Dal mantilè al mandillo, matilla! – Il pesce d’aprile! – Viaggiare per capire. – ll mito di Adone – E’ risorto, non è qui! – Alea iacta est, il dado è tratto! … LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Dal mantilè al mandillo, matilla!

In piemontese il mantilè è il fabbricante di tovaglie, da li la parola manila, tessuto lavorato come

una tovaglia e la mantilarìa, biancheria da tavolo. Da questa parole deriva la voce mant, mantelletta, manto e desmantè togliere il mantello, mantel, mantello e mantlura. Ammantatura, copertura. La parola ha una lontana origine dal tardo latino mantum, manto che deriva da mantellum, involucru, copertura. Il mantellum, come ampia tovaglia era usata in epoca carolingia dai Franchi in sostituzione del lungo mantello germanico, una coperta troppo corta pere riparare dal gelo a cavallo ma molto pratica in battaglia. La parola è arrivata nel tardo latino dal lemma greco mandilion era la parola che indicava panni e pezzi di stoffa. Questa parola diventò parte anche della lingua araba, mandil, sempre con lo stesso significato. E da qui è derivato successivamente anche il latino “mantellum”. Passando tramite il volgare, la parola venne mantenuta in genovese, e diventò mandillo o mandile. Fazzoletto, specialmente quello che le donne portavano in capo, annodato sotto la gola e ricadente sulle spalle, oppure inamidato e disposto come un vero copricapo. In dialetto genovese i mandilli sono i fazzoletti, e che questa parola ha un doppio significato: da una parte le tradizionali pezze di stoffa, dall’altra i mandilli, spesso detti per intero mandilli de saea, fazzoletti di seta, sono le lasagne genovesi, un formato di pasta della tradizione, amatissimo nel capoluogo ligure, e da mangiare rigorosamente con il pesto. In italiano la parola fazzoletto invece ha tutt’altra origine, e arriva da fazzòlo, dal latino medievale faciolum, derivazione di facies, cioè faccia, con cui si indicava per lo più il quadrato di stoffa da mettere intorno al collo o sul capo. Anche la mantilla spagnola deriva dallo stesso etimo. Secondo la tradizione le donne spagnole indossano la mantilla o mantiglia, fatta di pizzo bianco, nel corso di una processione della Settimana Santa in Spagna. Lòa mantilla è un tradizionale spagnola di pizzo o di seta velo o scialle indossato sopra la testa e le spalle, spesso nel corso di un alto pettine chiamato Peineta , popolare con le donne in Spagna . E’ anche indossato, senza il Peineta, da ortodosse orientali donne in Russia , spesso bianche, con le estremità incrociate sul collo e coperto sopra la spalla opposta. La forma, il design e l’uso sono diversi da un normale velo. Tornando alla mantilla come ornamentale leggero è entrato in uso nelle regioni più calde della Spagna verso la fine del 16 ° secolo, e quelle di pizzo è diventato popolare con le donne nel 17 ° e 18 ° secolo, viene raffigurato in ritratti di Diego Velázquez e Goya. Nel 19 ° secolo, la regina Isabella II ha incoraggiato attivamente il suo utilizzo. La pratica diminuita dopo la sua abdicazione nel 1870, e nel 1900 l’uso della mantiglia divenne in gran parte limitato a occasioni formali, come le corride, la Settimana Santa e matrimoni. La speculazione che è stato originariamente indossato dalle donne della Andalusia regione della Spagna, presumibilmente a causa di influenze islamiche, è infondata. Dal 16 ° secolo in poi, come gli spagnoli si insediarono in Messico, America centrale e meridionale, hanno portato il costume culturale tradizionale di indossare la mantiglia con loro. Infine la peineta, simile nell’aspetto a un grande pettine, è usata per reggere una mantilla. Questo pettine ornamentale, solitamente di colore tartarugato, è nato nel XIX secolo. È costituito da un corpo convesso e da una serie di punte ed è spesso usato insieme alla mantilla. Aggiunge l’illusione di un’altezza extra a chi lo indossa e mantiene anche i capelli in posizione quando indossati durante matrimoni, processioni e balli. È un elemento coerente di alcuni costumi regionali di Valencia e dell’Andalusia e si trova spesso anche in costumi usati nella musica e nella danza influenzata dai moreschi e dagli zingari chiamata Flamenco.
Favria, 31.03.2021   Giorgio Cortese

A Pasqua apro le uova ma la sorpresa più belle non le trovo dentro, ma fuori. Sono le persone che incontro e, non ne scarto nemmeno una. Buona Pasqua.

Ti aspettiamo a Favria   MERCOLED I’ 7 APRILE  2021 cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fai passa parole e divulghi il messaggio

Il pesce d’aprile!

Ogni anno al primo di aprile molto probabilmente leggeremo su siti e social network notizie assurde che poi, per quanto plausibili, si rivelano false e in poche parole “un pesce d’aprile”.  Ma perché esiste questa usanza il primo di aprile? La tradizione di fare gli scherzi nel primo giorno di aprile si perde nella notte dei tempi. Sul perché ci sia una data dedicata alle burle, e perché sia proprio questa e non una qualunque altra, c’è invece un’ipotesi. Arriva addirittura dalla Francia del XVI secolo, quando il calendario giuliano in uso allora prevedeva i festeggiamenti per il nuovo anno tra il 25 marzo e il 1° aprile, giorno, quest’ultimo, dedicato a banchetti, brindisi e scambi di doni. Con l’avvento del calendario gregoriano il capodanno fu spostato al primo di gennaio, ma la novità non fu immediatamente recepita da tutti: così coloro che, per ignoranza o per amore della tradizione, continuarono a festeggiare il 1° aprile, furono additati da tutti come sciocchi di aprile, in inglese la ricorrenza si chiama proprio April Fools’ Day, giorno degli sciocchi d’aprile. Ma perché venne scelto proprio il pesce per le burle?  Per spiegare questo simbolo delle burle  dobbiamo  tornare  indietro nel tempo fino a Cleopatra e alla burla da lei ordita ai danni dell’amante romano Marco Antonio durante una gara di pesca. Antonio, per non correre il rischio di una umiliante sconfitta, aveva incaricato uno schiavo di attaccargli di nascosto le prede all’amo, ma la Regina d’Egitto, scoperto l’inganno, fece attaccare all’amo un gigantesco pesce finto rivestito di pelle di coccodrillo, e Marco Antonio fu servito!

Favria 1 aprile 2020  Giorgio Cortese

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Per la Pasqua festeggiamo l’amore che Gesù Cristo ci ha dato. Auguro a tutti Voi che possiate sentire la Sua voce oggi e sempre, in ogni istante della vita. Buona Pasqua.

Viaggiare per capire.

Ho viaggiato per poter capire. Ho viaggiato perché devo ogni anno viaggiare per sentirmi a casa, ma viaggio anche per vivere ancora.      Nel mio viaggiare mi aggrappo alla gambe del vento e continuo a navigare. Sono stato in mezzo a tanti e sono ripartito. Ho trovato delle porte chiuse ed altre fiduciosamente aperte e poi sono ripartito per conoscere nuovi luoghi e persone facendo la spola tra le due sponde del Mediterraneo, tornando ogni anno in Primavera a Favria dove sono nata. Viaggiando ho visto paesi e villaggi, palazzi e piazze bellissime. Ogni anno esploro quanto ho lasciato l’anno prima per capire se gli esseri umani sono adatti a vivere anche loro nel mio pianeta. Firmato una rondinella.

Favria, 2.04.2021  Giorgio Cortese

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Buona Pasqua, accogliete tutti questo augurio, pieno di speranza, pieno di energia. La vita è bella se è nuova, è nuova se è buona, se è saggia, se è forte, in una parola, se è cristiana. Buona S.Pasqua!

ll mito di Adone

Adone, era figlio di Cinira, re di Cipro e sacerdote di Afrodite, e di sua figlia Mirra che, per sfuggire al suo crudele destino di amore passionale per il padre, aveva ottenuto dagli dèi di essere mutata nell’albero della mirra, la pianta araba che stilla lacrime di resina, di un amaro profumo. In primavera, da un albero che si aprì nacque dunque Adone. Afrodite prese il bambino appena nato e teneramente lo amò, e poi lo affidò a Persefone, la regina dell’Erebo, perché lo allevasse. Quando Adone divenne bellissimo adolescente, Afrodite si recò nell’Erebo per riaverlo ma anche Persefone si era affezionata a lui e non volle restituirlo, Zeus allora decise che Adone passasse metà dell’anno nell’Erebo con Persefone e l’altra metà sulla Terra con Afrodite. Un giorno di fine estate, mentre l’avvenente giovane stava sulla Terra a caccia un cinghiale infuriato lo assalì e lo uccise. Afrodite pianse Adone e la sua bella gioventù sfiorita e dalle sue lacrime nacque l’anemone. Il significato di questo mito è chiaro, Adone è la natura che si risveglia in primavera e muore in estate.

Favria, 3.04.2021  Giorgio Cortese

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Quest’anno Vi dono un uovo di carta al posto di quello di cioccolata, che non contiene una sorpresa tangibile, come le solite sorprese spesso inutili o superflue, ma l’augurio di trovare una “sorpresa” in ogni giorno della Vostra vita, una sorpresa d’amore, di pace, di speranza, di gioia e serenità, da donare e da realizzare apprezzando ogni attimo, ogni emozione e ogni sentimento che il destino Vi ha riservato… Buona Pasqua!

Vi auguro per la  S. Pasqua  che la gloria del Signore rinnovi le Vostre speranze, la Vostra fede e la Vostra gioia. Buona S. Pasqua.

E’ risorto, non è qui!

“E’ risorto, non è qui.” Sono le parole del Vangelo che annunciano la risurrezione di Gesù. In questo tempo di pandemia che stiamo vivendo vorrei riflettere sul significato della S. Pasqua,  festa cristiana, che  sia per i credenti che non, è, dal punto di vista teologico uno scandalo, lo scandalo simile all’inciampo, qualcosa che trovo sulla strada in modo imprevisto e mi fa cadere. Non regge  il fatto che gli ebrei si trovano davanti un Dio che muore in croce, allora la crocifissione era la morte dei maledetti da Dio,  rimanendo così scandalizzati, sentendosi offesi a livello di ragione, così da dire: tu, Gesù, non puoi essere Dio!  Solo uno stolto, uno stupido, secondo la mentalità ebraica, poteva pensare che la salvezza potesse venire da un Dio crocifisso, e anche oggi siamo portati a pensare la stessa cosa, affermando: non può che essere  che stoltezza il pensare che la salvezza, per uscire da questo tempo di pandemia, possa venire dall’insegnamento e dal vissuto di un Dio crocifisso. Certo non mi  aspetto il miracolo divino,  da essere umano limitato nel mio ragionamento non conosco i progetti di Dio onnipotente. Ma questa pandemia con la sua lunga scia di morti e sofferenze mi porta a riflettere sul mio vivere quotidiano. Questo mi porta a riflettere sulle parole oggi molto usate, salute e malattia. Sono parole  tra di loro comunicanti nel mio vivere quotidiano. Se ci penso il lemma salus significa salute, nel senso sanitario del termine, e significa anche salvezza, nel senso etico-spirituale e soprattutto religioso. Dunque la salute posso intenderla in senso fisico ma anche in senso spirituale. Per gli antichi romani quando la mente è sana quando lo è  il corpo. Ma la mente può essere sana anche quando il corpo non lo è pienamente. Insomma la salute  non è soltanto il benessere del corpo, ma anche l’equilibrio e la serenità della mente. Oggi la Santa Pasqua è riflettere  su i Gesù crocifisso nel corpo e nello spirito cambiando il mio modo di pensare molte volte indifferente verso gli altri nelle sofferenze fisiche e mentali. Ritengo che oggi fare gli auguri di Pasqua, in questo tempo di emergenza sanitaria, è paradossalmente invitare gli altri a vivere l’etica pasquale divenendo, come Gesù, “scandalo” e “stoltezza” per la mentalità del nostro tempo, tutta radicata nella potenza e nella forza piuttosto che nell’amore, nell’avere più che nell’essere, nell’apparire più che nel donare, nella tentazione di non rispettare regole, norme sociali, giuridiche, ambientali che sono per il bene di tutti, proprio come ci viene chiesto adesso in quanto la salute non è solo uno dei diritti fondamentali dell’uomo, di ogni uomo senza alcuna discriminazione, ma implica anche un dovere di solidarietà sociale. Oggi con la Santa Pasqua  dobbiamo liberare il nostro cuore  dal masso
sepolcrale con la fede in Cristo Risorto che ha il potere di rotolarlo via, e di far tornare il nostro cuore nuovamente un giardino nel quale fioriranno alberi di pace, di amore, di gioia, di speranza. In questa Pasqua allontaniamo, dunque, ogni pensiero che impedisce a Gesù di rotolare questo masso e di farlo risorgere dentro il nostro cuore. Augurare Buona Pasqua è l’invito ad essere persone credenti che riescono a testimoniare che laddove sembra esserci solo fallimento, dolore, isolamento, morte e sconfitta, proprio lì c’è, invece, tutta la potenza dell’Amore sconfinato di Dio, perché la Croce è espressione di amore e l’amore è la vera potenza che si rivela proprio in questa apparente debolezza. La risurrezione di Gesù è l’invito all’umanità ad accogliere lo “scandalo e la stoltezza della croce” per rendere il mondo più umano e fraterno. Vi auguro una Pasqua serena, una Pasqua ricca di speranza; in questo momento così fragile e particolare per ognuno di noi, possa ogni speranza tramutarsi in forza e coraggio. Torneremo tutti ad abbracciarci e a sorridere insieme.

Favria,  4.04.3021  Giorgio Cortese

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La S. Pasqua è il simbolo del Rinnovamento, della Gioia e della Rinascita in questo giorno per tutti un po’ speciale, Vi auguro di trasformare i  Vostri  sogni in una splendida realtà, per sorridere ai giorni avvenire con quella gioia nel cuore che solo le cose autentiche e genuine sanno donarVi. Buona Pasqua di serenità e gioia  a tutti!

Alea iacta est, il dado è tratto!

Secondo Svetonio, De vita Caesarum, Giulio Cesare pronunciò tale espressione prima di attraversare il Rubicone con i suoi soldati alla volta di Roma, violando la legge che proibiva l’ingresso in armi dentro i confini dell’Italia e dando così il via alla seconda guerra civile. Questa frase è usata in italiano quando si prende una decisione per la quale non si può più tornare indietro e dalla quale non si può più recedere. Una decisione non è mai facile da prendere perché ci può cambiare la vita.  Un a decisione può portarmi sull’orlo di un precipizio, farmi precipitare o salire in alto. È un passo nuovo in un futuro che  forse non conosco del tutto, perché mi  può far perdere tutto o ritrovare il perduto.  Nella vita quotidiana niente è più difficile, e pertanto più prezioso, della capacità di decidere, ma la nostra forza come esseri umani è il potere delle nostre decisioni che prendiamo lungo i bivi del nostro quotidiano cammino dove  incontriamo le altre vite, conoscerle o non conoscerle, viverle a fondo o lasciarle perdere dipende soltanto dalla scelta che facciamo in un attimo; anche se non lo sappiamo, tra proseguire dritto o deviare spesso si gioca la nostra umana esistenza, e quella di chi ci sta vicino. Ed è proprio nel momento delle decisioni che si plasma il personale  destino, il mio si è plasmato il 28 gennaio ad un mese esatto, casi della vita dal mio compleanno. Una cara persona saputo della mia decisione mi ha detto che l’unica maniera di prendere la decisione giusta sarebbe quella di sapere quale sia quella sbagliata. Ma dopo aver meditato per giorni e ripensato attentamente ho preso questa decisione che sarà sicuramente l’inizio di qualcosa che mi porterà nel vorticoso fiume della vita verso un luogo, forse  mai neppure sognato al momento di decidere. Sicuramente prima di questa importante decisone c’è sempre la più coraggiosa che prendo ogni giorno, quella di sorridere sempre e comunque per cercare di essere sempre di buon umore.

Favria, 5.04.2021     Giorgio Cortese

Se al mattino per andare avanti il vento non serve, allora uso i remi cercando sempre di sorridere alla vita

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