J’Amis del Palass, in collaborazione con la Proloco e il patrocinio del Comune di Vauda Canavese, organizzano la 10° festa Patronale della frazione Palazzo Grosso in onore di Sant’Antonio da Padova. Ala sabato 18 alle ore ore 20,30 Palas a la grijja, un Menù che mi mette appettito solo a leggerlo e poi Domenica 19 alle ore 15,00 torte in festa, ore 16,00 S. Messa in onore di S. Antonio da Padova e a seguire rinfresco offerto dagli “J’Amis del Palass E poi la premiazione torte. Per prenotare Domenica 3478216976- 011 9251385, Michele 3355743881. Che dire se non andate perdete una opportunità di mangiare bene, perché se mangiamo bene in compagnia anche l’animo ne trae una sottile e piacevole serenità
Favria, 14.06.2016 Giorgio Cortese

Le rughe sul volto degli anziani formano le più belle scritture della vita, quelle sulle quali i bambini imparano a leggere i loro sogni.

Dalla vita ho imparato che le persone possono dimenticare ciò che ho detto e anche se ho fatto a loro del bene a loro, ma non dimenticheranno mai la maniera con la quale ho servito che vale molto di più di quello che ho dato loro, insomma come li ho fatti sentire nell’animo.

Eccellenza canavesana.
Viviamo sempre di più in una società che giorno dopo giorno accumula dei deficit di mancanza di lavoro e di accumolo di problemi sociali. Uno di questi problemi che assillano sempre di più le famiglie. Leggendo su internet ho trovato il bellissimo sito dello Studio Tomaino, www.badantiincanavese.it, tel 0124 640140, che non si limita ad un semplice servizio contabile, ma segue le famiglie che ne fanno richiesta per offrire con compteneza ed attenzione la persone in grado di fare fronte alle loro necessità familiare, una consulenza chiara e completa. Con la loro competenza infondo nell’animo la speranza che riprende guizza nei pensieri che come un orologio fermo da troppo tempo che d’improvviso ricomincia a ticchettare perché verranno seguiti passo dopo passo. Si occupano di tutte le pratiche amministrative connesse al lavoratore domestico, anche straniero, intendendo per tale qualsiasi figura al servizio della famiglia e non solo, insomma una delle eccellenze del nostro Canavese che riesce a creare lavoro nonostante la crisi senza roboanti proclami ma con il semplice fare. La famiglia che è la base della società, la prima cellula di aggregazione sociale, se si apre qualsiasi dizionario della lingua italiana, e si cerca la parola famiglia, si legge di solito che è quel nucleo di persone costituito da genitori e figli, che vivono insieme. Se però ci guardiamo attorno, ci accorgiamo che la famiglia è cambiata rispetto agli anni passati. La famiglia ha vissuto negli ultimi decenni delle molteplici trasformazioni rispetto alla famiglia ante seconda guerra mondiale. Siamo passati dalla famiglia patriarcale, in cui nella stessa casa vivevano insieme più generazioni, nonni, figli, nipoti, nuore, a a quella nucleare, in cui ci sono solo i genitori ed i figli. Ma le trasformazioni non sono avvenute solo a livello dei diversi modi di aggregarsi, bensì anche a livello interno. Ad essere cambiati sono, soprattutto, i rapporti reciproci fra i vari membri ed il modo di “stare insieme”. Venendo meno la famiglia patriarcale ed il contestuale progressivo allungamento della vita dovuto principalmente al miglioramento delle condizioni sociali e di salute diviene sempre di più necessario ricorrere a figure esterne alla famiglia per assistere le persone anziane o in difficoltà di auto efficienza per l’aggravarsi delle condizioni fisiche di un familiare. Negli ultimi anni il sostegno al bisogno familiare e l’assistenza alla persona sono tra le attività che più di altre hanno assunto una dimensione primaria nella vita quotidiana delle famiglie, questo soprattutto in difficolta di autogestirsi. Spesso però, l’aggravarsi delle condizioni fisiche di una persona cara o il venir meno della sua autosufficienza, rendono necessario il sostegno umano di una persona esterna e la famiglia si trasforma così in un vero e proprio datore di lavoro con tutti gli adempimenti e gli obblighi che ne derivano. Ecco allora che negli ultimi decenni ha preso sempre di più consistenza il ricorso ad un o una badante. Il vocabolo che deriva dal verbo “badare”, che a sua volta proviene da badar, bada che significa sentinella ovvero colui/lei che si prende cura di un’altra persona o di una cosa. A questo si unisce il significato di tenere a bada, ovvero osservare e verificare un certo comportamento perché non degeneri . si usa , infatti, dire anche “Bada!” se qualcuno si comporta male. Oggi la parola è davvero molto utilizzata ed è rivolta esclusivamente a quelle persone, per lo più donne straniere, che vengono assunte da famiglie al cui interno è presente un anziano non più autosufficiente da accudire. La badante si comporta come la “tata” di un bambino piccolo: lava, veste e mette in ordine l’anziano perché sia in buono stato, lo porta a passeggio, gli prepara da mangiare e gli tiene compagnia, insomma bada a lui perché non gli manchi nulla.
Favria, 16.06.2016 Giorgio Cortese

Il buon senso è un po’ come il deodorante. Ritengo che le persone che ne hanno più bisogno non lo usano.

Mettermi in gioco
Nella vita di ogni giorno il mettermi in gioco richiede coraggio e perseveranza, per non essere succhiato da situazioni in cui regna l’apatia e la tristezza. È il mettermi costantemente in gioco, nonostante gli ostacoli, che mi libera dal tunnel dell’insicurezza e della paura. Ma poi alla e sera prima di andare a dormire mi pongo la domanda: cosa ho imparato oggi di nuovo, e di utile per me? Ed ogni volta che sento di aver appreso qualcosa di veramente utile mi sento grato al mondo per il nuovo insegnamento. Secondo un proverbio Zen : ““Conoscere è imparare qualcosa ogni giorno, saggezza è lasciare andare qualcosa ogni giorno.”. Certo è anche importante capire ogni giorno l’importanza di lasciar andare ciò che non ci serve più, ciò che ormai è logoro. A volte per lasciar andare, che sia questo un sentimento, una persona o qualsiasi altra cosa, serve coraggio. Coraggio di fare una scelta, coraggio di prendere una decisione, perché a volte lasciar andare può essere doloroso come impare qualcosa di nuovo, il mettermi ogni giorno in gioco. Per mettermi in gioco è importante ogni giorno pensare positivo, assumendomi responsabilità e rischi. La posta in palio è quella di riuscire a vivere pienamente. Perché, come diceva il poeta Pablo Neruda nella sua Ode alla Vita: “Essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.
Favria, 17.06.2016 Giorgio Cortese

Ogni giorno cerco per quanto possibile di vivere con semplicità e pensare con grandezza.

La spiga di grano
Il termine “grano” deriva dal latino granum dalla radice indoeuropea gar, che significa: “triturare, fregare, scorticare. Secondo altri deriva dalla radice indoeuropea ghar, spargere, e che quindi il sanscrito g’arati significa, “la cosa che si sparge, si dissemina. La spiga dorata che al suo interno racchiude i preziosi chicchi di grano è sempre stata, fin dall’antichità, il simbolo della fertilità della terra. In araldica la spiga di grano è simbolo di operosità agricola; in quanto tale compare di frequente nell’araldica civica di comunità agricole. Simboleggia anche abbondanza, ricompensa al lavoro e pace. La spiga di grano è stata spesso assunta nello stemma da chi voleva esprimere gratitudine per essere stato salvato in una mischia. Le spighe sono spesso rappresentate sotto forma di covoni. Il covone, a sua volta, è stato spesso assunto nello stemma da chi aveva stipulato una tregua o una pace. A giugno, quando il sole arriva al suo massimo splendore, anche il grano arriva al massimo del suo grado di maturazione. La spiga dorata che al suo interno racchiude i preziosi chicchi di grano è sempre stata, fin dall’antichità, il simbolo della fertilità della terra. Infatti, da un solo chicco di grano, grazie al fenomeno dell’accestimento, possono crescere decine di spighe e migliaia di granelli. Il grano ondeggia con le sue spighe d’oro, intarsiato dal rosso dei papaveri nei campi . il grano che già da migliaia di anni prima di Cristo è alimento strategico per l’umanità. Per lungo tempo risorsa di potere e generatore anche di battaglie, come fu con il fascismo in Italia, per garantirne una produzione che desse autosufficienza all’Italia. La libertà scanzonata dei campi d’estate è evocata da spighe di grano, emblema della fertilità della terra, girasoli e gerbere dall’arancione acceso: un’esplosione di luce capace di rievocare il sole e illuminare con la gioia della natura che rinasce, generosa di vita. Il grano onorato per la sua bellezza, sacralità e duttilità. Nella nostra dieta è fondamentale come grano tenero e grano duro: il primo dedicato al pane, il secondo alla pasta. La mietitura del grano ha nel passato rappresentato per i contadini la fine di una fase di duro lavoro invernale. Per questo è occasione di festa e appuntamento onorato con gioia, in particolare in seguito a un buon raccolto. Danze, canti, musica e cibo abbondante accompagnavano la mietitura. Il grano e poi la spiga, che nasce sin dall’inizio con la sua forma perfetta nello stelo d’erba, e ancora il chicco, componenti così simboliche da avere ispirato ai Greci la Dea Cerere con la sua immancabile leggenda. La spiga simbolo di vita e di buona fortuna. Dividere il grano dalla zizzania, invito che rimanda al grano quale eccellenza di bontà e alla zizzania, che in natura è erba infestante, quale attività di disturbo a mezzo di pettegolezzi e maldicenze parecchio praticata dall’umanità. La grana simbolo di denaro, seppur in uso quasi esclusivamente dialettale, nonostante la sua origine latina. Ecco quindi i grani delle perle dei rosari, il grana padano sintesi estrema di un formaggio che per la sua lavorazione vede col tempo il latte trasformarsi a mo di chicchi, la grana o lo sgranarsi della carta fotografica; i chicchi di caffè o di cioccolata, o d’uva o quello di riso, fratello non meno importante per l’alimentazione di quello di grano, per finire con quel Chicco/a vezzeggiativo affettuoso di tanti bimbi/e o nome proprio dato agli amati amici a quattro zampe. Venendo al verbo spigolare, era un gesto femminile, delle donne che cercavano nei solchi del grano ormai trebbiato le spighe rimaste fra la paglia. Ed è alle Spigolatrici di Sapri, che videro sbarcare nel Regno delle due Sicilie i trecento giovani e forti di Carlo Pisacane, che è dedicata la poesia patriottica tra le più famose del nostro Risorgimento. In cucina il grano è farina innanzitutto, ma è chicco la cui cottura permette di preparare molteplici piatti.
Favria 18.06.2016 Giorgio Cortese

Voglio ringraziare tutte quelle persone che mi donano il loro tutto leggendo ogni giorno il mio niente, grazie di cuore

Res Gestae Favriesi da Marcus a Marchetti
Marchetti è un cognome con le varianti di Marconi, Marchet, Marchetta, Marchetto, Marchettini, Marchini, Marcon, Marcone, Marcotti. L’origine del cognome Marchetti, con molta probabilità deriva dal prenome romano Marcus, utilizzato in antichità, termine che è alla basa anche di molti altri cognomi, che hanno come base il nome Marco, quali: Marchini, Marchino e Marchignani. L’etimologia di Marcus deriva da Mars, Martis il cui significato è “sacro a Marte” “dedicato a Marte”. Il dio della guerra per i romani. La storia nome va fatta risalire al Medioevo e si deve al culto per San Marco Evangelista, in questo periodo compare per la prima volta questo cognome e le sue numerose varianti, ad esempio, si ha nota di un teorico e compositore di musica del tredicesimo secolo che si chiamava Marchettus Paduanus , 1270-1335. Tracce di questo cognome si trovano ad esempio a Milano negli atti del 1630 relativi ad un procedimento. Tra i cognomi italiani, quello di Marchetti è maggiormente diffuso nelle regioni del Nord Italia, in particolare in Lombardia, regione che conta oltre mille e cinquecento Marchetti il cognome è comunque molto presente anche nel Lazio, in Toscana ed in Emilia Romagna. Altri cognomi, che come Marchetti derivano da Marcus sono: Marchetto, diffuso in Veneto e Friuli, Marchet che si trova soprattutto a Feltre, comune in provincia di Belluno, Marchetta, Marchi, Marchini, Marcon fino ad arrivare a Marconi. Il cognome Marchetti è diffusissimo al centro nord, con un possibile ceppo anche nelle Puglie; Marchet è tipico di Feltre, BL, mentre Marchetta è presente a macchia di leopardo al sud con un piccolo ceppo a Roma e nel piacentino. Marchetto, anch’esso molto diffuso, è più propriamente veneto, delle province di Vicenza, Padova, Treviso e Friuli. Una curiosità sono molte le famiglie nobili che portarono il cognome Marchetti, nell’araldica cognomi relativa a questo cognome si trova spesso, come elemento ricorrente il leone, il più delle volte rampante, come nei signori Feudali di Favria i Cortina. Il Cognome Marchetti appare infatti nei blasoni di molte nobili famiglie quali i Marchetti San Martino, che avevano nel loro blasone un leone e rombi color oro su fondo rosso. Pietro Marquett o Marchetti, fu barone di Ucria, la nobile famiglia che visse in Sicilia, già dal 1200, nei territori di Siracusa e Messina e si stabilì a Scicli nel 1296. Parte della famiglia si trasferì, nel mille e cinquecento a Messina dove, alcuni esponenti della nobile famiglia, proprio nel XVI secolo, ricoprirono cariche importanti quali quella di senatore della città, tesoriere generale del regno. Guiscardo Marchetti fu castellano del Real Palazzo, mentre Giuseppe fu senatore oltre che governatore della Tavola pecuniaria, l’allora banca di Messina. Presso la chiesa Madre di Ucria si trova, ancora oggi, il sepolcro del barone Giuseppe Marchetti. In Italia ci sono circa 8245 famiglie Marchetti.
Favria, 19.06.2016 Giorgio Cortese