Caio Duilio. – La Via Francigena nel Canavese. – Lei, la primavera. – Civitella del Tronto la fedelissima. – Primavera . – Thomas Cranmer. – Elisha Otis. – Modi di dire nel mondo. – Gli svegliatori…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE.

Caio Duilio La nave Caio Duilio prende il nome dal  console romano Gaio o Caio 

Duilio console nel 260 a. C., liberò Segesta e, passato al comando della flotta, che preparò con ogni cura e dotò dei cosiddetti corvi, ponti mobili con uncini batté i Cartaginesi presso Milazzo. Questa invenzione consentì ai Romani di trasformare lo scontro navale in un combattimento corpo a corpo dove potevano esprimere la loro superiorità. Con questa vittoria i Romani divennero i nuovi padroni del Mediterraneo occidentale. Primo console romano a vincere in mare, Duilio fu onorato con un trionfo e con l’erezione nel Foro di una colonna costruita con i rostri delle navi nemiche, colonna rostrata che ancora oggi appare nel crest della nave. Il cacciatorpediniere Caio Duilio è la quarta unità della Marina Militare Italiana che adotta questo storico nome. La prima fu la corazzata che prestò servizio dal 1880 al 1909 e quando fu costruita, con i suoi cannoni da 450 mm, era una delle più potenti navi da guerra dell’epoca e, anche se non fu mai impiegata in battaglia, contribuì alla crescita internazionale dell’allora neonato Stato unitario italiano. La seconda unità fu una nave da battaglia varata nel 1913 e ammodernata nel 1937, che partecipò alla prima e seconda guerra mondiale rimanendo poi in servizio fino al 1956, divenendo tra l’altro la prima nave ammiraglia dell’appena costituita Marina Militare repubblicana. Infine la terza fu l’incrociatore lanciamissili varato nel 1960 e ritirato nel 1990, primo vascello di questa tipologia a essere costruito in Italia nel dopoguerra. Una curiosità finale il motto del Caio Duilio fa riferimento all’antica tradizione romana in cui il nome acquista una connotazione religiosa. Nomen Numen si può tradurre con “il nome significa potenza”, molto probabilmente il motto fu creato per rievocare la potenza associata al nome Caio Duilio. Tuttavia non tutte le unità così chiamate hanno condiviso il motto visto che alla prima, la corazzata in servizio dal 1880 al 1909, non ne fu assegnato alcuno.
Favria 19.03.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Se vogliamo capire una persona, oltre ad ascoltare le sue parole,   osserviamo il suo comportamento. Felice martedì

La Via Francigena nel Canavese” Docenti: Romolo Gobbi e Andrea Verlucca Frisaglia, mercoledì  20 marzo 2024 ore 15,30 -17,00. Conferenze UNITRE’ di Cuorgnè presso ex chiesa della SS. Trinità –Via Milite Ignoto.

Secondo le tradizioni cristiane, il Pellegrinaggio è un’opera meritoria. Le mete più frequentate erano Roma e la Terra Santa e le strade che vi conducevano erano chiamate via Romea e via Francigena, a seconda del senso di marcia. Per chi arrivava dal nord Europa, dopo il passo del gran San Bernardo, la via passava attraverso il Canavese e proseguiva poi per Vercelli, Pavia, Piacenza verso la Liguria, dove si congiungeva con la via che da Rivarolo, Torino, Asti, Alessandria, Acqui proseguiva verso Roma. Alla fine della conferenza ci sarà una lieta sorpresa musicale  per  insegnarci che la cosa più importante della vita è sapere ascoltare.

Lei, la primavera.

Lei, un tulle profumato, e  poco dopo diluvio colorato, acquazzone d’impeto ed energia, di forza e stupore ci sommerge. Lei di fretta in una corsa affannata e noi con il cuore a mille in un tripudio di emozioni. Lei  tutto travolge e tutto ricompone. Lei che non sai definire, Lei che appena hai conosciuto e già ti ha lasciato. Esanime, a boccheggiare, come pesce fuor dacqua. Lei cosi stramba e cosi perfetta, Lei filtro d’amore. Dal giardino un verso, poi due, poi tre e infine un canto al paradiso. Dal prato un frinire, dal bosco un tamburo, dalla roggia  dolce e gagliarda scorre la’acqua nella primavera. Primavera che porta la vita dov’era silenzio, vibrazione tellurica, magnetica attrazione. Lei, la Primavera, cosi è.

