“Salire a San Besso è un po’ come tornare a casa” di Alberto Lagna

Questa mattina sono salito, come tanti altri pellegrini, alla volta del Santuario di

San Besso in alta Valle Soana.
Ci ha accolti una giornata bellissima: una lieve spruzzata di neve sul lato della Borra faceva sembrare la montagna un pandoro. Il creato davvero oggi ci parlava.
Nonostante la temperatura vicino allo 0 il sole ha scaldato il cuore e l’anima di chi come me saliva sin sotto il Monte Fauterio per celebrare la festa invernale di San Besso.

Durante la celebrazione presieduta da Don GianPaolo Bretti, l’omelia di Don Giampiero Valerio ci ha ricordato molti particolari interessanti che hanno caratterizzato la giornata e l’ambiente circostante.
“Salire a San Besso è un po’ come tornare a casa, dove ricarichi le batterie” diceva Don Giampiero.
Siamo venuti per testimoniare la libertà di Besso. Lui per primo ha scelto la libertà di non rinnegare ciò in cui credeva.
E noi dopo di lui lo seguiamo, nella fede millenaria che riempie queste montagne. Questa roccia (“il Signore è la roccia eterna, che fa cadere chi è in alto” dice la prima lettura di oggi) da cui è stato gettato Besso.
Siamo saliti, abbiamo faticato, ma siamo stati premiati dalla bellezza dell’ambiente e speriamo anche dalla benedizione del Signore (“Benedetto colui che viene nel nome del signore” diceva il Salmo).
“Dì soltanto una parola e io sarò salvato” recitava l’antifona alla comunione. Besso ci ha creduto e per questo ora vive insieme ai Santi in Paradiso: è un premio che spetta anche a noi, basta crederci.
Alberto Lagna