L’orologio. – San Crodegango di Metz. – Giacinto. – W le donne! – Quanti modi si può dire “camminare”? – La bandiera della Sardegna e quella della Corsica. – Castagnaro…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

L’orologio. L’incipit del romanzo “la macchina del tempo” pubblicato nel 1895 dallo

scrittore inglese Herbert G. Wells, morto a Londra nel 1946 inizia cosi: “L’uomo non dovrebbe consentire all’orologio di offuscare il fatto che ogni momento della vita è un miracolo. Ogni giovedì sera un illustre matematico era solito convocare un cenacolo di colleghi. In uno di quegli incontri aveva presentato agli amici una macchina da lui progettata e destinata a introdurre nella quarta dimensione del tempo. Nel giovedì successivo i suoi ospiti increduli lo avevano trovato zoppo, vecchio, incartapecorito: la macchina l’aveva trasportato fino all’anno 802.701!” Ho recentemente riletto questo romanzo e rifletto sul fluire del tempo da una parte lo scandire dei minuti e delle ore compiuto dall’orologio secondo meccanismi variabili e sempre più sofisticati, dalla clessidra ai cronografi atomici. È quello che i greci avevano chiamato chrónos, la sequenza temporale che ci avvolge. Ma Wells ricorda che, in realtà, il tempo ci coinvolge, anzi, penetra nella nostra stessa sostanza: è il kairós dei greci, ossia la storia umana e personale nella quale ogni momento è colmo di eventi, esperienze, tragedie e miracoli. Per questo Shakespeare osservava che, in verità, il tempo viaggia con diversa andatura a seconda delle persone. «Ammazzare il tempo» alla fine significa non solo farlo scorrere, ma anche sciuparlo. Aveva ragione il grande Rabelais del Gargantua e Pantagruel: “Le ore sono fatte per l’uomo, e non l’uomo per le ore”.
Favria, 5.03.3034 Giorgio Cortese

Buona giornata. Ogni giorno è importante aggiungere più vita agli anni, non più anni alla vita. Felice  martedì.

Il femminicidio, profili legali-giudiziari; socioculturali e psicologici.

Docenti: Avv. Mauro Bianchetti e dott.sa Barbara Bessolo psicologa, psicoterapeuta, responsabile scientifica dell’Associazione Violetta.

mercoledì  6 marzo 2024 ore 15,30 -17,00

Conferenze UNITRE’ di Cuorgnè presso ex chiesa della SS. Trinità –Via Milite Ignoto

“Il convegno ha lo scopo di illustrare gli aspetti legali e sociali di un fenomeno purtroppo sempre di attualità: da quali cause psicologiche, famigliari e più generali nascono i maltrattamenti e i femminicidi; quali tutele preventive, legali e terapeutiche esistono.”

San Crodegango di Metz.

Nato intorno al 712 da nobile famiglia del Brabante, Crodegango fu un uomo molto influente presso la corte dei Franchi non solo per gli illustri legami di sangue,  era infatti parente di Pipino di Herstal, maestro di palazzo di Austrasia e bisnonno di Carlo Magno,  ma anche per il suo carisma e la sua cultura. Già funzionario di Carlo Martello, nel 742 venne eletto vescovo di Metz, ma mantenne anche incarichi a corte, diventando un importante consulente del figlio dello stesso Carlo, Pipino il Breve, per quanto concerneva la politica ecclesiastica. La sua attività si concentrò soprattutto sulla riorganizzazione della Chiesa e sul rigoroso controllo dei costumi del clero secolare, cosa che fece imponendo ai sacerdoti la vita comune e dando precise norme di condotta, ispirate a quelle benedettine, ai canonici regolari, che considerano infatti Crodegango il loro fondatore. Nel 764 suo cugino Cancor fondò, insieme a sua madre Williswinda, l’abbazia di Lorsch, in Assia, e Crodegango ne divenne il primo abate, lasciando in seguito il posto al fratello Gundeland. Durante uno dei suoi numerosi viaggi a Roma, ricevette da papa Paolo I le reliquie di san Gorgonio destinate all’abbazia di Gorze, che egli aveva contribuito a fondare nei pressi di Metz. Morì il 6 marzo 766. Le sue reliquie furono trasferite dapprima nell’abbazia di Gorze e poi in quella di Saint-Symphorien a Metz: qui rimasero fino alla Rivoluzione francese, quando il complesso monastico fu distrutto e i preziosi resti in gran parte dispersi.

Favria, 6.03.2024 Giorgio Cortese

Buona giornata. Personalmente diffido delle persone che puzzano di perfezione, perché la vita è fatta di sbagli e di ferite. Felice mercoledì.

