Febbraio.- Accogliamo il due volte sesto con serafico sguardo. – Res Gestae Favriesi, Aria Majin, la canzone del carnevale favriese. – Con gli alpini a mangiare fagioli grassi e cotenne. – Si donare, si donare,.con gioia! – Dal tedesco lallen al Carnevale delle lole… LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Febbraio, il mese del Carnevale e del primo annuncio di primavera. Mese che porta dalle gelate di gennaio alle fiorite di marzo. Il sole di febbraio si insinua nei rami e tinge i germogli e gonfia le foglie che sono dentro. Nelle tarde giornate di febbraio, ora finalmente, posso pensare che i guai dell’inverno sono passati, così bello è il cielo e così morbida l’aria. Come si allungano le ore in questo mese. Questo inizio di mese mi offre l’opportunità di aprire sempre una nuova porta alla vita.
Favria 1.2.2016 Giorgio Cortese.

Nella vita non diamo mai niente per scontato. Le piccole cose hanno l’aria di nulla, ed invece contengono il profumo forte della vita.

Accogliamo il due volte sesto con serafico sguardo.
Dato che il 2016 è un anno bisestile, vediamo un po’ qual è la storia di questo aggettivo. La necessità di organizzare l’anno civile secondo un calendario è stata una premura comune a tutte le civiltà umane organizzate. Ma alla fine osservazione degli astronomi si è presentato un problema: l’anno civile e l’anno solare non hanno la stessa lunghezza. Precisamente, l’anno solare risulta essere circa sei ore più lungo rispetto a quello civile. Un nulla: ma col passare dei decenni e dei secoli, questo scollamento porterebbe a uno slittamento delle date, perciò si è rivelato necessario un correttivo, quello dell’aggiunta ricorrente di un giorno al calendario civile ogni quattro anni. Nella tradizione romana, questo giorno veniva aggiunto al sesto prima delle calende di marzo: le calende erano il primo giorno del mese, da questo termine scaturisce il nome calendario, quindi al 24 febbraio, il sesto giorno avanti al primo di marzo, veniva affiancato un “secondo sesto”. Perciò l’anno a cui si applica questo correttivo è chiamato bisestile, anche se oggi è in vigore un diverso calendario, che lo applica con alcuni ulteriori correttivi, e dato che i giorni del mese non sono più scanditi da calende, none e idi ma seguono una semplice numerazione progressiva, questo giorno viene aggiunto in coda all’ultimo di febbraio. dal latino bisextus, due volte sesto. Mi sembra molto bello che in questa parola vengono conservate le categorie di una nostra tradizione lontanissima di organizzazione civile. Secondo la credenza popolare vuole che l’anno bisestile sia sfortunato. In realtà la cattiva fama è esclusiva della cultura latina e risale all’epoca degli antichi romani. Febbraio era un mese poco allegro, il “mensis feralis” ossia il mese dedicato ai riti dei defunti. Una delle celebrazioni del periodo era la “feralia”, una cerimonia solenne in onore delle persone trapassate. Decisamente più tardi, per l’esattezza nel XV secolo, un medico, tale Michele Savonarola, nonno di Girolamo Savonarola il frate domenicano messo al rogo in Piazza della Signoria a Firenze. Questo medico, affermò che i bisesti portavano epidemie per bestiame e coltivazioni, nonché funestanti alluvioni. Altri invece sostenevano che in occasione degli anni con un giorno in più ci fossero eventi sismici e forti terremoti. In realtà, così come accadeva per altre “cose” anomale come eclissi, passaggio di comete, persone albine e pecore nere, l’anno bisestile veniva considerato di cattivo auspicio. Di contro, ci sono popolazioni, come quelle anglosassone, le quali pensano che in realtà sia un anno fortunato e propizio. In particolare il 29 febbraio è considerato un ottimo giorno per cimentarsi in nuove imprese che avranno sicuramente successo. Per il sottoscritto che è nato il 28 di febbraio, il 29 è solo il giorno dopo il suo compleanno. Aspetto lo svolgersi dell’anno bisestile con serafica attesa. Ricordo che i serafini sono gli angeli più in alto nella gerarchia angelica, parola che deriva dal greco seraphim, che ha tradotto il verbo ebraico saraf, ardere. Il proponimento per il 2016 è che anche nei momenti concitati, cercherò sempre di rimanere in uno stato imperturbabile, di serenità, calmo, e se riesco sempre con tanto di sorriso sulle labbra.
Favria 2.02.2016 Giorgio Cortese

