valli Orco e Soana: 15 anni dopo l’alluvione dell’ottobre 2000 di Marino Pasqualone

Sono passati giusto 15 anni dalla disastrosa alluvione che, a metà ottobre dell’anno 2000, aveva distrutto case, strade, ponti e territorio di Pont Canavese e delle valli Orco e Soana.
( da IL RISVEGLIO POPOLARE del 22 ottobre 2015)
Alluvione che seguiva di soli sette anni quella quasi altrettanto devastante dell’autunno 1993, e che in alcuni casi (come a Ronco capoluogo) si era fatta beffe delle nuove difese spondali costruite lungo il corso dei torrenti valligiani, sbriciolandole come fossero muri di cartapesta sotto la violenza inaudita delle acque.
Quindici anni sono trascorsi ed oggi praticamente tutte le infrastrutture andate distrutte sono state ricostruite con una spesa complessiva  di parecchie decine di milioni di euro, e centinaia di metri di nuovi argini in pietra e cemento sembrano garantire una maggior sicurezza agli abitati ed alle opere pubbliche presenti nei vari paesi delle vallate canavesane del Gran Paradiso.
Vero è che, da allora, fortunatamente non si sono più registrati eventi piovosi di portata paragonabile a quelli degli anni 1993 e 2000, ma le cronache meteorologiche locali hanno invece fatto registrare unicamente ( si fa per dire….) estati caldissime ed inverni precocemente nevosi, temperature record e ghiacciai in scioglimento, piccole trombe d’aria e grandinate di violenza inaudita.
Ma, nonostante sia ormai passato un discreto lasso di tempo, per molti valligiani l’alluvione dell’anno duemila resta e resterà per sempre impressa nella mente, come un incubo che torna a rivivere ogni volta che le nubi si chiudono minacciose sulle cime delle montagne e gli scrosci di pioggia si fanno più intensi e sembrano non finire mai, mentre l’Orco e la Soana si gonfiano di acque limacciose ed il loro rombo diventa un tuono continuo che rimbomba tra i versanti delle valli.
Ma, per chi non c’era o per chi forse ha dimenticato quello che è accaduto, di seguito riportiamo ampi stralci dell’articolo che avevamo pubblicato 15 anni or sono sulle pagine del Risveglio Popolare: una sorta di viaggio in due valli appena sconvolte dalla grande alluvione che ha segnato indelebilmente l’inizio del nuovo millennio.

