Partire con l’idea di fare del bene – Pigmalione – Una locanda che delizia il palato -Disfida, sfida. – L’arringa del palinsesto…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Partire con l’idea di fare del bene
Il terremoto è un evento naturale che passa dentro l’animo delle persone che lo vivono lasciando una percezione di distruzione non solo materiale, ma che lacera l’anima segnandola per sempre. Penso che dopo la scossa sismica il cuore di queste persone sobbalza ed inizia a tremare anche per minime vibrazioni, perché il ricordo di quei terribili istanti rimbomba sempre nella testa di chi ha vissuta quella angosciante esperienza. A questo aggiungo che subito dopo si deve fare i conti con i danni materiali causati dalla scossa che in pochi isatnti ha portato via il lavoro di una vita. A Favria con la simpatica inizia di “FAVRIA PRO TERREMOTATI” per una settimana si sono date corso savariate iniziative di moltissime associazioni. Oggi vi voglio narrare della corsa dei Babbo Natale che ha animato la domenica pomeriggio a Favria. Nella vita di ogni giorno se parte dal cuore l’idea di fare del bene senza un tornaconto è questo è lo spitio della settimana no stop delle varie associazioni Favriesi. Prima della corsa i simpatici pifferi di Borgofranco e poi la marcia non competitiva, con simpatici ostacoli lungo il percorso che mi ha fatto riflettere che ognuno di noi possiede dentro il proprio spirito una fiammella. Se ognuno si impegnasse a portarla nel mondo, ogni giorno quella fonte di luce, per quanto flebile ed esigua, unita a quella degli altri, forse riuscirà a dare forza alla luce invincibile della speranza. Come Fidas Favria eravamo impegnati a raccogliere offerte pro terremotati e anche per Telethon ed un grazie sincero al Direttivo per il sempre bel lavoro profuso nel propagandare il dono del sangue. Perchè nella vita di ogni giorno fare del bene non è una qualità che ci rende superiore a qualcuno ma è un modo diverso di vivere umanamente la vita insieme agli altri diversamente di chi pensa di esistere solo lui al mondo. Un grazie alla Pro Loco per l’ottima zuppa Canavesana, per Antonio abile battitore d’asta nel mettere all’incanto svariati oggetti dati per beneficenza. Ottima la cioccolata calda della Coldiretti con latte prodotto nel territorio Favriese. Infine bello ed efficace il banco di beneficienza della Consulta delle Donne, ricca di premi per tutti. Insomma un grazie atutrte le associazioni Favriesi. Hanno animato la giornata oltre ai pifferi Favria Giovane con il simpatico gioco indovina chi e Massimo con l’efficacie pesca di beneficenza. Un grazie a tutti, ma proprio a tutti anche a chi ho dimentica sull’onda dell’entusiasmo nello scrivere queste poche righe chi mi fanno sempre di più apprezzare gli istanti intensi della vita, composta composta di attimi che non torneranno più, per l’empatia e la collaborazione fattiva con le altre associazioni. In un Comunità il collaborare e rendersi utili tra associazioni è un cemento che unisce, il primo ingranaggio per essere Comunità perché la collaborazione unisce la competizione lacera
Favria, 6.12.2016 Giorgio Cortese

La chiave nel rapporto con gli altri a volte è il contatto che poi illumina per primo il mio animo.

Pigmalione
Pigmalione è un personaggio della mitologia greca, scultore cipriota, che sposò una statua a cui la dea Afrodite diede vita, oggi il lemma intende un maestro che erudisce una persona rozza e incolta. Questa parola ha una storia particolare dal nome: di un personaggio della mitologia greca, oggi vive con un significato che nasce dalla reinterpretazione del mito da parte di George Bernard Shaw, nella sua opera “Pigmalione”, del 1913. Secondo la versione più celebre di questo mito, come narrato da Ovidio, Pigmalione era un abilissimo scultore di Cipro e la sua tensione verso il bello lo portò a scolpire una statua d’avorio che rappresentasse il suo ideale di bellezza femminile. Purtroppo, però, per quanto perfetta, rimaneva una statua fredda. Così Pigmalione levò le sue preghiere ad Afrodite, implorandola di portare alla vita l’opera che lui aveva scolpito. E Afrodite gli fece questa grazia. La statua prese vita col nome di Galatea, sposò Pigmalione e vissero felici e contenti fino alla fine dei loro giorni. Shaw, nella sua opera teatrale, voleva raccontare la storia di una scommessa: Higgins, professore di fonetica, scommette col colonnello Pickering che riuscirà a trasformare una giovane popolana in una donna dell’alta società, semplicemente insegnandole il giusto accento e maniere conformi all’etichetta. Higgins è quindi il Pigmalione che scolpisce la statua della perfetta donna di classe, e riuscirà nell’impresa, ma al costo di farsi odiare dalla giovane. Il pigmalione, quindi, è colui che raffina, plasma, guida lo sviluppo di qualcuno: si può parlare della tutor di tirocinio che funge da pigmalione per il rozzo tirocinante; del professore pigmalione che informa l’entusiasmo dello studente in conoscenza critica o l’attore esperto fa da pigmalione alla compagnia alle prime armi. Ma che cosa di eccezionale il mito antico, che li nessuno muore di morte tragica, l’intervento divino è misericordioso e c’è perfino il lieto fine, una rarità!
Favria 7.12.2016 Giorgio Cortese

Ritengo che il mondosia buono solo per l’1%, cattivo nella stessa proporzione e neutro per il rimanente 98%: è per questo che la decisione quotidiana di ognuno è tanto importante.

Una locanda che delizia il palato
Premetto con il dire che il termine locanda deriva dal Latino locare che tradotto significa allocare, affittare. Il gerundivo di locare, ovvero locandus, al femminile singolare diventa locanda, ossia che è da affittare. Il senso odierno del termine è più ampio: casa in cui i forestieri alloggiano, pagando una data somma. Posto in cui alloggiare durante la notte. Le locande si svilupparono in Europa quando gli antichi romani costruirono, secoli fa, il loro sistema stradale. Una volta le locande erano molto frequentate dai viaggiatori de Grand Tour che ne danno descrizioni dettagliate nei loro libri. Sicuramente non sono né Alexandre Dumas ne Goethe ma un mediocre viaggiatore nel mare della vita quotidiana che ha avuto la fortuna di fermami nel lieto porto dell’Antica Locanda dell’Orco a Rivarolo Canavese TO in via Ivrea, 109, Tel: 0124.42.51.01 / 349.46.84.685. Li ho mangiato e gustato la tradizionale cucina piemontese. Una cucina fatta di: vitel tonnè, carne cruda, agnolotti, finanziera, bagna cauda, fritto misto, dolci e pane fatto in casa, come un tempo, e non solo, il Ristorante propone anche una vasta scelta di piatti vegetariani e, su richiesta, piatti per vegani. Il tutto proposto con un pizzico di creatività. Luogo squisito con un personale gentile ed educato che Ti mette suo a Tua agio e poi le portate sono un sollucchero per il palto e per gli occhi, il cibo infatti prima si annusa poi con gli occhi ci gratifichiamo di quello che mangiamo e quando gustiamo delle prelibatezze come all’antica locanda non possimao che unasre la parola sollucchero a dal suono pieno, espressivo, e descrive con grande vivacità la soddisfazione genuina e un po’ vanesia che significa. Pensate che il lemma sollucchero deriva dal tardo latino saliviculare, forma diminutiva di salivare, insomma avere l’acquolina in bocca, locale dove merita andare
Rivarolo, 8.12.2016 Giorgio Cortese

Nella vita di ogni giorno mai sopprimere un’idea, ma trasformala, perché la più alta forma di coraggio è il coraggio è quella di di creare

Disfida, sfida.
La vita è bella perché è fatta di sfide, e noi la sfidiamo minuto per minuto… Il primo significato di sfida è, cito il Grande Dizionario della Lingua Italiana della UTET: “Lo sfidare a duello, il provocare qualcuno a battersi, ad affrontare uno scontro cavalleresco, un combattimento”. Quello di “Invito rivolto a qualcuno a gareggiare, a competere in un determinato sport o prova di abilità o di forza. In senso concreto: competizione o gara agonistica, regolata da norme fisse o, anche, stabilite di volta in volta, in cui singole persone o squadre si affrontano in una medesima attività sportiva o in una stessa prova di forza, di resistenza o di abilità, di pazienza, cercando di prevalere sugli avversari o di ottenere il migliore risultato” è la più classica delle metafore bellico-sportive. L’etimologia connette sfida e sfidare all’antecedente disfida e disfidare appellandosi al fenomeno linguistico, dell'”aferesi” che poi vuol semplicemente dire “caduta della vocale o della sillaba iniziale di una parola”. Ma se vado nello specifico il lemma disfidare deriva dal latino medievale disfidare che dall’antico francese defier, significa in origine disfidare a rinnegare la fede o la fedeltà, come sciogliere il vincolo di fedeltà tra il vassallo e il suo padrone e quindi, di sfidare, sfidare. Mi viene in mente la disfida di Barletta, fatto d’armi avvenuto nei pressi di Barletta nel 1503, che ispirò anche un romanzo di M. D’Azeglio, Ettore Fieramosca ossia La disfida di Barletta del 1833. Ma anche la disfida matematica, una gara pubblica, in voga nel sec. 16°, nella quale un matematico sfidava un altro matematico a risolvere un dato problema, mediante un apposito cartello d’invito, chiamato cartello di matematica disfida. Oggi come sfida si intende duellare, contendere, gareggiare, competere, lottare, attaccare, assalire ma anche affrontare una situazione o spingere, sollecitare, incoraggiare, invitare, incitare, stuzzicare, stimolare, spronare, pungolare, provocare. Come si vede nella vita di ogni giorno se non ci sono delle sfide la vita è una routine, una lenta agonia. In conclusione la parola sfida da subito la sensazione di una prova di forza tra due o più contendenti che gareggiano o competono. Ma la forza non arriva dalle vittorie e dai successi, la sfida serve per sviluppare le personali forze. La vera misura di un essere umano non si vede nei suoi momenti di comodità e convenienza bensì tutte quelle volte in cui affronta le controversie e le sfide. In quei momenti quando si attraversano le difficoltà e si decide di non arrendersi, questa è la vera sfida che conta nella vita, la vera forza interiore. Ritengo che non si farà mai nulla di grande nel mondo, se non siamo capaci di sfidare l’odio, o disprezzare lo scherno . Il valore i una persona, quando è sfidato, si moltiplica
Favria 9.12.2016 Giorgio Cortese

Così come i muscoli si atrofizzano se non persevero ad usarli con costanza, allo stesso modo il mio coraggio si dissolve se non mi impegno costantemente a sfidare me stesso e ad affrontare le mie paure.

L’arringa del palinsesto
Ho usato in questo gioco di parole due parole che si sentono nel linguaggio quotidiano ma che forse se ne perso il loro significato. Pensate che palinsesto deriva da un documento scritto raschiando via la scrittura precedente, oggi usato per indicare la programmazione delle trasmissioni televisive o radiofoniche. Il lemma deriva dal greco, palimpsestos, composto da palin di nuovo e psan raschiare. Una volta, nei tempi antichi non era raro, vista la scarsità e il costo del materiale su cui scrivere, che testi vecchi venissero raschiati via per poter scrivere nuovamente sullo stesso papiro o pergamena. Oggi con il progredire della scienza è diventato più semplice recuperare il testo originale che a volte si rivela di importanza storica capitale, come accadde al cardinale e filologo Angelo Mai, che nel 1820 fra i palinsesti della Biblioteca Vaticana ritrovò il “De re publica” di Cicerone, grazie ad agenti chimici che fecero riaffiorare il testo raschiato da un commento ai Salmi di Sant’Agostino, impresa celebrata da Leopardi con la sua ode dedicata “Ad Angelo Mai”, quella che inizia con la parafrasi “ O italiano coraggioso, per quale motivo non cessi giammai di svegliare dalle tombe i nostri antichi padri romani, e li conduci a parlare a questo secolo, morto , spiritualmente per l’inettitudine, sul quale pesa tanta nebbia di noia?…” Ma quest’abitudine di raschiare e riscrivere fu facilmente accostata per similitudine alla programmazione delle trasmissioni, ciascuna col suo orario, che vengono continuamente inserite, riconfermate, spostate, riorganizzate, cancellate, reintrodotte, insomma mobili come scritte su una lavagna. Per parlare del palinsensto ho fatto un discorso pubblico, ovvero un’arringa che deriva dall’antico tedesco, hring assemblea. La stessa radice di ringhiera, cioè lo spalto da cui parlava l’arringatore. Da non confondere con la balaustra che deriva dal latino balaustrium, cioè balausta, il fiore del del melograno in quanto i colonnini ricordano tale fiore, viene anche definita comunemente parapetto, è la protezione che viene installata al piano di arrivo delle scale per evitare eventuali cadute
Favria 10.12.2016 Giorgio Cortese

Mi inviato queste 5 regole per vivere felice cge voglio condividere: 1) Non odiare. 2) Non ti preoccupare. 3) Dona di più. 4) Abbi meno aspettative. 5) Vivi con semplicità il tutto mostrandosi sempre semplice e sorridente che è l’arte suprema dello stare al mondo