Favria,  Giorgio Cortese

Civitella del Tronto la fedelissima.

Il 20 marzo 1861 cade l’ultima roccaforte borbonica, quella di Civitella del Tronto, tre giorni dopo la proclamazione in parlamento, a Torino, del Regno d’Italia. Dal diario del bersagliere favriese  cav. Francesco Antonio Costantino: “Il  giorno 18. febbraio 1861 fu deciso l’assalto della tortezza sotto la direzione del Generale Mezzacapo, ed il comando dei suddetti. La quarta Compagnia tu incaricata di recare le scale, e la seconda Compagnia, di cui facevo parte, mediante un ufficiale, due sergenti, quattro Caporali e venticinque bersaglieri semplici, diveva salire la prima. Per tale operazione il nostro Capitano chiese chi voleva, andar volontario, pei sergenti io mi presentai il primo per la domanda, poi subito il sergente Bertola Carlo, parimenti sì presentarono quattro Caporali senza, ritardo; quanto ai Bersaglieri semplici non se ne trovarono di volontari in numero sufficienti ed il Capitano li fece comandare per anzianità di servizio…Il drappello composto, come dissi dì due sergenti quattro Caporali, e venticinque Bersaglieri semplici, comandato dal Sotto-tenente Stevano, si mise subito in marcia per dar la scalata, e si recò dal lato della cosiddetta Porta-Rossa, se non che la quarta Compagnia, incaricata delle scale, fu scoperta dal nemico, il quale si mise a gettar bombe e palle contro la medesima, per cui non potè eseguire il suo mandato, per noi  fu fortuna, che si levò su una densa nebbia, la quale ci nascose agli occhi del nemico, sicché potemmo ritirarci con poche  perdite di uomini….Intanto già erano cadute nelle mani dei Piemontesi la Fortezza di Gaeta e la Cittadella di Messina, mentre questa piccola di Civitella non voleva arrendersi. Si continuò per qualche tempo il bombardamento, infine la guarnigione cedette, e siccome nella medesima vi erano molti individui compromessi per brigantaggio, all’uscire dalla fortezza fu accompagnata nei nostri ranghi; allora il Colonnello Pallavicini rivolse loro la parola, dicendo che noi avevamo battuto in breccia quel forte da leali soldati e veri cristiani, mentre essi avevano presi ed uccisi i nostri soldati, bruciandone poscia i cadaveri, e che quindi egli intendeva “far un esempio”. Egli aveva fra le mani una nota, e chiamò man mano per nome i compromessi fra coloro che erano custoditi da noi colle baionette in asta, dopo ordinò il movimento della fucilazione… Dopo la resa di detta Fortezza, tutti i nostri soldati si fornirono di spoglie, chi prese delle armi, chi delle coperte ed abiti, chi altro, io per un timore abituale, sebbene sotto le mura di quel forte abbia avuto molti fastidii, pure non presi alcun oggetto, nemmeno ebbi ricompense d’onore, malgrado sia stato il solo sergente che toccò i bastioni della fortezza…mi fu detto che se non mi davano tali ricompense, si è perchè già ero insignito d’una Medaglia al Valor Militare all’occasione della Battaglia di San Martino, inoltre già proposto per la seconda nell’occasione del fatto d’armi di Anelli, mentre allora, dicevasi, non potevansi conferire mai più di due Medaglie al Valor Militare ad un solo individuo.” Ecco la versione borbonica del 20 marzo 1861: “Gli ufficiali della fortezza di Civitella del Tronto, sono costretti alla resa, visto l’alto numero di perdite. Invece di ricevere gli onori militari, una parte della guarnigione fu fucilata per alto tradimento verso un regno che non era il loro e i restanti furono portati nei campi di concentramento di Finestrelle, Genova e Milano. con loro finì il Regno delle due Sicilie. Sulla fortezza detta dai Borboni la fedelissima furono sparati 7860 proiettili di cannone spinti da 6500 Kg di polvere nera.

Favria, 20.03.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Un amico fedele vale diecimila parenti. Felice mercoledì

Primavera

L’etimologia della parola primavera non è facile da ricostruire, perché in essa ci sono influenze antichissime, ben anteriori al latino. Come molte parole che oggi usiamo è formata da più termini: in questo caso sono due. Uno è “prima”, la cui origine è più facile da ricostruire: il latino “primus”. Il secondo termine, che forma la seconda parte della parola “vera”, ha radici antichissime, indoeuropee.  Secondo quanto ci dicono alcuni dizionari etimologici, verrebbe dalla radice sanscrita Vas, che è presente ancora oggi, sebbene un po’ cambiata, in molte lingue del continente Eurasiatico. Questa parola significa “ardere”, “splendere”. Del resto, anche nel latino, ritroviamo il termine “vesta”, che era il nome della dea del focolare domestico, fuoco sempre acceso e tenuto vivo.   Secondo questa ipotesi etimologica, la parola primavera ci parla allo stesso tempo di inizio, e di qualcosa di splendente  e pieno di ardore. Potrebbe essere il termine che indica l’inizio di un periodo caratterizzato dallo splendore e dalla esuberanza della natura, che si risveglia. La stagione in cui si verifica il risveglio della natura ed il miglioramento delle condizioni climatiche. Il ritorno del caldo. Il termine primavera non è utilizzato soltanto per indicare la stagione dopo l’inverno. Al termine primavera si associano altri concetti, sempre legati all’esuberanza, alla rinascita e allo splendore, con un’accezione positiva. Ad esempio, la primavera di una persona è solitamente intesa come il periodo della prima gioventù, la primavera della vita. Ma si può vivere una primavera a qualsiasi età, semplicemente per un ritrovato vigore interno, fiducia, entusiasmo, vivere una seconda primavera. La primavera può anche essere associata ad un momento di risveglio di popoli,  ad una ribellione dopo un periodo di repressione e perdita delle libertà: la primavera dei popoli o la primavera di Praga.

Favria, 21.03.2024   Giorgio Cortese

Buona giornata. Una delle cose belle della vita è che ci saranno sempre altre primavere. Felice giovedì.

Thomas  Cranmer

Thomas Cranmer, arcivescovo di Canterbury, trova la morte sul rogo Rappresentante carismatico della riforma anglicana, il prelato fu condannato a morte per volere della regina Maria Tudor nel tentativo di restaurare il cattolicesimo Il 21 marzo 1556 Thomas Cranmer, arcivescovo di Canterbury, fu condotto al rogo sulla piazza di Oxford. La sua atroce morte segno uno dei momenti piu tragici delle tensioni religiose che sconvolsero l’Inghilterra all’indomani dell’adozione, da parte di Enrico VIII, della riforma protestante nella sua versione anglicana. Cranmer aveva iniziato la sua carriera di prelato in seno al cattolicesimo e nel 1533 era salito sulla cattedra di Canterbury come arcivescovo cattolico per poi aderire, l’anno successivo, alla Chiesa anglicana e diventarne uno dei protagonisti piu carismatici. Sua, infatti, e la redazione della prima edizione del cosiddetto “Book of Common Prayers”, “Libro delle preghiere comuni”, pubblicato nel 1549 in lingua inglese, testo che costituisce la base della liturgia anglicana. Nel 1553 alla morte del figlio di Enrico VIII, Edoardo VI, sali sul trono inglese la sorella di quest’ultimo, Maria I Tudor, che tento di restaurare il cattolicesimo in Inghilterra. Thomas Cranmer, che aveva svolto un ruolo di primo piano nella promozione della Riforma durante il regno di Edoardo, fu quindi dapprima violentemente osteggiato, poi deposto e infine condannato al rogo nonostante avesse più volte tentato di abiurare. Prima che la sentenza venisse eseguita, Cranmer fu invitato a leggere un’abiura definitiva, ma sul pulpito, il giorno dell’esecuzione, concluse il sermone in modo inaspettato, rinnegando le precedenti ritrattazioni e annunciando che la sua mano sarebbe stata arsa per prima in segno di punizione per averle scritte. Condotto al patibolo, mantenne la promessa spingendo la mano al centro delle fiamme prima di esserne avvolto

Favria 22.03.2024   Giorgio Cortese

Buona giornata. Ogni giorno ben fatto è meglio che ben detto. Felice venerdì.