Nella vita di ogni giorno devo fare quello che posso, con quello che ho, nel posto in cui sono.
Res Gestae Favriesi, Aria Majin, la canzone del carnevale
Ora che stiamo per entrare nel clima di Carnevale credo di fare cosa gradita ai Favriesi vecchi e giovani, pubblicando la “Canzone ufficiale del Carnevale del 1914”. Le parole sono del signor Francesco Domenico Nizzia, detto il”l Preve Falì”, giornalista, polemista e musicologo, nato il 18 aprile 1881 r morto l’11 giugno 1932. Riposa nel cimitero di Favria e sulla tomba i suoi amici di Rivarolo fecero scrivere “poeta canavesano”. La musica è del maestro Antonio Bianco, nato il dicembre 1879, morto nel 1964. La canzone si divide in tre parti, la prima e la terza parte è gaudente ed epicurea, insomma di chi apprezza e piaceri della vita, ed è dedicata al vino e alle donne la seconda parte spiritosa è dedicata alla politica. Ecco il testo completo:

Aria Majin
La cansoun ‘d l Carlevè
FAVRIA 1914
Noi soma ‘d cojch’an pias gode la vita
e gode l’alegria en quaich manera
an pias ‘d co’ taroche’ quaich bela cita
e beive tante bote ‘d bon barbera

Nemis ‘d la gaseus e ‘d la berlaita,
amis, ma da lontan con l’spessiari,
la purga pi potenta e pi ben faita
l’e sempre ‘n bon bicer for ‘d l’ordinari

(Ritornello 1)
Se sciopi ‘d salute beivila al botal
beivila a la bota se l’eve ‘n mes mal
se ‘l cheur a termola se jeve ed sagrin
beivine na pinta…e aria majin

Curevne ‘d mai savei j’ afè dle stat
per long j’e ‘d bon minist che farinei
a s’ lambico purtrop gia ‘l so cossat
per conserveje ai turch i Dardanei

J’e I deputati peui che quat flanelle
a poso tuti I dì piene ‘d sudor
per ch’erse ‘d pì del dobi le gabele
e feve galopè da l’esator

(Ritornello 2)
a v’cherso la branda, sigale e tabach
a nom ‘d la lege v’ lo buto ‘n tel frach
e peui per calmeve a v’arfilo ‘l chinin
e noi j’ pagoma… e aria majin

(ritornello 3)
se j’ veuli stè ‘n piota vni’ tuti con noi
se j’ veuli stè alegher cercheve ch’ a v’ daga ‘n basin
e dop arangeve…e aria majin
Favria, 3.02.2016 Giorgio Cortese

Nella vita di ogni giorno tutte le cose sono difficili prima di diventare facili perché nessuno nasce imparato”

Con gli alpini a mangiare fagioli grassi e cotenne, quaiette, con la tufeja.
Il Previ, in italiano il Prete è un chiaro esempio di come si recuperino anche le parti meno nobili dalla macellazione del maiale. Il nome, probabilmente, deriva dal fatto che tale ghiottoneria era destinata al prete del paese, generalmente l’ospite di riguardo a cena. La cute del maiale viene tagliata in strisce rettangolari. Le cotenne sono conciate con sale, pepe, salvia, rosmarino, aromi e conce particolari, a seconda della zona di produzione. Le strisce vengono, poi, arrotolate e legate con apposito spago. Hanno un peso di 250-350 g di peso, 18-20 cm di lunghezza. Si consumano bollite oppure sono un ottimo ingrediente per insaporire una zuppa o un piatto a base di fagioli, come la tufeja. La cotica o cotenna deriva dal latino cutica, formato su cutis ossia pelle, e dal greco antico, kytos, skytos, cuoio, pelle, copertura. Mangiare in compagnia degli alpini i previ ed i fagioli grassi mi fa apprezzare la sincera amicizia. Meravigliosa è l’amicizia sincera, mi mette le ali, mi aiuta a sognare, non mi giudica, ma al momento giusto mi rimprovera. Mi accompagna lungo il mio cammino tenendomi per mano e dandomi il giusto spazio per andare lontano. Mi capisce e mi vuol bene così come sono. Gli alpini sono simili alle vetrate di un grande palazzo, scintillano e brillano quando c’è il sole, ma quando cala l’oscurità rivelano la loro magnifica bellezza, perché hanno dentro la luce dei valori alpini. Mi piacciono questi momenti conviviali con gli alpini, esseri umani che lasciano il segno nell’animo, non cicatrici. Gli alpini che conosco sono entrati in punta di piedi nella mia vita e la attraversano con lieto sorriso e benevola amicizia. Gli alpini a volte mi parlano con i gesti e non la voce alta, gridando le emozioni non la rabbia. Mi piacciono queste persone che lasciano il segno, lì in quel piccolo posto chiamato cuore, sono quelle che mai se ne andranno perché quel posto se lo sono conquistato con le piccole attenzioni di ogni giorno. Con loro ho scoperto che l’amicizia ha due ingredienti principali, il primo è la scoperta di ciò che ci rende simili. E il secondo è il rispetto di ciò che ci fa diversi. Si dice chi trova un amico trova un tesoro. Io nel gruppo Alpini di Favria ne ho trovato una miniera d’oro e ne sono veramente contento!
W gli alpini
Favria 4.02.2016 Giorgio Cortese

In fondo la vita non aspetta nessuno, bisogna rischiare, provare, spingersi oltre, senza timore di ferirsi, perché chi non rischia resta fermo al punto di partenza.