Marino  Pasqualone
OTTOBRE 2000  VIAGGIO NELLE VALLI ORCO E SOANA SCONVOLTE DALL’ALLUVIONE
VALLI ORCO E SOANA – Ci vorrà tempo, tanto tempo, perchè nelle valli dell’Orco e della Soana sconvolte dalla Grande Alluvione dell’ottobre 2000 tutto torni come prima.
E forse mai niente sarà più come prima per chi ha visto la propria abitazione, o quella di un parente o di un amico, scivolare piano tra le fauci spalancate di un Orco tornato ad essere feroce come quello delle fiabe, o di una Soana ruggente tra le scure pinete gonfie di pioggia.
Per chi ha visto l’asfalto delle strade saltare via come pasta sfoglia od i ponti piegarsi dentro l’acqua marrone e sparire nel nulla.
No, per questa gente mai niente sarà più come prima.
Ricostruiranno le case, gli argini ed i ponti, ma la ferita, aperta dalla paura e dalla disperazione negli occhi di chi ha visto l’orizzonte di ogni giorno travolto come un mondo di cartapesta dalle acque in piena, non si chiuderà certo facilmente.
Fin dal primo giorno in cui le acque dei torrenti Orco e Soana hanno iniziato a ritirarsi si lavora per riaprire le strade interrotte, a creare guadi provvisori per le frazioni rimaste isolate, a ridare energia elettrica a tutte le case, a consolidare le abitazioni rimaste danneggiate dai corsi d’acqua straripati e dalla frane, a ripristinare gli acquedotti.
C’è la consapevolezza che è necessario fare presto, perchè l’inverno è dietro l’angolo a tra poco, in molte località delle valli, non arriverà neppure più il sole ad illuminare e riscaldare una montagna colpita al cuore da eventi ancora più rovinosi di quelli della precedente alluvione del 1993.
A Pont Canavese la situazione sta lentamente rientrando nella normalità, con l’acqua che è tornata a sgorgare dai rubinetti e con la conta dei danni che, comunque, sono stati ingenti, sia nelle strutture pubbliche che in quelle private, soprattutto nella zona di Pratidonio dove l’Orco si è aperto un varco tra le case della frazione.
Asportata la massicciata su entrambi i lati del ponte ferroviario sull’Orco: la “Canavesana”, riaperta fino a Pont solo da pochi mesi, resterà nuovamente chiusa per chissà quanto, con notevoli disagi per i pendolari.
Riaperta la circonvallazione di Pont, sia pure con due tratti a senso unico alternato e con qualche inevitabile rallentamento per il traffico diretto verso la valle dell’Orco.
E proprio salendo a Sparone si può toccare con mano come l’Orco in piena abbia sconvolto la geografia della valle, disegnando nuovi percorsi con la forza delle sue acque limacciose, a volte riappropriandosi di terre cedute solo temporaneamente in uso all’uomo.
E gli argini esistenti, molti dei quali ricostruiti o rinforzati dopo la precedente alluvione, non sono bastati a contenere la sua furia distruttrice: gravemente danneggiato il campo sportivo, è però in frazione Apparè che si contano le conseguenze più gravi con un paio di capannoni industriali invasi da acqua e fango, che ha poi tracimato lungo le strade della parte bassa dell’abitato.
Accanto ai capannoni prima c’erano solo prati, adesso invece scorre a pochi metri il torrente.
Nel capoluogo il torrente che scende da Ribordone ha letteralmente sbriciolato l’argine di pietre che sosteneva il parco-giochi di via Giotto, ed oggi uno scivolo pende sulla voragine mentre poco a valle una casa è stata salvata da un grosso masso che ha deviato l’acqua.
Proseguendo verso Locana il paesaggio della valle diventa ancora più lunare: prima di Bottegotto ora l’alveo dell’Orco occupa praticamente tutto il fondovalle, diventato un’immensa distesa di pietre con, qua e là, alberi e costruzioni sopravvissute miracolosamente alla “bùra” del torrente.
Ma i disastri più ingenti, con case completamente distrutte o seriamente danneggiate, sono localizzati a monte di Locana, nelle frazioni Casetti e Rosone, dove all’Orco si è unito anche il torrente Piantonetto ed alcune frane nel seminare paura e distruzione.
Danni anche nel territorio comunale di Noasca, mentre Ceresole Reale, insieme a Ribordone e Frassinetto, sono sostanzialmente usciti quasi indenni dalle pioggie alluvionali dei giorni 14, 15 e 16 ottobre scorsi.
Salendo in Val Soana. dove a monte di Pont erano cadute alcune frane sulla provinciale subito rimosse, si arriva ad Ingria dove, a causa degli smottamenti e delle acque in piena, erano rimaste isolate alcune frazioni, e quindi a Villanuova di Ronco, dove il tratto di strada ricostruito dopo l’alluvione del 1993 è letteralmente “esploso” sotto i colpi di maglio delle acque della Soana, strappando via anche l’acquedotto di Pont.
A Ronco i danni maggiori sono nel capoluogo, dove la Soana, divelti i nuovi argini, si è portata via due case e lo sportello bancario, danneggiandone altre, insieme ad altre due villette nel sottostante “Villaggio Bettassa”.
Più lievi le conseguenze dell’alluvione a Valprato Soana, dove le nuove arginature del torrente Soana hanno sostanzialmente tenuto.
Ma, mentre la viabilità principale delle due vallate è stata in qualche modo provvisoriamente risistemata, ad apparire seriamente compromessa è ora la stagione turistica invernale delle due vallate canavesane del Gran Paradiso.
Ora, dopo questa nuova e disastrosa alluvione, tutto appare più difficile: e Ronco, che già nel 1993 aveva perso, trascinato via dalle acque, l’unico distributore di carburante della vallata, ora guarda con apprensione i ruderi di quello che era il solo sportello bancario della Val Soana, chiedendosi cosa si può fare per fermare l’ira sempre più incontrollabile del torrente.
Qui, come altrove, si cercheranno le cause del disastro: i torrenti pieni di alberi e detriti che “non lasciano” rimuovere, le arginature inadeguate, i cambiamenti climatici o chissà che altro.
Qualcuno, più sommessamente, parlerà di una montagna senza più montanari, abbandonata a se stessa senza che nessuno e niente abbia sostituito l’opera di controllo e tutela del territorio alpino svolta per secoli dagli agricoltori di montagna.
Poi, statene certi, si andrà avanti come prima, e mentre sulle nostre montagne la presenza stabile dell’uomo si ridurrà sempre più al lumicino, altrove, neppure troppo lontano da noi, si accenderanno i riflettori televisivi sul “circo bianco” delle prossimo Olimpiadi invernali di Torino 2006.
E nelle nostre valli, tra mura di silenzio, ruggiranno impetuosi i fiumi.

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