Sono 64 anni! – Marzo – Dopo i sudeti, oggi il Donbass – Incespichiamo sdrucciolando con un capitombolo. Tombè! – Se il cane abbaia la ringhiera ringhia? – Pistafum – Propugnacolo della vita con acume. – Mi piacerebbe… LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Sono 64 anni!
Oggi è il mio compleanno, sono 64 anni, e il flusso di pensieri scorre nel mio

animo, penso che maturo e invecchio! Ditelo come volete, fatto sta che compio gli anni, di nuovo, altro giro di boa! Mi consolo che finché li festeggio è tutto a posto. Certo gli anni sono passati sul mio viso e il giorno del compleanno è la percezione che il tempo stia passando e forse io non lo sto sfruttando come dovrei! Scrivo questo post sul mio compleanno perché ritengo che ognuno di noi sia in grado di lasciare un messaggio per regalare la forza della speranza a chi magari in quel momento non ne ha abbastanza e si sente un po’ giù. Mi piacerebbe farvi arrivare un pensiero positivo, un pezzetto di me che riesca a strapparvi un sorriso. Vi scrivo perché è il modo di comunicare che preferisco, perché se è vero che con un amico puoi stare ore in silenzio a guardare il nulla è anche vero che stare in silenzio e fissare uno schermo senza che ci sia scritto nulla non avrebbe molto senso.

Oggi rifletto sulla felicità, la mia personale. La felicità è una parola semplice e banale e che viene usato così sporadicamente.

Io sono felice e basta, mi guardo intorno e mi sento estremamente fortunato al pensiero di svegliarmi la mattina con il sorriso, di fare colazione e mettermi davanti al computer ad orari improponibili per scrivere, per il piacere di scrivere ancora e poi leggere tantissimi libri.

Nel 2022 sto inseguendo un obiettivo che mi sono autoimposto ma sempre avendo sempre le radici e poi le ali.
Le radici per l’amore della Comunità in cui vivo, poi le ali per portare avanti a testa alta i miei valori.

Ritengo che i problemi quotidiani sono sempre stato motivo di crescita personale perché mi hanno dato delle grandi opportunità.

In questo ultimo anno:

ho cercato di imparare a mettere sulla bilancia le critiche delle persone per trovare in ognuna la parte di verità che non vedevo;

ho cercato di imparare a non invidiare chi è più bravo di me, ma ad osservare e fare tesoro degli insegnamenti;

ho cercato di imparare a non lamentarmi ma a godere di ogni più piccola gioia, perché se ho la salute sono una persona fortunata.

Forse non ci sono ancora riuscito del tutto, continuerò a sbagliare e risbagliare, ma ogni giorno cerco di incastrare nel mio animo i miei mattoncini colore arcobaleno.

Spero di farlo nel verso giusto.

Oggi è il mio compleanno e metto nella valigia del mio cuore tutte le esperienze acquisite.

Sono felice e grazie a chi mi sta intorno, a quelle persone vicine e lontane che rendono ogni giorno la mia vita un po’ più speciale. E come sempre grazie ad ognuno di voi, per tutto.

Buona vita.

Favria,  28.02.2022  Giorgio Cortese

Buona giornata. Mettere un sorriso sul volto di qualcuno è una delle cose migliori che  posso fare oggi, per il mio compleanno. Felice lunedì

Marzo

Eccoci ormai nel mese di marzo, il terzo dell’anno ed il mese in cui torna la primavera il primo marzo quella meteorologica, mentre il 20 marzo del 2021, con l’equinozio, inizia la primavera astronomica. Il nome “Marzo” viene dal latino Martius, il dio Marte, a cui questo mese era dedicato. Marte era allo stesso tempo il dio della guerra e dei raccolti primaverili. Una divinità italica molto antica, sacra ai popoli italici per i quali era il dio del tuono, della pioggia, del fulmine, e poi consacrata anche dai romani, per i quali era una divinità importantissima.

Questo  mese non è sempre stato il terzo dell’anno. Fino al 46 a.C., quando nell’antica Roma era ancora vigente il  calendario romano” l’anno iniziava infatti con il primo marzo. Il 1° marzo era quindi l’equivalente del nostro attuale Capodanno.

Aprile era il secondo mese, poi veniva maggio, giugno, fino ad arrivare a luglio, che si chiamava Quintilis, quinto mese, a  seguire veniva Sextilis,  sesto mese.

