Malapropismo – Temporale estivo – Agosto – SOS SANGUE MESE DI AGOSTO. – Agosto- Ma la mafia non esiste? – Noi non saremo come Loro. – Passare il morto all’altro… LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Malapropismo
Ieri mattina una persona ha usato un termine sbagliato al posto di quello corretto, un dotto amico ha commentato l’errore definendolo malapropismo, scambio erroneo di una parola per un’altra, spesso con un effetto comico. Il lemma deriva dall’inglese malapropism, storpiatura di una parola, dal nome di Mrs. Malaprop, personaggio della commedia “The Rivals” del 1775 di R.B. Sheridan, che usava spesso una parola per un’altra, ma il lemma deriva dal francese mal à propos, a sproposito. Mi è sembrata da subito una parola poco nota, ma splendida e utilissima. Il malapropismo è una forma di paronimia, una figura retorica e che significa, letteralmente, nome vicino. Si tratta dello scambio, sia voluto che accidentale, di parole somiglianti nella forma, ma diverse nel significato. Lo scopo può essere di sollecitare l’ilarità di chi ascolta o legge. Per tale ragione questa figura retorica è molto usata nella commedia o nei racconti con intento umoristico, quando cioè, si gioca con il linguaggio, talvolta si parla di giochi di parole, e i suoi differenti significati. Come detto il termine scaturisce dal nome della protagonista di una commedia di Sheridan, risalente addirittura al 1775, Mrs. Malaprop,che da il nome all’opera. Durante tutta la commedia, questa scambia parole simili, con dei facili risultati comici: pineapple per pinnacle, cioè ananas per cima, allegory per alligator,’allegoria per alligatore e via dicendo. Il lemma ha il pregio di una grande precisione rispetto al strafalcione o papera, come la popolare trasmissione televisiva. Il lemma strafalcione, commettere un grosso errore è composto dal prefisso stra- rafforzativo-peggiorativo e da falciare. Se il verbo “strafalciare” è praticamente desueto, lo “strafalcione” è invece sempre sulla cresta dell’onda. Ma prima di andare oltre, un po’ di etimologia. Che c’entra lo strafalcione con la falce? Una teoria classica ma non molto attendibile vuole che derivi dall’errore compiuto nel falciare: strafalciare avrebbe quindi significato falciare male. Ma più probabilmente il percorso etimologico è diverso: nell’uso della falce fienaria, quella grande che si adopera stando in piedi, il passo del falciatore, credetemi provato per esperienza non è dei più fermi. Si procede forzando sempre l’equilibrio per compiere con la falce degli archi ampi e vigorosi, ed è quindi facile che il falciatore, in questo suo avanzare un po’ ubriaco, metta un piede in fallo. Lo strafalcione sarebbe quindi dapprima il passo falso, e poi l’errore. Tornando al malapropismo è quello di leggere su di un giornale: “la riforma pensionistica taglia fuori gli esondati” oppure la conferenza è tenuta da un un ottimo delatore” ed infine la chicca sentito in attesa di una visita all’ospedale, un conoscente mi ha detto che era li per il ketchup annuale. Equivoci comici che nascono dalla scarsa padronanza di termini stranieri che si cerca di usare per parlare, paradossalmente, in maniera più precisa e appropriata. Personalmente imparo così tanto dai miei errori, che sto pensando di continuare a farne e forse per questo che c’è una gomma per ogni matita. E poi “Errare humanum est, Errare è umano” ma dare sempre la colpa alla parte avversa è politica, forse perché diventiamo ciechi davanti ai personali errori, ma mai muti per gli errori degli altri
Favria, 30.07.2016 Giorgio Cortese

Conosco delle persone che sono così prese a fare del male agli altri, che dimenticano di fare del bene a se stesse, che tristezza.

Temporale estivo
C’era il sole che stava tramontando in un cielo sereno, poi le rondini hanni sospeso il loro volo e la natura pare muta mentra da lontano odo il brontolio del tuono che avvisa del temporale che si avvicina e dalla montagna sono spuntate enormi nuvole nere con mix verdognolo giallastro. Nuvole che si sono colorate di colori antichi e davano quasi l’impressione di un’antica fotografia. Il cielo ha cambiato colore e tutto si è trasfigurato sotto una luce calda e terribile. Tutto mi sembrava come sospeso nel tempo e nello spazio, sembra che che un peso enorme si sia appoggiato su tutta la Comunità, poi un tuono sordo come il colpo di mortaretto ad inizio dei fuochi della festa patronale seguito da uno scroscio dell’acqua sui tetti, sulle foglie, sulle strade e sulla mia pelle. Nel cielo l’elettricità dell’aria si scioglie in acqua, danzano i fulmini e il cielo rimbomba di tuoni. Questo temporale estivo mi ricorda molto la mia umana esistenza, certi giorni dei fulmini lacerano il mio animo, poi dopo la notte al mattino lentamente ritorna il sereno e il sole risplemde luminoso in queste calde gionate estive e l’azzurro torna a colorare i miei occhie e tutto torna come prima perché dopo il temporale c’è sempre l’arcobaleno!
Favria, 31.07.2016 Giorgio Cortese

Ogni giorno per essere credibile prima di tutto con me stesso e poi con gli altri devo avere sempre avere assoluta coerenza fra ciò che dico e come mi comporto

Agosto
Agosto è l’8° mese dell’anno nel Calendario Gregoriano e abbraccia il periodo più caldo dell’anno, con il termometro che fa segnare le temperature più alte. In natura segna la fase di raccolta in particolare del grano, come suggerisce il fatto che gli antichi romani avevano consacrato il mese a Cerere, dea delle messi e della vegetazione. Anticamente era chiamato sextilis, il mese fu rinominato “augustus” dal Senato romano, nell’anno 8 a.C., in onore dell’imperatore Augusto, dal quale prende il nome anche il ferragosto, feriae Augusti Il Senato aggiunse un giorno alla durata di agosto, levandolo a febbraio, per renderlo uguale a luglio, dedicato a Cesare. Ad agosto inizia il declino dell’estate, dopo gli ultimi grandi caldi si sentono le prime avvisaglie della fine della bella stagione. Nei primi giorni d’agosto tutta l’estate risplende ancora, la luce è luce dell’estate. Tra otto, quindici giorni, nella natura ci sarà un’impercettibile sfumatura di mutamento e nell’animo un sottile velo di malinconia. Il primo di agosto è la festa nazionale svizzera, in tedesco: Schweizer Bundesfeier; in francese: Fête nationale Suisse; romancio: Fiasta naziunala Svizra. Il 1 di agosto gli svizzeri ricordano la nascita della Confederazione avvenuta nei primi giorni d’agosto dell’anno 1291. Con la stipulazione del Patto confederale i primi tre cantoni, detti primitivi: Uri, Svitto e Untervaldo, davano vita ad un’alleanza per contrastare le pressioni degli Asburgo d’Austria attraverso attraverso l’amministrazione dei balivi. Il lemma balivo deriva dall’antico francese bailif, bailli , dal latino baiulus e significa governatore. Per questo alla sera in molte località si accendono dei falò, usati allora per segnalare la cacciata dei balivi stranieri avvenuta nel XIV secolo, ricordano tale evento. In questo giorno, alle 8 di sera, tutte le campane della Svizzera suonano a festa.
Favria, 1.08.2016 Giorgio Cortese

Ritengo che poi non sia così difficile riconoscere gli ipocriti, hanno sempre una maschera che nasconde il loro vero animo e sono sempre alla ricerca di persone che gli servano da specchi per verificare se la maschera è ancora in ordine.

Non vivo come vorrei ma come posso cercando sempre di mantenere la schiena dritta!

SOS SANGUE MESE DI AGOSTO
Non si ferma l’emergenza sangue. E se luglio è stato complicato, il rischio è che anche d’agosto si abbiano le stesse difficoltà. . È quindi necessario una presa di coscienza del problema da parte di tutti e, in primo luogo, dei nostri volontari, che fra le molteplici attività solidaristiche che svolgono con la ormai collaudata e dimostrata generosità, possono contribuire a rottamare l’emergenza sangue nel periodo estivo. Certo che il caldo e le ferie di molti rendono più arduo il percorso della donazione. Ma con cuore e passione si può e tutti possiamo superarlo. Come? Venendo a donare a Favria nella sede del Gruppo Fidas, cortile interno del Comune VENERDI’ 12 agosto dalle 8 alle ore 11,20. Ricordo anche chi non dono da più di due anni può donare e chi non può può, grazie se si attiva per il passa parola per indirizzare quel giorno dei candidati, che hanno solo 2 ore di permesso retribuito, che se, idonei potranno poi donare al prelievo straordinario LUNEDI’ 29 AGOSTO. Ricordate che dopo il il verbo “amare” il verbo “donare” è il più bello del mondo
Favria 2.08.2016 Giorgio Cortese

I primi complici dell’illegalità siamo spesso noi stessi con la nostra stessa indifferenza.

Ma la mafia non esiste?
Oggigiorno termine mafia indica una particolare e specifica tipologia di organizzazione criminale, dotata di peculiari caratteristiche. Da quando c’è la mafia c’è anche chi dice che la mafia non c’è. O meglio, che non esiste. O che comunque si trova altrove. Da un punto di vista etimologico l’origine della parola mafia non ha niente a che fare con la criminalità e la malavita, secondo alcuni studiosi potrebbe derivare dall’arabo mahyas, smargiasso, col derivato mahyasa, smargiassata millanteria, spavalderia, vanto aggressivo, da cui proverrebbe il termine “mafiusu”, che nel XIX indicava una persona arrogante e prepotente. Secondo altri linguisti, il lemma sarebbe piuttosto recente, forse derivato dal dialetto toscano con la parola maffia. Riguardo l’origine del termine, un primo utilizzo venne registrato in Sicilia nel 1863, nell’opera teatrali “I mafiusi de la Vicaria”, ambientata nel carcere della Vicaria di Palermo e scritta da Giuseppe Rizzotto e Gaetano Mosca. Alcuni ritengono che il fenomeno abbia origine e sia ispirato dalla setta segreta spagnola della Garduna, secondo altri da quella dei Beati Paoli, operante in Italia nel XII secolo circa. Una delle prime apparizioni del termine fu in un documento redatto in Italia, dal funzionario del Regno delle Due Sicilie, Pietro Calà Ulloa che scrisse, a proposito del fenomeno, nel 1838. Fatta questa breve premessa storico linguistica permettetemi di ridere amaro quando sento dire che la mafia non esiste e se esiste non è qui ma da altre parti, perché la tendenza al negazionismo o, nella migliore delle ipotesi, al riduzionismo, è sempre stata molto diffusa e lo è ancora oggi quando la sempre rigogliosa mala pianta della mafia che cerca di continuo di corrodere la società mimetizzandosi per confondere. La mafia e la corruzione come male assoluto della nostra società la potrei paragonare al freddo e al buio. Se ci pensiamo bene secondo le leggi delle Fisica il freddo non esiste, quello che considero freddo è nella realtà è assenza di calore. Lo zero assoluto è l’assenza totale e assoluta del calore e che non trasmette nessuna energia e l’oscurità è l’assenza totale di luce. Così è la mafia e la corruzione, i mafiosi non sono persone ignoranti vestiti da pastori armati di lupara come una certa iconografia pittoresca ci ha trasmesso attraverso i media. La mafia è fatta da persone che traggono illecito vantaggio da opere pubbliche, dove gli appalti dei lavori pubblici vengono sempre vinti dalle stesse società e gli studi di fattibilità affidati sempre alle stesse persone. Oggigiorno la mafia è il silenzio che ci circonda mentre gli altri fanno festa. È il terrore che si spande all’insaputa della gente. Oggigiorno la mafia ha il volto rassicurante di persone dai falsi sorrisi, persone con cui ridiamo e scherziamo, che sembrano come noi, ma la colonizzazione mafiosa è affare nostro anche se qui nel verde Canavese, dicono che la mafia non esiste ed io aggiungo se non le diamo fastidio e se diciamo che non esiste la mafia ha già vinto. L’ex Sindaco Bertot sostiene che a Rivarolo la mafia non è mai esistita e vorrebbe le scuse dell’ex ministro; Libera sostiene che non è stata opposta resistenza ai fenomeni di natura mafiosa: io credo che veramente, se prevalessero davvero i valori della Resistenza ( e, di conseguenza, della nostra Costituzione) si potrebbe pronunciare la parola fine sulla mafia; ma questo più che un sogno è un’utopia.
Favria, 3.08.2016 Giorgio Cortese

Quando sono triste e pensieroso, riprendo a sorridere perché mi ricordo che la vita é come uno specchio, mi sorride se la guardo sorridendo.

Noi non saremo come Loro.
Al mattino presto quando mi sveglio penso ai miei cari e con le orrende notizie che arrivano dai media e, mi domando quali saranno le prossime vittime. Poi penso che il Loro scopo e di renderci schiavi del terrore e della rabbia, vittime sacrificali di un progetto di morte. Loro vorrebbero angosciare il mio animo con la minaccia che incombe sul quotidiano, a questa sfida mi spinge sempre di più a dire che Noi non saremo come Loro! Ed intendo per Noi, tutte le persone oneste nell’animo, indipendentemente dal colore delle pelle, razza o religione, insomma tutti Noi esseri umani. Loro, intendo tutti i servi del terrore e tutti quelli che armano e fanno in ogni forma la guerra per spingere Noi ad essere come Loro, violenti, cinici e feroci. Neanche gli animali si comportano così in natura. Noi non saremo come Loro schiavi del terrore, seminatori di morte, ma invece sempre di più amanti del bello anche nelle piccole cose quotidiane. Noi non saremo come Loro e con ci armeremo della Loro spietatezza, ma la nostra risposta sara ferma e lucidamente appassionata. Noi non saremo come Loro degli schiavi della rabbia e non rinunceremo ad essere liberi senza portare rancore. Noi non saremo come Loro, adoratori di un idolo di sangue, ma saremo fermi nelle nostre idee ed amanti della vita. Voi continuerete vigliaccamente a colpirci, ma Noi non saremo come Loro e così perderete per non essere riusciti a portaci al Vostro infimo livello
Favria 4.08.2016 Giorgio Cortese
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Ogni giorno ognuno di noi ha il potenziale per fare sempre meglio nella vita con l’inventiva per riconoscere le possibilità e l’infinità di occasioni a disposizione, purtroppo certi giorni arranchiamo perché non c’è ne rendiamo conto.

Passare il morto all’altro.
Leggendo un libro ho trovato questa espressione spagnola, che spero di riportare correttamente: “echar el muerto al otro”. E’ un modo di dire e, proviene dal Medioevo e ha una curiosa spiegazione: nei feudi all’interno dei quali venisse trovata una persona morta per cause non naturali, agli abitanti del feudo veniva imposto di pagare una tassa al signore del feudo per aver “ucciso” uno dei sui lavoratori. Come potete immaginare, quando si trovava un individuo morto rapidamente ci si metteva d’accordo, si caricava su un mulo o su di un carro per trasportarlo nel feudo più vicino. E così ci si vedeva esonerati dal pagamento del contributo. Questa divertente storiella mi fa riflettere sull’abitudine di scaricare le personali responsabilità sugli altri. Personalmente conosco delle persone che quando commettono degli errori, sorridono perché hanno già individuato su chi scaricare la colpa. Persone moralmente squallide che non si assumono mai la loro personale quota di responsabilità. Questo virus di nasconderci dietro ad un dito e dare sempre le colpe a gli altri colpisce un pò tutti, una vera pandemia sociale e così andiamo tutti con le più classiche frasi generalizzanti che si ascoltano ovunque nel mondo: “la crisi economica è colpa del governo e dei potenti”, “l’inquinamento ambientale è colpa delle grandi multinazionali”. Insomma, ogni volta che veniamo chiamati con il nostro piccolo ruolo per un cambiamento di mentalità sociale, rendiamo ad annullarci per poi ogni tanto fermarci, per poco, a riflettere che sia folle pagare milioni e milioni di euro ad un calciatore quando esistono anche nei paesi ricchi persone che vivono sotto il livello mino di povertà. Ma allora che cosa si fa? Ci si lamenta di quanto ingiusto è il mondo, insomma la colpa è del sistema ma dopo con la lo straccio di coscienza ancora appeso andiamo stadio a goderci la partita di calcio, compriamo la maglietta del campione che amiamo, sottoscriviamo l’abbonamento satellitare per vedere tutte le partite della squadra del cuore, e così contribuiamo a sostenere il sistema che abbiamo detto poco prima ingiusto con le personali scelte quotidiane. Il mondo non è minacciato dalle persone cattive, ma da tutti quelli che permettono la cattiveria. Ci alimentiamo di paranoie come il “grillismo”, adesso con l’odio e lo schifo verso i politici, ma prima di questa la paranoia c’era quella di dare sempre la colpa ai comunisti alimentata degli italoforzuti. Con la paranoia sociale come cittadini rimaniamo incapaci di assunzione di responsabilità, e cerchiamo sempre di trovare un qualcuno o un qualcosa su cui scaricare le colpa. Stiamo attenti perché la paranoia poi, facilmente, muta in rabbia, e la rabbia talvolta si trasforma in azione, azione aggressiva.
Favria, 5.08.2016 Giorgio Cortese

Quando regalo ad un estraneo i miei sorrisi, questi poterebbero essere gli unici che ha visto durante il giorno