Ulisse! – Ociroe! – Pigeon fancier! – Siberia! – Salòp, salopette. – Da sakkara ad alsukar , lo zucchero! – L’aj l’è le spessiàri d’i paisan! …LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Ulisse!
Ulisse è un pettirosso forte e vivace e ogni mattina sfida il gelido vento e


vola tenace. Le sue piume sono di un caldo rosso colorate, con il becco fine e le ali frastagliate. Nel freddo inverno si riposa sui rami di alberi dalla brina imbiancati. Come un bambino lo osservo dalla finestra incantato. Ulisse è sempre in cerca di cibo per poter mangiare, quanto è dura in inverno il freddo e la fame da sopportare! Cinguetta sul balcone nel silenzioso inverno per farsi coraggio e al sole si scalda con un pallido raggio. Ulisse pettirosso tenace ti fai vedere sul balcone orgoglioso e forse tra i pennuti sei di certo il più vanitoso! Mi avvicino alla finestra per osservarlo meglio teneramente, ma Ulisse spicca il volo impaurito dalla gente. Caro Ulisse Ti vorrei tenere al caldo nel palmo della mia mano, il freddo morde e la corta giornata volge al termine e il buio si avvicina. Ma Ulisse il pettirosso è piccolo ma paziente, perché sa che questo freddo inverno trascorrerà velocemente e mi insegna ad essere resiliente.
Favria, 18.01.2021 Giorgio Cortese

Giorgio Cortese

Ogni giorno vivere non  è facile, molte persone si limitano ad esistere.

Ociroe!

Ociroe era la figlia del centauro Chirone che fu mutata in cavallo, come ci narra Ovidio nelle Metamorfosi. Il nome Ociroe si compone di due parole greche, okys, rapido, e rhein, scorrere, che alludono alle circostanze della sua nascita, avvenuta sulla sponda di un rapido fiume. Ociroe è  una  profetessa, figlia del centauro Chirone e della ninfa Cariclo,  a sua volta figlia del dio Apollo. La vicenda di Ociroe è strettamente legata a quella di Asclepio o Esculapio. Figlio di Apollo e Coronide, Asclepio era stato affidato dal dio alle cure del centauro Chirone. Nelle sue MetamorfosiOvidio narra che un giorno la figlia del centauro, mentre stava cullando Asclepio tra le sue braccia, ebbe una rivelazione sul futuro del fanciullo e del centauro suo precettore, Asclepio avrebbe acquisito il dono di riportare in vita i morti e Giove, deciso a conservare l’immortalità come prerogativa esclusiva degli dei, lo avrebbe dapprima colpito a morte con un fulmine e poi resuscitato. Successivamente Chirone, tormentato dai dolori provocati da una ferita insanabile, avrebbe supplicato le Parche affinché recidessero il filo della sua vita. Incapace di mantenere il segreto su quanto appreso, Ociroe riferì tutto al centauro Chirone e, per la sua indiscrezione, fu mutata in cavallo da Giove. 

Favria, 19.01.2021  Giorgio Cortese

La speranza è simile ad una porta socchiusa, una luce oltre l’orizzonte, un profumo di gioia impresso nella mente.

Pigeon fancier!

