Siamo in guerra! Siamo tutti esseri umani.- AVVISO-Gli anziani: la nostra memoria storica! -Le note musicali sono solo sette ma…- Nebbia.-La foglia di Novembre-La foglia di Novembre-Venditori di fumo. … LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Siamo in guerra! Siamo tutti esseri umani.
Si siamo in guerra contro esseri disumani che dissacrano la loro religione, nascondendosi dietro a Dio per compiere efferatezze come una squallida banda di tagliagole. Siamo in guerra contro il seme dell’odio generato dall’ingiustizia. Siamo in guerra contro chi vuole colpirci nella nostra quotidianità, al teatro, al bar, per le strade delle nostre Comunità, luoghi che non possono essere presidiati sempre dalle forze dell’ordine, dove l’attacco vigliacco può mietere vittime senza avere un contatto di fuoco che l’esercito. Pensiamoci bene, vogliono inculcare nei nostri animi il pensiero che possono colpire dappertutto, sia luoghi religiosi, ma anche solo posti affollati e non difesi. Un modulo sanguinario e “asimmetrico” per metterci paura, per farci pensare che questi inumani, e non le chiamo bestie, per non offendere gli animali dotati di istinto, siano invincibili. Ma dove si combatte veramente la guerra nel nord dell’Iraq i peshmerga, che vuole dire guerrigliero che sfida la morte, il nome è già un programma dei soldati curdi. Questi soldati stanno tagliando alcune linee di rifornimento del sedicente Califfato, forte con i deboli ma debole quando si scontra contro delle forze organizzate. Sono solo dei farabutti! Ma adesso che siamo in guerra, una guerra totale tra umanità e che è inumano, non dobbiamo avere paura, la paura genera odio, ma dobbiamo avere responsabilità. Dobbiamo tutti tenere i nervi saldi, pregare per chi è morto ma non cadere nel fanatismo, per evitare di generalizzare i pochi, esecrabili terroristi ad un’intera popolazione, insomma di non fare tutta un erba un fascio. Non si può propagandare una risposta all’infuori delle regole e delle garanzie che con fatica abbiamo costruito in secoli di progresso civile. Tutto ciò non vuole dire arrendersi o non difendersi con l’efficacia che tutti vorremmo. Dobbiamo unire per isolare i tagliagole, questa a mio parere è la faticosa via da intraprendere. Dobbiamo saldare le forze di chi ama e rispetta la vita e la dignità di tutti al fine di dire sonoramente che non c’è spazio per coloro che si pongono al di fuori di questa prospettiva ed essere rigorosi e tenaci nello stanare questi tagliagole che si sono infiltrati tra di noi. Mi auguro che gli apprendisti stregoni, si quelli che hanno fatto saltare il regime dei Gheddafi in Libia, ora ritrovino il controllo della situazione, perché in Medio Oriente il risiko regionale è ancora tutto da giocare, dove le potenze hanno attualmente interessi e obiettivi diversi e inconciliabili sulla pelle delle vittime innocenti del Califfo tagliagola. Anche loro sono Parigini anche loro sono nostri connazionali perché dietro e dentro l’animo e dentro ciascuno di noi c’è l’umanità intera.
Favria, 21.11.2015 Giorgio Cortese

Nella vita di ogni giorno gli ostacoli sono fatti per essere superati! Ritengo che la strada più facile non è sempre la migliore perché tutte le cose sono difficili prima di diventare facili!

AAA.AVVISO!
Carissimi volenterosi donatori, sabato 19 dicembre, dalle ore 15,00 alle ore 19,00 oltre al consueto scambio di auguri e consegna dei panettoni, Vi comunico che verranno indette nello stesso pomeriggio le elezioni per il nuovo Direttivo per gli anni 2016-2017-2018. Chi è interessato a provare questa esperienza altamente gratificante dal punto di vista umano e conoscere quali sia le incombenze che comportano fare parte del Direttivo può mettersi in contatto con il sottoscritto contattandomi personalmente, o segnalando la personale disponibilità ai membri del Direttivo. Grazie Ti aspettiamo e abbiamo bisogno di Te. Grazie. Cortese Giorgio cell. 333 171 48 27

Gli anziani: la nostra memoria storica! Festa del Centro Incontro Pensionati.
In occasione della Festa del Centro Incontro Pensionati, vorrei scrivere due righe sugli anziani, sulle persone di una certa età nella nostra società e soprattutto sulla figura degli anziani. Una cosa vorrei inoltre dire: le persone di una certa età rappresentano la nostra memoria storica, ma nessuno sembra volersene accorgere. Li lasciamo soli, abbandonati a loro stessi, quando avrebbero così tanto da dare e insegnare. Avete mai pensato che sono gli ultimi e unici testimoni di quanto successo in alcuni anni del 1900? Quando i “nonni” non ci saranno più, chi ci racconterà come era la guerra, chi ci racconterà della fame e dell’arrabattarsi per un pezzo di pane con la famosa tessera? Come si viveva nell’immediato dopoguerra? Ma soprattutto chi ci racconterà di come era bello avere poco ma essere felici ugualmente, o il buon vecchio detto “si stava meglio quando si stava peggio” che quasi tutti gli anziani preferiscono al corri corri del mondo di oggi? Chi ci racconterà l’emozione dell’acquisto della prima lavatrice? O del frigorifero e di come prima si tenesse tutto in ghiacciaia? Chi ci racconterà di come si faceva “all’amore” passeggiando per le vie del paesino. Chi ci racconterà dell’attesa dell’amato partito per la guerra e del ritrovarsi finalmente insieme? Davvero pensate che tutte queste cose possiate trovarle nei libri di scuola? Nei saggi nozionistici? Sui libri scritti nero su bianco o su internet? E poi quanto ci piace vedere le fiction che lasciano vedere spaccati di vita di famiglie di tanti anni fa! Ma gli spaccati di vita, la maggior parte di noi, li abbiamo in casa o vicino a noi! Ogni volta che una persona anziana ci lascia, è un altro pezzetto della nostra storia che se ne va. Ogni tanto pensateci, è come se bruciassimo anni di storia, come se cancellassimo tutto ciò che ha fatto si che noi avessimo ciò che abbiamo oggi nel bene e nel male. E’ così bello guardarli negli occhi e vederli ancora sognanti, di nuovo sognanti o forse per la prima volta sognanti, uno sguardo che in noi non c’è più, lo perdiamo con il passaggio dall’adolescenza all’età che viene viene chiamata adulta. Quando entro nei locali del Centro Anziani e sorrido ricambiando i loro saluti, ricevo più affetto e calore in quel sorriso che in una qualunque conversazione che avrò durante la giornata. Come si può fare a meno di tutto questo? Come si può fare a meno di questa incredibile opportunità. E la verità è che siano noi popolazione “civilizzate” ad aver dimenticato completamente il valore dell’esperienza di anni di vita vissuta. In popolazioni meno civilizzate, nelle popolazioni aborigene o per esempio nei paesi Asiatici questo sono cose elementari. Voi anziani siete fuoco che arde, pioggia che bagna, neve che stupisce, noi che con l’animo viviamo nella vita, le vostre rughe formano la più bella scrittuta della vita, sui vostri volti da bambino ho imparato a leggere i miei sogni. I vostri suoi occhi stanchi hanno visto la gioia e le difficoltà, avete visto le campagne e l’avvento di quel benessere chiamato progresso. Ora nei vostri animi avete l’armonia delle esperienze vissute e sta a noi raccoglierle per non disperderle nell’oblio. Gli insegnamenti più grandi di vita li ho appresi, a parte dei miei genitori, dai nonni. Perché l’esperienza conta in tutto, nel lavoro, negli studi, nei lavori manuali, ma non nella vita reale? Bisognerebbe anche calcolare che gli over 75 hanno tirato su famiglie, cresciuto figli e nipoti, sfamato bocche, cambiato lavori, insegnato e creato valori, con titoli di studio inesistenti. Oggi se non si è laureati sembra quasi che non si valga nulla, voi anziati con i Vostri sacrifici avete permesso l’avvento del progresso e delle nuove tecnologie che senza di Voi non avrebbero potuto svilupparsi. Grazie di cuore!
Favria, 22.11.2016 Giorgio Cortese

Certe persone prima di connettersi su Facebook dovrebbero controllare il loro umore. La negatività nuoce gravemente alla salute, l’allegria invece porta giovamento a chiunque. Sorridete, grazie, perché il vostro sorriso è molto contagioso.

Le note musicali sono solo sette ma…
La musica dice sempre qualcosa, anche quan¬do rimane inascoltata. La musica è qualcosa d’innato che abbiamo dentro fin da bambini e che poi crescendo magari si perde, sviluppando qualche altro talento o magari nessuno, dipende da noi. Dentro a ogni musica c’è il dolore, la sofferenza e la gioia di una creazione. La musica è un mare immenso e originale che con il suo linguaggio abbatte i muri dell’ignoranza. Molte delle cose che si possono esprimere tramite la musica sono ineffabili, poiché non possono mai diventare il contenuto di un concetto mentale o venire espresse a parole. Dove la capacità di comunicazione termina e le parole finiscono, lì inizia la musica. La musica è una ghiottoneria uditiva, crea legami, è un’emozione che accomuna. Personalmente quando sento la Filarmonica Favriese, nel suonare l’Inno di Mameli provo un sacro brivido lungo la schiena, sento una grande cosa dentro di me, un gioia nell’animo che non so descrivere, verso valori che accomunano ai mei simili nella Comunità in cui vivo. Quando ascolto la Filarmonica Favriese il mio animo è attraversato da un mare di emozioni positive. Mi lascio travolgere dal turbine dei suoni, quando inizia la soave melodia, esiste nient’altro, dimentico il mondo e tutte le sue preoccupazioni, entro a far parte di un’altra vita, in un altro tempo, la musica, quando l’ascolto dal vero eseguita dai bravi musici, mi avvolge e crea in me un senso di infinito e di contemplazione, che fa vibrare il mio animo. La musica è un linguaggio diverso da quello verbale, una lingua particolare, fatta d’emozioni. Le note sono solo sette ma non ci si trova mai corto di melodie perché la musica è un oceano infinito per le umane emozioni. La musica è tra le cose più ricche di significato, unisce il contenuto al sentimento, la logica all’irrazionalità, la metrica alla fantasia. Un brano musicale può avere un grande significato emozionale, pur essendo costituito da singoli minuscoli frammenti di suono, da singole note, di per sé prive di senso. La musica imprime un scossa emotiva al mio animo, grazie per la deliziosa musica Filarmonica Favriese, grazie per il Vostro concenrto
Favria, 23.11.2015 Giorgio Cortese

La musica è l’aritmetica dell’animo, che conta senza saperlo. Ecco vorrei che la musica fosse un luogo, e allora sì che avrei trovato il mio posto felice nel mondo.

Nebbia.
Nel parco coperto di foschia nel nulla si dissolvono le forme, gli incerti contorni svaniscono alternandosi tra luce e ombre piccoli bagliori s’attenuano scivolando nell’umida nebbia si confondono con il fremito d’ingiallite foglie vaganti o col leggero e breve soffio. Per le strade i pochi passanti sono simili a ombre frettolose e rade che se ne vanno imbacuccate con gli animi rattristati, la nebbia sfiora i pori e i capelli piccoli bagliori fluttuanti. Stanno i passanti radi sugli delle strade case grigie, senza forma e tutto sembra che dorma. Mi fermo per ascoltare il fruscio secco e lieve, sono le foglie accartocciate dal gelo si staccano dagli alberi e cadono. E’ arrivata la nebbia si accuccia nella campagna, passa per le strade e nel parco e guarda la Comunità silenziosa e poi se ne va via.
Favria, 24.11.2015 Giorgio Cortese

Dalla vita pretendo sempre di più, ma quasi mai mi accorgo delle cose belle che ho già!

La foglia di Novembre
Una una descrizione esatta di questo mese può essere resa con le sensazioni di una foglia che cade dall’albero in questo breve racconto. La foglia con un soffio di vento più forte degli altri si staccò dall’albero e cadde al suolo. Mentre oscillava nell’aria pensò al giorno in cui era nata, quando c’era un bellissimo sole e l’aria era tiepida. Insieme a lei nell’albero c’erano moltissime altre piccole foglie ed i prati erano tutti verdi e colorati da moltissimi fiori. Il tempo trascorreva veloce e sereno, lei e le altre foglie crescevano molto in fretta, l’albero si trovava in un grande parco assieme a molte altre piante di varie forme e colori. Si potevano scorgere molte panchine e viali alberati dove passavano numerosi bambini che si rincorrevano e le vicine scuole portavano l’allegro vociare degli alunni. Sul ramo dove si trovava arrivavano spesso molti uccelli che con il loro canto rallegravano le giornate. La primavera stava finendo e cominciava l’estate; lei e le altre foglie dell’albero formavano una grande ombra e sotto di loro nelle giornate calde e afose estive trovavano riparo molte persone, specialmente anziane. Le foglie erano mosse da un caldo vento e a volte improvvisi acquazzoni davano un po’ di sollievo e abbondante acqua per dissetare lei e le altre foglie. Esse risplendevano di un verde brillante e per tutto ciò le sembrava che queste giornate non finissero mai. Ma un giorno l’aria diventò più fredda del solito e la luce del giorno era sempre più breve, il sole non scaldava più come prima e i colori dei prato stava diventando più scuro, tutto stava cambiando. Vide che le sue compagne nell’albero non erano più verdi ma marroni e ogni giorno che passava le sembrava che fossero sempre di meno. Giorno dopo giorno tutte le altre foglie si staccarono e caddero a terra. Avevano un colore marrone scuro e non verde come era abituata a vederle così si rese conto che erano morte. Sperava che a lei non accadesse la stessa cosa ma che un giorno da marrone com’era diventata ritornasse a essere verde per poter rivedere crescere delle altre foglie e che le giornate tornassero a essere calde e felici. Una mattina molto fredda e ventosa anche lei si staccò dall’albero. Volteggiò nell’aria numerose volte e sembrava non cadesse a terra. Volteggiando nell’aria fredda vide l’albero dove era stata fino a poco tempo prima: era molto grande e alto, le panchine dove si sedevano le persone erano vuote ed i viali di alberi completamente spogli e sentiva lieve il parlare dei bambini, chiusi nelle aule scolastiche. Allora capì che anche per lei era giunta l’ora di morire. Il vento la portò vicino a foglie di tutti i tipi, si appoggiò a terra, vide per l’ultima volta il suo albero e sperò che fosse tutto un sogno.
Favria, 25.11.2015 Giorgio Cortese

La vita è fatta di piccoli granelli di tempo, quel tempo che sembra non bastarmi mai. Gli anni passano inesorabili mentre da ottuso cerco di rincorrere la felicità. Passano mesi in cui continuiamo a sperare. Passano giorni su giorni che sembrano sempre uguali, passano le ore, alcune veloci altre interminabili. E poi ci sono i brevi attimi che segnano indelebilmente il mio animo per il resto dei giorni che devo ancora vivere a Dio piacendo.

Homo homini lupus
L’espressione latina homo homini lupus, letteralmente “l’uomo è un lupo per l’uomo”, ha già un antico, il commediografo Plauto scriveva: “lupus est homo homini” nella sia opera “Asinaria che riassume la condizione dell’uomo nello stato di natura descritto dal filosofo inglese Thomas Hobbes. Secondo questo filosofo, la natura umana è fondamentalmente egoistica, e a determinare le azioni dell’uomo sono soltanto l’istinto di sopravvivenza e di sopraffazione. Egli nega che l’uomo possa sentirsi spinto ad avvicinarsi al suo simile in virtù di un amore naturale. Se gli uomini si legano tra loro in amicizie o società, regolando i loro rapporti con le leggi, ciò è dovuto soltanto al timore reciproco. Nello stato di natura, cioè uno stato in cui non esista alcuna legge, infatti, ciascun individuo, mosso dal suo più intimo istinto, cerca di danneggiare gli altri e di eliminare chiunque sia di ostacolo al soddisfacimento dei suoi desideri. Ognuno vede nel prossimo un nemico. Da ciò deriva che un tale stato si trovi in una perenne conflittualità interna, in un continuo bellum omnium contra omnes , “guerra di tutti contro tutti”, nel quale non esiste torto o ragione, che solo la legge può distinguere, ma solo il diritto di ciascuno su ogni cosa (anche sulla vita altrui. Fuori dall’ambito strettamente filosofico, al giorno d’oggi l’espressione è utilizzata per sottolineare, in tono ora ironico ora sconsolato, la malvagità e la malizia dell’uomo. Ha lo stesso valore di Mors tua vita mea, ovvero “la tua morte è la mia vita. E questo spiega molto bene l’umano egoismo. Purtroppo oggigiorno per una serie di circostanza, la crsi economica ha la sua parte, certe persone perdono più di altre la giusta misura nel parlare con i propri simili. Ultimamente sono stato vittima di una violenta e minacciosa aggressione verbale sul social forum, con epiteti ingiuriosi, e personalmente non ho capito il motivo del loro livore. Questo mi fa riflettere che ci sono talora paure che mi fanno immaginare l’altro come un mostro. Se, infatti, provo a entrare in contatto diretto con il contendente, guardandolo negli occhi, parlandogli con sincerità, penso che posso provare lo stesso shock a cui fa cenno Christa Wolf in un libro appena letto in questi giorni: “Che cosa mai mi spinse a voler conoscere in profondità i nemici, visto che poi dovetti tenermi il risultato impressionante solo per me? Infatti essi sono come noi!” Questa frase mi ha molto colpito perchè penso che contenga una profonda verità. Spesso l’avversario è costruito da me a tavolino e riceve non di rado tutti quei caratteri che odio in me stesso.
Favria 26.11.2015

Certi invidiosi, quando non criticano, si logorano perché, non sapendo più apprezzare nulla di sé, disprezzano tutto degli altri. Che tristezza

Venditori di fumo.
Il futuro è molto aperto, e dipende da noi, da noi tutti. Dipende da ciò che voi e io e molti altri uomini fanno e faranno, oggi, domani e dopodomani. E quello che noi facciamo e faremo dipende a sua volta dal nostro pensiero e dai nostri desideri, dalle nostre speranze e dai nostri timori e dalle nostre azioni adesso. Come si vede dipende da come vediamo il mondo e da come valutiamo le possibilità del futuro che sono aperte. La crisi economica che ci ha investito in questi anni ha rivelato in particolare la fragilità del Patrio Stivale, ma l’ansia di uscire dalla crisi ci appanna la vista e non ci fa distinguere ciò che richiede le nostre cure immediate e ciò che necessita di una terapia lungimirante, rischiando di dare delle priorità sbagliate che si ripercuoteranno sul futuro dei nostri figli. Il dare un reddito minimo a tutti i cittadini meno abbienti mi sembra una stupida demagogia. Sono parole che sembra che suonino bene, ma sono un colossale imbroglio. I personaggi che parliamo del reddito di cittadinanza da un lato, e del taglio delle «pensioni d’oro» per assistere chi ha perso il lavoro in età avanzata dall’altro, emettono parole che suonano bene, ma se solo ci si ragiona un po’ si capisce che tali proposte diventano una trappola mortale e distruttiva per la finanza pubblica, per il mercato del lavoro e per il nostro welfare, o almeno per quello che ne rimane, insomma, specchietti per le allodole. Primo perché così snaturiamo la base della nostra Costituzione, perché non saremmo più una Repubblica fondata sul lavoro, ma sullo stipendio per tutti! E poi dove va a finire la creatività e manualità che hanno permesso il progresso in Italia, persone che sapevano mettere le scarpe da ginnastica alle mosche talmente erano bravi. Con questa idea e vorrei essere smentito si distribuiscono soldi a pioggia, provvedimenti che una volta si chiamavano von il termine: assistenzialismo. Misure del genere applicate nel nord Europa, mi pare che non hanno dato prove confortanti e hanno il potere di deresponsabilizzato intere generazioni. Mi sembra un meccanismo spaventosamente costoso che crea solo voragini nei conti pubblici. E poi una volta iniziato, quei soldi sono come una droga che produce assistiti cronici e la spesa si cumula con l’invecchiare delle generazioni e l’ingresso di nuove generazioni. Così facendo si diminuisce il tasso di occupazione. Chi mai accetterà un contratto a termine, part-time o saltuario, a 800-1.000 euro, quando grazie al reddito di cittadinanza può avere una somma equivalente senza fare niente, e magari integrarla lavorando in nero? Insomma il reddito di cittadinanza finisce per condizionare fortemente l’offerta di lavoro e distruggere il capitale umano, quello che crea benessere. E bisogna anche tenere presente che in Italia non abbiamo una struttura amministrativa in grado di gestire un reddito di cittadinanza, per cui finiremmo soltanto per erogare prestazioni di cui si perderebbe ben presto il controllo. Il nostro sistema è impostato per tutelare chi ha perduto il lavoro e la misura della prestazione è ragguagliata al tempo in cui si è lavorato. Bisogna incentivare l’occupazione, non la disoccupazione. La gente ha bisogno di lavoro, non di redditi che sconfinano demagogico nell’assistenzialismo. Anche le stesse distribuzioni di aiuti alimentari a chi ne ha bisogno non fa apprezzare in molti il sacrificio di sudare per guadagnare la pagnotta, per conto mio è immorale. Dare si gli aiuti alimentari ma il tutto legato ad una prestazione lavorativa, per chi può. Davanti alla percezione di un impoverimento diffuso, bisognerebbe impegnarsi per tornare a creare le condizioni per creare, a propria volta, ricchezza: per tornare a crescere. La classe politica non può creare lavoro a nessun livello ma può detassando ed agevolando negli insediamenti produttivi chi può produrre ricchezza, ovvero smettere di ostacolarlo con le pastoie burocratiche e fiscali. Certo da ottimista immagino sempre un futuro roseo, ma ritengo illusorio e dannoso, però, credere che certi demagoghi pensino che per curarsi del bene dei concittadini basti distribuire con ipocrita magnanimità quanto è rimasto di una torta che continua a restringersi. Spero che i sostenitori del reddito di cittadinanza mi contraddicano, e, chissà, magari mi facciano cambiare idea
Favria, 27.11.2015 Giorgio Cortese

La presunzione fa credere a certe persone quello che vorrebbero essere ma non si rendono conto che sono ridicoli. A questi personaggi se gli togliete le ali da farfalla per il ruolo che ricoprono sono solo dei miseri vermi