Una Regina per Madonna. – Dal patì er beich a scopaesthesia. – Il paravento. – Melampygos e leukopygos. – Picturephone. – Schiatta e non schiattare. – Brocardo. – Battere la fiacca…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Una Regina per Madonna” docente: Lea Ghedin mercoledì  17 gennaio 2024 ore 15,30 -17,00

Conferenze UNITRE’ di Cuorgnè presso ex chiesa della SS. Trinità –Via Milite Ignoto

Nel corso del restauro, la riscoperta di alcuni dettagli ha posto interrogativi che hanno condotto ad alcune ipotesi sulla vera natura della Sacra rappresentazione. Si scoprirà quindi chi veramente è ritratta sotto le spoglie della vergine e chi sono davvero i Santi che la circondano, ipotizzando la motivazione del pittore nella scelta dei vari personaggi della composizione. Individuando i vari personaggi si potrà stabilire con più precisione la data di esecuzione del dipinto, restituendo un quadro più profondo della storia di Oglianico. Molte volte ci stupiamo per gli affreschi della Cappella Sistina e non interessiamo delle testimonianze di storia locale che sono importantissimi perché rappresentano le nostre radici, senza delle quali non abbiamo la stella polare per il futuro nostro e delle prossime generazioni. Si tratta di storie e dell’affresco in oggetto tutta da  conoscere, che possono raccontarci chi visse prima di noi nelle nostri paesi. E i modi in cui la nostra comunità si sviluppò.  Per evitare che restino dei  nomi “muti” sugli affreschi,  un patrimonio di conoscenza che va perso.

Dal patì er beich  a scopaesthesia.

Molti di noi hanno avuto la sensazione di essere osservati, una  sensazione più o meno comune, che alcuni chiamano scopaesthesia, dal greco skopèo, guardare, ed estesìa, percepire. Secondo alcuni studiosi si tratterebbe di un fenomeno che implica capacità extrasensoriali, e non ci sono fondamenti scientifici che dimostrino se succede davvero e perché. Secondo questi studiosi, la scopaesthesia è una capacità reale della nostra psiche che porta il cervello a rimanere vigile contro eventuali pericoli. Altri ricercatori hanno indagato nel campo della parapsicologia come il biologo britannico Rupert Sheldrake, nel Novecento all’inizio degli anni ’90, in alcuni esperimenti notò che i suoi volontari intuivano se qualcuno li fissava, leggermente meglio che se avessero indovinato a caso. Ma risultati contrastanti sono stati ottenuti in studi simili dallo psicologo britannico Richard Wiseman, che tende invece a dare al fenomeno una spiegazione pratica: ogni volta che ci voltiamo e vediamo qualcuno che ci fissa, ce ne ricordiamo. Invece, ci dimentichiamo di tutte le volte che ci siamo voltati e non c’era nessuno. Si tratterebbe, quindi, di semplici coincidenze, mah. Da ragazzo mia nonna mi diceva quando mi osservava per qualche marachella mi diceva “Patì er beich”, patisci di essere guardato? In piemontese abbiamo molti modi di dire sullo sguardo: “Adèss e baicoma e peu voghima, adesso guardiamo e poi vediamo, ecco una chiaro giro di parole che sostituisce un bel “No, non mi interessa!” Il senso della vista è spesso anche metafora d’intuizione; si dice Hai visto lungo! per dare ragione a chi aveva intuito un avvenimento in tempi non sospetti o ha saputo leggerne acutamente un particolare. Esistono vocaboli apparentemente sinonimi, ma che invece arrivano da etimi e significati diversi. Così come facile non è sinonimo di semplice, anche guardare non è sinonimo di vedere. Come per intendere una sguardo maligno : “Beiché ëd brut o ëd tȓavèrs. Quando si accudisce un infermo diciamo “ Bèichi ij maȓàvi”, lo  stesso per il bestiame, “Bèiché ëȓ bes-ce. Non meno usata è l’esclamazione stupefatta “Beica màch!” o quando rispondiamo a un curioso con un sonoro “Bèich-te ij tò afé!”, guarda i tuoi affari.  Concludo con il “Beiché ëd vagné, cercate di vincere! Che in italiano è  guardate di guadagnare. Il parola , altro non è che la trasposizione del detto piemontese. Perché  in  piemontese invece per guardare si dice beiché? Qualcuno lo accosta a un etimo germanico blicken, guardare, ma secondo altri la famiglia lessicale è connessa con il verbo latino batare, spalancare la bocca, probabilmente di origine onomatopeica. Sulla base dell’accezione a bocca aperta si motivano i diversi significati sviluppati, tra cui fare attenzione e di conseguenza badare attentamente.  Il verbo voghe un po’ somiglia al corrispettivo italiano vedere, così come svacé è riconducibile a spiare

Favria,  16.01.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Saggio è colui che si contenta dello spettacolo del mondo. Felice martedì

Il paravento.

Il paravento: opera d’arte, oggetto di design, divisorio ma anche soglia, esempio di ibridazione fra generi artistici e tradizioni culturali. Le origini del paravento si perdono nella notte dei tempi. Erano usati già molto tempo prima della venuta di Gesù. I primi paraventi risalgono infatti al 200 a.C. durante la dinastia Hang, ma erano costituiti da un pannello singolo ed erano decorati con raffigurazioni mitologiche ed impreziositi con madreperla, avorio e materiali preziosi. Durante la dinastia Hang, i paravento erano usati come separé nelle stanze più grandi oppure come mezzo per ripararsi dagli spifferi d’aria e alcune volte venivano messi addirittura davanti alle porte di casa per non far entrare gli spiriti. Si diffusero rapidamente in tutto in Giappone e divennero un dono pregiato negli eventi come le nozze. Solo nel Medioevo il paravento fu portato in Europa dove veniva comunemente usato per dividere gli ambienti grandi o per dividere i letti dai mobili o usati nelle chiese per proteggere gli ospiti dalle correnti d’aria. In Giappone i paraventi venivano chiamati  byobu, riparo dal vento e con questo nome venne importato dai francesi con il nome di paravent e conosciuto così in Occidente. I paraventi  furono introdotti in Europa nel tardo Medioevo. Nel XVII e XVIII secolo, molti paraventi furono importati dalla Cina in Europa. I Francesi avevano una certa ammirazione e desiderio per i paraventi cinesi, insieme al resto dell’Europa, e cominciarono a importare paraventi laccati adorni di opere d’arte. Se l’origine e l’uso del paravento derivano dalla Cina, dove sono noti sin dal periodo delle Sei Dinastie (III-VI secolo). Il collezionismo in Occidente ebbe inizio nel XIX secolo, quando i paraventi asiatici entrarono nei musei e nelle grandi collezioni, influenzando gli artisti dell’epoca. Ma è dopo la seconda guerra mondiale che si è diffuso il collezionismo di paraventi asiatici. Oggi l’interesse verso questo oggetto cavalca quello del design in quanto oltre al significato decorativo è anche considerato un bene d’investimento, come lo confermano i valori raggiunti in asta. Oggi i paraventi rappresentano il concetto di limite e di soglia fra due condizioni, in senso letterale e metaforico, in quanto attraversano le barriere tra discipline, culture e mondi diversi.

Favria, 17.01.2024 Giorgio Cortese

Buona giornata. A volte per vedere cosa c’è sotto il proprio naso occorre un grande sforzo. Felice mercoledì.

Melampygos e leukopygos.

I Greci nei giochi olimpici  erano nudi ed era anche segno di uno status privilegiato. Secondo lo storico Paul Christesen, autore di Sport and Democracy in the Ancient and Modern Worlds, l’esercizio fisico praticato insieme in nudità rafforzava la coesione tra i cittadini benestanti, che costituivano i corpi politici e militari fondamentali per le città. Allora come anche oggi il fatto di essere in forma sia di avere una abbronzatura integrale, a differenza di schiavi e contadini, fungeva quindi da status symbol che segnalava il rango degli ottimati. I documenti ritrovati  rafforzano questa ipotesi con aggettivi come melampygos, schiena scura, usato per descrivere i cittadini privilegiati, e leukopygos, schiena bianca, per connotare invece soggetti deboli, codardi e poco virili

Favria, 18.01.2024 Giorgio Cortese

Buona giornata. Una persona non dovrebbe mai vergognarsi di essere stato nel torto, in quanto equivale a dire che oggi è più saggio di ieri. Felice giovedì

Il sangue è una vita, Condividilo! Il sangue viene rigenerato dopo pochi mesi, ma la vita no, per favore dona il tuo sangue. Vi invitiamo a donare il sangue per una ragione che si chiama vita.  vita. Lo scopo della vita di noi essere umani è quello di accendere una luce di speranza nei nostri simili anche donando il sangue. Ti aspettiamo a FAVRIA VENERDI’ 2 FEBBRAIO  2023, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te.  Attenzione, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

Picturephone

Il picturephone era un avveniristico apparecchio che quasi 60 anni fa, negli Stati Uniti, anticipò gli strumenti odierni del telelavoro. Il picturephone consisteva infatti in uno schermo dal design ovale, largo circa 30 cm, dotato di piccola videocamera e collegato a un telefono, così da poter effettuare delle primordiali videochiamate in apposite cabine attrezzate. La prima di queste chiamate si svolse il 20 aprile 1964 tra New York e Disneyland, a Orlando, con un modello noto come “Mod 1”. Prodotto dalla società statunitense AT&T, American Telephone and Telegraph Incorporated. Il picturephone, pur attirando l’attenzione di molti, pagò gli eccessivi costi: una videochiamata di pochi minuti implicava infatti una spesa di parecchie decine di dollari. Nel 1969 uscì un secondo modello dal design più squadrato,  noto come Mod 2, ma anche questo fu snobbato dai consumatori, finendo nel dimenticatoio e rivelandosi di fatto un “flop”, pur anticipando di fatto molte moderne tecnologie.

Favria,  19.01.2024 Giorgio Cortese

Buona giornata. A volte per poter essere ascoltato è meglio rimanere in silenzio. Felice venerdì.

Schiatta e non schiattare

La parola schiatta deriva dall’antico toscano stiatta a sua volta dall’antico tedesco, slahta, slahta, stirpe, generazione. Oggi significa stirpe, razza; discendenza: appartenere a nobile schiatta. Dante: “Udir come le schiatte si disfanno Non ti parrà nova cosa”.  Di origine diversa è la parola schiattre che significa crepare, scoppiare. La voce è di origine onomatopeica o forse deriva dal tardo latino parlato exclappitare, scoppiare. Quest’ ultima è una parola diffusa. Pare che lo stesso significato di crepare sgorghi figuratamente da quello di scoppiare, chi scoppia muore. Una parola dal suono evocativo, che sa dipingere con notevole efficacia uno squarcio, non uno schianto, non uno strappo improvviso, magari determinato da una pressione interna. E sono proprio i significati figurati con cui sono richiamati pressione e squarcio a offrirci lo scorcio più interessante. Già la pressione quotidiana a cui tutti siamo sottoposti senza arrivare al limite, quello di schiattare

Favria, 20.01.2024 Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita ogni giorno ama tutti, fidati di pochi, non fare torto a nessuno. Felice sabato

Brocardo.

La parola indica una massima giuridica lapidaria, concisa, chiara e facile da ricordare, come ad esempio “dura lex, sed lex”, dura legge, ma che sia legge). Il termine appare nel Trecento ed è di incerta etimologia: forse deriva dalla corruzione del nome del canonista

Burcardo di Worms detto anche Brochardus, vissuto nell’XI secolo e autore di un compendio di locuzioni latine a tema giuridico diffuso grazie ai glossatori del celebre Studium di Bologna

Favria, 21.01.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Anche se il denaro non compra la felicità, certamente ci permette di scegliere la personale forma di tristezza. Felice domenica.

Battere la fiacca.

Questa espressione serve ad indicare se qualcuno  ozia, e non si dà fare, perde tempo. Una possibile origine potrebbe essere legata ad un sinonimo di fiacca, cioè vescica. Al tempo della maratona, nell’antica Grecia, i piedi dei corridori al termine della gara erano pieni di vesciche e venivano curati battendo rametti di ulivo direttamente sulla pianta. Una seconda ipotesi che questo modo di dire si colloca tra i gergalismi di caserma entrati nell’italiano comune con connotazioni locali evidenti soprattutto tra Ottocento e inizi del Novecento, quando era marcata la prevalenza di ufficiali piemontesi e napoletani provenienti dai principali eserciti preunitari.  Si tratta in effetti di un modo di dire nato in ambiente militare piemontese, bati la fiaca e batla mola , e poi trasmesso alla lingua grazie al contatto “forzoso” tra uomini provenienti da luoghi diversi della penisola riuniti nelle file dell’esercito post-unitario. Pare che in fanteria si diceva battere la fiacca; in artiglieria mettersi sulla braca; in cavalleria: dormire sulla capezza”, il concorrente dell’artiglieria e cavalleria hanno decisamente avuto molto minor fortuna, almeno al di fuori di Firenze e della Toscana, della locuzione propria dei fanti. Il battere deriva dal francese battre le tambour e la Fanteria è stata l’ultima Arma  nelle cui caserme si abolirono i segnali con i tamburi e non era raro anche dopo l’adozione delle trombe, di sentire qualche vecchio ufficiale ordinare: “tromba, batti la sveglia’”. In Fanteria l’espressione battere la fiacca era peculiare e forse i Fanti la usarono più a lungo degli altri proprio perché per loro e solo per loro l’espressione, connessa alla pratica di batteregli ordini, era restata comprensibile. Sarebbe quindi il modo tipico della fanteria piemontese di impartire gli ordini col suono del tamburo che avrebbe trasmesso attraverso il servizio militare, o la naia per citare un’altra parola giunta attraverso lo stesso canale del linguaggio militare, questa volta per bocca degli alpini, il motivo per cui, mentre il silenzio si suona, la fiacca si batte.

Favria, 22.01.2024

Buona giornata. Nella vita di ogni giorno l’unico capolavoro è vivere. Felice  lunedì.