In inglese la parola fancier descrive una persona che ha una passione per un tipo particolare di animali o piante e li alleva  o le coltiva. Pensate che ad Edimburgo sono noti con il nome di dooman, da doo, parola scozzese per piccione maschio, ma anche con coo, con il significato di tubare. I piccioni viaggiatori sono della razze domestiche del colombo selvatico Columba livia, sono stati per molto tempo il più veloce mezzo di comunicazione disponibile, grazie alla loro eccellente abilità nel trovare la via del ritorno al nido. Storicamente, l’uso dei piccioni viaggiatori è stato molto vario. Per esempio, ebbe un’importanza fondamentale durante i periodi di guerra nel Medioevo, quando era normale scambiarsi messaggi di posta per mezzo di questi animali, anche se la loro storia risale a molti anni prima. E’ dimostrata storicamente l’esistenza di uno scambio di messaggi tramite piccioni viaggiatori fino dal 2.800 a.C e risale  agli egizi e ai persiani, e rimase un efficiente mezzo di comunicazione fino all’avvento del telegrafo, del telefono e, infine, della radio ed adesso degli smartphone. La loro importanza in ambito militare si estese invece anche al XX secolo: durante entrambe le guerre mondiali furono utilizzati migliaia di piccioni per spedire messaggi strategici, scritti su carta leggera o in microfilm e inseriti in un tubicino legato a una zampa. Dalla mitologia e dalla letteratura vengono tratte tante storie in cui viene apprezzato il loro compito: per esempio, ne “Le mille e una notte” si fa riferimento alla grande importanza di possedere questi animali. Come già precedentemente detto nel passato hanno rappresentato un simbolo significativo nel recapitare dei messaggi  nella  Bibbia ad esempio, una colomba che consegna a Noè un ramoscello di ulivo, segno che la terra era vicina ed era finito il Diluvio Universale.  Pensate che presso gli antichi Greci i vincitori delle Olimpiadi erano soliti appendere alle gambe del colombo il messaggio della vittoria e le  truppe romane disponevano di piccionaie portatili che trasportavano in diverse campagne militari e la  comunicazione “via piccione” può funzionare in un senso solamente: il piccione, trasportato lontano dalla sua piccionaia, quando è liberato ritorna al luogo d’origine. Non è insomma possibile istruire il messaggero alato per indirizzarlo a una destinazione differente. Tuttavia, il loro utilizzo non è esclusivo della storia classica. Durante la Prima Guerra mondiale fu  un vero privilegio avere a disposizione questi amici pennuti, e anche durante la Seconda Guerra Mondiale, sono stati usati per evitare che le conversazioni venissero intercettate. In entrambe le guerre, l’addestramento di diversi animali,  come cani e gatti  fu molto importante e si giunse persino a pensare alla possibilità di addestrare i pipistrelli. I piccioni non venivano solo usati esclusivamente per inviare messaggi,  ma anche per piccoli oggetti di cui qualcuno aveva bisogno altrove con urgenza, per esempio, campioni di sangue provenienti da ospedali o laboratori. Nelle due Guerre mondiali alcuni si distinsero in battaglia per aver consegnato messaggi importanti, i colombigrammi , The Mocker avrebbe volato per 52 missioni, Cher Ami, una femmina, fu ferita nell’ultima settimana della Grande Guerra, ma il suo messaggio salvò parecchi americani. E poi Paddy che beffò i falchi di Hitler e per primo diede agli alleati notizie sullo sbarco in Normandia. Alcuni eserciti moderni continuano ad addestrare i piccioni viaggiatori, allo scopo di contare su di un piano di emergenza in caso di conflitto militare che provochi un collasso dei moderni sistemi di comunicazione.  Si ritiene che i piccioni, per trovare la via di casa, sfruttino varie strategie: una sorta di bussola interna che percepisce il campo magnetico terrestre, un sistema di orientamento basato sulla posizione del sole, un meccanismo olfattivo per riconoscere gli odori del proprio nido d’origine e la capacità di individuare alcune caratteristiche del paesaggio. I piccioni viaggiatori sono diversi rispetto agli altri, perché hanno un ottimo senso dell’orientamento e una corporatura più robusta, riuscendo a percorrere fino a mille chilometri in un solo giorno, ad una velocità di 90 chilometri all’ora. Oggi, con i nostri sofisticati sistemi di comunicazione, che ci permettono di inviare istantaneamente messaggi in qualunque parte del mondo, è molto difficile pensare che, in passato, l’uso del piccione viaggiatore era uno dei metodi più veloci per comunicare. Tuttavia, dobbiamo molto all’abilità di questi uccelli che, per secoli, hanno viaggiato su lunghe distanze per trasportare messaggi che davano speranza. Nonostante la colombofilia (che è il nome con cui viene denominato l’allevamento e l’addestramento di piccioni viaggiatori) continui ad aumentare, i piccioni vengono utilizzati principalmente per modalità sportive, un’attività profondamente consolidata in Spagna.  Esiste un numero importante di allevatori locali, al fine di mantenere la tradizione di addestrare i piccioni viaggiatori, così come di promuovere lo sport e la sana competizione. Alcune curiosità, in  inglese c’è anche una locuzione piuttosto curiosa, pigeon on a stool, piccione su uno sgabello,  che inizialmente indicava un piccione da richiamo, usato per catturare altri piccioni con una rete),e ora viene usata in senso figurato: è una persona che fa da esca o un infiltrato o informatore della polizia.

Favria,  20.01.2021   Giorgio Cortese

Ogni giorno c’è un solo modo di dimenticare il tempo, impiegarlo bene.

Siberia!

La Siberia non è uno stato ma  è il nome dato ad una vasta regione dell’Asia settentrionale, appartenente alla Federazione Russa, in russo Sibir,  delimitata a ovest dai monti Urali, a est dall’oceano Pacifico, a nord dal mar Glaciale Artico e a sud dal Kazakistan, dalla Mongolia e dalla Cina. La caratteristica della Siberia  è caratterizzata da clima continentale con inverni lunghi e rigidi e estati brevi e abbastanza calde, e nota anche come luogo, nel passato, di deportazione.  Secondo alcune fonti pare che il nome Siberia derivi dal turco antico per indicare una terra dormiente o anche bello, Siber. Secondo altri il nome proviene da una popolazione nomade, i Sabiri, popolazioni in seguito assimilati ai Tartari siberiani. Secondo altri il toponimo proviene dal popolo Xibe e l’uso moderno del nome è apparso nella lingua russa dopo la conquista del Khanato di Sibir. Oggi la cosa più plausibile è che derivi dalla combinazione di due parole turche, su, acqua e birr, terra selvaggia. Un ministro dello zar dell’Ottocento diceva di ignorare dove fosse la Siberia, e di non sapere come fosse, tranne che ci facesse molto freddo. Forse è una bufala, ma rende l’idea del modo di dire venire mandati in Siberia” è qualcosa che va ben oltre lo spostamento fisico, spesso contro la volontà dell’interessato in un punto geografico. “Andare in Siberia”, nell’immaginario russo come europeo, significa venire puniti, non tornare mai più, sparire. La fantasia dipinge nella mia mente distese innevate sterminate ed incontaminate, penso all’avventurosa cavalcata di Michele Strogoff di Jules Verne per avvisate il governatore dei Romanov dell’arrivo dei Tartari. La Siberia mi porta a ricordare il dottor Zivago di Pasternak oppure lo scenario da incubo descritto da Aleksandr Solzenicyn in Arcipelago Gulag. La Siberia è una regione grande come mezza Africa, poco abitata dal clima inospitale e le immagini che ho visto sui media e sui social sono di  fiumi diventati rossi per l’inquinamento e di impianti industriali sembrano stridere con il sogno di una natura selvaggia e incontaminata abitata da tigri cacciate da Dersu Uzala. Per noi la Siberia indica un luogo o ambiente, freddissimo, allora diciamo: questa stanza è una siberia, oppure la usiamo per delle condanne esemplari, magari, per certe persone ci vorrebbe la Siberia! Per i russi sino dal tempo degli zar e poi dei soviet la Siberia non era soltanto un enorme gulag, ma anche un caveau inesauribile: oro, diamanti, legno, pellicce, metalli di ogni genere, ma soprattutto petrolio e gas: forniscono la metà delle entrate dello Stato e il 70 per cento dei giacimenti russi si trova sotto le nevi siberiane. Non si può governare la Russia senza la Siberia, per i Romanov e per Stalin, era la prigione di ghiaccio la cui sola menzione rendeva docili i sudditi, e questo il dittatore lo sapeva per esperienza, essendo stato mandato dallo zar al confino in un villaggio sperduto. I regimi di Leonid Brežnev e Vladimir Putin hanno carburato a petrolio siberiano, consolidandosi o vacillando insieme alle oscillazioni del prezzo del barile. I cinesi sono da vent’anni un incubo e una risorsa, dal Cremlino per anni hanno temuto seriamente una invasione da parte del vicino infinitamente più ricco e popoloso, ma le nuove Chinatown sono anche il centro di floridi commerci e di una colonizzazione strisciante e pacifica che procede senza fretta. Dersu Uzala si è ritirato nella taigà, ma anche quella rischia di estinguersi. Perché oggi in Siberia fa caldo, molto, troppo., e l’estate siberiana è sempre stata breve e rovente, ma negli ultimi troppo calda con temperature che incendiano gli alberi bruciando centinaia di ettari di taigà. I roghi della taigà bruciano non solo gli alberi, ma anche gli strati di torba, lasciando chilometri di terra carbonizzata ed emettendo nell’atmosfera quantità gigantesche di emissioni di carbonio, che riscaldano ulteriormente il clima, in un circolo vizioso dalle conseguenze catastrofiche per tutti noi abitanti del comune pianeta.  La nostra amata Terra è una foglia appesa all’albero dell’universo. Nella nostra marcia di civiltà forse ci stiamo lasciando alle spalle la terra ed è inutile conquistare la Luna, Marte e gli altri pianeti, se poi finiamo per perdere la Terra. E allora mi chiedo se c’è un modo per descrivere adeguatamente la nostra umana follia che ci fa sprecare i grandi doni sia della Terra che del Cielo.

Favria, 21.01.2021 Giorgio Cortese 

 

Ogni giorno al mattino ringrazio Dio perché sono qui per compiere quel viaggio imprevedibile, meraviglioso che si chiama vita.

Salòp, salopette.

La voce piemontese salòp, aggettivo dispregiativo per indicare persona puzzolente, sporco, sudicio, sporcaccione deriva dal francese salòpe, per indicare persona sporca e disonesta, che deriva dal francese sale, sporco dall’antico tedesco salo, torbido. In piemontese la parola saloparia, porcheria è combinazione di salop, detto prima e da huppe, nome dato all’upupa, volatile che nella tradizione dialettale è rinomato per la sua sudiceria. Sempre dalla voce sale, sudicio deriva la parola salopette, indumento per indicare pantaloni ampi con pettorina e bretelle che si incrociano sulla schiena. Serviva un capo di lavoro che fosse comodo, resistente, che permettesse agli operai di muoversi in libertà. I pantaloni di jeans spesso scivolavano anche con la cintura. Originariamente usato come tuta da lavoro, in seguito anche come capo di abbigliamento pratico e sportivo per uomini, donne e bambini. La salopette è nata inizio Novecento negli Stati Uniti con il nome overall. Ma esiste anche la voce salop o salep, che non ha nulla da spartire con il lemma precdente, che indica una farina fatta dai tuberi delle orchidee genere Orchis. La farina salop o salep si consuma nelle bevande e dessert, soprattutto in luoghi che un tempo erano parte dell’impero Ottomano, dove è una bevanda tradizionale inverno.  Questa parola deriva dall’arabo e trae origine da una orchiedea e letteralmente vuole dire i testicoli di volpe.

Favria,  22.01.2021  Giorgio Cortese

La vita quotidiana è simile ad una stoffa che i giovani vedono dal diritto, e gli anziani dal rovescio.

Da sakkara ad alsukar , lo zucchero!