Elisha Otis

Forse pochi sanno che Elisha Otis il 23 marzo 1857 è l’inventore del freno di sicurezza per ascensori e fondatore del omonima azienda, installa il primo ascensore della storia all’indirizzo 488, Broadway, New York. In America, già nel corso dei primi decenni dell’ottocento, all’interno delle fabbriche, gli operai avevano messo a punto dei primi montacarichi capaci di rendere il trasporto di merci e materiali più facile all’interno degli edifici. La vera svolta si ebbe nel 1853, quando l’americano Elisha Otis, depositò il brevetto di un sistema di sicurezza paracadute, destinato ad impedire la caduta violentadella cabina in caso di guasti o rotture dei cavi. Infatti, proprio durante la grande esposizione universale del 1853, l’ingegnoso inventore tagliò la fune di un ascensore, e con grande sorpresa di tutti, la cabina che avrebbe dovuto distruggersi con l’impatto al suolo, si fermò. Era nato così l’ascensore moderno. Il 23 marzo 1857 venne installato e messo in funzione il primo vero e moderno ascensore per il trasporto di persone in un negozio di porcellane a New York, che viaggiava alla velocità di 12 metri al minuto. Fin da subito l’ascensore si rivelò uno strumento rivoluzionario, capace di stravolgere l’assetto dei palazzi signorili delle grandi città; i nobili, che prima dell’ascensore abitavano prevalentemente i piani bassi degli edifici, lasciando gli appartamenti ai piani alti alla servitù, iniziarono a preferire appartamenti con viste panoramiche. Con la l’avvento dell’energia elettrica, anche l’ascensore si evolve; nel 1880, infatti, il  tedesco Werner von Siemens introduce nell’ascensore il motore elettrico, rendendo questo sistema di trasporto ancora più efficiente e veloce. Nel 1870, in Italia, e precisamente nell’albergo Costanzi di Roma, fu installato il primo ascensore, progettato dalle officine Stigler.

Favria, 23.03.2024   Giorgio Cortese

Buona giornata. L’autunno arriva la mattina presto, la primavera alla fine di una giornata d’inverno. Felice sabato.

Modi di dire nel mondo.

Ci sono dei modi di dire, che, se tradotti letteralmente in italiano, possono trarre in inganno perché non paiono come degli elogi.  In giapponese l’espressione «Tamago gata no kao», ossia «tu sei un uovo con gli occhi», potrebbe non sembrare un complimento, anzi l’opposto. Nella cultura giapponese il viso ovale è infatti considerato un tratto molto attraente, per loro è un giudizio lusinghiero.  Un proverbio cinese: “Chen yu luo yan”, tradotto letteralmente : “pesci in immersione, oche in picchiata”, viene utilizzato per elogiare una persona. L’espressione, infatti, deriva da un’antica leggenda per cui si racconta che una donna di estrema bellezza era in grado di far scordare ai pesci come nuotare e alle oche come sbattere le ali per volare.  In India invece “Gaja gamini”, tradotto come: “cammini come un elefante” non è offensiva, ma rivolta ad una persona vuole significare che ha il passo maestoso, lento ed elegante come un elefante.  In Italia quando una persona compie un buon lavoro si dice  bravo, in Australia “Good on ya mate!”. Una frase in slang che significa “ottimo lavoro!”. Il sostantivo “mate” per gli australiani ha infatti un significato più profondo della traduzione classica di “compagno” e viene comunemente utilizzato anche per indicare amici e fratelli. “Good on ya” è la forma breve ed informale di “good on you”, buon per te. In portoghese dire “Uma pessoa fofinha”, letteralmente traducibile come una persona soffice/morbida, si usa per descrivere qualcuno che è carino e gentile. La parola “fofinha” si ottiene aggiungendo all’aggettivo portoghese “fofo”, morbido, il suffisso vezzeggiativo “inha”, impiegato per rafforzare il concetto, in questo caso extra morbido, e che infatti si può usare anche con altre parole, come, ad esempio, amigo, amico, che diventa “amiguinho”, un amico a me molto caro.  Nel Patrio stivale per augurare buona fortuna possiamo dire bocca al  lupo, colorita è l’espressione “break a leg”, letteralmente : rompiti una gamba. Questa frase è beneaugurale, per augurare buona fortuna a qualcuno: soprattutto prima di uno spettacolo teatrale. Nonostante il suo significato letterale possa sembrare strano o addirittura sfortunato, nell’ambito teatrale questa frase è considerata un augurio positivo e di successo. L’origine esatta di questa espressione non è del tutto chiara, ma ci sono diverse teorie a riguardo. Una spiegazione suggerisce che nel teatro, rompersi una gamba significa fare un’ottima prestazione, quindi augurare a qualcuno di rompersi una gamba è un modo di dire che si spera faccia una prestazione eccezionale. Altre teorie suggeriscono che l’espressione potrebbe derivare dall’idea di fare un inchino al pubblico alla fine dello spettacolo, cosa che richiederebbe di piegare una gamba.  I nostri cugini transalpini  per dire ad una persona che è molta amata dicono: “Tu es mon Petit Chou”, letteralmente, tu sei il mio piccolo cavolo. Qui il lemma chou, si riferisce al bignè o la chou à la crème, dolce francese morbido e gustoso. Quindi, quando qualcuno usa questa espressione, sta essenzialmente dicendo che la persona è dolce, piacevole e amata, proprio come un delizioso bignè. È un modo affettuoso e tenero per esprimere amore e affetto nelle relazioni. Concludo perché è ora di levare le tende, modo di dire per indicare che dobbiamo lasciare il luogo dove ci troviamo. Il riferimento è piuttosto evidente: quando si lascia un accampamento le tende che ci hanno ospitato per la notte vanno necessariamente smontate.

Favria, 24.03.2024 Giorgio Cortese

Buona giornata. Come una meteora, la vita avanza intrepida nell’oscurità dell’ignoto, lasciandosi dietro le nebbie della dimenticanza. Felice domenica.

Gli svegliatori.

Nel pieno fermento della rivoluzione industriale fra Irlanda e Regno Unito nacque un nuovo e singolare mestiere, diffuso poi anche in altre zone d’Europa. Vista la rarità e la poca affidabilità degli orologi con sveglia venne predisposta una figura che avrebbe destato gli addormentati nelle città. Lo svegliatore, conosciuto anche come knocker-up o knocker-upper, aveva il fondamentale compito di svegliare i cittadini per permettere loro di arrivare in tempo sul posto di lavoro. Egli poteva terminare le mansioni soltanto dopo aver accertato la condizione di veglia. Armato di un lungo bastone in bambù o di manganello o persino di una cerbottana, lo svegliatore prestava servizio in cambio di pochi penny alla settimana. Nel tempo il mestiere divenne assai comune, soprattutto nelle grandi città industrializzate. Ad amministrarlo, contrariamente a ciò che si può immaginare, erano sia donne che uomini, generalmente di età avanzata. Talvolta il ruolo era ricoperto persino da agenti di polizia di turno in cerca di soldi rapidi. Queste figure erano talmente apprezzate e richieste che a Ferryhill, nel Regno Unito, i minatori scrivevano con il gesso, sui muri esterni delle abitazioni, gli orari da rispettare per la sveglia. Gli svegliatori cominciarono a essere sostituiti da più o meno piccoli orologi casalinghi fra gli anni ’40 e ’50 del ‘900. In realtà essi continuarono a svolgere le proprie mansioni per ancora un ventennio in zone remote dell’Inghilterra. L’ultimo fu, probabilmente, Molly Moore, figlia della celebre svegliatrice Mary Smith. Non sorprende che una professione tanto peculiare abbia attirato l’attenzione di scrittori e sceneggiatori, come nel caso del romanzo E le stelle stanno a guardare di A.J. Cronin, trasposto negli anni ’70 in una miniserie televisiva italiana.

Favria, 25.03.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Diamo ad ogni giornata la possibilità di essere la più bella della nostra vita. Felice lunedì.

Il sangue è una vita, Condividilo! Il sangue viene rigenerato dopo pochi mesi, ma la vita no, per favore dona il tuo sangue. Vi invitiamo a donare il sangue per una ragione che si chiama vita.  vita. Lo scopo della vita di noi essere umani è quello di accendere una luce di speranza nei nostri simili anche donando il sangue. Posti per  venerdì 29 marzo esauriti e allora Ti aspettiamo a FAVRIA MERCOLEDI’ 17 APRILE  2024, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te.  Attenzione, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio