Jayhawker e bushwhacker. – Bravo. – Bolshoj. – La nascita del ghetto a Venezia. – La sciabola dei carabinieri. – Pasqua…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Jayhawker e bushwhacker. Oggi la maggior parte delle persone sente la parola jayhawker e

pensa al basket della Kansas University. È un’immagine lontana dalla schiavitù e dalla guerriglia quanto un’immagine potrebbe esserlo. Ma il confine tra Kansas e Missouri nel 1850 era un focolaio di disordini e il jayhawker emerse come simbolo della lotta del Kansas per essere uno stato libero. I jayhawker erano abolizionisti del Kansas, che avrebbe attraversato il confine per razziare il Missouri, di solito per vendicare un raid da parte di Missouri chiamati bushwhackers. In seguito il termine si sarebbe applicato alla maggior parte dei combattenti del Kansas e alla fine a qualsiasi cosa avesse a che fare con il Kansas. L’origine del termine Jayhawker è incerta ma probabilmente venne utilizzato per la prima volta durante La rivoluzione americana per descrivere un gruppo associato con il patriota americano John Jay. Mentre il Kansas si stava affermando come territorio, i bushwhacker, i Missouriani che erano a favore della schiavitù, razziavano città e fattorie nel tentativo di intimidire chiunque fosse contrario alla schiavitù. La parola bush-whacker,1809, in inglese americano significa boscaiolo, uno abituato alla vita nella boscaglia, letteralmente: uno che batte i cespugli per farsi strad), forse modellato sul termine olandese bosch-wachter, custode del bosco. Tra le truppe del nord nella guerra civile americana in riferimento ai guerriglieri confederati che si rifugiavano nei boschi e combattevano come guerriglieri nel 1862. Il primo jayhawker era un abolizionista, un guerrigliero e un simpatizzante dell’Unione che si sarebbe vendicato facendo irruzione nelle città di confine del Missouri. Questo periodo di combattimenti sarebbe diventato così intenso che sarebbe stato conosciuto come l’affare Bleeding Kansas. Durante la guerra civile americana, un jayhawker poteva essere quasi qualsiasi combattente del Kansas, non importa da che parte stavano negli anni prima della guerra. I jayhawker della Guerra Civile erano noti per i loro combattimenti feroci e spesso brutali. Occasionalmente erano allineati con l’Unione che dava loro una certa legittimità, ma non sempre. C’erano gruppi di jayhawkers che nemmeno l’esercito poteva sostenere a causa della loro cattiveria. Alcuni notabili jayhawker includevano James Lane, che guidò “Lane’s Army”, un gruppo di abolizionisti che si stabilirono in Kansas nella speranza di mantenere il Kansas uno stato libero. Durante la guerra civile americana, Lane avrebbe continuato a combattere e alla fine avrebbe guidato il saccheggio di Osceola. Il licenziamento di Osceola è stato trasformato in un film nel 1976 intitolato The Outlaw Josey Wales. Da ricordare Charles “Doc” Jennison fu un fervente sostenitore di John Brown, famoso e militante abolizionista. In più di un’occasione Jennison aveva impiccato i pro-schiavitù del Missouri quando cercavano di restituire gli schiavi fuggiaschi ai loro padroni. Siamo separati dalla violenza di quei giorni dalla guerra civile americana da più di cento anni. Le connotazioni negative vengono dimenticate, ma il jayhawker rimane un nomignolo degli abitanti Kansas.
Favria, 26.03.2024   Giorgio Cortese

Buona giornata. Chi nella vita costruisce castelli con le proprie menzogne si seppellirà sotto le proprie macerie. Felice martedì.

“Dialogo sulla disabilità”. Docente: Daniela Graglia. mercoledì  27 marzo 2024 ore 15,30 -17,00. Conferenze UNITRE’ di Cuorgnè presso ex chiesa della SS. Trinità –Via Milite Ignoto. Dialogo sulle disabilità: oltre i confini.

Bravo.
La parola bravo significa oggi persona abile, buona, coraggiosa ma anche sgherro! Il lemma sgherro deriva dallo spagnolo: bravo, forse a sua volta dal latino: pravus storto, malvagio, o da barbarus selvaggio, indomito. Qui qualcosa non torna il bravo oggi è l’esatto contrario del selvaggio e del malvagio. Un bravo bambino, una brava persona, parlano di posatezza ed onestà. Ricordate i bravi di Don Rodrigo, della canaglie. La persona storta, fuori regola, è anche eccezionale,  come il selvaggio possono essere  indomiti, valorosi che non conoscono la paura. In inglese il coraggioso “brave”, o al “bravó”, ormai universale per acclamare nei teatri i grandi attori. Se ci pensiamo bene da  piccoli facciamo i bravi a modo nostro e poi diventiamo bravi nel nostro lavoro, tornando a casa ci gustiamo una brava cena. Come si vede il  lemma bravo oggi, ormai ripulito dai  torbidi significati del passato, divenendo un parola normale  che fa parte della nostra  cultura.

Favria, 27.03.2024   Giorgio Cortese

Buona giornata. A volte il cuore vede cose che sono invisibili agli occhi. Felice mercoledì.

Bolshoj

Il Teatro Bolshoj viene fondato a Mosca il  28 marzo 1776, su iniziativa della zarina Caterina II di Russia, fu concessa al principe Pyotr Urusov l’autorizzazione ad organizzare balletti, rappresentazioni teatrali e altre forme di intrattenimento. L’atto segno l’inizio della Fondazione che avrebbe successivamente portato a costruire il “Grande Teatro” Bolshoj in russo, a Mosca. Inizialmente un’organizzazione a carattere privato, la fondazione si fuse successivamente con il Teatro Petrovskij, ampliando la sua programmazione per includere opere liriche e spettacoli aperti al pubblico. Nel 1805 il Petrovskij, inaugurato nel 1780, venne lesionato da un incendio e poi completamente distrutto, insieme a gran parte degli edifici cittadini, dal gigantesco rogo che nel settembre 1812 devasto Mosca, mentre gli abitanti e le truppe fuggivano, incalzati dall’avanguardia di Napoleone dopo la battaglia di Borodino. Per la ricostruzione  fu bandito nel 1819 un concorso, che venne vinto dall’architetto Andrej Michajlov. Il progetto pero si rivelo troppo costoso e venne abbandonato. I lavori furono affidati dal governatore di Mosca Dmitrij Vladimirovič Golicyn all’architetto neoclassicista Giuseppe Bove (1784-1834), figlio di un napoletano trapiantato a San Pietroburgo. Il nuovo Teatro Bol’šoj fu inaugurato il 18 gennaio 1825 con la messa in scena del balletto “Cendrillon” del compositore spagnolo Fernando Sor. Il Bolshoj si impose ben presto su scala internazionale, grazie anche allo splendido corpo di ballo omonimo, come uno dei templi del balletto, superando anche la temporanea trasformazione in sede di congressi del partito durante il Regime stalinista. Dopo un lungo periodo di restauro, il Teatro Bolshoj ha riacquistato il suo splendore il 28 ottobre 2011.

Favria, 28.03.2024   Giorgio Cortese

Buona giornata. Chi nella vita non rischia mai deve accontentarsi delle briciole che lasciano gli altri. Felice giovedì

La nascita del ghetto a Venezia.

Il 29 marzo 1516 La Serenissima Repubblica di Venezia delibera l’istituzione del “ghetto”, primo in Europa,dove gli ebrei veneziani vengono costretti a risiedere. Nei secoli precedenti l’istituzione del ghetto, gli ebrei vissero, in prevalenza, nei paesi della terraferma veneta: poche furono le famiglie residenti in Venezia. Non trova più credito oggi tra gli studiosi la notizia che gli ebrei abbiano abitato l’isola della Giudecca, il cui nome deriverebbe piuttosto dal veneziano zudegà, famiglie giudicate e relegate nell’isola. I prestatori e i mercanti ebrei della terraferma erano esclusi da ogni corporazione e dal possesso di beni immobili, e costretti perciò, per vivere, a praticare il prestito su pegno o il piccolo commercio dell’usato, strazarìa). Essi avevano il permesso di soggiornare in città solo per un periodo non superiore ai quindici giorni consecutivi, durante i quali potevano praticare i loro commerci presso il mercato di Rialto, per poi tornare a Mestre. Alcuni potevano esercitare l’arte medica. Fino agli inizi del XVI secolo non fu ammessa una residenza stabile in città, tranne che nel breve periodo tra il 1382 e il 1397, quando, in una situazione di emergenza, fu stipulata una condotta (permesso) temporanea, durante la quale, nel 1386, gli ebrei poterono ottenere un terreno al Lido di Venezia per uso cimiteriale. Dopo la sconfitta veneziana di Agnadello (1509), in una difficile situazione socio-economica, lo Stato veneziano accolse ebrei nel centro storico, con la condotta del 1513, in cambio di un contributo annuo di 6500 ducati. Molte abitazioni vicino a Rialto ospitarono famiglie ebree, con grandi proteste, tuttavia, da parte dei frati predicatori. Nel 1515, allora, fu proposto in senato di mantenere gli ebrei in città, tenendo conto del loro apporto economico, ma di segregarli in zone appartate. Scartate le ipotesi di chiuderli nelle isole della Giudecca o di Murano, con il decreto del 29 marzo 1516, fu approvata la proposta di rinchiudere tutti gli ebrei in Ghetto Nuovo. Si stima che circa settecento ebrei, tedeschi, italiani e alcune famiglie levantine, siano entrati, in breve tempo, nelle case del Ghetto Nuovo, pagando un affitto aumentato di un terzo e sotto il controllo delle severe magistrature della Serenissima Repubblica. Gli ebrei, obbligati, in tutta Italia, a portare come segno distintivo una “O” gialla sugli abiti, furono invece costretti a indossare, a Venezia, un berretto giallo; ne erano esentati solo alcuni banchieri e i medici. Il ghetto fu cinto da alte mura, i cui portoni si chiudevano alla sera per aprirsi solo all’alba, mentre giorno e notte alcuni guardiani, pagati dagli ebrei stessi, sorvegliavano il recinto, girando anche per i canali circostanti. Si discute molto sull’origine della parola ‘ghetto’. La parola appare nei vecchi documenti con varie grafie: ghèto, getto, ghetto, geto, ma a indicare spesso il luogo in cui furono rinchiusi gli ebrei, prima nel Ghetto Nuovo, poi nel Ghetto Vecchio. Quel “tratto di terreno chiamato il getto o il ghetto era la sede delle pubbliche fonderie, ove si gettavano le bombarde” e dunque “il luogo si chiamava el getto perché c’erano più di 12 fornaci e vi si fondeva il bronzo”. Ghetto, dunque, deriverebbe dal nome dell’isola dove esistevano le antiche fonderie. Questa è l’ipotesi che trova oggi i maggiori consensi tra gli studiosi, mentre altre etimologie appaiono più difficilmente accettabili. Spetta dunque a Venezia aver diffuso nel mondo la parola che indica segregazione e discriminazione sociale.

Favria,  29.03.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Due cose ci salvano nella vita: amare e ridere. Se ne abbiamo una va bene. Se le abbiamo tutte e due saremo invincibili. Felice venerdì.

La sciabola dei carabinieri

La sciabola contraddistingue l’Arma dei Carabinieri sin dalla Determinazione sovrana del 9 agosto 1814, poi confermata e precisata nel cosiddetto “Regolamento per gli uniformi” dell’8 novembre dello stesso anno. Per i militari a cavallo e per gli ufficiali era prescritta la sciabola lunga, per i militari a piedi la sciabola corta, più nota come “daga”. Il termine “sciabola”, quale arma bianca manesca, risale al XVII secolo: allora si diceva “sciabla”, parola di probabile derivazione della parola polacca szabla.

Favria, 30.03.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita quotidiana l’ottimismo è una calamita della felicità. Se rimaniamo positivi, le cose buone e le persone buone saranno attratte da noi. Felice

Pasqua.

La parola Pasqua  deriva dal lemma latino Pascha a sua volta dall’ebraico Pesah che significa rinascita, passaggio. La Pasqua assume due significati nella storia a seconda che si stia leggendo la tradizione ebraica o quella cristiana. Nella tradizione ebraica, Pasqua indica la liberazione del popolo di Mosè dalla schiavitù in Egitto e si festeggia in occasione del primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera. Il passaggio del popolo d’Israele dallo stato di prigionia a quello di libertà.  Per la tradizione Cristiana il giorno di Pasqua si celebra la Resurrezione di Cristo. È la festa più solenne della religione Cristiana. Viene festeggiata la domenica successiva al primo plenilunio dopo l’equinozio primaverile. La Pasqua è il culmine del Triduo pasquale, i tre giorni precedenti la domenica di Pasqua, centro e cuore di tutto l’anno liturgico. E’ il passaggio di Gesù dalla morte alla vita e simboleggia l’atto di donare. Gesù ha sacrificato, donato la sua vita per i Cristiani, liberandoli dal peccato ed è risorto con loro a nuova vita. Che la luce del nostro Signore Risorto rischiari la mente e addolcisca i cuori di ognuno di noi. Auguri di Buona Pasqua a tutti Voi.

Favria, 31.03.2024  Giorgio Cortese


Buona giornata. È risorto per regalare una nuova Primavera al mondo intero. La gioia viene dalle piccole cose, la tranquillità viene dall’anima, la luce viene dal cuore di ognuno. Buona e serena Pasqua a tutti voi.