Si donare, si donare, con gioia!
La donazione di sangue è l’azione volontaria, dettata da puro spirito di solidarietà di chi dona il proprio sangue affinché siano possibili trasfusioni a chi ne ha bisogno. Donare il sangue è un gesto di solidarietà… Significa dire con i fatti che la vita di chi sta soffrendo mi preoccupa .Il sangue non è riproducibile in laboratorio ma è indispensabile alla vita Indispensabile nei servizi di primo soccorso, in chirurgia nella cura di alcune malattie tra le quali quelle oncologiche e nei trapianti Tutti domani potremmo avere bisogno di sangue per qualche motivo, anche Tu che mi leggi! La disponibilità di sangue è un patrimonio collettivo di solidarietà da cui ognuno può attingere nei momenti di necessità Le donazioni di donatori periodici, volontari, anonimi, non retribuiti e consapevoli… rappresentano una garanzia per la salute di chi riceve e di chi dona in Italia nonostante la sempre più attenta e ponderata utilizzazione del sangue, il fabbisogno è costantemente in aumento, per l’aumento dell’età media della popolazione e per i progressi della medicina, che rendono possibile interventi anche su pazienti anziani, un tempo non operabili. Il Donatore di Sangue è un cittadino di un età compresa tra i 18 e i 65 anni, in buona salute, che presa coscienza del grave problema trasfusionale, lo affronta nell’unico modo possibile: offrendo spontaneamente e periodicamente il suo sangue, in maniera anonima e gratuita. Tutto il materiale utilizzato per la donazione è sigillato e monouso. Terminato il prelievo, il donatore resta sdraiato per un breve periodo di tempo, e successivamente gli viene offerto un piccolo ristoro. Donando il sangue non solo si salva una vita con la donazione di sangue, ma si tutela anche la propria salute. E allora che aspetti! Vieni venerdì 12 febbraio cortile interno del Comune ore 8-11, grazie
Favria 5.2.2016 Giorgio Cortese

Personalmente intendo la donazione del sangue come un atto di cortesia ed altruismo verso altre persone, anche se estranee. Una semplice donazione come quella del sangue, può essere molto importante per i bisognosi. In molti però, tendono ad accantonare il semplice pensiero della donazione perché si sentono estranei a questo argomento. Secondo me sarebbe infatti opportuno sensibilizzare di più l’opinione pubblica; molti non sanno della possibilità che hanno di donare e perciò i donatori sono un numero esiguo in confronto al bisogno che vi è di sangue e organi nel mondo

Dal tedesco lallen al Carnevale delle lole
il Carnevale delle lole, antica usanza che fa rivivere le tradizioni delle corporazioni degli artigiani della Transilvania, regione storica nel centro della Romania. Questo carnevale, risalente al XII-esimo secolo, preannuncia, in un contesto umoristico, l’arrivo della primavera. La Transilvania fu colonizzata nel XII-esimo secolo dai sassoni, grazie ai quali conobbe a partire dal Medio Evo un continuo sviluppo economico. Le sette principali cittadelle della Transilvania abitate dai sassoni, note come “Siebenburgen”, erano Bistrita, Brasov, Cluj, Medias, Orastie, Sibiu e Sighisoara. Se nel quattordicesimo secolo, in Transilvania c’erano circa 19 corporazioni, nella seconda metà del sedicesimo secolo il loro numero era salito a 29 e verso il 1780 ce n’erano 40. Ogni anno, l’ultima domenica di gennaio, si tenevano le elezioni delle corporazioni. Occasione in cui veniva consegnato il baùle con tutti i documenti della corporazione al nuovo capo mastro e ai nuovi garzoni di bottega. La consegna era assecondata dalle “lole”, personaggi umoristici in maschera che avevano la missione di proteggere e scortare i bauli e che sfilavano per le vie della città. Il nome di “lole” viene dal verbo tedesco lallen, balbettare e accenna al modo di parlare sotto la maschera. L’usanza delle lole, originaria della città transilvana di Agnita, è attestata ufficialmente nei documenti nel XVII-esimo secolo.
Favria 6.02. 2016 Giorgio Cortese

Tutto ha un inizio e tutto ha una fine. La meraviglia sta in quello che vivi e provi tra questi due momenti.