L’Aspirapolvere. – Cleobi e Bitone. – San Matteo. – Così San Maurizio divenne protettore degli Alpini. – Autunno. – Il fermentatore. – Conestabile…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

L’Aspirapolvere Dagli antenati a soffietto ai robot azionabili da smartphone, l’evoluzione

degli elettrodomestici che aiutano a pulire le nostre case, e non solo. Quando c’è da pulire, per esempio un tappeto, oggi si ricorre spesso all’aspirapolvere. Ma fino al XIX secolo questo pratico strumento, basato su un motore che muove una ventola creando un effetto aspirante, era ancora ignoto. L’idea cominciò a prendere forma solo nel 1901, quando l’ingegnere inglese Hubert Cecil Booth ne brevettò il primo prototipo. Lo ideò dopo aver assistito alla presentazione di un “rivoluzionario” attrezzo che, per pulire i sedili delle carrozze dei treni, vi gettava dell’aria soffiando via la sporcizia. Booth ragionò allora sulla possibilità di agire al contrario, aspirando lo sporco anziché smuoverlo. Nel riflettere sulla sua intuizione si mise un fazzoletto sulla bocca, inspirando della polvere e notando che questa restava sul tessuto. Detto fatto, realizzò appunto il primo esemplare di aspirapolvere, destinato poi a diverse migliorie. Nei secoli precedenti, lo strumento principale per le pulizie era costituito dalla scopa, ottenuta con fasci di ramaglie, e da stracci bagnati. Nel corso dell’Ottocento, sullo sfondo della Rivoluzione industriale, cominciò a profilarsi il nuovo oggetto. Nel 1860 l’americano Daniel Hess sostituì alle setole della scopa alcune spazzole rotonde, fissando sul bastone un piccolo soffietto, utile a creare un “effetto risucchio”. Ne venne fuori una sorta di spazzatrice per tappeti che ispirò poi altri ricercatori tra cui Ives W. McGaffey di Chicago, il quale ideò un nuovo apparecchio, brevettandolo nel 1869 con il nome di Whirlwind (“Vortice”). Simile a una grossa scopa, era dotato di una sacca di tela in cui una ventola, alimentata da una manovella fissata a una cinghia, trasferiva la sporcizia. Assomigliava invece a una scatola di legno con delle rotelle il battitappeto automatico, noto come Bissell Carpet Sweeper, ideato nel 1876 dai coniugi statunitensi Anna e Melville Bissel, in cui vi erano delle spazzole che entravano in azione quando il congegno veniva spinto in avanti tramite un manico. Altri esperimenti riguardarono macchine prive di sistemi di aspirazione, come quella ideata nel 1899 da un certo John Thurman di St. Louis, alimentata a benzina e pensata per soffiare via la polvere e convogliarla in un recipiente. Ne realizzò alcune varianti, tra cui quella che nel 1901, a Londra, accese la fantasia di Booth, inducendolo a progettare un sistema che aspirasse la polvere. Both brevettò il macchinario che lo rese famoso, chiamato Puffing Billy, dotato di motore a combustione e simile a un carretto collegato a una campana, a cui fissare lunghi tubi di gomma, connessi al sistema aspirante e a un filtro di tela. La pecca era costituita dalle dimensioni, bisognava trainarlo con un cavallo! nonché dall’eccessivo rumore. Idem per la versione elettrica, nata nel 1905. Questi antenati degli aspirapolvere non brillavano certo per praticità. A migliorare la situazione fu l’inventore James Murray Spangler, dell’Ohio, che tra il 1907 e il 1908, usando una scatola, un manico di scopa, un ventilatore, una spazzola e una federa, realizzò un prototipo di aspirapolvere maneggevole, producendone poi altri dal design più raffinato. Uno di questi finì nelle mani di William Henry Hoover, imprenditore del settore pellami che decise di investire su questi apparecchi, acquisendone il brevetto e migliorandoli con l’introduzione di parti in acciaio. Per produrli su scala industriale fondò una nuova azienda, The Hoover Company, tuttora leader del mercato: nel mondo anglosassone il termine “hoover” è infatti sinonimo di aspirapolvere. Via via divenuti più pratici e simili agli apparecchi odierni, con tanto di sacche usa e getta, questi elettrodomestici stentarono però a diffondersi per via degli alti costi, rimanendo un lusso fino alla metà del secolo. Nel 1952, ad alimentarne le fortune contribuì il lancio di un avveniristico modello sferico senza rotelle, marchiato Hoover e pensato per essere messo al centro di una stanza e sfruttarne poi il lungo tubo aspirante, fino ad allora gli aspirapolvere erano stati solo verticali o orizzontali, simili a cilindri. Il suo nome era Constellation e il successo fu fulmineo. Sfruttando gli sviluppi della plastica, dagli Anni ’50 anche le setole delle scope divennero sintetiche, furono in seguito lanciati modelli sempre più leggeri, performanti, silenziosi e accessibili a tutte le tasche. Dal Dopoguerra, in pieno boom economico, la diffusione degli aspirapolvere si fece capillare, e questi oggetti si differenziarono, spaziando dalle “scope elettriche”, tra le più note, i modelli Folletto dell’azienda tedesca Vorwerk e quelli “a ciclone”, più recenti, basati sulla forza centrifuga e creati dall’inglese Dyson al Bidone Aspiratutto, quest’ultimo perfezionato nel 1974 dal designer italiano Francesco Trabucco per l’azienda Alfatec, fino ad arrivare agli aspirabriciole (lanciati nel 1979 dall’americana Black & Decker col nome di Dustbuster). Con l’arrivo del terzo millennio, oltre ai modelli “a vapore” e ai mini-aspirapolvere per computer, alimentati via Usb, sono apparsi i primi esemplari robotizzati, capaci di muoversi autonomamente evitando gli ostacoli. Come l’americano Roomba, robot aspirante dalla forma circolare e appiattita presentato nel 2002 e imitato da molte aziende, il primo modello era però della svedese Electrolux, risaliva al 1996 e si chiamava Trilobite per la sua forma, che ricordava quella dei trilobiti fossili. Oggi molti modelli hanno batterie ricaricabili, sono dotati di sistemi di filtraggio sempre più raffinati e hanno serbatoi svuotabili, al posto degli inquinanti sacchetti.
Favria, 19.09.2023   Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita quotidiana i piccoli gesti superano alla grande i grandi gesti. Felice martedì.

