Sono carnivoro, ma non me ne vanto – Non abbatterti, sorridi alla vita – San Giorgio, la lotta interiore. – Liberazione! – Con la lanterna alla ricerca della buona tavola. – Mettiamo cuore nel pensare alla testimonianza dei Martiri del 25 Aprile!…le pagine di Giorgio Cortese

Sono carnivoro, ma non me ne vanto
Ricordo che da ragazzo il primo giorno di tempo buono dopo un mese di pioggia e di nebbia la nonna liberava tutti gli abitanti del pollaio, questi appena giunti nel cortile, si fermavano alla vista del sole come per ringraziare di rivederlo, finalmente. Con loro avevo stabilito una confidenza a lungo attesa e quando le mattine d’estate mi vedevano che accompagnavo mia nonna per l’apertura della porta borbottavano una specie di gratitudine, ma avevano fretta di raggiungere lo spiazzo dedicato alla pastura. Il pollaio si chiudeva alla sera, perché li non esisteva nessun Wto in cui si ritiene normale e democratica la libera competizione tra faine e galline. Poi un giorno a tavola papà e la nonna, “la governante dei volatili” incominciano timidamente un discorso sul gallo che si sarebbe troppo appesantito a causa della vita buona condotta, è vero che sa fare ancora il suo mestiere con le sue protette, ma sarebbe ora di sostituirlo dicono. Sì, canta sempre la mattina anche se con un po’ di raucedine, ed è lui a scegliere i luoghi da ruspare ed è sempre lui al crepuscolo a condurre il suo popolo nel pollaio. Non avendo trovato nessun difensore di fronte a quella tavola, nei giorni scorsi quel gallo di cui ero fiero finisce in una pentola per dare lustro al pranzo domenicale e sapore al brodo con gli immancabili……..reale. Non c’è bisogno di rimprovera la violenza perché ci penso già abbastanza da solo e prima di fare qualche considerazione vediamo la reazione delle galline. La sera senza il gallo non volevano rientrare nel pollaio, borbottavano immobili contro papà e nonna che abitualmente ne avevano cura. Rivolevano il loro sovrano. Alcune di esse dopo molti tentativi si riuscì a farle rientrare, ma altre dovettero essere prese a forza come fanno le forze dell’ordine con i dimostranti recalcitranti. Alcuni giorni dopo è arrivato il nuovo sostituto procuratore di servizi, rosso e nero e la cresta ardita, riuscendo in breve tempo a svolgere il suo mestiere e stabilendo un rapporto sereno e cordiale con le sue amministrate. La prima considerazione che volevo fare è che nessuno osi affermare “Sei scemo come una gallina”, perché quando vivono bene, pasti naturali e libertà, si riesce perfino a dialogare con loro, oltre al regalo che ci fanno di quel prezioso contenuto negli involucri bianchi di calcio ricchi di sodio, potassio, fosforo, vitamina A che sono le uova. L’altra considerazione riguarda i tre milioni di vegetariani che mi considereranno un assassino: fino al diluvio eravamo tutti vegetariani, poi la vita è cambiata e sul volto degli animali è comparsa la paura per l’uomo. Certo gli animali vanno uccisi solo per sostentamento e non per pura crudeltà, accetto, pensieroso, le leggi della natura che mi costringono a essere una volpe, anche se non sono fiero che le cose stiano così. E non mi dite che non sono costretto come la volpe a cibarmi di galline, perché non è una risposta esauriente
Favria, 21.04.2015 Giorgio Cortese

Certe volte forse è meglio che rimanga in silenzio ed essere considerato imbecille, piuttosto che aprire bocca e togliere ogni dubbio

Non abbatterti, sorridi alla vita
Non abbatterti se nella vita incontri delle difficoltà, le onde del mare non arriverebbero così in alto senza gli scogli!. Non abbatterti se nella vita per adesso tutto ti va storto, ricorda che puoi sempre ripartire da zero e puntare all’Infinito. Non abbatterti mai, anche se le cose non vanno bene! Guarda le montagne non parlano, ma su di loro splende sempre il sole, anche quando piove o nevica! Si anche tu ,così ,trasmetti la tua positività a chi non c’è la fà ! Se c’è la fai hai donato l’amore, un amore senza prezzo, perchè ami la vita. La perseveranza sarà la tua forza. Se riuscirai a non abbatterti nonostante le bufere che la vita inevitabilmente ti mette davanti, la vittoria sarà tua.
Favria, 22.04.2015 Giorgio Cortese

Nella vita di ogni giorno cerco di cogliere il meglio di tutto quello che arriva e il minimo da tutto quello che va

San Giorgio, la lotta interiore.
La storia di S. Giorgio inizia il 23 aprile del 303 a..C., giorno in cui Giorgio, militare di alto rango poco più che ventenne, vicinissimo all’imperatore Diocleziano, venne decapitato per essersi rifiutato di rinnegare la propria fede cristiana e, soprattutto, per essersi opposto all’editto che avrebbe ordinato una sanguinaria persecuzione contro i seguaci di Cristo. Questo evento avvenne e da allora questo Santo nato a Lydda in Cappadocia è iniziata la diffusione del suo culto, prima in Oriente e poi in Occidente, anche grazie alle diverse Passiones che ne raccontano il martirio. Da queste prime indagini è possibile individuare un nucleo fondante dell’identità di Giorgio di Lydda, la cui venerazione, fin dai primi secoli, è stata sempre «legata al suo essere icona di rigenerazione, il culto si troverà associato all’acqua, simbolo per eccellenza di purificazione e rinascita alla vita nello spirito. Con le Crociate san Giorgio, il santo cavaliere, divenne il protettore sia dei Crociati che dei Mussulmani. il suo messaggio spirituale, infatti, lo rende affine alla visione mistica islamica, che vede nel combattimento con il drago quasi lo schema della jihad. E proprio questa dimensione spirituale, immagine di continua rinascita, di opposizione al male in nome della verità, che ha trovato fortuna anche nell’islam. A fare da ponte tra devozione cristiana e musulmana è il concetto di rigenerazione, di capacità di ridare la vita, ma non solo. Anche nell’immaginario islamico, infatti, Giorgio è il vincitore del drago, un eroe che lotta contro il mostro, il simbolo di quella lotta interiore dell’uomo tesa a dominare e vincere le proprie debolezze e, superando i propri limiti, elevarsi verso Dio. Il racconto del combattimento con il drago gioca, quindi, un ruolo determinante nella diffusione del culto di questo santo. Ma di questo particolare leggendario della vita di san Giorgio non c’è traccia nelle fonti più antiche: esso nasce diversi secoli dopo il martirio sempre in Oriente, diffondendosi in seguito, soprattutto grazie alle Crociate, in ogni luogo. La leggenda del santo cavaliere, protettore dei soldati cristiani, apparve sul finire del primo millennio e si rafforzò proprio con le Crociate: il 15 luglio 1099, quando il santo apparve agli eserciti impegnati nella prima Crociata, egli divenne definitivamente il patrono di quelle “guerre sante”. Proprio in questo periodo si diffuse la leggenda della lotta contro il drago, che terrorizzava una città pagana: la vittoria di san Giorgio contro il mostro portò al battesimo il re e tutti gli abitanti. E qui s’inserisce l’immagine della rosa secondo una versione catalana della leggenda, là dove venne versato il sangue del drago nacque un roseto e il santo ne colse una regalandola alla figlia del re che aveva salvato. . La principessa, a sua volta, in segno di riconoscenza, donò al cavaliere un libro. Il 23 di aprile è, inoltre, la data nella quale ricadono le commemorazioni in onore di numerosissimi esponenti del panorama letterario mondiale, le cui vite sono indissolubilmente legate a questo giorno, in quanto data della loro nascita o scomparsa: William Shakespeare, Inca Garcilaso de la Vega, Maurice Druon, Miguel de Cervantes, Vladimir Nabokov, Manuel Mejía Vallejo, Halldór Laxness, Josep Pla. Inoltre: a Barcellona, nel 1926, lo scrittore ed editore valenziano Vincent Clavel Andrés si fece promotore di una giornata nazionale di celebrazione del libro; con decreto reale del 6 febbraio 1926 il re Alfonso XIII istituì la Giornata del Libro spagnolo, che dal 1931 è celebrata nella data del 23 di aprile. Si segnala che San Giorgio è patrono anche della città di Barcellona e della Catalogna. Gesto simbolo e rito tradizionale ormai consolidato della giornata è lo scambio reciproco di rose e libri, in segno di affetto e amore reciproco. La lotta di San Giorgio contro il drago diventa la lotta interiore che ogni credente, di qualsivoglia fede, deve affrontare per incontrare Dio, e anche la lotta contro il drago dell’ignoranza con la giornata odierna. La lettura è piacere e gioia di essere vivo o tristezza di essere vivo, e soprattutto è conoscenza e domanda-
Buongiorgio a tutti
Favria, 23.04.2015 Giorgio Cortese

Le cose che contano davvero nella vita sono i piccoli gesti, le piccole attenzioni, il buongiorno del mattino, il profumo del caffè, la luce che entra nella stanza e che mi ricorda che un nuovo giorno è lì che ci aspetta. Piccole cose, semplici e speciali, piccoli piaceri che diventano il mio tutto. Piaceri come la colazione della domenica, senza fretta

Liberazione!
Il 25 aprile. Una data che è parte essenziale della nostra storia: è anche per questo che oggi posso sentirmi liberi. Fiero di essere italiano anche se a volte penso che quest’Italia che c’è che viene zittita o irrisa o insultata, ma guai a chi me la tocca. Guai a chi me la ruba, guai a chi me la invade. Nella vita è meglio la peggiore delle democrazie della migliore di tutte le dittature. Perché la libertà è come l’aria: ci accorgiamo di quanto vale se viene a mancare. E oggi la nuova Resistenza difendere la democrazia conquistata a caro prezzo con onestà e coraggio. Non disperdimao questo patrimonio costruito con il sangue dei nostri fratelli!

La vita è anche un vestito che si adatta ad ogni circostanza, ma se trascuro di abbinare i colori, mi marchierà a vita come un pezzente.

Con la lanterna alla ricerca della buona tavola.
La lanterna veniva usata una volta per illuminare il cammino degli allevatori per andare nella stalla e per ritirare gli animali nelle stalle nelle notti invernali. Pensate che in alcune regioni esiste la feste delle lanterne come a Firenze il sette settembre con la “rificolona.”. L’origine di questa festa, che conservata e tramandata fra i ragazzi di Firenze con l’uso di portare in giro dei lampioncini di carta colorata, modellati nelle forme più varie e bizzarre, con tanto di lumicino all’interno, appesi in cima ad una canna, risale con tutta probabilità alla metà del Seicento, ed è da ricollegare all’arrivo in città di tanti contadini e montanari che, con le loro donne, provenienti sia dalle vicine campagne che dalle zone più impervie e montane, venivano in città per festeggiare la natività della Madonna nella basilica della Santissima Annunziata e rischiaravano il loro cammino nelle notte con le lanterne. Questi pellegrini a volte non riuscivano però a chiudere neppure un occhio per il fracasso fatto dalle brigate dei giovani fiorentini che si riversavano nella piazza, divertendosi un mondo alle spalle dei campagnoli con una sfrenatezza indisciplinata che spesso rasentava l’insolenza. I contadini borbottavano, brontolavano, subivano ma in cuor loro si riproponevano di mettere tutto sul conto dei profitti l’indomani mattina alla Fiera della Nunziata rincarando adeguatamente i prezzi della mercanzia. La gente del contado, goffa ed incerta nel camminare, anche perché carica di prodotti contenuti in ingombranti ceste e panieri e scioccata dall’impatto con la città, vestiva in modo rustico e certamente non doveva essere un modello di eleganza e di buon gusto. Le donne, specialmente, erano oggetto di particolari e allegre canzonature e di salaci commenti da parte dei giovani fiorentini, già per natura predisposti al frizzo e allo scherzo. Per questi giovani, il 7 settembre, era diventato un appuntamento obbligato al quale non si poteva e non si doveva mancare; le strane fogge dei ruvidi vestiti indossati dalle brave e inesperte campagnole, dai larghi fianchi e dagli abbondanti seni e posteriori, provocavano allusioni, dileggio e quindi matte risate. Era un divertimento, a volte, smodato, diretto quasi totalmente alle povere fierucolone o fieruculone come essi così le chiamavano, sia perché partecipavano alla fierucola e sia per i loro vistosi deretani. Infatti se la radice fiero ha attinenza con fiera o fierucola, la desinenza colone o culone dovrebbe oggettivamente riferirsi a colone in quanto di campagna o, piuttosto, ai loro floridi posteriori. Da fieruculona si ebbe in seguito, per corruzione, la parola rificolona che tuttora si usa comunemente quale espressione critica, allegra e scanzonata verso una donna vestita e truccata senza gusto, in modo vistosamente eccentrico.Nel Nord Europa e in particolare in Germania si festeggia S. Martino. In Germania l’estate di San Martino coincide con l’inizio del Natale ed è una delle ricorrenze più sentite dai bambini che si organizzano per la Laternenumzug, una processione che si tiene al calare della sera e durante la quale delle lanterne di carta vengono appese a dei rami e si recita una sorta di filastrocca propiziatrice; la lanterna viene accesa ogni giorno fino all’arrivo del Natale in quanto si dice porti bene. Se penso alla lampada non posso non pensare a Diogene. Si racconta che Diogene il Cinico si aggirava in pieno giorno con una lampada accesa dicendo in modo provocatorio di essere alla ricerca di uno che fosse un uomo e oggigiorno se siamo alla ricerca di una buona cucina che conservi i sapori della cucina di casa e la ricercatezza del ristorante non possiamo non andare al ristorante, pizzeria LA LANTERNA DEL GRAN PARADISO, ex Moderno,, via Valprato 451 a Ronco Canavese, tel 0124435240. Dove la pizza è il nirvana di Pitagora! Un cerchio tagliato in triangoli, all’interno di un quadrato. Già la parola pizza ha un’ etimologia che si perde nella notte dei tempi. Potrebbe derivare dal greco “pitta” che significa schiacciata o dal latino “pistus” che equivale al mattarello per spianare la pasta. Per Davide e Bianca i titolari il segreto della pizza è l’acqua, il pomodoro, farina, l’impasto e il forno a legna. Ma per i titolari il segreto della loro buonissima pizza è un segreto fatto di passione ed amore per il proprio lavoro
Favria 27.04.2015 Giorgio Cortese.

Ogni giorno posso lamentarmi perché i cespugli di rose hanno le spine, o gioire perché i cespugli spinosi hanno le rose!

Mettiamo cuore nel pensare alla testimonianza dei Martiri del 25 Aprile!
Sindaci dell’Unione Collinare Canavesana dei Comuni di Barbania, Front, Rivarossa e Vauda Canavese, Autorità civili, militari, religiose, associazioni dei combattenti e dei reduci di guerra, associazioni partigiane, cittadini tutti, oggi 26 aprile, ci ritroviamo a commemorare l’evento che, settanta anni fa, ha reso possibile la nascita dell’attuale società, fondata sui valori dell’uguaglianza delle persone, della libertà, della solidarietà e dell’onestà!
Ma, oggi, dopo settanta anni cosa dire?
Oggi, quali parole usare per far comprendere alle persone della mia generazione, ai giovani, perché è importante celebrare il XXV Aprile, la Festa della Liberazione, perché questa data sia viva nel presente e ricordarla non sia solo un obbligo da assolvere, se non addirittura un pretesto per godere di un giorno di ferie o di vacanza?
Ritengo che siano sufficienti tre parole:
1) Libertà;
2) Democrazia;
3) Sacrificio, la premessa indispensabile per ottenere le prime due.
Se, si guarda alla Storia dell’Umanità, il sacrificio ha uno straordinario valore di miglioramento, ed ogni volta, che si compie ha il significato di una rivoluzione morale, perché all’apparenza il sacrificio non è razionale. Scriveva il Beccaria nella sua celebre opera “Dei delitti e delle pene”: “Nessun uomo ha fatto il dono gratuito della propria libertà in vista del bene”.
Questa fantasia esiste solo nei romanzi, ed invece NO!
La Resistenza e la guerra di Liberazione sono stati la dimostrazione che uomini e donne possono superare il pessimismo ed il cinismo della ragione che si trasforma in passiva rassegnazione, se si sentono chiamati a battersi per il bene sociale, se partecipano con passione, se credono in una giustizia che regola la convivenza, garantendo dignità della persona umana, uguaglianza e rispetto della libertà.
Da settanta anni, la democrazia è divenuta in Italia un valore irrinunciabile, un patrimonio comune che salvaguarda e valorizza la vita di ciascun cittadino, di ognuno di noi.
Anche oggi, in una ricorrenza che fa parte della storia della nostra Repubblica, della nostra Storia, credo sia giusto conservare lo stesso atteggiamento e fare della rievocazione, non una operazione astratta, piena di roboante retorica, ma l’occasione per riproporre i valori fondanti della nostra convivenza.
E’ proprio grazie alla celebrazione del 25 aprile che, negli anni, si è contribuito a giungere ad una conoscenza sempre più chiara e approfondita dei fenomeni storici, politici, sociali connessi a quel periodo e a quegli eventi.
Nell’aprile del 1945, il giorno della Liberazione, venne proclamata la conclusione dell’occupazione nazista e la fine del regime dittatoriale fascista.
Si giunse all’epilogo dopo un periodo, forse inevitabile, di guerra civile, che lacerò profondamente il tessuto sociale del nostro Paese.
Da quel risultato, però, scaturì una nuova linfa, nacque un nuovo Paese, le cui parole unificanti divennero: UGUAGLIANZA, LIBERTA’, SOLIDARIETA’.
Si arrivò a ciò grazie al contributo di uomini e di donne,
di differenti orientamenti: cattolici, liberali, socialisti, comunisti, azionisti, monarchici.
Semplici cittadini che ci hanno lasciato una grande eredità morale da cui ancora oggi possiamo prelevare a piene mani per riproporre a noi, ai nostri giovani, e a tutti coloro che sceglieranno la nostra Patria come futura dimora.
Gli uomini e le donne che sono morti per la Libertà, avevano il sogno della democrazia e della libertà ed è, per questo, che la data del 25 aprile, è elevata a simbolo e rappresentazione del loro sacrificio e dei vari eventi ed emblematicamente racchiude in sè tutte le date che vanno sicuramente ricordate, in virtù delle circostanze, delle coincidenze e dei significati.
Penso al 17 marzo, il giorno dell’Unità d’Italia, la data che imprime principi e valori, che ci rendono non solo Paese, ma soprattutto Nazione. In questo periodo difficile, nel quale la crisi economica pare minare le modalità del nostro vivere civile, vanno richiamati con forza.
Per questo, ogni anno, è giusto ricordare e celebrare l’anniversario del 25 aprile!
Un atto di fiducia nel futuro e di riconoscenza nei confronti dei padri fondatori della Repubblica italiana, che proprio il 25 aprile del 1945 hanno dato prova di grande determinazione e amore per la libertà. Una data che ci deve rammentare l’importanza di diffondere la conoscenza del nostro recente passato soprattutto nei confronti dei giovani. Nella convinzione che la memoria storica costituisca la base della coscienza civica di un popolo e di ogni singolo cittadino, perché rappresenta la consapevolezza che le nostre attuali condizioni di vita sono in realtà frutto di lunghe e dolorose conquiste ottenute con immensi sacrifici, anche di vite umane.
Forse mi ripeto, ma la Resistenza non è stato un romanzo, una fiction televisiva od un mito! E’ stata una straordinaria vicenda di vite dedicate con speranza, con coraggio e con altruismo all’affermazione di ideali altissimi ed è per questo che non dovrebbe essere difficile raccontarla a chi non vi ha partecipato e fare sentire i giovani parte di quella vicenda, senza avere timore di ripetere parole che non possono diventare vuote e retoriche se trovano corrispondenza nei nostri comportamenti di ogni giorno.
Il metro con cui si misura il valore e l’importanza di un sacrificio è l’utilità che ne deriva al Bene Comune, una categoria continuamente evocata, ma troppo spesso disattesa, anche dalla politica.
Allora, c’è bisogno di ritornare a vivere la politica come il momento in cui si diventa responsabili delle proprie scelte, non solo nei confronti di se stessi, ma soprattutto nei confronti degli altri.
C’è bisogno di nuove e continue dimostrazioni di etica, di rispetto e di tolleranza nell’impegno dei partiti e delle istituzioni.
Amministrare la cosa pubblica significa esigere il rispetto delle regole ma anche riconoscere la libera dignità delle persone.
Ricordiamo! Sì la parola “ricordare” contiene la parola cor (cuore). Mettiamo cuore nel pensare alla testimonianza dei Martiri del 25 Aprile!
Anche qui, in questi Comuni dell’Unità Collinare Canavesana: Barbania, Front, Rivarossa, Vauda, è stato pagato un pesante contributo di sangue da parte della Vostra gente e si contano numerose vittime tra partigiani e civili a causa di rastrellamenti, agguati e barbare fucilazioni.
Ricordiamoci della loro testimonianza!
Alcune vie che abbiamo percorso oggi in questo corteo portano il nome di patrioti che sono caduti per la libertà.
Vorrei nominarli uno per uno per le loro umili, ma importanti ed eroiche gesta, ma rischierei di dimenticare il nome di qualche caduto, ma sono certo che sono impressi nei Vostri cuori.
Invito tutti, quando passiamo nelle vie a loro dedicate, di ricordarsi della loro testimonianza: facciamolo con rispetto ed immensa gratitudine!
Teniamoci sempre nel nostro cuore e nella nostra mente, l’Omaggio ai combattenti per la democrazia!
Onore ai martiri della Resistenza!
W l’Italia libera e unita come la Vostra Unione!
Buon XXV Aprile a tutta l’Unione Collinare Canavesana!

Nella vita di ogni giorno, chi sa essere umile, chi conosce la sofferenza, chi ha la sensibilità del cuore è in grado di comprendere ed apprezzare i valori fondamentali della vita e l’importanza delle piccole cose. Saranno loro i primi a tendere la mano, a donarti il poco che hanno e con il cuore. In un mondo di parole sfarzose è indispensabile chiudere le bocche e aprire i cuori ai più bisognosi.