Giacinto

Il principe spartano Giacinto era un giovinetto bellissimo. Di lui si erano innamorati, tra gli altri, Zefiro, dio del vento dell’ovest, ma soprattutto Apollo, che lo seguiva in ogni suo passo. Un giorno, mentre Apollo e Giacinto erano intenti in una gara di lancio del disco in preparazione delle Olimpiadi, il geloso Zefiro deviò la traiettoria del disco lanciato dal dio, che ferì Giacinto. Non potendo fare nulla per salvare l’amato, Apollo decise allora di trasformarlo in un fiore dal colore rosso intenso, lo stesso del sangue sgorgato dalla ferita mortale.  Fiore che da lui prenderà il nome. Il mito è stato considerato una metafora della morte e rinascita della natura, ma anche del passaggio dalla vita adolescente a quella adulta. Questo non è l’unica leggenda mitologico legato al giacinto; infatti, come riportato da Pausania, militare ed eroe di Sparta, questo fiore era sacro a Cerere, divinità materna della terra e della fertilità, e moltissimi giovani durante le celebrazioni sacre a lei dedicate, sfoggiavano bellissime corone di giacinti. Secondo la storia, invece, nel territorio di Sparta si festeggiava la sua fioritura con delle celebrazioni, che presero il nome  di feste giacinzie; ma non è tutto, perché è noto come nell’antica Grecia era usanza diffusa tra le ragazze indossare sul capo delle corone di giacinti durante il matrimonio dei fratelli maschi. 

Favria, 7.02.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. La vita è troppo breve per sprecarla a realizzare i sogni degli altri. Felice giovedì.

W le donne!

Le donne non sono tutte uguali, come vuole far credere chi fa di un filo d’erba tutto un fascio. Ho visto donne indossare un’armatura invincibile di sola dolcezza.  Ci sono donne da passerella che riescono a mostrare a mala pena il livello dei tacchi a spillo, e altre invece calzano i grandi valori della vita. Esistono donne che vengono paragonate all’oceano, perché hanno l’anima con profondi abissi. Donna sei una perla rara, di infinita bellezza, il tesoro prezioso che accompagna questa umile vita, un essere capace di far tornare il buonumore anche al più cupo dei dolori.  Donna le Tue intuizioni sono molto più vicine alla verità di quanto lo possano essere le certezze di noi uomini, e penso che il mondo sembra un paradiso visto dagli occhi da Voi donne. Auguri donne per la Vostra festa, penso che nella vita bisogna saper amare la bambina che vive in una donna per poter apprezzare la sua femminilità e bisogna ammirare la guerriera che si cela per poter comprendere il suo coraggio nell’affrontare la vita. Si sa la bellezza è volutamente ed evolutamente donna, e ciò che maggiormente la distingue da un uomo è la spregiudicata purezza. La purezza è femminile, e determina un principio di inizio senza fine. E che Dio benedica tutte quelle Donne che ancora sanno arrossire di fronte a un gesto galante. E poi se  Dio non avesse fatto la donna, non avrebbe creato il fiore! Auguri donne!

Favria, 8.03.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Le donne hanno un unico difetto, a volte si dimenticano di quanto valgono. Felice venerdì.

Quanti modi si può dire “camminare”?

Di sicuro moltissimi, ma per gli shona dello Zimbabwe ce ne sono di davvero bizzarri, per i quali hanno coniato termini molto specifici.  Come chakwair che significa “camminare sguazzando rumorosamente nel fango”; dowor, camminare a lungo a piedi scalzi; svavair, camminare raggomitolati, infreddoliti e zuppi d’acqua; minair, camminare sculettando; pushuk, camminare con indosso un abito succinto; shwitair, camminare nudi; seser, ondeggiare le carni mentre si cammina e, infine, tabvuk, andare in giro su cosce così sottili da sembrare un grillo che salta

Favria, 9.03. 2024 Giorgio Cortese

Buona giornata. La vita è un’enorme tela e allora ogni giorno rovesciamo su di essa tutti i colori che possiamo. Felice sabato.

La bandiera della Sardegna e quella della Corsica

I due vessilli, 4 mori e una croce per quella sarda e un moro per quella còrsa, sono simili perchè tanto la Sardegna quanto la Corsica furono dominate dagli Aragonesi tra il XIII e il XV secolo. La testa di moro infatti nel 1297 divenne simbolo del Regnum Sardiniae et Corsicae, assegnato da papa Bonifacio VIII ai re spagnoli. Ma pur mantenendo la stessa simbologia, ossia i mori sconfitti e decapitati dagli Aragonesi durante la battaglia di Alcoraz, Spagna,  il 15 novembre 1096, ci sono delle differenze. Su quella sarda campeggia infatti anche la croce di san Giorgio, rossa su campo bianco, perché leggenda vuole che il Santo sia apparso sul campo per sostenere gli spagnoli. Inoltre  i 4 mori sardi hanno gli occhi bendati. La testa di moro còrsa, su campo bianco, ha invece la benda sulla fronte. Sulla bandiera della Corsica si narra anche una leggenda: un nobile moresco rapì una ragazza còrsa, il suo fidanzato gli tagliò la testa e la mise sulla lancia.