Cleobi e Bitone

Nel I libro delle sue “Storie” Erodoto racconta il viaggio di Solone presso il ricchissimo re Creso presso la corte di Sardi. Il re lidio, dopo aver mostrato all’Ateniese le sue immense ricchezze e lo sfarzo della sua reggia, gli chiede chi sia a suo parere il più felice fra gli uomini; Creso si aspetta evidentemente di vedersi riconoscere questo primato, ma viene fortemente deluso dalle risposte di Solone: questi infatti assegna il primo posto a un tale Tello di Atene, che ebbe figli valorosi e una morte eroica in difesa della patria. Benché deluso, Creso, sperando di ottenere almeno il secondo posto, ripete la domanda: ma anche questa volta gli vengono preferiti due illustri sconosciuti, cioè Cleobi e Bitone, due atleti argivi, distintisi per una azione molto lodevole. Infatti, durante una festa in onore di Hera, la madre dei due ragazzi, sacerdotessa della dea, doveva essere condotta al tempio per la celebrazione dei riti. Poiché i buoi da aggiogare al carro non erano disponibili, Cleobi e Bitone si attaccarono al carro e condussero la donna al tempio, dopo aver percorso ben quarantacinque stadi, circa 8 km. I presenti si complimentarono con la madre per questa impresa dei due giovani; lei allora chiese alla divinità di concedere ai suoi figli il premio migliore per l’uomo. La dea esaudì la preghiera della donna, dimostrando che per l’uomo è meglio la morte che la vita: infatti alla fine del rito i due argivi, addormentatisi nel tempio, morirono; gli Argivi eressero un monumento in loro memoria.  Udito questo aneddoto, Creso si offende, sentendosi paragonato a semplici cittadini privati e vedendo misconosciuta la sua felicità; ma Solone replica parlando dello scorrere del tempo e dell’alterno mutamento della condizione umana: non si può definire felice nessuno finché non abbia concluso positivamente la sua vita. A parere del saggio ateniese, Creso può definirsi al massimo fortunato, dato che in questo momento è ricco e potente, ma sarà lecito definirlo felice solo se terminerà la sua esistenza senza subire colpi nefasti dalla sorte. La vicenda di Cleobi e Bitone è narrata anche da Cicerone  nelle Tusculanae disputationes e da Plutarco (cfr. Vita di Solone 27, 7; Consolatio ad Apollonium 14); il nome della madre dei due giovani era Cidippe.

