Si nasce….. – La vita – Luglio. -Dalla scimitarra alla sciabola – I cloni del clono mentale… Le pagine di Giorgio Cortese

Si nasce…..
Si nasce senza poter scegliere, si muore senza poter scegliere. Siamo creature, tutte, tenute in vita dalla mano di Dio. Certo la perdita di una persona importante crea una ferita molto profonda e solo il tempo può guarirla. Ma le care persone che mi hanno donato il loro grande affetto sono eterne presenze che vivono racchiuse nel mio animo. In realtà i morti non sono scomparsi, non mi hanno lasciato, ma mi aspettano dove si trovano. Sono lì, e continuano ad amarmi. Sono fermamente convinto che quando morirò tornerò da loro; tornerò dai mei cari, dai miei affetti, dagli amici che mi hanno lasciato troppo presto, da tutti coloro ai quali ho voluto bene, ed insieme saremo felici senza più temere nulla. Saremo simili a stelle e vivremo in eterno nel cielo vicino a Dio.
Favria, 1.07.2015 Giorgio Cortese

La vita
Sapete, la vita a volte può sembrare diversa da come me l’aspettavo, ma è pur sempre la mia vita, posso scegliere io come deve essere, ne ho una sola e non devo sprecarla, perché lei non mi darà una seconda opportunità. E poi mi sembra strano come a volte i ricordi prendono forma nel presente facendomi rivivere situazioni passate, ma con la maturità derivata dall’esperienza. Ecco che allora anche in momenti dolorosi realizzo così che niente succede per caso, rendendomi conto di come la vita ed il tempo che passa mi aiutano a comprendere situazioni che prima non riuscivo a spiegarmi.
Favria 2.07.2015 Giorgio Cortese

Luglio.
Luglio, mese di canicola, almeno o è sempre stato, quest’anno dalla meteorologia pazza potrebbe anche non esserlo. Tempo di giochi per bambini e ragazzi che sfruttano le vacanze scolastiche, tempo di villeggiature al mare e in montagna. Per molti il mese di Luglio è tempo di svaghi sotto l’ombrellone o su un prato di montagna per chi è già in vacanza, per il sottoscritto dopo il recente lutto, ancora tempo di lavoro…pazienza” Sursum corda!
Favria, 3.07.2015 Giorgio Cortese

Indipendentemente dalle differenze, il lavoro di squadra può essere riassunto in cinque brevi parole: “Noi crediamo in un altro!”

Dalla scimitarra alla sciabola
La scimitarra deriva dall’antico persiano shimsir. Il vocabolo “shamshir”, a sua volta, è di possibile derivazione da shafshēr, in iranica con il significato di “artiglio del leone”, sham, artiglio e shir, leone, in riferimento alla forma ricurva della lama dell’arma. Arma bianca a lama lunga e stretta, curvata all’indietro verso il dorso, con un solo filo sul taglio, e la punta, spesso con la cuspide allargata a due fili, che si estende quasi per un terzo della lama; fu usata da popoli orientali e specialmente dai Turchi che la diffusero nel bacino mediterraneo. L’invenzione della scimitarra non era opera dei Turchi o di altri popoli iranici, perché un accorgimento simile era già noto nell’Antica Grecia. Senofonte, morto nel 355 a.C., parlando della spada più consona per le forze di cavalleria aveva raccomandato il ricorso al coltellaccio tipo makhaira, con lama leggermente ricurva ed ingrossantesi in prossimità della punta. Ma armi da taglio a lama curva furono usate fino dai tempi più antichi dai Sardi, dai Piceni, dai Latini. Erano altresì conosciute dai Greci, e diffuse fra i Medî, i Persiani e tra gli Spagnoli autoctoni, fors’anche prima della conquista della Spagna per parte dei Visigoti e degli Arabi. I Romani ne armarono gli uomini a cavallo. La sciabola fu l’arma principale dei Daci al tempo di Traiano (101-106 d. C.) come si può rilevare dai bassorilievi della Colonna Traiana a Roma. Passò poi in Germania verso la fine del sec. IV. Nel XVI secolo, i continui contatti e scontri tra la cavalleria pesate europea e gli ottomani nei Balcani e nei Carpazi faro il successivo sviluppo della spada a cavallo ibrida la szabla, in polacco, la sciabola in Europa. È da ritenere che la parola sciabola, in Francia e in Italia, si cominciasse a usare poco dopo la metà del Seicento; il Montecuccoli pare l’abbia adoperata per la prima volta intorno al 1676. Per la forma corrispondeva alla storta del sec. XVI, arma da taglio anche questa con la lama curva a filo e costola, stretta al tallone, più larga all’estremità ove è tagliata a sghembo, nonché alle varie daghe e dagone a lama curva sì largamente usate durante tutto il Rinascimento nell’alta Italia, a Napoli, nella Dalmazia e dalla gente di mare in guerra. Come arma da guerra la sciabola fu largamente usata nella Svizzera. Ivi fin dal tempo di Massimiliano I esistevano gli spadoni ad una mano e mezza, così chiamati perché meno grandi di quelli a due mani, con lama a un taglio e leggermente ricurva, che diedero poi origine colà alle sciabole bernesi, le quali durarono fino al sec. XVIII. Sciabole vere e proprie adoperarono sempre i popoli dell’Europa orientale, come Russi, Polacchi, Ungheresi; e forse ne generalizzarono l’uso nelle regioni occidentali nel sec. XVI gli stradioti albanesi e dalmati che venivano assoldati come ausiliarî negli eserciti europei. In detti eserciti furono armati di sciabole, verso il 1700, specialmente i corpi di cavalleria leggiera e, dopo, gli usseri e i cacciatori. L’ebbero poi anche tutti gli ufficiali e i soldati a piedi: ma questi ultimi più corta e da portarsi appesa al budriere insieme con la baionetta. Il budrière o o bodrière, lemma che deriva dal francese baudrier, striscia di cuoio che nelle milizie dei secoli passati si portava ad armacollo e serviva ad appendervi la spada o la sciabola, e in qualche caso, se disposta davanti, la bandiera o il tamburo. Successivamente con l’affermazione dell’artiglieria e del moschetto e la nascita della baionetta la scimitarra, così come le altre armi bianche venne relegata ad un ruolo di prestigio ornamentale. Ancora oggi in Italia sono armati di sciabola gli ufficiali e sottufficiali di tutte le armi, nonché la cavalleria e l’artiglieria a cavallo. Accessori della sciabola sono la dragona, dal francese dragonne, derivato di dragon “soldato di cavalleria”, striscia di cordoncino o di cuoio terminante in un fiocco o in una nappa e fissata all’elsa della sciabola dei militari e il pendaglio, che serve a portarla e che viene agganciato a due anelli posti sul suo fodero e ad uno speciale passante della cintura o del cinturone, a seconda del tipo di uniforme indossata.
Favria 4.07.2015 Giorgio Cortese

Quando dormo mi pare di avere intorno me, in cerchio, il filo delle ore che riposo.

I cloni del clono mentale
Il primo lemma clone, significa un organismo geneticamente uguale ad un altro, ottenuto senza fecondazione la parola deriva dal greco klon con il significato di ramoscello, ed il concetto attuale è tutt’altro che semplice. Quale è l’identità di un albero? Se ne separo un ramo e lo ripianto o lo reinnesto, questo è un nuovo individuo? È da questa immagine, dalla talea, che nasce il concetto di clone come lo intendo io. Il clone è la copia genetica perfetta di un individuo. E se è nel patrimonio genetico che risiede l’identità di un vivente, il clone genera un insieme di viventi che hanno la stessa identità. Il patrimonio genetico è un patrimonio informatico, perciò è stato giocoforza estendere la clonazione all’ambito delle tecnologie informatiche, e allora, si sente spesso parlare di carte di credito clonate, di software clonati, e forse con migliore immediatezza questi mi danno la dimensione della comunanza di identità fra cloni. Risalendo verso gli aspetti più cruciali, la clonazione viene rapportata spaventosamente all’eventualità della clonazione umana, al pasticcio coi geni. Spavento non ingiustificato. Se clonare un fegato potrebbe schiudere le porte di cure miracolose, sono pur sempre in gioco problemi mortali che per essere affrontati richiedono una vasta saggezza. E qui parlando di saggezza arriviamo al secondo lemma simile ma non uguale nel significato “clono”, che in medicina significa la contrazione spasmodica dei muscoli che si riscontra in molte malattie del sistema nervoso. Questa parola deriva dal greco klònos, ‘movimento inconsulto. Il clono è una particolare tipo di reazione del muscolo striato, consistente in una successione rapida e ritmica di contrazioni e di allungamenti. Certe persone che conosco sono soggette inconsapevolmente al clono mentale, con il loro ragionamenti inconsulti e senza senso e il dramma è che questi cattivi esempi vengono clonati da altri miei simili propagandando la malattia, che trsitezza.
Favria, 5.07.2015 Giorgio Cortese

Quelle persone che tirano la corda in due direzioni opposte, prima o poi si stancano e non arrivano da nessuna parte.