Favria, 10.03.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita quotidiana siamo onde dello stesso mare, foglie dello stesso albero, fiori dello stesso giardino. Felice domenica

Castagnaro!

Nel Veneto dominato dalle Signorie, saldamente controllate da potenti famiglie nobili e dai loro eserciti affidati ai capitani di ventura, nella seconda meta del Trecento la rivalità tra Scaligeri e Carraresi,  da una parte Antonio dalla Scala signore di Verona, dall’altra Francesco il Vecchio Da Carrara, signore di Padova,  era giunta al suo acme. Ognuno dei due rappresentava un ostacolo per il dominio territoriale dell’altro, quindi lo scontro fu inevitabile. Per giorni prima della decisiva battaglia di Castagnaro, a 50 chilometri da Verona, i due eserciti si inseguirono lungo le rive dell’Adige. Aggirati dai veronesi che avevano disceso il fiume più celermente, i padovani si ritrovarono accerchiati in territorio nemico con le vie di rifornimento tagliate. Raccontano le cronache che i soldati per sostentarsi arrivarono a macellare i cavalli. Con un esercito inquieto, affamato e in palese inferiorità  numerica, il rapporto era di quattro a uno a favore degli Scaligeri, il comandante dei padovani, il celebre capitano di ventura Giovanni Acuto,  cosi era stato italianizzato il nome del capitano di ventura inglese John Hawkwood, comprese che l’unica possibilità di sopravvivere era quella di ingaggiare subito battaglia. Ma intese farlo in un terreno che gli fosse più congeniale. Con uno stratagemma tanto semplice quanto geniale simulo dapprima un attacco contro i veronesi e subito dopo, quando il manipolo di cavalieri padovani era stato facilmente spazzato via dal nemico, una disordinata ritirata per dissimulare il passaggio delle truppe oltre il Castagnaro, allora canale emissario dell’Adige oggi prosciugato. I padovani di Acuto si stanziarono su un terreno asciutto, lasciando ai veronesi l’onere di attaccare frontalmente attraverso gli acquitrini. Le truppe di Verona erano condotte da Giovanni Ordelaffi di Forli e Ostasio da Polenta di Ravenna, mentre nei padovani a fianco di Acuto militava Francesco Novello da Carrara, figlio del signore di Padova Francesco I da Carrara. Nel pomeriggio dell’11 marzo 1387 comincio lo scontro. Esortati da Giovanni Ordelaffi, i veronesi presero ad attaccare stimando di poter risolvere la battaglia a loro favore visto lo scarso numero dei nemici. Appiedati per superare l’acquitrino, riempito di ramaglie, che li divideva dai padovani, avanzarono con foga, incuranti dei dardi e delle frecce scagliate dagli arcieri inglesi e dai balestrieri padovani. Nonostante le perdite, i veronesi si fecero sotto al nemico la dove si trovavano le truppe di Francesco Novello, che sembrarono sul punto di cedere. Allora il condottiero inglese fece cambiare posizione a Novello, spostandolo in un punto dello schieramento che gli permettesse di sganciarsi senza grosse perdite. Mentre arcieri e balestrieri continuavano a tenere impegnato il nemico, l’Acuto sferro sul fianco l’attacco vincente. Facendo appello alla sua tempra di indomito guerriero, il condottiero quasi settantenne getto il bastone del comando in faccia al nemico e si lancio nella mischia a spada sguainata. A quel punto a nulla valse l’entrata in campo delle riserve scaligere, che si trovarono la strada sbarrata dai  padovani e non poterono ricongiungersi con il grosso dell’esercito. Da li a poco la rotta dei veronesi divenne irrimediabile. Per Padova fu un trionfo, l’Acuto confermo la sua fama di migliore capitano in Italia, mentre la sconfitta di Castagnaro segno la fine della lunga egemonia degli Scaligeri, che dopo qualche mese sarebbero stati cacciati da Verona dalle truppe viscontee. Nel 1406 termino anche, con l’intervento di Venezia, la signoria dei Da Carrara a Padova.

Favria, 11.03.2034 Giorgio Cortese

Buona giornata. L’uguaglianza deve essere quella delle opportunità, non può essere ovviamente quella dei risultati. Felice lunedì.

Il sangue è una vita, Condividilo! Il sangue viene rigenerato dopo pochi mesi, ma la vita no, per favore dona il tuo sangue. Vi invitiamo a donare il sangue per una ragione che si chiama vita.  vita. Lo scopo della vita di noi essere umani è quello di accendere una luce di speranza nei nostri simili anche donando il sangue. Ti aspettiamo a FAVRIA VENERDI’ 29 MARZO  2024, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te.  Attenzione, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio