Ottobre rosso! – L’unione fa la forza. – Da Catalogna a catalogno. – L’essenza dello spirito Canavesano. – La marcia degli smargiassi su Roma.. – Il vento… LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Ottobre rosso!
Mi domando come sarebbero state la Russia, l’Europa e una certa sinistra oggi se i Menscevichi, i socialdemocratici russi, avessero vinto? Sono passati cento anni, era il 24 ottobre del calendario giuliano, del 1917, mentre a Pietroburgo arrivavano i delegati del II Congresso dei Soviet, si attivarono i soldati, gli operai, e costituivano le prime “guardie rosse 2 supportate dai marinai della flotta del Baltico. In dieci giorni cambiò il mondo, tra la notte seguente e il mattino del giorno 25 vennero occupati i punti chiave della città e fu conseguito un agevole successo militare.[ Alle ore 10 Lenin, che con Trockij aveva avuto il ruolo principale nella direzione degli eventi, ed era arrivato in Russia dalla Svizzera con l’aiuto del Kaiser, poté proclamare il rovesciamento del Governo e il passaggio del potere al Comitato militare-rivoluzionario, bolscevico, che due settimane prima era stato costituito in seno al Soviet di Pietroburgo per coordinare l’azione delle guarnigioni. Quella sera gli insorti occuparono il Palazzo d’Inverno e arrestarono i ministri, mentre Kerenskij, il capo dei Menschevichi, era già riuscito a lasciare la città. Personalmente lo ritengo un disastro storico, sia per il popolo russo perché la rivoluzione ha portato nella sua scia una disumana dittatura, polizia segreta, processi farsa, purghe, deportazioni di popolazioni, carestie, gulag siberiani e assassinii di massa. Un disastro per l’Europa, perché il Partito comunista tedesco, sotto la direzione di Mosca, adottando la politica del “tanto peggio tanto meglio”, combattendo contro i socialdemocratici come fossero il nemico più vicino, ha contribuito a portare i nazisti al potere ed il nazismo era guidato da un folle era permeato da una ideologia bestiale. Poi lo scellerato patto Hitler-Stalin ha permesso l’attacco della Germania a Occidente, e non ha impedito un successivo attacco a Oriente. E all’indomani della Seconda guerra mondiale, sempre peggio, si sono instaurate delle dittature comuniste nell’Europa dell’Est, mantenute al potere dall’esercito sovietico. Il terrore nell’Unione sovietica ha portato all’abbandono dei valori della libertà da parte dei movimenti rivoluzionari e gli stessi partiti socialdemocratici che sono andati al potere in Europa occidentale dopo la Seconda guerra mondiale, con il loro necessario anticomunismo sono divenuti più conservatori di quanto sarebbero potuti essere. E dopo la seconda guerra mondiale il virus bestiale che aveva colpito la Russia si è esteso nel mondo con l’instaurazione di regimi brutali e bestiali in Cina, Corea del Nord, Cambogia e Vietnam. Questi regimi di democratico erano e purtroppo lo sono solo ancora nelle vuote parole dei loro proclami. Insomma un disastro mondiale e allora mi viene da pensare che, se in Russia nel 1917 si fossero affermati i Menschevichi, avremmo avuto gli errori e le brutali del novecento, il secolo breve e funesto? Be almeno questo lasciatemelo sognare
Favria, 24.10.2017 Giorgio Cortese

Ci sono sempre due scelte nella vita quotidiana, accettare le condizioni in cui vivo o assumermi la responsabilità di cambiarle

L’unione fa la forza
Ormai siamo nell’era di internet e le notizie viaggiano veloci e girano per il mondo, senZa che ci muoviamo da casa ed arrivano anche fino a Kabul o nelle sue vicinanze. Una cara persona mi ha inviato questa breve favola che nasce dalle foreste che si trovano sulle propaggini dell’Hindo Kush, chiamato storicamente dagli antichi Greci Paropamiso, una catena montuosa dell’Afghanistan verso le catene del Pamir e dell’Himalaya. In questa zona si trovano delle foreste ed appunto in una di queste foreste trae origine questa favola. Un giorno, la foresta prende fuoco e gli animali fuggono in cerca di un luogo sicuro. Mentre fugge, un grande orso nota un uccellino che vola in direzione delle fiamme. “Che cosa stai facendo – domanda con un poderoso ruglio, un brontolio sordo e minaccioso, il grande orso: “ Non vedi che la foresta si è incendiata?”. “Sì – risponde l’uccellino -. Ma sto portando nel becco alcune gocce d’acqua, per spegnere il fuoco”. L’orso bramisce nello scoppiare a ridere: “Uccellino scemo e presuntuoso. Come puoi spegnere quel fuoco con poche gocce d’acqua?”. “So che non posso. Ma, per lo meno, sto facendo la mia parte e mi auguro che tutti che gli altri avvertano il mio sforzo. Se tutti gli animali seguiranno il mio esempio, riusciremo a dominare le fiamme e a salvare la nostra foresta. Nella vita di ogni giorno noi tutti grandi e piccoli dobbiamo fare causa comune, se vogliamo salvarci. Il dibattito democratico va bene, dove ognuno mantiene i suoi personali pensieri ed idee, ma deve essere costruttivo e propositivo. Il dividere una Comunità con una sorda e rancorosa guerra non aiuta nessuno e nel frattempo la foresta brucia il nostro futuro. Quello che abbiamo bisogno adesso, la forza che serve per uscire da questa crisi è l’unità di intenti e l’armonia, altrimenti dove si trova il valore di una Comunità se viene lacerata da continue discordie che generano solo confusione?
Favria, 25.10.2017 Giorgio Cortese

Buona serata. Certe notti la luna mi sembra un’altalena tra le nuvole di una notte stellata.

Esistere nella vita di ogni giorno è il primo dovere, anche se fosse un attimo.

Da Catalogna a catalogno.
La Catalogna è il nome di una regione della penisola Iberica facente parte del regno di Spagna. Il nome di Catalogna in spagnolo Cataluña, ed in catalano Catalunya, comincia a comparire in documenti della fine del sec. XII con il tardo latino, Catalonia, Catalaunia. Secondo una fonte etimologica, il toponimo deriverebbe da quello dei Goti e degli Alani, Got-Alania, presenta parecchie difficoltà, le quali si superano solo in parte ammettendo che il nome si sia trasformato così in bocca araba. Ma altre spiegazioni presentano difficoltà anche maggiori. Ma da questa regione, deriva il nome di una varietà di cicoria, la cui denominazione completa è cicoria dolce della Catalogna. Ma con catalogna si designa anche un tipo di coperta pesante, un vero e proprio “evergreen” del tessile di casa. Infatti le prime tracce di coperte vere e proprie risalgono alla Spagna del XVIII secolo, nella regione della Catalogna. Si passa poi al catalanesco, una uva bianca, grossa e dura, che proviene dalla Catalogna, ma come uva c’è anche la salamanna, o alamanna, anticamente seralamanna dal nome di ser Alamanno Salviati, che nel Settecento importò in Toscana, dalla Catalogna, un vitigno di uva pregiata, più noto col nome di zibibbo. E finisco con il catalogno che è una specie di gelsomino che prende questo nome perché proviene sempre dalla Catalogna.
Favria, 26.10.2017 Giorgio Cortese

Certi giorni mi domando come vivo la mia vita ed allora la penso come ad un film e mi domando se qualcuno vorrebbe vederlo.

L’essenza dello spirito Canavesano.
Pensando al mio amato Canavese potrei partire dal “Salve Piemonte” che cantava il poeta Giosuè Carducci nella sua celebre lirica dedicata alle vette, ai ghiacciai e ai fiumi del nostro territorio. Ma il Canavese non è solo questo! Sicuramente il paragone con il Volksgeist, temine tedesco da Volk, popolo e Geist, spirito, che significa spirito del popolo o della nazione, concetto filosofico del romanticismo tedesco non mi aiuta per spiegare cosa vuole dire essere Canavesano sia per chi è nato e per chi è venuto ad abitare. Ma sicuramente il luogo dove siano nati e dove vi abitiamo possiede delle peculiarità che ci rende unici e diversi da chi non risiede in questo bellissimo territorio e forse allora il Volksgeist non è una prerogativa del solo popolo tedesco. Certo noi siamo condizionati dalla società e dal tempo in cui viviamo ma nonostante tutto in Canavese conserviamo delle peculiarità che ci fanno dire prima di essere Piemontese ed Italiani che siamo Canavesani. Ma dove finisce il Canavese ed il Canavesano? Il Canavese come territorio finisce dove non si produce più il salam di patate ed lo spirito Canavesano finisce dove si perde la forza di andare sempre avanti, quello che costi con sabauda pazienza. Forse si potrà sorridere ma in questo semplice prodotto peculiare del nostro territorio converge il senso giusto del risparmio, l’umiltà di saperci adattare anche adesso alle sfide ella globalizzazione
Favria, 27.10.2017 Giorgio Cortese.

Le orecchie peggiori sono quelle insensibili all’eco della verità.

La marcia degli smargiassi su Roma.
Vediamo prima i fatti: Il 28 ottobre 1922, 25.000ca camicie nere si diressero sulla capitale rivendicando dal sovrano la guida politica del Regno d’Italia e minacciando, in caso contrario, la presa del potere con la violenza. La decisone di di occupare Roma, pare che nacque il 16 ottobre tra Mussolini e i “quadrumviri della rivoluzione”. Il l Congresso di Napoli dei Fasci del 24 ottobre doveva servire per mobilitare i militanti già inquadrati noleggiando i treni con l’aiuto del governo. Il 26 ottobre il “prode” Mussolini si reca a Milano per evitare un possibile arresto, con fuga in Svizzera. Piove molto in quei giorni e c’è poco coordinamento tra le diverse colonne. Alcune colonne arrivano a 20-30 km da Roma ma trovano l’esercito a fermarli. Il 27 ottobre il Re approva a voce il decreto di stato d’assedio indispettito probabilmente dalla tracotanza dei fascisti. Il 28 Facta che esprime la nullità del giolittiana dell’ultima classe dirigente liberale prepara il decreto scritto dello di Stato d’assedio da far firmare al re e dà ordine all’esercito di presidiare le stazioni ferroviarie, le strade d’accesso a Roma e di stendere i reticolati. Ma alle 10 del mattino il re imbelle quando ebbe sul tavolo il decreto di stato d’assedio, che confermava le disposizioni già prese durante la notte con il suo assenso, ma non lo firmò. Il 29 il re telegrada a Mussolini di raggiungerlo a Roma per ricevere l’incarico di formare il nuovo governo. Cosa che Mussolini fa viaggiando in vagone-letto nella notte tra il 29 e il 30 ottobre. E Mussolini, ottiene, legalmente come prevede lo Statuto Albertino, l’incarico di formare un nuovo governo. Mussolini ha già pronta la lista dei suoi ministri che sottopone al re senza alcuna obbiezione. Allora l’intero sistema politico liberale era d’accordo nel dare chiare responsabilità di governo ai fascisti, e personaggi come Enrico De Nicola, Luigi Einaudi e Giovanni Gronchi, futuri presidenti della Repubblica, guardavano a Mussolini e al fascismo con evidente simpatia. Gronchi addirittura è sottosegretario nel governo Mussolini. Ma anche anche antifascisti insospettabili come De Gasperi, Giovanni Amendola, Anna Kuliscioff e Gaetano Salvemini pensavano che Mussolini non era peggio dei leader precedenti, anzi magari avrebbe svecchiato il mondo politico e fatto qualcosa di buono. Poi cambieranno rapidamente idea, e i paragoni con l’attualità politica mi fanno rabbrividire. Insomma allora nell’ottobre del 1922 c’erano numerose e pericolose aperture di credito. Nell’esercito, Diaz e Thaon di Revel, erano favorevoli ed entrarono nel ministero Mussolini e anche la Chiesa era orientata ad appoggiare i fascisti, e la prova sono due popolari, Tangorra e Cavazzoni, nel primo governo Mussolini, per non parlare degli industriali perché nel governo c’era De Stefani alle Finanze, ovvero uno di loro. Ma allora perchè il re avrebbe dovuto mettersi contro tutti facendo la guerra a Mussolini? Il problema è che la classe dirigente italiana era ancora convinta che in Italia fosse ancora forte il pericolo rosso, ossia che l’Italia potesse precipitare in una rivoluzione sul modello bolscevico. In realtà, quando il fascismo prese il potere non esisteva più un pericolo di rivoluzione comunista in Italia. Il biennio rosso dal 1919 al 1920 era passato da tempo, ma nella spaventata borghesia italiana c’era ancora questa paura immotivata. Certo nessuno allora voleva la dittaura, che si potrasse poi per venti lunghi anni, e tutti pensavano di portare al fascismo questa banda di smagiassi facinorosi e poi di sgonfiarli dove aver portato l’ordine nel Patrio Stivale. Mussolini non non ebbe problemi ad avere non solo la fiducia ma soprattutto i pieni poteri dalla Camera: 429 deputati votarono a favore del suo governo, 116 contro. Al Senato i voti furono 196 e i contrari 19. Tutta la classe dirigente liberale votò a favore: Croce, Salandra, Orlando, Giolitti; votarono a favore quasi tutti i popolari tra cui De Gasperi. Solo socialisti, comunisti e repubblicani votarono contro. I conti dello Stato migliorarono e questo permise di ottenere nel ’24 un flusso costante di prestiti americani, l’economia conobbe fino al ’29 una forte crescita a beneficio degli industriali e non certo degli operai i quali videro più volte ridotti i loro salari con il diritto di sciopero messo fuori legge. I sindacati aboliti e sostituiti da accomodanti sindacati fascisti. All’estero si elogiava l‘Italia di Mussolini e lui stesso era esaltato. Churchill nel ’28 scrisse che era rimasto “affascinato” da Mussolini, che era “un grande uomo” e se fosse stato italiano sarebbe stato fiero di appartenere all’Italia. E’ solo con la guerra e la sconfitta che che spinsero la classe dirigente italiana e gli italiani a voltare le spalle a Mussolini. Ma questo accedde solo con il 25 luglio del ’43. Da notare che Mussolini era salito al potere legalmente e legalmente era stato esautorato, non per il voto contrario del Gran Consiglio del fascismo ma per decisione del re, che nel ’22 gli diede il potere e nel ’43 glielo tolse. Allora perchè oggi si vuole proibire le manifestazioni che ricordano la Marcia su Roma? Questo evento evoca la la storica marcia su Roma del 28 ottobre 1922 allestita da Benito Mussolini. Proibirla per questioni di principio serve soltanto ad affermarla e a farne da cassa di risonanza. Se si vieta questo evento si dovrebbe proibire per coerenza le nostalgiche manifestazioni per celebrare la Rivoluzione d’ottobre. Ricordo che Stalin fece poi 9 milioni di morti e, allora il mio consiglio e di tenere i nervi saldi e riflettere che certi eventi potrebbero ripetersi sotto altre forme e sta a noi vigilare perché ciò non avvenga, e stare sempre attenti per la difesa della Democrazia e della Libertà perché il il fascismo ed il comunismo furono una grande menzogna, e ancora oggi sono dei virus che si sviluppano solo nell’ignoranza.
Favria, 28.10.2017 Giorgio Cortese

La vita certi giorni è simile al ballo del tango, ma è la passione che ci metto a fare la differenza.

Il vento.
Ascolto da casa la voce del vento che si lamenta senza voce, vola senza ali, morde il viso senza denti e pare che mormori ma è senza bocca. Il soffio di vento ottobrino scuote gli alberi del parco. È un vento frizzante ed aiuta le foglie a volare verso terra. Le foglie si staccano; scivolano, quasi trattenute ancora, lungo i rami più grossi, poi volteggiano nell’ariae si si posano al suolo. Addio, dicono le foglie gialle e salutano l’albero amico. Povere foglie, non sentirete più il canto degli uccelli, non godrete più i raggi del sole e le risate allegre dei bambini. Ma il vento continua e soffia impetuoso e le foglie sfarfallano intorno mentre altre si; altre si alzano da terra in un breve ultimo volo. Penso che il vento ha poteri straordinari e porta con sé una linfa vitale che forse proviene da mondi sconosciuti. Infatti. quando vengo investito dal vento le mie misere idee diventano più chiare e anche i pensieri si dilatano fino a farmi vedere quanto di solito non riesco a scoprire perché nel vento in ogni stagione può stormire la vita, se sono in grado di sentire la sua voce.
Favria 29.10.2017 Giorgio Cortese

Quando tutto sembra andarmi contro mi devo sempre ricordare che l’aereo decolla controvento, non col vento a favore.