I mesi a seguire, da settembre a dicembre, portano ancora oggi l’impronta di quell’antico calendario: settembre era il settimo, ottobre l’ottavo, fino ad arrivare a dicembre, che era il decimo mese dell’anno. Febbraio era quindi l’ultimo mese dell’anno.

La riforma del calendario romano venne promulgata da Giulio Cesare, e fu introdotta nel 46 a.C.: da quel momento il calendario si sarebbe chiamato Giuliano, in omaggio al suo fondatore.

Da quella riforma l’anno viene fatto cominciare il 1° gennaio con l’inserimento degli anni  bisestili e da allora  i mesi hanno acquisito grosso modo l’attuale suddivisione.

Altra modifica, ancora presente, è quella dei nomi dei mesi quintilis, è diventato luglio in onore di Giulio Cesare,  e successivamente di sextilis, diventato agosto in onore all’imperatore Augusto.

Il calendario giuliano è stato usato fino al 1582, quando è stata introdotta una nuova riforma, con l’inserimento del calendario Gregoriano in alcuni paesi europei. Questo calendario prende il nome dal papa Gregorio XIII, che lo introdusse con la bolla papale Inter gravissimas. Pensate che ill 4 ottobre 1582, la gente sperimentò, andando a dormire, un vero e proprio viaggio nel futuro. I giorni compresi tra il 5 e il 14 di ottobre furono letteralmente cancellati dal calendario, e ci si risvegliò la mattina seguente che era già il 15 dello stesso mese. Questo lasso di tempo fu dichiarato non esistente da Papa Gregorio XIII, che voleva con questa riforma superare lo sfasamento tra il calendario giuliano, introdotto da Giulio Cesare nel 46 a.C. e utilizzato fino ad allora, e l’andamento dell’anno solare, nei confronti dei quali si era, in quel momento, in ritardo.

Favria,  1.03.2022   Giorgio Cortese

Buona giornata. Marzo: mese di attesa. Le cose che ignoriamo sono in cammino. Felice  martedì

Vivi con quelli che possono renderti migliore e che tu puoi rendere migliori. C’è un vantaggio reciproco, viva la vita se doni la vita. Ti aspettiamo a Favria VENERDI’ 25 MARZO 2022, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

Dopo i sudeti,  oggi il Donbass

Nel 1938 la Conferenza di Monaco del 1938, consentì alla Germania nazista di annettere i territori dei sudeti in Repubblica Ceca e non riuscì a impedire la Seconda Guerra Mondiale. 

Oggi come allora si respira l’aria di Monaco, allora nel 1938, Gran Bretagna e Francia acconsentirono alle mire della Germania nazista sulla regione dei sudeti in Cecoslovacchia nella speranza, poi rivelatasi illusoria, di scongiurare la guerra. La conferenza si svolse nella città bavarese il 29 e il 30 settembre e vide come partecipanti il primo ministro britannico, Neville Chamberlain, il presidente francese, Edouard Daladier, il cancelliere tedesco, Adolf Hitler, e il primo ministro italiano, Benito Mussolini. 

Allora, il 12 settembre 1938 Hitler, al termine del raduno del Partito Nazionalsocialista a Norimberga, aveva minacciato la guerra se non fosse stato concesso alla popolazione tedesca della regione cecoslovacca dei Sudeti, dove i germanofoni erano maggioranza, il diritto all’autodeterminazione. Dal momento che l’autodeterminazione dei popoli era uno dei cardini della dottrina politica sorta dalle macerie della Prima Guerra Mondiale, Chamberlain e Daladier acconsentirono a un accordo che avrebbe permesso alla Germania di annettere vaste aree della Cecoslovacchia, che non fu invitata al tavolo e gridò al tradimento. L’Ungheria si sarebbe appropriata a sua volta di alcuni territori meridionali del Paese che, dopo appena vent’anni di esistenza, si ritrovò smembrato. 

In quel tempo Mussolini fu salutato in patria come “salvatore della pace” da un’opinione pubblica in larga parte ostile alla guerra, ma la catastrofe della guerra fu ritardata di appena un anno..

