IL RITO AUTUNNALE DELLA “FERA DA STEIMBER” di Marino Pasqualone

IL RITO AUTUNNALE DELLA “FERA DA STEIMBER”  ULTIMO RETAGGIO DI UN PAESE CHE NON ESISTE PIU’
( da IL RISVEGLIO POPOLARE del 10 settembre 2015 )

Puntuale come e più delle rondini a primavera e delle piogge d’autunno, del sole d’estate e della neve in inverno, ecco che a Pont Canavese torna a segnare il solstizio d’autunno l’antica e sempre nuova Fiera di San Matteo.
Anche se, quella che si terrà come sempre da quel che resta di… via Marconi fino (anche qui a quel che resta) dei “prati della fiera” di Pratidonio, è assai più conosciuta localmente con il nome di “Féra da Stéimber”, e come un’araba fenice rinasce ogni anno sull’asfalto rappezzato della strada che sale verso Sparone con le sue centinaia di bancarelle, con il suo bestiame, i suoi colori ed i suoi odori di erba bagnata e di estate ormai in decomposizione.
Eppure, in un recente passato, hanno provato a sminuirla disegnando una circonvallazione stradale proprio in mezzo ai suoi storici prati all’imbocco della valle dell’Orco, oppure spostando le sue giostre dalla piazza centrale del paese in una più periferica area sosta camper “smontata” per l’occasione, ma la nostra “Fèra”  ed il suo corollario di manifestazioni (che un tempo duravano assai di più e si chiamavano, non a caso, “Settembre Pontese”) resiste a tutto come una granitica roccia esposta alle piene dell’Orco e della Soana.
Unica certezza, in un mondo che vede i ghiacciai sciogliersi come gelati messi inopinatamente fuori dal frigo e gli insetti cinesi mangiarsi le foglie dei castagni ed ora pure quelle delle siepi dei bossi (“martèl” in dialetto locale), la Fiera di San Matteo è quel poco che resta di un passato che incoronava Pont come “capitale” delle valli Orco e Soana, centro di commerci e di interscambio tra pianura e montagna, con fiorenti industrie che occupavano migliaia di persone.
Oggi, paradossalmente, le due antiche torri arduiniche (Ferranda e Tellaria) sono state rimesse a nuovo dopo secoli di incuria, ma sotto di esse dilagano le “macerie” di un centro storico svuotato e silenzioso, mentre troppe borgate sulle montagne intorno al capoluogo hanno cessato di esistere o lo fanno ancora, come un malato d’asma attaccato alle bombole di ossigeno, per poche settimane in estate.
Ben venga dunque la “Féra da Stéimber” a ricordarci, anche solo per un giorno (perché il secondo è ormai da tempo segnato da troppi “vuoti” tra le bancarelle), quello che Pont è stata e quel che forse non sarà mai più.
E poi “avanti all’autunno, così tenero e sfatto, come un volto di donna che ha dato ormai tutto”: noi lo aspetteremo qui, immobili tra le scatole vuote delle mercanzie sparse nei prati il giorno dopo la fiera, in attesa che la via ferrata, costruita proprio dove essi muoiono tra le rocce del Deirbianco, riapra i battenti a fine ottobre dopo i lavori di sistemazione attualmente in corso.
Ed allora da lassù, aggrappati sulle rocce sfidando le vipere in agguato, nascosti tra le foglie ormai ingiallite di roverelle, gaggie e castagni, guarderemo i sottostanti prati che scendono verso le Rogge, già pensando con nostalgia canaglia a quando saranno nuovamente pieni di bancarelle colorate della prossima, immancabile, “Féra da Stéimber”.

Marino  Pasqualone
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