La storia dello zucchero è come la vita umana, dolce e amara insieme, una smisurata montagna di cristalli bianchi che ci addolcisce la vita quotidiana, una storia fatta  di successi e  di maltrattamenti. Lo zucchero ha cambiato la storia di interi popoli, perché piace a tutti, ha un sapore universale, compatibile con tutte le culture alimentari e perciò è uno dei pochi cibi il cui consumo è sempre in crescita, un prodotto indispensabile nel mondo come il petrolio e il caffè, con  64 milioni di tonnellate prodotte all’anno nel mercato globale. Sono stati gli indiani circa tremila anni fa, a fare propria la vanna, pianta originaria della Nuova Guinea, chiamandolo il sakkara, da questa parola sanscrita derivano i nostri zucchero e saccarosio, ed ancora oggi ne usano a fiumi sorseggiando il masala chai, il tè al latte dolce e speziato, che secondo la medicina ayurvedica è una panacea per tutti i mali.  A farlo conoscere in Occidente sono invece gli ambasciatori di Dario il Grande di Persia che annunciarono entusiasti al sovrano la scoperta della pianta che fa il miele senza le api. Le stesse parole usate  dopo, per darne notizia ad Alessandro Magno, dal suo fido Nearco di Creta, ideatore della prima via delle spezie. Il resto lo fa lo storico e geografo greco Megastene che, reduce da un soggiorno durato dieci anni alla corte del re indiano Chandragupta Maurya, con un abilissimo divulgatoreconvince Greci e Romani della bontà e utilità del dolcificante vegetale. Il tutto con l’aiuto del padre della medicina Dioscoride, che prescrive acqua zuccherata a volontà per purificare il corpo.  Ma fino al Medioevo la magica polvere dolce rimane merce rara, impiegata  nella farmacopea più che in cucina. Dobbiamo aspettare gli Arabi, che affinano le tecniche di produzione dell’alsukar e inventano i primi dolci e sciroppi. Abilissimi mercanti, diffondono in tutto il Mediterraneo l’uso dello zucchero ed il Corano. Ma nel Quattrocento Venezia toglie il monopolio ai Saraceni impiantando la  prima raffineria europea. E’ un grosso affare, ma l canna da zucchero ha bisogno di terreni vergini, perché impoverisce rapidamente il suolo.  Con la scoperta delle Americhe, viene creata ad un  anno dalla scoperta, da Cristoforo Colombo le prime  piantagioni sull’isola di Hispaniola, oggi divisa fra Repubblica Dominicana e Haiti.  Gli affari vanno a gonfie vele ma la mandopera locale degli indios schiavizzati, si esaurisce  e allora gli europei ricorrono  agli schiavi africani, creando grosse fortune, crando guerre, come quella di secessione Americana. La fortuna dello zucchero è stata allora  la domanda popolare di  dolcificante, indotta nell’Ottocento dall’abbassamento dei costi. Oggi  sono tempi duri  per il sakkara con la sua demonizzazione dietetica ed il diabete dilagante.

Favria, 23.01.2021  Giorgio Cortese

Eccomi qua di mattina a far parlare un foglio bianco con la speranza che sia di conforto a qualcuno.

L’aj l’è le spessiàri d’i paisan!

L’aj l’è le spessiàri d’i paisan! L’aglio è il farmacista dei contadini. Inizio a parlare delle semine del mese di Febbraio per dire che questo mese è il mese dell’aglio, che si semina direttamente in pieno campo, collocando i bulbilli a punta in su nel terreno ben lavorato. Anche le cipolle primaverili possono esser messe a dimora nel nostro orto in questo periodo. Volendo seguire il calendario lunare mi hanno detto che gli ortaggi da bulbo vadano piantati in luna calante, quelli da frutto con la luna crescente, secondo la tradizione contadina. Febbraio è anche il mese giusto per acquistare le sementi che serviranno per l’orto tutto l’anno. Il consiglio di seminare se si può   semi di ortaggi non ibridi, in modo da poter poi replicare i semi, rendendosi indipendenti. Per il resto siamo ancora in un mese invernale, in cui non c’è molto altro che possa essere piantato direttamente all’aria aperta, mentre ci sono diversi ortaggi che si possono far sviluppare in coltura protetta, sotto serre a tunnel o dove l’inverno non è troppo rigido riparando con il tessuto non tessuto.

Favria, 24.01.2021  Giorgio Cortese

Ogni giorno c’è sempre una speranza anche tra le pieghe di un dolore!