Terra Mariana. – Ci vuole fegato! – Le ricorrenze del 2021, per non dimenticare! – Lo scranno! – Andromeda. – L’accendino – Festa della mamma! – Viola d’Spagna!…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Terra  Mariana.

La Livonia è una regione storica dell’Europa settentrionale prospiciente il Mare Baltico, compresa tra

il golfo di Riga e il fiume Daugava e a sud il lago dei Ciudi,  fino al 1991 appartenente all’URSS, oggi è ripartita tra Estonia e Lettonia. In lettone, Vidzeme, in russo, Livonija in tedesco Antica Livonia Alt-Livland.  Questa regione prese il nome degli antichi abitanti i Livi o Livoni. Affacciata al Baltico tra il fiume Narva e il golfo di Riga, fu percorsa e assoggettata, nei sec. IX-XI, da Svedesi, Danesi, Russie Lituani. Un vescovo guerriero, Alberto di Buxhövden, condusse, con l’aiuto dell’Ordine dei Portaspada, una specie di  Crociata nei primi anni del sec. XIII: assoggettò Livoni, Setgalli, Seloni, Estoni,Curoni e Semgalli, assunse il nome di “vescovo di Livonia”, fondò  Riga e fece della Livonia un feudo imperiale nel 1207.  La sottomissione di questi popoli non fu facile, poiché le popolazioni indigene, soprattutto i Curoni e Semgalli, opposero accanita resistenza; il paese di questi ultimi poté essere occupato solo quando i suoi abitanti furono sistematicamente sterminati. Durante tali lotte di conquista i cavalieri crociati ebbero spesso a subire delle sconfitte, come quella del 1236 quando venne distrutto l’esercito dell’Ordine dai Semgalli, e il resto dovette unirsi all’Ordine teutonico nel 1237 per continuare la conquista. La lotta ebbe fine con alcuni accordi, secondo i quali i Curoni e i Semgalli, nelle questioni riguardanti la proprietà dei terreni e l’eredità, ottennero gli stessi diritti dei conquistatori, mantenendo anche i loro tribunali regolati secondo le antiche usanze giuridiche. Così finì la conquista della parte lettone della Livonia.  E qui nasce l’espressione Terra Mariana, latino medievale per Terra di Maria, creato dal vescovo Alberto di Riga dove il vescovo voleva sottolineare al Papa Innocenzo III l’importanza della crociata e il legame del territorio alla Vergine Maria, come riferì al IV Concilio Lateranense nel 1215. Successivamente l’Ordine dei Portaspada, battuto duramente dai Lituani, si sciolse e i superstiti vennero assorbiti dall’Ordine Teutonico, incominciarono le difficoltà per gli arcivescovi di Riga, che rappresentavano la suprema autorità politico-religiosa della Livonia, minacciati dall’ostinato espansionismo dei Cavalieri Teutonici e dalle velleità d’indipendenza di Riga e delle altre città. L’ordine ebbe il sopravvento dopo un’accanita lotta, durata molti anni e conclusa verso la fine del  XIV secolo. Intanto la Livonia vide accentuarsi l’immigrazione tedesca di cavalieri e mercanti: i primi, divisisi i feudi, in poche generazioni ridussero i contadini indigeni a servi della gleba. Nel sec. XVI, sotto la minaccia dei Russi, l’ordine, già in grave decadenza, unì la Livonia al regno polacco-lituano nel 1560. Poi la Livonia passo nel 1621  sotto il dominio della Svezia e nel 1710 della Russia. La condizione della servitù della gleba continuava intanto a peggiorare, sino a che lo stesso zar  Alessandro I fu costretto a intervenire per frenare la tirannia dei proprietari terrieri  nel 1804. La Livonia rimase sotto il dominio dell’Impero Russo  sino al 1918, inserendola nelle cosiddette Province Baltiche. Seguì poi le sorti della Lettonia.
Favria, 3.05.2021  Giorgio Cortese

Gli  occhi ci trasmettono tutte le meraviglie per poi conservali nel nostro animo.

Dona il sangue e sii un eroe nella vita di qualcuno. Il sangue è destinato a circolare. Condividilo! Ti aspettiamo a Favria VENERDI’ 7 MAGGIO  2021 cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fai passa parole e divulghi il messaggio

Ci vuole fegato!