Favria,  20.09.2023  Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita ogni giorno non è tanto importante cosa si fa, bensì dove lo si fa, facendo sempre del bene. Felice mercoledì

San Matteo 

Il suo nome ebraico era probabilmente Levi ed era originario di Cafarnao, dove svolgeva la professione di pubblicano, l’esattore delle tasse per conto del governo romano. Ma cambiò il nome in Matteo,  che significa “dono di Dio”, quando Gesù, passandogli accanto, gli intimò di seguirlo e così entrò nel novero degli apostoli. Dopo la morte e la risurrezione di Cristo, Matteo si dedicò alla predicazione in diverse regioni tra le quali l’attuale Etiopia convertendone il re Egippo, dopo aver fatto risorgere con un miracolo sua figlia Ifigenia, morta prematuramente. Stando alla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, alla scomparsa di Egippo gli successe il fratello Irtaco, che cercò di sposare Ifigenia, la quale però nel frattempo si era votata al Signore. Irtaco avrebbe allora chiesto a Matteo di persuadere la giovane ad accettare le sue profferte, ma trovando in lui terreno ostile avrebbe ordinato a un sicario di ucciderlo sull’altare mentre celebrava la Messa. Secondo altre tradizioni Matteo sarebbe invece morto per cause naturali. Sul piano iconografico san Matteo è di solito raffigurato con la penna e un rotolo di papiro o un volume di pergamena, richiamo al Vangelo che la tradizione gli attribuisce. Ancora oggi è venerato, il 21 settembre, come patrono dei banchieri, dei contabili, dei ragionieri e dei commercialisti, in memoria della sua antica professione di esattore

Favria, 21.09.2023   Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita ci sono orizzonti persino per le barche più piccole. Felice  giovedì.

Così San Maurizio divenne protettore degli Alpini

San Maurizio divenne protettore degli Alpini nei primi mesi del 1941, in piena guerra ed il Corpo degli Alpini con più di un secolo di vita non aveva ancora un Santo Protettore. A questa mancanza pensò di provvedere il generale di Corpo d’Armata Ugo Pizzanello, allora reggente (presidente) del comando del 10° reggimento Alpini, come allora era denominata l’A.N.A, questo avvenne con un decreto di Papa Pio XIII. San  Maurizio Martire il nostro Santo Patrono si festeggia il 22 settembre. Maurizio era un soldato dell’esercito romano, capo della legione Tebea, specificatamente preparata per le guerre in montagna anche se oriunda dell’Egitto, Maurizio aveva con i suoi uomini più volte valicato le Alpi, compiendo imprese che in quel tempo non erano certamente facili né da sottovalutare. Se la “penna nera” fosse già stata in uso, certamente quei prodi soldati l’avrebbero orgogliosamente issata sui loro elmi. Questa specializzazione sarà stata certamente valutata nella scelta del nostro Patrono! Nel primo periodo del regno di Diocleziano, circa nel 286 dopo Cristo, giunse a Roma notizia che nella Gallia era scoppiata una furiosa rivolta di sudditi che, raccolti in grossi gruppi operavano lungo le vie di comunicazione con Roma ed impedivano i regolari rifornimenti alle truppe di occupazione. Venne pertanto dato incarico a Massimiano di formare una spedizione atta a domare la rivolta. A far parte della spedizione venne anche chiamata la legione Tebea che partì dalla Liguria e dopo lunghe marce, valicato il Gran San Bernardo, si accampò presso il fiume Rodano, a circa sessanta miglia da Ginevra, in un punto in cui si apriva fra i monti la vasta valle di Agauno. Fu durante questo soggiorno che Massimiano, ordinato il concentramento ad Octodure, l’attuale Martigny, volle che l’intero raggruppamento offrisse agli dei sacrifici atti ad ottenere il loro aiuto nei difficili combattimenti cui si apprestavano. La Legione Tebea, forte di 6666 uomini, era in gran parte formata da cristiani e si rifiutò di compiere un gesto che veniva reputato sacrilegio per la fede che professavano. Non vollero smentire il loro “credo” ricordando che prima  di essere soldati dell’imperatore, erano soldati di Cristo. Il crudele Massimiano decise che dieci soldati venissero estratti a sorte, flagellati ed uccisi davanti ai loro compagni per impaurirli e persuaderli a sacrificare. Ma gli eroici Cristiani non vacillarono, non cedettero. Fuori di sé, l’imperatore intimò la decimazione per disobbedienza, terribile pena inflitta allora solo ai disertori. La Legione venne divisa in centurie. Sfilarono davanti ad un ufficiale che li contava: uno, due, tre, quattro ed il decimo era fermato ed interrogato. Al rifiuto di compiere i sacrifici richiesti, il prescelto veniva ucciso. Seicentosessantasei Martiri dopo la prima decimazione e la fede restò incrollabilmente ferma in quegli animi forti. Neppure Valerio Trebone, comandante della Legione Ferrea, mandato ad Agauno per indurre i legionari di Tebe a recedere dal loro proposito, minacciando una seconda decimazione, poté costringere alcuno alla volontà dell’imperatore pagano. Mossero allora tutte le altre Legioni contro Maurizio e i suoi. Gli eroi deposero le armi, gettarono l’elmo, la corazza e lo scudo ed offersero il loro petto inerme ai carnefici.

Favria, 22.09.2023  Giorgio Cortese

Buona giornata. Certe persone appaiono come il tutto, ma osservandoli con attenzione  sono fatte di niente. Felice venerdì

Autunno.

Piove nella  notte sulle memorie dell’estate. Nel letto al buio ascolto un tuonare lugubre e lontano. All’alba pallida vedo le rondini sui fili intente a spiare cenni arcani di partenza…Inizia l’autunno.

Favria, 23.09.2023  Giorgio Cortese

Buona giornata. Se vogliamo conoscere i nostri pensieri osserviamo il nostro viso oggi, e poi vogliamo sapere come sarà domani osserviamo i nostri pensieri di ieri. Felice sabato

Il fermentatore

Il fico, inizialmente venne coltivato in Palestina ed Egitto e da lì si diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo. Questa pianta è legata al mito della fondazione di Roma: si narra infatti che la cesta contenente Romolo e Remo, destinati a morire come frutto illegittimo della vestale Rea Silva, non fosse stata trascinata dalla corrente del Tevere straripato, ma si fosse arenata in un’insenatura fangosa sotto un fico selvatico. E proprio all’ombra di quel fico la lupa nutrì i due gemelli. Ovidio racconta che in occasione del capodanno romano era usanza offrire ad amici e parenti frutti di fico e miele come augurio. I fichi erano un alimento ideale per atleti e convalescenti, grazie all’apporto calorico e alla facile digeribilità. Secchi, erano nelle razioni dei legionari. «Ma soprattutto, il succo di fico non veniva aggiunto al mosto per addolcire il vino, ma per conservarlo. Aveva infatti la proprietà di innescare la fermentazione, perché vi si trova il lievito depositato da vespe e api. E il problema del controllo della fermentazione è stato a lungo un problema dell’umanità.

Favria, 24.09.2023 Giorgio Cortese

Buona giornata. Le parole sono simili alle foglie, dove più abbondano raramente sotto si trovano molti frutti del senso. Felice domenica

Conestabile.

La parola deriva, attraverso il francese, dal latino tardo “comes stabuli”, soprintendente alle scuderie imperiali e indica un ufficiale di corte con funzioni di carattere militare. La carica fa il suo esordio alla corte bizantina e passa in Occidente con i Franchi; col tempo aumenterà il proprio potere fino a diventare, tra il XIV e il XVII secolo, il comandante generale militare della corona francese

Favria, 25.09.2023 Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita dobbiamo tenere gli infelici e i superficiali. I primi per i consigli che chiedono, i secondi per quelli che danno. Felice lunedì.

Ogni giorno, in Italia, migliaia di persone sopravvivono grazie a un gesto così semplice ma così importante. Non indugiamo, perché “certe cose” non accadono solo agli altri. Gli “altri” siamo anche noi. Le Vostre gocce di sangue possono creare un oceano di felicità, donate il sangue potete salvare una vita. Esiste dentro di noi la gioia di aiutare. Basta ascoltarla. Lo scopo della vita di noi essere umani è quello di accendere una luce di speranza nei nostri simili anche donando il sangue. Ti aspettiamo a FAVRIA MERCOLEDI’ 18 OTTOBRE  2023, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te.  Attenzione, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio