Letti per voi: “Le Ateniesi” di Alessandro Barbero – Il 13 novembre ci impegniamo! – Siamo tutti pezzi di un mosaico.-Fratelli!-In memoria…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Per essere felice, ogni giorno cerco di togliere dal mio vocabolario “se solo” cercando di sostituirle con le parole “la prossima volta”

Letti per voi: “Le Ateniesi” di Alessandro Barbero
Grecia, 411 a. C. Atene è in guerra con Sparta e al suo interno gli aristocratici minacciano le istituzioni democratiche della città. Siamo in campagna, appena fuori dalle porte della città, dove, in due casette adiacenti, abitano due vecchi reduci di guerra, Trasillo e Polemone. Anni prima hanno combattuto insieme nella ingloriosa battaglia di Mantinea. Sono passati sette anni da quella battaglia avvenuta nel 418 a. C., quella che per gli ateniesi doveva essere solo una formalità, così da poter tornare “a casa in tempo per sorvegliare le raccoglitrici di olive”, e che invece si rivelò essere una disfatta, un’umiliazione recata alla potente e ricca Atene dall’antica nemica, la bellicosa Sparta, abitata da gente “che ha l’ossessione della ginnastica, pure alle donne la fanno fare”. Una sconfitta che lascerà pochi morti sul campo solo perchè la tradizione spartana non voleva inseguire fino nell’Ade i vinti. Ma la ferita, tra l’Acropoli e il Pireo, sanguinerà a lungo. Trasillo e Polemone, vivono alle porte della città, in campagna, coltivando i campi e le vigne, senza mai decidersi a trovare un marito per le loro due figlie, Glicera e Charis, che però iniziano a mordere un po’ il freno. Per i due uomini la sola cosa che conta è la politica, ad Atene infatti c’è lo scontro tra chi vuole difendere la “fresca” democrazia, compreso il suo volto cruento, spesso taciuto anche nei migliori libri di scuola, e chi pensa che solo la tirannide possa salvare Atene. E’ questo il terreno su cui si erge il dramma: mentre la città si raduna per la “prima” della nuova commedia di Aristofane, la “Lisistrata. Vive vicino a loro Eubulo, grande proprietario che si ritira in una villa poco distante quando le fatiche della vita nella polis richiedono un po’ di riposo, ed è guardato con sospetto dai due reduci. Ma Charis e Glicera pensano che i padri vivano fuori dal mondo, per loro il giovane Cimone, figlio di Eubulo, ricco, disinvolto e arrogante, è un oggetto di sogni segreti. È così che, quando tutti gli uomini si radunano in città per la prima rappresentazione di una commedia di Aristofane, le ragazze violano tutte le regole di una società patriarcale e maschilista ed accettano di entrare in casa di Cimone, lontane dagli occhi severi dei padri con la scusa di vendere un cesto di fichi. Affascinante giovane, ricchissimo e arrogante, che rispecchia l’opposto di quanto incarnato dai vecchi Trasillo e Polemone. Le due giovani credono a lui, ne rimangono ammaliate, commiserando i poveri genitori rimasti ancorati in un pietoso passato che non capiscono né intendono capire. La pagheranno cara, perché mentre sul palcoscenico ad Atene si narrerà l’inedito e scandaloso sciopero del sesso ordito dall’ateniese Lisistrata e dalla spartana Lampitò contro la maggioranza della popolazione che voleva guerra e non pace, Charis e Glicera verranno brutalmente stuprate da Cimone e dai suoi amici, vedendo così sfumare nel modo peggiore i propri sogni e aspettative, in questo quadro storico e narrativo in cui si sviluppa Le ateniesi (Mondadori, 2015, Euro 19,00, pp. 221) dello storico Alessandro Barbero, che anche in questo libro dimostra le sue grandi doti di divulgatore descrivendo con grande vivacità la vita quotidiana, gli usi e i costumi e anche i modi di dire degli antichi ateniesi. Per Atene il 411 è poi un anno cruciale, in quanto avviene un colpo di stato per abbattere la democrazia e va in scena la Lisistrata, in cui Aristofane immagina una presa del potere delle donne. Una suggestione straordinaria quella di Aristofane che dice alla società ateniese, profondamente maschilista, come le donne, per quanto rinchiuse in casa, abbiano qualcosa da insegnare anche in politica. Un messaggio rivoluzionario in un momento in cui Atene è in guerra con Sparta.Le Ateniesi è un romanzo sorprendente, a tratti durissimo, che narra con potenza visionaria la lotta di classe, l’eterna deriva di sopraffazione degli uomini sulle donne, l’innocenza e la testardaggine di queste ultime, la necessità per gli uni e le altre di molto coraggio per cambiare il corso della storia. La Grecia antica sembra molto lontana, ma non è così. E’ stata il laboratorio delle più scottanti questioni politiche che ancora adesso dominano lo scenario internazionale, dalla gestione della democrazia ai governi dittatoriali. Al tempo della guerra del Peloponneso si protestava contro gli oligarchi ateniesi e ora, analogamente, lo scontro avviene con i vertici della finanza internazionale. Nel mondo classico Atene era il cuore dell’Impero, forte e straricca. Attualmente proprio la piccola e marginale patria di Alexis Tsipras ha infastidito e messo in crisi le capitali mondiali in cui si concentrano risorse economiche e potere. Allora per i Greci la democrazia era qualcosa da amare oppure da odiare in maniera viscerale, e questo deve dirci qualcosa anche oggi. Nel romanzo si parla della Grecia antica, ma oggi in quanto non si deve dare mai per scontata la democrazia, come se nulla la potesse minacciare. O peggio, non si deve considerarla poco importate. Insomma, un po’ di passione politica ci vorrebbe anche ai nostri giorni o no!
Favria, 5.11.2015 Giorgio Cortese

Ciò che faccio solo per me stesso muore con me ma il bene che faccio anche gli altri è immortale

Il 13 novembre ci impegniamo!
Certi giorni la vita, sa dare ceffoni molto forti, a volte anche colpi bassi, da togliere il fiato. In quei momenti mi sento sconvolto. Mi guardo attorno, cerco aiuto e poi ecco che incontro degli eroi del quotidiano, i donatori di sangue che si impegnano senza pretendere che altri s’impegnino, senza tornaconto solo per fare del bene. Si impegnano senza giudicare chi non s’impegna, senza accusare chi non s’impegnano, senza condannare chi non s’impegna, senza disimpegnarsi perchè altri non s’impegna. Per i donatori di sangue il dono è qualcosa dentro di loro, un istinto, una ragione, una vocazione, una grazia, più forte di loro stessi. E tu che mi leggi cosa aspetti ad unirti a noi. Ti aspettiamo venerdi 13 novembre ore 8-11,00, cortile interno del Comune a Favria, per trovare un senso alla vita, a questa vita, alla nostra vita, una ragione che non sia una delle tante ragioni, ma una giusta causa. Ti aspettiamo a Favria 13 novembre, venerdi, dalle ore 8 alle ore 11…..grazie
Favria, 6.11.2015 Giorgio Cortese

Nella vita le persone possono dimenticare ciò che ho detto o scritto, anche quello che ho fatto ma sicuramente ricorderanno per sempre la passione che sono riuscito a trasmettere nel loro animo.

Siamo tutti pezzi di un mosaico.
Ritengo che come abitante di una stessa Comunità siamo tutti pezzi di un mosaico. Come Comunità dobbiamo sentirci coinvolti , verso una medesima direzione, dal dialogo all’agire insieme. Oggi le parole hanno già perso il predominio nella comunicazione; lo ha acquistato il linguaggio simbolico. Nel mondo di ieri contavano i libri, le schede, le idee chiare e precise. Oggi cambia il modo stesso di intendere le parole: comunicare è sempre più trasmettere delle emozioni in un contesto ad effetto. La comunicazione riuscita è intesa come scambio di vibrazioni. Diventano importanti i linguaggi che producono effetti, che creano atmosfera: il suono della voce, il linguaggio delle immagini . La vita è così curiosa e sorprendente e infinitamente ricca di sfumature: a ogni curva del suo cammino si apre una vista del tutto diversa. La maggior parte delle persone ha nella propria testa idee convenzionali su questa vita. Dobbiamo avere il coraggio di abbandonarle, dobbiamo osare il gran salto nel mondo e allora, allora sì che la vita diventa infinitamente ricca e abbondante, anche nei suoi più profondi dolori.
Favria, 7.11.2015 Giorgio Cortese

Nella vita di ogni giorno tra gli alti ed i bassi dell’umore, tra gioie e dolori dopo il verbo “amare” il verbo “aiutare” è il più bello del mondo.

Fratelli.
“Di che reggimento siete fratelli? Parola tremante nella notte foglia appena nata. Nell’aria spasimante involontaria rivolta dell’uomo presente alla sua fragilità. Fratelli!” Giuseppe Ungaretti. Nel commemorare il centenario della grande guerra al 4 novembre, come alpino il pensiero è rivolto a questo conflitto, il più grande mai visto, una carneficina che sconvolse il mondo cambiandone il destino che coinvolse quasi tutti i continenti, gran parte delle Nazioni e dei loro abitanti, cambiandone per sempre il destino. Tante e tali sono state le novità, le implicazioni, le conseguenze di quel conflitto conclusosi nell’autunno 1918 che solo ad un secolo di distanza il mondo sembra stia tentando di uscire dai solchi che produsse. Quando furono firmati gli armistizi tra i belligeranti, le vittime si contavano a decine di milioni, mentre i sopravvissuti dovettero adattarsi ad un mondo nuovo e fortemente instabile. Crimini e orrori in vasta scala, armi nuove e micidiali, indifferenza per le spaventose perdite militari e civili hanno accomunato quasi tutti i numerosi fronti aperti. Oggi il 4 novembre in Italia è una festa, anche se si va a lavorare lo stesso, e non è un giorno segnato in rosso nel calendario, viene anche chiamata la festa dell’unità nazionale e delle forze armate, un tempo molto sentita e oggi meno nota e ricordata. II 4 novembre è l’anniversario dell’entrata in vigore del cosiddetto armistizio di Villa Giusti del 1918, col quale si fa coincidere convenzionalmente in Italia la fine della Prima guerra mondiale. La festività del 4 novembre è stata istituita nel lontano 1919 ed e durata fino al 1976:, ed è l’unica festa nazionale che sia stata celebrata dall’Italia prima, durante e dopo il fascismo. Dal 1977, dopo una riforma del calendario volta ad aumentare i giorni lavorativi, si cominciò a festeggiare la giornata dell’unità nazionale e delle forze armate nella prima domenica di novembre. Negli anni Ottanta e Novanta l’importanza della festa diminuì progressivamente, rispetto agli anni precedenti Sessanta e Settanta in cui era oggetto di discussioni, polemiche e lotte politiche. Come alpino lascio ad altri la retorica guerresca ma voglio brevemente riflettere sulla poesia di Ungaretti, poeta reduce della Grande Guerra che ci ricorda la nostra fragilità umana e dopo cento anni siamo ancora prigionieri di quella lucida follia che ha devastato l’Europa allora? Dopo cento anni la storia ci consegna, finalmente libero dalla retorica trionfalistica di una vittoria che è costata 651.000 morti, un milione di feriti e 589 caduti civili. Per quale nazione sono morti? Va bene portare le corone perché i caduti hanno onorato la Patria con il sangue! Ma li dobbiamo onorare rispettando ognuno per le sue mansioni al meglio la Patria che loro morendo hanno salvato. Immaginare una Patria con una società diversa, rispettosa dei sacrifici e dei valori è forse un’ utopia che possiamo realizzare anche con il contributo del nostro spirito Alpino unito e solidale, fucina di valori, di amore per il bello e di convivenza civile basata sul reciproco rispetto, insomma Fratelli!.
Favria 8.11.2015 Giorgio Cortese

Mi domando sempre come mai ho abbastanza memoria per rammentare fin nei minimi particolari quel che mi è capitato, e non ne ho a sufficienza per ricordarmi quante volte l’ho già raccontata alla stessa persona?

In memoria
Scriveva Marco Tullio Cicerone che “La vita dei morti è riposta nel ricordo dei vivi” Personalmente nella vita cerco sempre di portare con me quello che le persone che non ci sono più mi hanno lasciato. Nel bene e nel male saranno pezzi di “me”. Non esiste separazione definitiva fino a quando c’è il ricordo. È nel ricordo che le cose prendono il loro vero posto, saranno sempre il bagaglio per il mio cammino. Saranno aria luminosa i ricordi migliori e malinconia e a volte dolore quelli peggiori. Saranno forza le ferite e saranno ossigeno le risate. Saranno ancore di salvezza le persone che ancora camminano con me e saranno liberazione quelle che finalmente non incrocerai più. Per questo amo la notte, perché, come il ricordo, sopprime i particolari oziosi
Favria, 9.11.2015 Giorgio Cortese

Certe persone dovrebbero ricordarsi che il primo dovere di una persona con un minimo di buon senso è di non fare lega con gl’imbecilli.