Fin dall’antichità il fegato è considerato un organo di grande rilevanza. Sede di sentimenti e passioni per i Greci, secondo Etruschi e Romani il fegato di animali era la chiave per interpretare il volere degli dei riguardo al futuro. La scienza, in seguito, ha confermato il suo ruolo strategico come il il più importante laboratorio del nostro organismo, perché porta in sé le tracce delle nostre abitudini e può preannunciare la vulnerabilità del nostro corpo rispetto a patologie future. Prima che nella medicina il fegato compare nella mitologia greca. Prometeo aveva rivelato agli uomini il segreto del fuoco e gli dei per punirlo lo fecero incatenare su una rupe. Un’aquila, gli  divorava  il fegato che ogni notte si rigenerava rinnovando così il supplizio diurno: «E quando il fegato prima divorato», racconta Eschilo nella tragedia dedicata al titano, «torna a gonfiarsi di rinnovata crescita, eccola tornare avida al suo pasto infame». Gli antichi ancora non sapevano che una delle caratteristiche mirabili del fegato è la sua capacità di rigenerarsi, ma lo tenevano comunque in grande considerazione. Forse per il suo colore cupo e lucente, la scivolosità, il volume: è la ghiandola più grande del corpo umano e pesa circa due chili. Il fegato m compare anche nelle fiabe. Nella versione originale dei fratelli Grimm, la regina cattiva che ordina l’uccisione di Biancanevevuole che le venga consegnato il fegato della poverina. Evidentemente nel diciannovesimo secolo era ancora identificato come la sede dello spirito vitale. Nella versione Disney, di più di un secolo successiva, la regina cattiva esige invece la consegna del cuore di Biancaneve, organo simbolicamente più “digeribile” dal grande pubblico. Nel cruento testo originale, il cacciatore impietosito risparmierà Biancaneve e alla regina porterà i visceri di un cinghiale, che  lei si mangerà! Nell’antica Roma veniva servito iecur ficàtum, pietanza a base di fegato, iecur, di animale cucinato coi fichi, ficàtum, poi venne abbrevviata in  ficàtumche, con tipica retrazione d’accento, diventa fìcatum, il termine ufficiale, anche medico. Il  fegato e la sua grigioverde compagna cistifellea, produttrice dell’amara bile, sono stati considerati una sede dei sentimenti. Anzi, la cistifellea secondo Ippocrate nella dottrina degli degli umori  dove dal sangue, flemma, bile gialla, bile nera derivavano il temperamento dell’individuo: sanguigno, flemmatico, bilioso, atrabiliare, cioè malinconico, detto anche umor nero, dalle parole greche  nero e bile.  Questa  concezione sul fegato è rimasta in varie lingue, coraggio, aver fegato,  rabbia, rodersi il fegato, ira, farsi scoppiare il fegato, sfrontatezza, avere un bel fegato e persino al rancore o all’invidia, farsi venire il mal di fegato. Per non parlare di aggettivi come bilioso, collerico, melanconico. To have guts, dicono gli inglesi: essere coraggiosi. In una delle risse marinare di Moby Dickil mastodontico ramponiere Daggoo, per insultare un marinaio spagnolo, gli dà del “fegato bianco”. Un’espressione simile, lily-liver, la troviamo nel Macbethdi Shakespeare a proposito della viltà di un servitore.  Esangue insomma è il fegato dei codardi. “Spappolato”, stando alla canzone di Vasco, è invece quello di chi stravizia, soprattutto se beve troppo incamminandosi così verso la cirrosi. Da piccolo mia madre mi dava l’olio di fegato di merluzzo, ricco di vitamina D, a cucchiaiate, per molti era uno schifo, personalmente non era malaccio e poi da adolescente quando avevo esagerato nel mangiare bevevo Soluzione Schoum, immortale rimedio depurativo per le vie biliari.  Ilo fegato, sosteneva Galeno, serve a trasformare il cibo in sangue. Già nell’Iliade era visto come il centro della vita: «Achille lo colpì al fegato col pugnale: il fegato schizzò fuori e colando nero sangue riempì la veste; privo ormai del respiro, l’ombra fasciò gli occhi di Troo. Anche se i Vangelinon indicano quale lato del torace di Gesù crocifisso fu colpito dalla lancia romana («e subito ne uscì sangue e acqua», dice Giovanni), l’iconografia vuole la piaga, quella dell’incredulità dell’apostolo Tommaso, all’altezza del fegato, di nuovo a testimoniare la sua supremazia vitale sul cuore. Organo tra i più complessi, il fegato non finisce mai di sorprenderci e anche se il primo riuscito è del 1967, dovremo aspettare la fine degli anni Ottanta perché iltrapianto di fegatodiventi un trattamento clinico relativamente standardizzato.

Favria, 4.05.2021    Giorgio Cortese

Per tutta la vita le persone ci faranno impazzire, ci mancheranno di rispetto e a volte ci tratteranno male. Lascia che Dio si occupi delle cose che fanno, perché se tratteniamo l’odio nel nostro cuore consumerà anche noi

Le ricorrenze del 2021, per non dimenticare!

Quest’anno commemoriamo i 700 anni della morte di Dante Alighieri, mancato a Ravenna nella notte tra il 13 ed il 14 settembre, ma ricorrono anche i 160 anni dell’Unità d’Italia, il 17 marzo 1861 ed il 150 anno del trasferimento della capitale da Firenze a Roma, 27 gennaio 1871.  Ricorre anche il 75 anno della proclamazione della Repubblica, 2 giugno 1946 ed il centenario del Milite Ignoto, , un soldato mai identificato e tumulato a Roma, simbolo di tutti i caduti nella Prima guerra mondiale.  Nel 1921 ci sono ben tre ben tre duecentesimi anniversari di tre personaggi letti e studiati a scuola, il poeta francese Charles Baudelaire, nato a Parigi il 9 aprile 1821, il romanziere russo Fedor Dostoevskij, nato a Mosca l’11 novembre 1821 e Napoleone Bonaparte, morto il 5 maggio 1821. Nel 1901, 120 anni fa muore a Milano Giuseppe Verdi uno dei più grandi compositori italiani di sempre conosciuto in tutto il mondo. Nel 1906, ben 115 anni fa viene fondata la Rolls Royce, storica casa automobilistica britannica fondata da Charles Stewart Rolls ed Henry Royce, oggi sinonimo di lusso ed eleganza. Nel 1911, 110 anni, 17 settembre, fa L’Italia entra in guerra con l’impero Turco, guerra di Libia, la quarta sponda e  cerca di imporsi come potenza coloniale nel Mediterraneo. 80 anni fa, il 12 febbraio 1941 è stato effettuato il primo test della pennicellina su un paziente.  Un momento storico da ricordare con forza visto il trionfo della medicina contro i batteri e le malattie infettive. Ma il 1941 è anche l’anno in cui il Giappone, la domenica mattina del 7 dicembre, attacca la base di Pearl Harbor nelle isole Hawaii  che  provocò l’ingresso nella seconda guerra mondiale degli Stati Uniti. 70 anni fa nel 1951 con l’annuncio di Nunzio Filogamo che presentava il 29 gennaio la pRima edizione del festival di Sanremo. Il 12 aprile del 1961, 60 anni fa il russo Jurij Gagarin fu il primo essere umano a volare nello spazio. 55 anni fa, il 4 novembre 1966 sarà per sempre ricordato in Italia come il giorno e l’anno dell’alluvione di Firenze. Non posso non inserire come ricorrenza una tragedia che mi aveva colpito tantissimo 40 anni fa, il 10 giugno 1981, quando come milioni di italiani siamo stati attaccati al teleschermo per assistere in diretta alla tragedia di Vermicino, quando il piccolo Alfredo Rampi, chiamato Alfredino, rientrando a casa alle sette di sera di mercoledì 10 giugno, finisce intrappolato in un pozzo artesiano, profondo 80 metri e largo 28 cm. Iniziava una corsa contro il tempo per salvare il piccolo di 6 anni che nelle ultime 18 ore viene seguito in diretta dalla Rai. Uno shock collettivo e per me ancora adesso un triste ricordo. 45 anni fa, il  29 luglio 1976 è una data importante nella storia dello sviluppo civile e delle pari opportunità in Italia.  Il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti nomina come ministro del Lavoro Tina Anselmi, insegnante ed ex sindacalista, la prima donna a diventare ministro nella storia d’Italia. Il 26 aprile 1986, 35 anni fa, è il giorno del più grande disastro nucleare, a Chernobyl esplode uno dei quattro reattori della centrale situata a 110 km dalla capitale Kiev. Sono passati 20 anni quanto l’11 settembre del 2001 vennero attaccate le Torri Gemelle torri, un attacco terroristico senza precedenti che sembrò una dichiarazione di guerra agli Stati Uniti. L’11 marzo del 2011, 10 anni fa è il giorno del secondo incidente nucleare civile più grave nella storia dell’umanità dopo Chernobyl, il disastro nucleare a Fukushima, quando uno tsunami prodotto da un terremoto distrusse i generatori di emergenza che avrebbero dovuto fornire energia per controllare e far funzionare le pompe necessarie per il raffreddamento dei reattori. Certi anniversari sono molti di più a questi a mio parere meritano essere ricordati per fare memoria. La memoria è un processo selettivo che ci permette di ricordare date ed eventi, che sono  importanti per la nostra Patria per creare identità e coesione tra di noi per richiamare eventi passati che nel tempo ricadono oggi nella nostra vita culturale e sociale.

Favria,  5.05.202150 Giorgio Cortese

Nella vita quotidiana quando smetto di sognare, smetto di vivere

Lo scranno!

Una domenica mi sono seduto in chiesa per la S. Messa dietro l’altare essendo i posti disponibili per la pandemia ridotti e segnalati. Sono stato accompagnato dai volontari dietro l’altra e mi sono seduto in un comodo scranno.  Questa parola ha un suono duro che denota la sua origine longobarda, skranna che presso quel popolo germanico voleva dire panca, proprio come in origine di legno con braccioli e con spalliera molto alta. Sembrava quasi un trono visto che era pure rialzata di qualche spanna dal pavimento, ma se ci pensiamo che cosa è un trono? Come diceva famoso e prolifico romanziere francese dell’Ottocento Honoré de Balzac: “ Un trono non è altro che un pezzo di legno rivestito di velluto!”. Il trono evoca una chimera che affascina un po’ tutti, e per molti natcisi dei selfie è una forma di potere, di successo, un trionfo solo sui social ed effimero. Il celebre poeta inglese John Milton, nel suo Paradiso perduto, arrivava al punto di scrivere che “E’meglio regnare nell’inferno che servire in cielo”, per indicare quanto è innato in noi bipedi evoluti il forte desiderio del dominio e della supremazia sugli altri.  Oggi oltre alla pandemia da coronavirus  da tempo dilaga una subdola  malattia morale tipica del nostro tempo, il primato dell’apparire sull’essere, per dirla come il grande drammaturgo tedesco Schiller metteva in bocca alla sua Maria Stuarda nel 1800: “Tutti giudicano secondo l’apparenza, nessuno secondo la sostanza!”… ed invece concludo questa breve riflessione avuto quando mi sono seduto sullo scranno dobbiamo sempre fare nostra la risposta di Gesù: nel Vangelo di San Marco: “Chi vuol essere il primo tra voi sia il servo di tutti!”.

Favria, 6.05.2021     Giorgio Cortese

Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni!

Andromeda.

Nella mitologia greca, Andromeda era figlia di Cefeo, re di Etiopia, e della nereide Cassiopea. Cassiopea, moglie di Cefeo re dell’antica Etiopia, il territorio si estendeva dalla riva sud-orientale del Mediterraneo fino al Mar Rosso e comprendeva parte degli attuali Egitto, Giordania ed Israele, pensava che lei e sua figlia Andromeda fossero le più belle donne mai vissute. Andava anche dicendo che la figlia era talmente bella che neppure le Ninfe del Mare, le cinque Nereidi, potevano superarla in bellezza. La superbia della regina d’Etiopia giunse alle orecchie di Era e delle stesse Nereidi. La Nereide Amfitrite era moglie del dio del mare, Poseidone, e così, infuriate, si rivolsero a lui chiedendogli una terribile ed immediata punizione per l’oltraggio di Cassiopea. Poseidone scatenò contro il regno di Cefeo, a devastarne le coste, il mostro marino Tiamat, rappresentato tra le costellazioni dalla Balena. Il re d’Etiopia, vedendo il proprio reame in così grave pericolo, si rivolse ad un Oracolo, che gli disse che il solo modo per salvare l’Etiopia consisteva nel sacrificio di Andromeda, che doveva essere abbandonata alla furia del mostro marino. Col cuore in pezzi, e pieno di rancore verso la moglie, il re fu obbligato dal popolo ad accettare. Andromeda venne trascinata fino alle rocciose coste etiopiche e lì abbandonata al suo orribile destino: incatenata nuda su uno scoglio in riva al mare, attendeva ormai priva di ogni speranza di salvezza che il mostro arrivasse a sbranarla. E il mostro non si fece attendere. Ma il Fato volle che passasse di là l’eroe Perseo in groppa a Pegaso, di ritorno dalla missione dopo aver liberato il mondo sconfiggendo la terribile Medusa. Attaccò il mostro che riuscì a sconfiggere solo dopo vari tentativi, mostrando alla belva la testa di Medusa che, guardandola, lo tramutò in pietra. Così la fanciulla fu salva, e al ritorno a casa Cefeo, riconoscente, gliela diede in sposa. Ma il re aveva già promesso Andromeda al proprio fratello Fineo, che si presentò con numerosi seguaci alla festa nuziale di Perseo e Andromeda. Ancora una volta Perseo dimostrò il suo valore battendosi per il diritto di sposare la sua amata. Il banchetto si trasformò in una sanguinosa battaglia, in cui Perseo, con l’aiuto della testa di Medusa, massacrò Fineo e tutti i suoi seguaci. Perseo ebbe da Andromeda i figli Perse, Alceo, Elettrione, Stenelo e Gorgofona. Il figlio Perse rimase col nonno Cefeo mentre gli altri fecero ritorno con il padre Perseo in Grecia. Cefeo discendeva da una relazione fra Zeus e Io ma nella mitologia greca viene citato solo in quanto padre di Andromeda. Morì senza eredi maschi e il suo regno andò al nipote Perse.  Gli dei posero in cielo le costellazioni raffiguranti ognuno dei protagonisti di questa storia. Cefeo e Andromeda sono raffigurati nelle costellazioni adiacenti a Cassiopea, ma la regina, come punizione, venne condannata a girare per sempre col suo trono intorno al Polo Nord, trovandosi a volte anche a testa  giù, posizione disdicevole per chi pecca di vanità. Il mito, simbolo dell’amore che libera, è rappresentato nella volta celeste dalle costellazioni di Andromeda, Perseo, Cassiopea e Cefeo.

Favria,  7.05.2021 Giorgio Cortese

La vita è una lunga lezione di umiltà.

Dona il sangue e sii un eroe nella vita di qualcuno. Il sangue è destinato a circolare. Condividilo! Ti aspettiamo oggi a Favria VENERDI’ 7 MAGGIO  2021 cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fai passa parole e divulghi il messaggio

L’accendino

Scusi, ha da accendere? Quante volte mi è già stata posta questa domanda, peccato che essendo non fumatore non abbia mai posseduto un accendino. Oggi  diamo per scontato che si possa avere in tasca un accendino, oggetto che dispensa fuoco costituito da un piccolo serbatoio di combustibile che si incendia grazie alla scintilla prodotta da una pietrina sfregata dalla ben nota rotella zigrinata, ma un  tempo, però, non era così. La capacità di addomesticare il fuoco è uno degli ingredienti del successo per il genere umano, poiché consentì di cuocere i cibi, scaldarsi, tenere lontani i predatori e forgiare utensili metallici e armi. Il merito di questa scoperta spetta all’ Homo Erectus, che dominò il fuoco circa 1,5 milioni di anni fa. I primi metodi per produrre fiamme erano due: lo sfregamento di un bastoncino di legno sopra a una tavoletta, spesso aiutandosi con l’uso di un archetto, la cui cordicella veniva avvolta intorno al bastoncino per farlo ruotare velocemente sul suo asse, e la percussione di pietre dette focaie, pirite e selce. La frizione generava piccole scintille che incendiavano fogliame e ciuffi di erba secca, la cosiddetta esca, da cui propagare poi le fiamme a più durevoli rami essiccati. Il fuoco portò alla metallurgia, che a sua volta rese possibile un altro metodo di accensione, legato all’uso di uno strumento detto acciarino: una piccola piastra metallica dalla superficie ruvida su cui veniva battuta la pietra focaia. Fu questa la soluzione più pratica per tutta l’antichità, il Medioevo e l’Età moderna. Il primo primo accendino fu realizzato solo nel nel 1823 dal chimico tedesco Johann Wolfgang Döbereiner (1780- 1849), ma si trattava di un oggetto ben diverso rispetto a quelli che conosciamo oggi. Assomigliava a una lampada da tavolo, e per quanto efficace non ebbe molto successo. La vera nascita dell’accendino iniziò però nel 1823, quando Johann Wolfgang Döbereiner creò la lampada di Döbereiner: si trattava di un contenitore di vetro all’interno del quale una reazione chimica tra acido solforico e zinco generava una certa quantità di idrogeno gassoso che, rilasciato tramite una valvola, s’infiammava entrando in contatto con un filamento di platino, accendendo uno stoppino. Le dimensioni eccessive e gli alti costi di produzione ne fecero tuttavia un prodotto di nicchia. Si continuò così a ricorrere al vecchio acciarino, oppure a una nuova invenzione datata 1827: i fiammiferi. Questi ultimi vennero messi a punto in modo fortuito dal chimico inglese John Walker che, lavorando a una miscela di solfato di antimonio e clorato di potassio, notò come parte di essa fosse sgocciolata su un bastoncino di legno, seccandosi. Quando provò a pulire il legnetto, strofinandolo a terra, esso prese improvvisamente fuoco. Migliorata la miscela, realizzò quindi altre tipologie di fiammiferi, dei quali vi è peraltro traccia già nella Cina medievale, dove si usavano bastoncini di pino impregnati di zolfo, poi ulteriormente perfezionati dal chimico svedese Gustaf Erik Pasch, inventore degli svedesi. Mentre i fiammiferi s’imponevano, all’inizio del XX secolo vennero prodotti i primi modelli tascabili di accendino, basati su una piccola pietra focaia, costituita da una speciale lega metallica realizzata dal chimico austriaco Carl Auer von Welsbach che veniva collocata sulla sommità di un piccolo cilindro metallico riempito di gas combustibile. Un primo boom degli accendini si registrò dagli anni Venti, grazie a modelli pratici, funzionali e dal design accattivante come quelli prodotti dall’azienda americana Ronson. Ottima accoglienza ebbe nel 1926 il Banjo, alimentato a benzina e in grado di generare una fiamma spingendo un piccolo pulsante. Un ulteriore passo avanti fu compiuto nel 1933 dal designer e inventore statunitense George Grant Blaisdell, che progettò un accendino comodo da impugnare e utilizzabile anche con condizioni atmosferiche non ottimali, dotato di una chiusura a cerniera apribile con uno scatto delle dita, si dice di apertura flip top, nonché di una piccola gabbia metallica per proteggere il fuoco dal vento, era nato il mitico Zippo, dal nome dell’azienda produttrice, destinato a imporsi come uno dei modelli più venduti di sempre. Anch’esso è alimentato da benzina, che impregna un sottile stoppino. Nel secondo dopoguerra iniziarono poi a diffondersi gli accendisigari da automobile, basati sul surriscaldamento di una resistenza metallica a spirale, tramite la corrente della batteria. Per quanto riguarda i modelli “tradizionali”, la parte del leone dal 1973 la faranno i rivoluzionari modelli “usa e getta” della Bic, azienda creata dall’imprenditore italo-francese Marcel Bich. Realizzati in plastica colorata ed estremamente economici, diverranno per molti sinonimo di accendino, così come capitato alle penne a sfera prodotte dalla stessa Bic a partire dal 1945. Nei decenni seguenti, sempre più aziende hanno quindi puntato sulla commercializzazione di modelli usa e getta (nei quali l’alimentazione non è più costituita da benzina, ma prevalentemente da Gpl) e con la fiamma di intensità regolabile. Ma i nuovi arrivati non hanno fatto uscire di scena i classici “ricaricabili”, Zippo in primis. Nonostante la concorrenza di accendini elettrici e di varianti da ricaricare via Usb, in cui la fiamma è sostituita da scariche elettriche quello che è importante nella vita è di accendere sempre un sogno dentro di noi. Perché tutti i noi ogni giorno camminiamo nel buio e ognuno di noi deve imparare ad accendere la propria luce e se teniamo accesa la fiamma nel nostro cuore non sentiremo mai il freddo della buia notte.

Favria, 8.05.2021  Giorgio Cortese

Nella vita ci sono cose che ti cerchi e altre che ti vengono a cercare.

Festa della mamma!

Come da tradizione, la festa della mamma si celebra la seconda domenica di maggio e quest’anno,  cade il 9 maggio. In  un certo senso le origini di questa festa sono molto antiche. Risalgono prima di tutti al mondo greco romano dove si festeggiavano le mamme durante le numerose feste che legate alle divinità femminili nelle quali si celebrava la fertilità.  Di queste celebrazioni si è persa traccia in epoca medioevale e rinascimentale dove le uniche feste a tema sulla mamma erano quelle legate alla maternità della Madonna: “Madre di Dio”, Theotokos, è il titolo attribuito ufficialmente a Maria nel V secolo, esattamente nel Concilio di Efeso del 431, ma affermatosi nella devozione del popolo cristiano già a partire dal III secolo. La festa di Maria, madre di Dio, era in un certo senso la festa di tutte le mamme. La Festa della Mamma moderna e non la festa delle mamme,  come la intendiamo ai giorni nostri fu introdotta soltanto tra l’800 e il ’900 in due momenti diversi.  Il primo risale agli anni ‘60 e ‘70 dell’800 ed è merito di una pacifista americana, Ann Reeves Jarvis e di sua figlia Anna. Al termine della guerra civile americana, Jarvis aveva promosso una serie di feste della mamma con lo scopo di favorire l’amicizia tra le madri di Nordisti e Sudisti. Si trattava soprattutto di picnic e di altri incontri conviviali. Sempre in quel periodo, nel 1870, la poetessa americana Julia Ward Howe scrisse la “Mother’s Day Proclamation”, nella quale esortava le donne ad assumere un ruolo attivo nel processo di pacificazione tra gli Stati americani. Il secondo momento risale ai primi anni del ‘900: Anna Jarvis, figlia di Ann Reeves Jarvis, raccoglie il testimone della madre e inizia a organizzare numerosi eventi dedicati alle madri, con sempre maggiore seguito, finché il presidente americano Woodrow Wilson ufficializzò la festa nel 1914. Fu proprio il presidente Wilson a stabilire che la festa venisse celebrata la seconda domenica di maggio, visto che in quel periodo dell’anno era morta Ann Jarvis, data che venne poi adottata da   molti paesi. In Italia la prima Festa della Mamma arriva in Italia soltanto nel 1933, durante il fascismo, quando il 24 dicembre viene celebrata la “Giornata della madre e del fanciullo”. Da quel momento, ogni vigilia di Natale, le mamme vengono festeggiate per motivi propagandistici: le mamme erano l’espressione della politica natalista del regime fascista e in tale occasione venivano premiate quelle più prolifiche. Soltanto nel dopoguerra anche in Italia la festa della Mamma ha assunto questo carattere meno propagandistico. Nella seconda metà degli anni ‘50 del ‘900 iniziarono a diffondersi due feste della mamma: una organizzata dal parroco di una frazione di Assisi per motivi religiosi, per celebrare la maternità nel suo valore cristiano e inter religioso; l’altra in Liguria, per motivi commerciali, promossa dai fiorai. Entrambe erano festeggiate a maggio, mese dedicato alla Madonna per i primi, e periodo ricco di fiori per i secondi. Dal 1959 la festa prese piede e si è celebrata per vari anni l’8 maggio per poi passare alla seconda domenica di maggio.

Favria,  9.05.2021 Giorgio Cortese

Le emozioni non hanno voce ma si fanno sentire nelle corde dell’animo.

Viola d’Spagna!

Viola d’Spagna  o Ciocchinet, è il nome in piemontese della pervinca, una  pianta tappezzante molto diffusa allo stato spontaneo, in particolar modo nelle aree collinari o boschive, nei pressi dei boschi. Si diffonde molto facilmente riuscendo a creare bei tappeti con le sue foglie sempreverdi che in primavera, poi si aprono innumerevoli di color lilla-azzurro, donando bellezza anche alle aree ombrose. In Italia, la pervinca èdetta Centocchio o Cento occhi, era considerata il fiore della morte a causa dell’antica pratica di deporne intrecci a ghirlanda sulle bare dei bambini defunti, mentre era il fiore dell’immortalità in Germania.  Questa erbacea perenne  è denominata pervinca dal termine pervinka, cioè prima, in lingua slava antica in riferimento ai fiori della primavera oppure dal  termine latino vincire che significa legare, probabilmente dovuto alla fitta presenza di radici che la ancorano al suolo;  altre fonti, invece, fanno derivare il nome dalla parola vincus cioè flessibile dovuto ai fusti sottili e flessibili della pianta. Presso le popolazioni celtiche europee la vinca era ritenuta una pianta sacra, adoperata dagli stregoni per preparare infusi e pozioni, mentre in Inghilterra secondo la medicina popolare creare una ghirlanda di fiori di vinca e porla intorno al collo era considerato un rimedio in caso di gocciolamento di sangue dal naso.  Intorno al 1600, sempre in Inghilterra, era tradizione far mangiare agli sposi, nel giorno del loro matrimonio, una foglia della pianta in quanto si credeva che tale rito avrebbero assicurato loro un matrimonio fortunato. Questa pianta venne descritta dal poeta romantico inglese William Wordsworth, 1770-1850, mentre era seduto sul ciglio di un ruscello, nei pressi del villaggio di Alford, nella ballata:Versi scritti allo sbocciare della primavera,  composta insieme a Samuel Taylor Coleridge. Il filosofo, politico e saggista inglese Francis Bacon, Francesco Bacone, 1561-1626, aveva invece osservato quanto fosse di giovamento fasciare di pervinca fresca il polpaccio di una gamba dolorante per i crampi. Citata dall’autore inglese, poeta, filosofo, burocrate e diplomatico inglese Geoffrey Chaucer, 1343-1400, come‘gioia della terra, la pervinca era soprannominata Bottone Blu, nella contea di Devon, nel sud-ovest dell’Inghilterra. In questa nazione si racconta che, nel 1306, Simon Fraser,  catturato e imprigionato mentre stava combattendo per l’eroe William Wallace nelle guerre di indipendenza scozzesi,  fu condotto all’impiccagione incatenato a cavallo per le strade di Londra con la testa incoronata da una ghirlanda di pervinche in segno di beffa per il suo tradimento verso il re Edoardo I d’Inghilterra. In Francia la  pervinca è  considerata un simbolo di amicizia probabilmente in memoria di quando lo scrittore, filosofo e compositore svizzero Jean-Jacques Rousseau, 1712-1778, dinanzi a questo fiore, aveva ricordato di averlo ammirato trent’anni prima in compagnia dell’innamorata dell’epoca, la baronessa francese Madame Francoise-Louise de Warens, o Madame de Warens.  Nel simbolismo religioso cristiano, la pervinca più diffusa era il Fiore della Madonna, l’emblema della Beata Vergine, proprio per la corolla colorata come quella il manto indossato da Maria nelle rappresentazioni dell’iconografia tradizionale. Con una stella a cinque punte delineata al centro del fiore, era anche considerata la Stella di Maria, la Stella del mare, per la posizione asimmetrica di ogni petalo, in lieve curvatura in senso antiorario, a effetto girandola e per la sua forma un po’ appuntita in alcune varietà.  Come si vede nel  corso del tempo, la pervinca ha assunto molteplici significati ma i più recenti sembrerebbero, la rappresentazione di una nuova amicizia, la condizione di armonia spirituale, la fedeltà nei rapporti a lungo termine, suggerita probabilmente a simbolo dell’adattabilità del piccolo arbusto ai diversi climi e del suo svilupparsi facilmente a fitta copertura. Un mazzo di questi fiori vistosi blu-pervinca, azzurro-lilla, viola o rosa dimostra l’amore che si prova a chi lo riceve, sia l’innamorata, la sposa, una familiare o un’amica, mentre la fioritura di colore bianco rivela al destinatario il piacere di ricordarlo. Anticamente, le foglie fresche di pervinca, ricche in tannini astringenti e alcaloidi, erano impiegate ad uso interno ed esterno, sotto forma di impiastro, per alleviare i disturbi nervosi e bloccare le emorragie e sanguinamenti dalla bocca ed altro. Essendo una pianta molto diffusa sia sul continente europeo che su quello asiatico attorno ad essa esistono numerose credenze, tradizioni e significati simbolici. In alcune regioni del continente asiatico, ad esempio, i fiori di vinca erano un segno di buon augurio, venivano infatti sparsi sul tragitto che gli sposi novelli dovevano compiere per recarsi nella loro nuova abitazione. In altre regioni asiatiche invece i rami fioriti della pianta venivano adoperare per comporre delle ghirlande funerarie. La vinca ha dato il nome ad un coloreblu-pervinca un azzurro violetto che tende al grigio. In liguria viene detta Scio da morto, in Lombardia, Carniola, Fiur de mort, Campanelle  in Veneto, Viola mata in Emilia, Erba vinca, Mortine in Toscana, Vinga-pervinga in Abruzzo,  Viola e ciucciu in Campania e Ciamparcu in  Sardegna.

Favria,  10.05.2021  Giorgio Cortese

Vivere la propria vita dimenticando l’età molte volte  è la migliore delle medicine.