Nel settembre 1939 la Germania avrebbe infatti invaso la Polonia, da allora la Conferenza di Monaco passò quindi alla storia come il simbolo del fallimento della politica di accordo politico portata avanti da Chamberlain, ovvero il tentativo di venire incontro il più possibile alle pretese di Hitler con l’auspicio di evitare l’esplosione di un secondo conflitto mondiale. Il futuro primo ministro Winston Churchill avrebbe commentato l’accaduto con una frase divenuta celeberrima: “Potevano scegliere tra il disonore e la guerra; hanno scelto il disonore e avranno la guerra”.

Oggi abbiamo il Donbass, è cambiata la posizione geografica ma abbiamo sempre  come attori un dittatore e delle democrazie poco unite nel fare fronte manifestando la loro debolezza rendendo cosi il l’autocrate  di turno sempre più arrogante nelle sue richieste. Oltre a questi episodi, credo che sia avvenuto un fatto importante nella totale disattenzione dei media: la Russia si è appena annessa la Bielorussia. Un’alleanza che trova una plastica conferma proprio nello stazionamento delle truppe russe nel territorio bielorussio, una presenza che  durerà a lungo. Oggi bisognerebbe la frase latina: “Si vis pacem, para bellum, se vuoi la pace, prepara la guerra”. Non sono sono un guerrafodiao ma uno dei mezzi più efficaci per assicurare la pace è quello di essere armati e in grado di difendersi, in modo da scoraggiare eventuali propositi aggressivi degli avversarî o se preferite “Ergo qui desiderat pacem, praeparet bellum, chi aspira alla pace, prepari la guerra”. L’ironia della storia è che la prima frase latina qui indicata era il celeberrimo motto latino a corredo della stampa che celebrava l’incontro avvenuto a Pietroburgo nel 1898 tra lo zar Nicola II e il presidente francese Faure. L’alleanza tra le due potenze, cercata dai russi per attirare capitali da Parigi e dai francesi in funzione antitedesca, non evitò, ammesso che questo fosse lo scopo, il conflitto mondiale ma contribuì a ritardarlo di soli 16 anni.

Allora se si vuole la pace l’unica alternativa è il dialogo e l’ascolto anche delle ragione dell’avversario, altrimenti ragioniamo come Napoleone I come scriveva nelle sue memorie il suo ex compagno di Accademia militare, Bourrienne: “Tutti conoscono l’adagio, ma se Napoleone fosse stato un’autorità nella lingua latina, avrebbe probabilmente invertito il detto in: “ Si vis bellum para pacem, se vuoi la guerra prepara la pace”

Favria, 2.03.2022 Giorgio Cortese

Buona giornata. Marzo è un bambino che ride da un occhio, dall’altro piange. Felice mercoledì.

Vivi con quelli che possono renderti migliore e che tu puoi rendere migliori. C’è un vantaggio reciproco, viva la vita se doni la vita. Ti aspettiamo a Favria VENERDI’ 25 MARZO 2022, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

Incespichiamo sdrucciolando con un capitombolo. Tombè!

Mamma mia, che dolore!

Il camminare eretti ci appartiene, come gli uccelli volano.

Eppure  spesso ci sorprendiamo a dimenticarlo. Altre volte ci dimentichiamo persino di sorprenderci a dimenticarlo.

Molte volte non camminiamo più. Preferiamo la seduta anatomica di poltrone in bilico su pneumatici pronti a scivolare sull’asfalto. Preferiamo scivolare, lasciarci scivolare. Dal retro dei nostri schermi, delle nostre scrivanie mentali finiamo per pensarci come essenze prive di involucro, il corpo è quasi un ingombro, l’ereditario fardello di una specie che ce l’ha lasciato per continuità nel tempo.

Dimentichiamo di essere dei bipedi evoluti, vuoi il caso di un piccolo ostacolo sul terreno e il non fare attenzione ed ecco che possiamo cadere sbattendoci il naso, il grugno, la testa o il muso. Insomma incespichiamo, inciampando mettendo il piede in fallo.

La parola incespicare è composta di in- dentro, contro, e cespicare dal latino tardo caespitare, inciampare in una zolla di terra, oggi sulla ghiaia maligna sull’asfalto o il cubetto di porfido che leggermente scomposto attende in agguato la nostra caduta.

Tornando a incespicare questa parola mi mette davanti a una curiosa opzione della lingua italiana  per descrivere l’atto involontario del mettere il piede in fallo, si richiama volentieri ciò contro cui il piede sbatte e porta a perde l’equibrio frutto dell’evoluzione umana.

Quando cadiamo con la testa all’ingiù, ecco il rovinoso capitombolo, parola composta da capo e tombolo, che non è la tombola ma proviene dall’antico verbo tombare, cadere, ruzzolare, che forse rende meglio in piemontese con tombè che deriva dal francese tomber, di origine onomatopeica come tumb o tump che nei fumetti rendono il suono di cadute sorde.

Tornando a tombare pare che derivi dal latino tumbam, tomba o meglio dal latino volgare tombare, e qui torniamo all’italiano tombolare.

Su questo brutto incidente sempre in agguato per noi bipedi umani possiamo parlare di cadere e cascare, questa voce di origine toscana che significa spostarsi dall’alto in basso in modo incontrollato per effetto della forza di gravità.

Per consolare chi è cascato, ecco cascare che da l’idea è di una caduta improvvisa, grave, pensate che cascata deriva anche lei da cascare.

Certo cadere  è facile, ma rialzarsi con stile non è semplice specie se si ha battuto la faccia al suolo. In conclusione a chi è caduto, oltre ad auguare una pronta guarigione, posso dire che nella caduta ci sono già i germogli della risalita, fragili ma verdi e vanno coltivati con premura. E poi solo chi  cammina talvolta cade. Solo chi sta seduto non cade mai.

Favria,  3.03.3022 Giorgio Cortese

Buona giornata. Che bello Marzo che trasforma i colori in silenzio. Felice giovedì.

Se il cane abbaia la ringhiera ringhia?

La parola ringhiera deriva dalla parola arengo.

Nel medioevo, l’arengo in Italia, era il luogo dove i cittadini insorti contro i feudatari si riunivano per auto-organizzarsi.

Il termine è probabilmente derivato dal germanico hring, cerchio, anello, passò quindi ad indicare la stessa assemblea dei cittadini nei liberi Comuni contro i feudatari, i magnati citati da Dante.

Dalla stessa parola proviene il lemma arringa, discorso ad un pubblico, la medesima presunta radice di ringhiera, cioè lo spalto da cui parlava l’arringatore con discorsi solenni.

Ma nel ringhiare c’è molto di più, questo è l’atto di mostrare i denti con rabbia.

Se ci pensiamo bene allora, la ringhiera quindi ringhia e, in effetti, tutti i balconi, osservandoli dalla strada sembrano coperti da questi denti dritti di ferro, che mostrano con rabbia le loro gengive a balaustra.

La ringhiera ringhia, mostra i denti e difende il suo territorio e le persone sopra il poggiolo. Ringhiare e ringhiera mi sembrano fatti per stare insieme e per rimandarsi l’un l’altro in questa fantasiosa ricostruzione linguistica.

La ringhiera vista dalla strada è l’esaltazione dell’intermittenza e del singhiozzo, perché si vede l’amico, il conoscente e lo sconosciuto scomparire negli antri bui dei pianerottoli interni per poi riapparire miracolosamente sulla soglia del balcone e salutare.

La parola ringhiera per essere esatti deriva da una voce popolare toscana rignare a sua volta dal tardo latino ringulare, ringhiare, digrignare i denti.

Da notare che la parola rigno sempre di origine popolare toscana indica anche  il nitrito dei cavalli, rigno equino di Pascoli.

Simile è la parola ghignare che deriva dal francese guigner, che deriva dall’antico francone guigner, aver la bocca  aperta, passato poi al tardo latino ringulare, in provenzale reganhar, spagnolo reganar,  ringhiare.

Una curiosità finale  l’aringa pesce deriva dal germanico hering è ha altra origine etimologica.

Ma alla fine mi domando se il cane abbaia la ringhiera ringhia?

Rispondo con growl, grunito. nel jazz, sonorità particolarmente rauca, volutamente aspra, ottenuta da solisti di tromba o di trombone soffiando nel bocchino ed emettendo contemporaneamente la voce, per contribuire a creare un’atmosfera di intensa espressività.

Favria, 4.03.2022  Giorgio Cortese

Buona giornata. La finta umiltà non potrà mai raggiungere certe altezze, soprattutto quando porta con sé il peso dell’invidia. Felice venerdì

Vivi con quelli che possono renderti migliore e che tu puoi rendere migliori. C’è un vantaggio reciproco, viva la vita se doni la vita. Ti aspettiamo a Favria VENERDI’ 25 MARZO 2022, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

Pistafum

Non è facile, e forse non è neppure corretto, tentare di distinguere tra espressioni idiomatiche e modi di dire. Se poi si considerano le differenze di grammatica e di sintassi fra piemontese ed italiano, può succedere che espressioni che appaiono idiomatiche alla luce di grammatica e sintassi italiane, non lo siano per la grammatica e sintassi piemontesi, a fussa pa mach, non fosse altro checuché an sel lobiòt, nonnel significato letterale beccare sul balcone, ma cogliere sul fatto questi modi di dire. Inizio allora cercando di désse d’ardriss, dandomi da fare se no rischio con questa mail di  andé a baron, non andare nel mucchio in senso letterale ma, mandare alla malora tutto il discorso, o meglio andé a rabél, non andare a fracasso  Ma prima mandare tutto alla malora, preciso non sono un pito, qui non vuole dire essere un tacchino, ma noioso nel discorso. Ne penso d’esse   un subrich, non una frittella ma petulante nella mia arroganza. Non pretendo di essere  un barbis,  un baffo, che significa un esperto,  ma sono consapevole di esse nen vàire lòn, non essere  un gran che, ma ci provo. Molto spesso, ed  bele vòlte, che non sono delle belle volte, amo andé a la maròda non raccogliendo frutta da alberi altri ma giocare con le parole. Ma non è detto che riesca a fare bene anzi a volte fé schissa, faccio cilecca. Cerco per quanto possibile ten-se ai branch,  tenermi ai rami, fare attenzione ma il rischio di pijé ‘d gandole,  non  dei capogiri, ma prendere un abbaglio è reale, perciò, a l’é lòn che farò se mi darete retta, dé da ment. Mi rendo conto che il discorso diventa noios coma na pieuva,  noioso come la pioggia e so di esse al pian dij babi, più che al piano dei rospi, alla fine e allora  per favore lassé boje, non nel senso letterale lasciare bollire, ma non date peso a quanto scritto adesso  leggero come le lenghe ‘d canarin, lingua di canarino. Mi congedo sperando che non mi mandé a spané ‘d melia non a spannocchiare del  granoturco , ma che non mi mandate a quel paese. Grazie di avermi letto e adesso vado ad  ampajé ij tond e le maiòliche,  impagliare i piatti e le maioliche usato una volta per indicare il traslocco o per andarsene, ed io per  concludere a-i é gnun bon a fé ‘d, non c’è verso di scrivere qualcosa di buono ed il mio scrivere perde la bagna, che non è il sugo ma la fatica a terminare questa mail che è solo del   pistafum.

Favria,  5.03.2022

Buona giornata. Marzo tinge, aprile dipinge e non ha un di come l’altro. Felice sabato

Propugnacolo della vita con acume.

Nella vita quotidiana non si ricordano i giorni, si ricordano gli attimi. Nella vita a volte si vince, altre volte si impara, quello che tendiamo a pensare che gli errori siano i nemici da evitare, ma forse  dobbiamo cambiare prospettiva per comprendere che in realtà vinciamo sempre, perché anche quando commettiamo un errore, impariamo la lezione e cresciamo. Non dobbiamo dimenticare che ogni errore ci avvicina al nostro obiettivo.

La vita è il dono più grande e prezioso che l’uomo abbia potuto ricevere, è il valore assoluto. La viviamo ogni giorno dato che fa parte di ognuno di noi. C’è chi crede che ci sia stata donata da Dio e chi crede che sia scaturita dal Big Bang. Qualunque sia stata la sua origine, è la cosa più bella che ci potesse capitare.  Spesso ce ne dimentichiamo e la viviamo superficialmente, ci soffermiamo solo sugli oggetti materiale. Questo è l’errore più grande che si possa fare, la vita è temporanea, dopo di essa non si sa cosa accadrà. Chi è credente pensa che dopo la morte l’anima verrà giudicata da Dio, chi non lo è pensa che dopo di essa non ci sarà più niente. Qualunque sia la verità, l’unica cosa certa è che dopo la morte i beni materiali non avranno nessun valore e quindi non vale la pena sprecare la nostra esistenza inseguendoli. Spesso capita per sfortuna o per destino, che una persona venga a mancare precocemente. Tuttavia non bisogna temere la morte, perché fa parte della nostra vita, non ha senso vivere con la paura di tutto ciò che fa parte della sofferenza. Frequentemente si diventa spettatori della propria vita invece di esserne gli artefici ed i protagonisti. Invece di far qualcosa per cambiarne l’andamento, pensiamo di essere giustificati dal fatto che non la possiamo controllare del tutto. Non possiamo sottrarci ad essa, fino a quando ne abbiamo l’opportunità la dobbiamo vivere al massimo. Il tempo che tutti noi abbiamo è un tempo preso in prestito, a volte ce ne dimentichiamo. Andiamo sempre di fretta cercando di realizzare grandi cose per un futuro che crediamo sicuro e così facendo tendiamo a dimenticare il valore di un momento. Il tempo che abbiamo ora sono momenti che non si ripeteranno mai più, nessuno può tornare indietro. Per vivere al meglio la nostra vita dobbiamo scegliere dei valori, degli ideali in cui crediamo e farci guidare da essi in tutte le nostre scelte. Solo vivendo in base ad essi possiamo raggiungere il livello maggiore e più elevato di realizzazione della nostra vita.

Favria, 6.03.2022 Giorgio Cortese

Buona giornata. Auguri a tutte le donne, la  festa è nelle Vostra testa. Il domani nelle Vostre mani. Felice  domenica

Mi piacerebbe…

Mi piacerebbe che l’8 marzo diventasse invece la festa di noi maschietti, ed in particolare di tutti quelli che si definiscono uomini che  per tutto l’anno non rispettano la  loro compagna, moglie, madre, vicina di casa, collega di lavoro, figlia. Vista la ricorrenza della festa, soprattutto  a quegli uomini che svolgono la funzione di datori di lavoro a milioni di donne. Che una volta per tutte, la donna siano considerate uguali sempre agli uomini. Perché una donna se sta bene regala il mondo a chi le sta attorno e a chi ne ha bisogno. Cari amici uomini lasciate i rami di mimose ai loro alberi, lasciate i fiori ai loro giardini e fate vivere le vostre donne in armonia con il loro destino, oggi, domani, dopo domani e per tutto l’anno. Donne, smettete di sentirvi deboli, impreparate; siete molto più di quanto voi stesse pensiate o crediate, basta decidere di avere accanto persone degne del vostro cuore. Sapete cosa fa più male ad una donna? Non il mazzo di fiori che non gli hai comprato per l’8 marzo, non la collanina a Natale o la frase sui social, carina e di effetto per sbalordire tutti e farli sentire un po’ invidiosi. No…! quello che fa male ad una donna è la disattenzione. Quando ad esempio sta male per un raffreddore e sembra che a nessuno importi. Sente solo ripetere: cosa si mangia? Hai lavato la mia felpa? Oppure quando a tavola non trova nemmeno uno sguardo, un bicchiere di vino frizzante che piace a lei, già versato, lei se lo deve versare e forse dopo gli altri… un grazie amore per questa cena fantastica. No! Si reclama il dolce. Lei si alza, dopo tante alzate e serve nei suoi piattini che ogni giorno lava e rilava lo splendido dessert. Ma la maionese? Ma i tovaglioli? Nessuno chiede mai se lei invece abbia bisogno di qualcosa. È la solita routine, per giorni, mesi, anni che lei sopporta devota e felice ma che alla fine, forse a volte troppo tardi fa scoppiare un cuore che ha dato tanto ma che non è stato riempito di vero amore. Meravigliose le donne che non hanno paura di ricominciare da zero. Meravigliose le donne che prendono una valigia, per riempila di sogni, anche quelli impossibili. Meravigliose le donne fatte di nostalgia e di dolcezza. Meravigliose le donne che portano i tacchi ma poi si stancano e cambiano scarpe, continuando il loro cammino e magari, anche scalze. Meravigliose le donne che non si accontentano, rifiutandosi di essere perfette. Meravigliose le donne che al mattino scelgono l’abito più elegante da indossare: della “dignità”. Meravigliose le donne che hanno classe innata, non per i capi firmati ma per la loro anima che non mostrano a chiunque. Meravigliose le donne che hanno il sorriso sulle labbra e le lacrime nel cuore. Meravigliose le donne nonostante i loro anni ed i loro danni. Mi auguro che  l’8 marzo sia un giorno di grande riflessione a prescindere dal genere della persona in questione. Grazie

Favria, 7.03.2022  Giorgio Cortese

Buona giornata. La distanza che si trova tra l’incertezza e la certezza si chiama speranza. Felice lunedì